30.8.03

PIANO CON LE PAROLE
Da Filippo Facci

Scusa Sabelli, mi sei tanto simpatico e lo sai, ma spero tanto che tu abbia capito male. Forse quello che ha letto male sei tu, non un tuo lobbista. Vorrei dire un paio di cose. 1) Travaglio ha scritto che l'articolo del Giornale era "pieno di falsità". Ebbene, sfido lui e sfido voi a trovare in quell'articolo una sola cosa che non sia vera e che si sia rivelata tale oltre ogni acrobazia verbale. 2) Ho scritto che mi avevano invitato ma che Davigo ha messo un veto. E' vero? Sì. Ho scritto che invece Travaglio con me avrebbe dibattuto volentieri. 3) Ho scritto che di fatto, partendo da me, a decidere gli intervenuti o meno alle presentazioni dei libri di Travaglio, è di fatto il signor Davigo. E che a Travaglio va bene così. Ho scritto - ma questa è una mera opinione - che a questo punto mi sembra una bella merda umanamente e deontologicamente, Travaglio. Ho scritto e dimostrato (e la signora Cisnetto ha fornito altre prove a carico) che quella era una presentazione di libro punto e basta (c'è e c'era una tournèe di presentazione sempre con Davigo e Caselli, c'era il libro in sala, c'era il coautore Gomez, c'era e c'è un accordo con la Editori Riuniti, c'è che me l'ha detto al telefono Travaglio, se non bastasse) e quindi trattavasi di un quartetto prendere o lasciare su un libro - schierato, che ne dite? - titolato 'Lo chiamavano Impunità". 4) Tu dici: "I coniugi Cisnetto non sono riusciti a trovare interlocutori
validi oltre Pomicino (condannato), Martelli (condannato) e Filippo Facci... Io mi sarei impegnato di più nel trovare ospiti validi (ce ne sono, ce ne sono)". Scusa, Sabelli, ma non mi piacciono queste due frasi, sai? Avanti, fuori i nomi. Fammi qualche esempio di interlocutore "valido" tra i tanti che "ce ne sono, ce ne sono" il quale sia in grado di maneggiare carte e sentenze in contrapposizione a Travaglio o agli altri due: perchè è quello che fa Travaglio - maneggiare le carte - e perchè è quello che fa Davigo, perchè è quello che hanno fatto gli autori nel libro. Forza, fuori un nome che non sia il solito genericone che pontifichi sullo squilibrio dei poteri, e straparli di giustizia nel solito modo, un modo che il Quartetto Manetta avrebbe infilzato in tre secondi. Ma se, anche, ce ne fossero cinquanta: loro - gli organizzatori, i padroni di casa - volevano me: è così strano? Qui c'è un difetto nel manico. Tu dici: "Se fossi stato in Davigo avrei
accettato Facci come interlocutore", come se Davigo per gli organizzatori avesse una posizione speciale, diversa dalla mia, come se il libro fosse suo oppure avesse dei diritti particolari di presenza (sua) rispetto alla mia. In realtà non doveva averli - secondo gli organizzatori, che hanno invitato Travaglio e Gomez per il loro libro, punto - e invece è proprio Travaglio ad aver imposto la logica del quartetto: perchè questo era l'accordo non con i padroni di casa - la Cisnetto - bensì con gli Editori Riuniti. Travaglio, poi, si è così avvitato sulla sua posizione - che bello, se avesse difeso il diritto di un suo collega-avversario a poter discutere - al punto di dire che se non ci fosse stato Davigo (e Caselli) avrebbe rinunciato anche lui "per solidarietà". Fantastico. E io? Ma a me, la solidarietà? Ma che razza di sistema è? E in questo scenario, io, dovevo pure andare a Cortina? Ti confesso che da Cortina mi hanno anche offerto due macchine - io non la possiedo - ma dimmi un po' per quale ragione avrei dovuto andar lì a umiliarmi e a far "qualche domanda dal pubblico sulla libertà di opinione": Ma tu scherzi, Sabelli: io, se fossi andato, sarei salito sul palco e non ti dico il casino. In questo quadro mi devi proprio spiegare, Sabelli, quale sarebbe poi "la mia reazione forse un po' eccessiva". Sono io l'eccessivo? Io che mi sono limitato a scrivere un articolo sfottitorio sinchè vuoi, ma efficace - e infatti si è visto - perchè alla fine diceva il vero e ha fatto render conto gli organizzatori di quanto fosse assurda la situazione che
stavano accettando? Sono io l'eccessivo, oppure è chi paragona il discutere con Pomicino e Martelli - per quanto il delfino mi stia sulle palle, e sai quanto - a Michele Greco e Totò Riina? Sono eccessivo io o quel tuo lobbista
demente che dice che "di questi tempi politici è ridicolo che Il Giornale possa partecipare ad una seria discussione sulla giustizia"? Che roba: adesso io non sono neanche più un giornalista che mastica cartacce giudiziarie da quand'è nato: io sono "Il Giornale", e il Quartetto Manetta per voce sola, con sul tavolo il libro "Lo chiamavano Impunità" , sarebbe
latore di "una seria discussione sulla giustizia in Italia". Per non parlare del tuo lobbista Ceratti - che mi darebbe torto anche se gli regalassi un miliardo - che descrive un mondo triste in cui la gente che si querela non si deve parlare mai più: ma vi rendete conto di che cosa succederebbe, se il criterio del Quartetto Manetta fosse applicato a tutti i dibattiti
"democratici", come dite voi? Dico, considerando che anche Travaglio è uno stra-querelato, un sera avreste lui e Gomez e gli altri due, e la sera dopo io, per dire, con Belpietro e Ferrara e Mattia Feltri: minchia che scintille. Sarebbe la consacrazione del cretinismo bipolare. Gia che ci sei, Sabelli: potresti mica spiegarmi che cosa significa che "Facci non mente, ma mente al tempo stesso"? Guarda che io in tutta questa storia - e lo sai - sono l'unico che l'ha raccontata giusta per primo e dall'inizio, e che per dignità - altro che Davigo, piccolo uomo - se n'è restato a casa a piantare l'edera e non è andato a Cortina, sicchè si è limitato, appunto per dignità, perlomeno a raccontarlo. Quindi, scusami, ma
ripigliati anche la tua frasetta sullo "scegliere meglio i giornali di cui fidarsi". Perchè io sono fazioso, ma non l'ho mai negato. Ormai mi conosci, sai che sono immodesto e che anch'io godo nella nella polemica, che pure io sono convinto di avere sempre ragione (per forza) e che a mio modo sono a mia volta documentato (almeno quello) e che cerco di esporre le mie idee con precisione e che non mi fa velo l'ideologia, come dici tu. Travaglio sa queste cose e per cui se ci sono io è solo contento. Anche Davigo sa queste cose e se ci sono io lui non viene lui: ecco la differenza. Peraltro ho scritto e dimostrato - e anche questa verità è stata sottaciuta - che in passato Davigo ha accettato di discutere con altri suoi querelati. Sono io il problema. Davigo dispone, Travaglio ubbidisce. Buonanotte.
IOLE'S VERSION: QUEL PINOCCHIO DI TRAVAGLIO

Continua la telenovela di Cortina che vede impegnati Davigo, Caselli, Travaglio, Facci e i coniugi Cisnetto. Questa è il comunicato di Iole Cisnetto di risposta al comunicato di Travaglio di risposta al comunicato di Iole di risposta all'articolo di Facci in risposta al disinvito a partecipare al dibattito sulla giustizia. (il comunicato l'ho rapinato dal sito Dagospia)

Caro Dagospia,
ha ragione Marco Travaglio: ?E’ raro veder travisare i fatti in modo così scandaloso?. Solo che quello ad avere il naso lungo è lui, non io. Ma per fortuna, anche la sua, come tutte le bugie, ha le gambe corte.
Come siano andati i fatti (e soprattutto gli antefatti) a Cortina, il Comitato organizzatore delle manifestazioni culturali ? quello, per intenderci, che ha ospitato il signor Travaglio, il suo collega Peter Gomez, e i magistrati Caselli e Davigo ? lo ha spiegato nel comunicato che questo sito ha correttamente pubblicato.

In sintesi: ogni personalità con conclamate idee avverse disponibile a venire a Cortina non gli andava bene, ogni personalità con conclamate idee avverse che gli andava bene non era guarda caso disponibile per la data del 27 agosto (definita da Travaglio ?immodificabile? oltre un mese prima). Per esempio: perché non invertire la manifestazione del giorno dopo a Pieve di Cadore (certo di minor importanza) che gli stessi ?quattro? hanno analogamente tenuto?

Tralascio qui tutti i nomi che in reiterate telefonate avute con Travaglio abbiamo messo sul tavolo: quelli da lui rifiutati (spesso per conto di Davigo) e quelli di ?idee avverse? non del tutto conclamate ? per dirla eufemisticamente ? da lui proposti. Anzi, mi dolgo per la pubblica esposizione che alcuni di loro hanno dovuto subire ? il seppur indiretto paragone a Totò Riina si commenta disgustosamente da solo ? e colgo qui l’occasione per scusarmi.

Quanto alla ?Travaglio’s version? dei fatti, mi preme precisare tre cose.
Primo: l’organizzazione di ?Cortina, cultura e natura? non è affatto cambiata in corso d’opera, anzi è la stessa che l’anno scorso ha ugualmente ospitato Travaglio e Davigo.
Secondo: Travaglio ha rifiutato di partecipare al dibattito dal titolo ?Giustizia & Ingiustizia? che si è tenuto il 21 agosto con Giuseppe Ayala, Carlo Nordio, Davide Giacalone e Luca Sofri.
Terzo: di conseguenza, la manifestazione di Travaglio è nata come la presentazione del libro ?Lo chiamavano impunità? ? così recita il programma distribuito all’inizio di agosto ? e solo su sua esplicita e pressante richiesta (?altrimenti Davigo non può partecipare, d’altra parte si tratta solo di una questione formale?) è stata trasformata in corso d’opera in ?Incontro su: Chiudere i conti con il passato??.

Dunque, come si fa a dire che il libro non c’entra niente? E, d’altra parte, quale ruolo ha Gomez se non quello di coautore del libro? E perchè è stata la Editori Riuniti a comunicarmi che con il libraio Sovilla era stato preso l’impegno di presentare il libro di Travaglio-Gomez il 27 agosto?
Detto questo, l’organizzazione degli incontri cortinesi non si pente affatto di aver dato spazio anche a chi ha la pretesa di comandare a casa altrui: basta leggere il programma delle 60 manifestazioni ? cui hanno partecipato oltre 130 eminenti personalità e quasi 30 mila persone complessive ? per capire da che parte sta la tolleranza. Parola di cui io conosco un’unica accezione.
Cordiali saluti
Iole Cisnetto

28.8.03

BANANAS
Brevi amori a Villa La Certosa/2
di marco travaglio
Proseguiamo nella pubblicazione del drammatico diario scritto con mezzi di fortuna dal giornalista "embedded" di Libero, Renato Farina, durante i lunghi giorni della sua prigionia a villa La Certosa, la sobria residenza estiva di Silvio Berlusconi in Costa Smeralda. Per la crudezza delle scene descritte, se ne sconsiglia la lettura se non a un pubblico adulto.
Made in Italy. "La vita, a Villa La Certosa, comincia presto. E' martedì. Berlusconi guarda gli zampilli che irrorano un prato che sembra di essere in Canada a maggio, e il paragone gli fa venire voglia di camminare per i suoi sentieri insieme frondosi e caraibici che percorrono questo parco di 70 ettari sospeso sul mare". Le discese ardite e le risalite, sul nel cielo aperto, e poi giù il deserto. I prati come li fa Lui non li fa nessuno, salvo in Canada. I sentieri come li fa Lui non li fa nessuno, salvo ai Caraibi. Se non fosse per la saliva del giornalista al seguito, parrebbe quasi di stare all'estero.
Una lacrima sul viso. "Berlusconi si commuove per l'amico che ha perso il figlio. Guarda le sperdutezze del mare. "Che cosa devi dire? Le parole non servono. L'uomo è 'pulvis et umbra'. Chi è che lo ha scritto, Fedele?". Sai, Fedele, non leggo un libro da vent'anni.
Il Presidente Teologo. "A questo punto inizia una vigorosa discussione sull'aldilà, sull'esistenza o meno dell'inferno. Ve la risparmio. E su che cosa sia il peccato. Berlusconi dice: "Ho studiato dai salesiani, ero il loro oratore. Ora le mostro dove farò una chiesa, dove la domenica dir messa". Non una discussione qualunque: una discussione vigorosa.
Nuovi posti di lavoro. "Si va all'agorà dei menhir, le pietre modellate da uomini primitivi. Ferve il lavoro. In tutto il parco ci lavorano in 50 tra tecnici e muratori. Le guardie del corpo hanno una divisa coloniale, e mentre noi evitiamo con abilità gli zampilli rotanti per l'innaffiatura, loro per lavoro non possono, e si fanno docce ogni due minuti". Lui li vuole tutti così: pirla.
I forum del guru. . Magari smettendola di trattare affari con i mafiosi.
Faccia da perno. "A Genova, l'ultima sera del G8, ho visto i grandi capi delle nazioni fare davvero amicizia? Però io posi una premessa: il bene più prezioso è la libertà? Bush fu molto colpito, accettò questo ragionamento. Dopo l'11 settembre questo è stato il suo perno ideologico". Bush che impara la dottrina della democrazia da lei, non è un po' troppo? "E' andata così"". Ora si capiscono molte cose.
La volpe di Baghdad. "Saddam ha dimostrato di essere debole, con un esercito scarso. Le armi di distruzione di massa non si trovano, le hanno trasferite all'estero". Astuto, questo rais: accumula armi di distruzione di massa per vent'anni e poi, quando finalmente lo attaccano, che fa? Non le usa, le nasconde all'estero e si lascia spodestare senza sparare un colpo. Geniale.
Il Presidente Mosè. "I dittatori se ne devono andare. Altrimenti si può minacciare l'uso della forza. Quando ho visto di recente Bush mi ha abbracciato e mi ha detto di aver discusso con teologi protestanti delle tesi che avevo esposto: ci sono fondamenti nella Bibbia". L'hanno assicurato i teologi protestanti a Bush. Che poi ha abbracciato Berlusconi. Quindi dev'essere vero.
Un Uomo, un calzino. "L'uomo pensa a tutto. Ghe pensi mi. Proprio così. Berlusconi guarda i miei piedi e dice: "Mi aspetti. Le do un paio delle mie calze, le sue non vanno bene". E dire che erano di lusso, marca Gallo. "Provi queste". Eccomi dunque a passeggiare con le calze di Berlusconi. Le conversazioni, giuro, vengono meglio". Soprattutto per chi parla coi piedi. Comunque, da quel giorno, non le ha più lavate.
Un Uomo, un toupè. "A un certo punto Berlusconi nota che ho pochi capelli, ma sparati in su: "Faccia come me, li tenga giù. Vendono un prodotto della?". Non dico la marca, non vorrei che la boicottassero". Noi siamo in grado di rivelare almeno il prodotto: è il pennarello con cui Carlo Rossella, nel dopo-lavoro, arrotonda lo stipendio dipingendo i capelli al principale.
Un Uomo, una scarpa. "Sulle scarpe invece c'è scritto 'Silvio'. Ma si capisce lo stesso che è lui: sta sempre davanti, come nella famosa foto delle Bermude". Si capisce lo stesso.
La giovane marmotta. "Tremonti, che si aggiungerà a Confalonieri e al sottoscritto il giorno dopo, è arrivato con i calzoni a mezza gamba da esploratore tropicale. Veniva giù dalle Alpi e qui per lui è un po' Africa". E Farina subito lì pronto con le valigie: "Sì, buana".
Gambe di velluto. "Berlusconi con la maglietta blu e i calzoncini bianchi è del 1936. Ha le gambe che sembrano la réclame del borotalco dei bambini, non oso chiedergli se si depila". A questo punto, per pudore e discrezione, non resta che il silenzio. Spegniamo le luci e lasciamoli soli.
BANANAS
Brevi amori a Villa La Certosa
di marco travaglio
E' stato finalmente liberato e restituito all'affetto dei suoi cari Renato Farina, l'inviato di Libero sequestrato da Silvio Berlusconi allo stadio di San Siro e tenuto vilmente in ostaggio per ben sei giorni in Sardegna, fra i cactus e i menhir di Villa La Certosa, con trattamenti disumani vietati dalla convenzione di Ginevra. Per la vittima si preannuncia però un lungo periodo di riabilitazione, a causa di una nuova forma di sindrome di Stoccolma che l'ha fatto perdutamente innamorare del rapitore: gli specialisti la chiamano Lingua della Costa Smeralda, a causa di un antipatico effetto collaterale: l'ipersalivazione. Le corrispondenze dalla reggia del Cavaliere, firmate da questo nuovo esemplare del giornalismo "embedded", vagamente ispirate a Mario Appelius e pubblicate da Libero il 19 e il 24 agosto, parlano da sole.
Tre cuori, una capanna. "Gli chiedo se posso passare da lui per un saluto. "Buona idea, organizzo". Ha organizzato. "Venga allo stadio per Milan-Juve. Poi viene con me in Sardegna". Ho la poltroncina dietro la sua. Faccio coppia con Fedele Confalonieri. Ci saremo soltanto il presidente di Fininvest ed io, ospiti a Villa Certosa". Ecco: serviva giusto un cameriere.
La salita al calvario. "Si salta la cena? Si parte con l'aereo di Stato dopo mezzanotte? Si addormenta placido, con un dolore al costato. Gli offro un antidolorifico. "No, grazie, i dolori preferisco sopportarli. So che morirò lavorando. Un ictus, un infarto?". Confalonieri annuisce. Lo contraddico: ideale è un mese di preparazione alla morte". Serviva pure un infermiere e un portafortuna.
Asterix e Obelix. "Si sale su uno Shuttle con il motore elettrico. E' lui al volante. Mostra il parco: sono 700 metri quadri. "Questo territorio l'ho sottratto agli incendi estirpando i rovi? Questa sarà l'agorà". Ora è brullo, ma già una decina di grandi pietre puntate verso il cielo creano un anfiteatro di misticismo ancestrale. "Sono menhir, alti 8 metri, li ho acquistati da vari proprietari e li ho disposti qui"". Tanto poi arriva il condono edilizio.
Cinegiornale Luce. "Racconta (Lui, ndr) come preveda una sorta di teatro, con tre piazze che si sovrappongono e si distendono dinanzi a questi ulivi? C'è qualcosa di pionieristico in tutto questo. L'uomo che doma la selvatichezza della natura, magari anche un po' troppo, ma Berlusconi è così. Gli chiedo se ci sono paragoni con qualche parco. Non ce ne sono - dice". Torna finalmente a splendere il sole sui colli fatali di Roma.
Il Presidente del Cactus. "Una visione confonde persino Confalonieri. "E' il museo delle piante grasse e dei cactus". C'è una piscina intorno, Berlusconi premendo un bottone illumina soffusamente una foresta incredibile di gonfi rigogli vegetali tra rossastre pietre laviche e bouganvillee addormentate. Sono duemila esemplari di cinquecento specie. "Accarezzi quella pianta sudafricana". Il dito va giù come su una levigatissima pelle eburnea, un burro perlaceo". Sono momenti delicati: fu così che l'ingenuo Farina, fra il lusco e il brusco, scoprì il sesso.
Il Presidente Creatore. "Perché ha deciso di impegnarsi in questo immenso cantiere? Non può farne a meno. "Volevo dimostrare a me stesso che non sono del tutto rincoglionito dal governo. Quando non ho intralci, realizzo, umanizzo la realtà al meglio, valorizzo le energie italiane". La parola d'ordine è una sola, perentoria e imperativa per tutti: realizzare, umanizzare, valorizzare.
Il Presidente Usignolo. "La vista è impareggiabile e stavolta il cavaliere, vestito di bianco sembra un beduino appena sceso da cavallo. Si abbandona al canto che intona il suo amico Mariano Apicella. Berlusca mette giù i testi ("in due minuti"), l'altro li palpa, li vellica, li musica". Ecco: anche palpare, vellicare, musicare.
Silvio Manidiforbice. "Il presidente operaio lavora. Persino la passeggiata la fa con le cesoie in mano. Il telefono nella sinistra, e la forbiciona nella destra. Un passo pota qua, il successivo telefona là. Controlla il ghiaietto, le pale del ventilatore sotto un gazebo azionate da un telecomando, le cinque piscine per la talassoterapia. Visto sia siamo gente colta, cito Rimbaud: che ci faccio qui?>. Citando Montanelli, invece, si potrebbe dire: gente colta, ma mai sul fatto.
Il Presidente Pallonaro. ""Mi tocca sistemare anche il calcio", mi dice. "Ho telefonato a Ignazio La Russa. E' svelto. Ha capito tutto. Telefonerà al presidente del Catania Gaucci. In serie B rimarrà il Catania. Sarà un campionato a 21 squadre. E anche Genoa e Venezia non dovranno lamentarsi"". Parole profetiche. Alla fine la serie B sarà a 24 squadre e si sono lamentati tutti. Ma l'importante è che La Russa abbia telefonato a Gaucci. E' svelto. Ha capito tutto.
Il Presidente Fecondatore. "Qualcuno si è arrampicato sugli scogli dinanzi alla tenuta. Compare lui in maglietta blu e calzoncini bianchi sul davanzale a picco sul golfo di Marinella. Le signore si coprono il seno. Lui saluta con la mano". Fanno bene, le signore, a coprirsi. L'ultima che non lo fece, appena Lui la salutò con la mano dal davanzale a picco, rimase incinta.
(1-continua)
TUTTO TRAVAGLIO

IL QUARTETTO MANETTA
Filippo Facci per Il Giornale

Gentili villeggianti della splendente Cortina D’Ampezzo, località in cui non fate un tubo tutto il giorno sicchè c’è la seria possibilità che andiate alla presentazione del libro di Marco Travaglio questa sera alle 18, al PalaMercedes: la nostra prima richiesta è che abbiate a ritagliare questo articolo così da appoggiarlo sul palco che appunto ospiterà Travaglio e poi il coautore Peter Gomez nonché - applauso - il noto magistrato democratico Piercamillo Davigo nonché - applauso e gridolini, ma occhio alla scorta - il notissimo magistrato democratico Giancarlo Caselli.
Bene. La seconda richiesta è che al simpatico Quartetto Manetta abbiate a formulare perlomeno i seguenti quesiti: 1) Dottor Davigo, perché ha preteso che alla serata non partecipasse anche un giornalista - lo scrivente - che pure era stato regolarmente invitato dagli organizzatori? E perché ha detto che altrimenti avrebbe rinunciato? E lei, dottor Travaglio, lei che dapprima aveva accolto con favore la prevista partecipazione del suddetto giornalista: trova corretto che a decidere gli invitati alle presentazioni dei suoi libri sia Piercamillo Davigo?
E tu, Peter, che mi dici? Ma come: da anni ci invitiamo a feste e seratine speriamo che non ci scoprano e poi che fai, accetti un veto del genere? Bei colleghi, tu e quell’altro. Ma tornando a lei, dottor Davigo: perché ha detto che non vuole il giornalista in questione in quanto lo ha querelato? Che vuol dire? Che gliene importa al pubblico? A parte che trattasi di mere querele e non ancora di condanne - Travaglio non coglie la differenza, ma Ella dovrebbe almeno abbia a specificare, Dottor Davigo, di che denuncia si tratti: perché vede, sono svariate le nostre che stipano la cartellina azzurra sulla quale Ella ha scritto ?Per una serena vecchiaia?, nel senso della grana che ambisce ricavarne.
Peraltro sembra quasi un caso personale: anche perchè in passato Ella ha accettato di confrontarsi con altri giornalisti pur essi querelati, le sovviene? Ricorda la tormentata discussione col querelato (da lei) Giuliano Ferrara, organizzata dall’amato Micromega? Va da sè che lo scrivente non detiene il tipo di intelligenza di un Ferrara - vivaddio - ma perlomeno conosce a menadito l’altra faccia delle cartacce che Travaglio recita sì a memoria, ma sempre parzialmente. Insomma, lo scrivente aveva proprio un sacco di domande da rivolgerle, dottor Davigo: sciocchezze, cose tecniche che stasera nessuno le chiederà mai.
Tuttavia - per non lasciare nulla d’intentato - eccoci alla terza richiesta rivolta ai gentili villeggianti: chiedete al dottor Davigo, per cortesia, del caso Buonanno: è un signore ch’egli incarcerò sulla base degli stessi elementi per cui altri lo assolsero; oppure chiedegli del caso De Mitri, un signore ancora da lui incarcerato e da altri assolto - dopo dieci anni anche se suo figlio, nel frattempo, si è suicidato. Sono solo domande, Vostro Onore: chi altro dovrebbe rivolgerle? Ma lo sa, dottore, che probabilmente in Italia non c’è un solo giornalista tecnicamente competente - s?intende: tra coloro che si sono occupati di certe cose - che non sia stato querelato dal Pool?
E allora: con chi vorreste dibattere? Con Travaglio. Come se Francesco Rutelli reclamasse un confronto con Barbara Palombelli. Gli organizzatori tra l'altro ci hanno spiegato che il dottor Davigo non ha accettato neppure di discutere con Claudio Martelli: perché è un condannato. E neanche Paolo Cirino Pomicino. Gentaglia. Risultato: siccome non possono salire sul palco, Martelli e Pomicino saranno lì seduti in prima fila. Demenziale. E guardi, dottor Davigo, che gli invitati coi quali avrebbe accettato di dibattere ce li hanno comunicati: opinionisti all’acqua di rose, terzisti professionali, affabili genericoni, parlamentari finto-roboanti, gente magari assennata ma che non conosce una carta: e dev’essere chiaro che questa sera voi siete lì, voi del Quartetto Manetta, a commentare un libro che contiene delle carte.
E va pure detto, già che siamo, che è puerile come le serate vengano travestite con titoli improbabili genere ?Chiudere i conti con il passato? o altri paraventi: sono delle presentazioni di libri, punto, e se guardate vedrete che i libri li vendono in fondo alla sala: a meno che Travaglio li abbia imboscati dopo lettura di questo articolo. Scherziamo, dottor Travaglio. Resta che non c’è ragione di non metterlo nero su bianco una volta per tutte: i magistrati democratici Piercamillo Davigo e Giancarlo Caselli partecipano a delle serate organizzate a margine del libro ?Lo chiamavano Impunità? il cui soggetto è sempre quello, ossia i conti col presente. Potete anche chiamarle Giuseppe, le serate: resta la sostanza. E non ci sembra bello. A lei sì, dottor Davigo? Le pare autorevole?
Non cerchi di rigirare il calzino: le serate sono organizzate con il benestare della Editori Riuniti (speriamo che paghino le spese, almeno) e la presenza di Davigo e Caselli è prevista quanto auspicata per svariate serate. A proposito, dottor Travaglio: la smetta di sostenere che Davigo doveva esserci per forza ?altrimenti non viene Caselli?: non sono mica siamesi. Siamo pronti a scommettere che domani sera, giovedì 28, ci sarà un’altra presentazione di libro (sempre travestita) con presente uno solo dei due: a Pieve di Cadore, per la precisione. Giusto?
A parte tutto, gentili villeggianti: è nostro piacere fornire un paio di ulteriori note tecniche. La serata del Quartetto Manetta fa parte di un tragitto che avrete già conosciuto per il successo che ha riscosso: quand’è venuto Francesco Cossiga c’erano un migliaio di persone, per dire. Altre serate hanno contrapposto persone che erano in simbiosi tra loro come potevano esserlo Gianni Baget Bozzo e Paolo Sylos Sabini, per citare un’altra serata: ma il tutto ha funzionato proprio per questo, è chiaro, anche perchè nessuno ha posto veti su nessuno. Solo il Quartetto Manetta ha preteso di cantarsela e di arrestarsela: e neppure invitati, in teoria. Gli organizzatori che da quest’anno hanno l’appalto esclusivo per questi dibattiti, infatti, si sono limitati ad acconsentire cordialmente a un Marco Travaglio trovatosi nell’impossibilità di fare i comodi propri alla nota libreria Sovilla di Cortina, che quest'anno appunto non organizzava niente.
Morale: arrivano loro - spesati dal comune - e mettono veti sui partecipanti che gli organizzatori, per logica e per democrazia, avevano frattanto contattato. Simpatici. Democratici.
L'ultima nota è un errata corrige: l?incontro di questa sera si terrà al PalaVolkswagen e non al PalaMercedes come erroneamente scritto all’inizio. A furia di scrivere di Di Pietro, sapete.

Comunicato del comitato organizzatore
delle manifestazioni ?Cortina, cultura e natura?

?La programmazione delle manifestazioni estive di Cortina si è sempre contraddistinta ? e quest’anno più che mai ? per l’equilibrio politico-culturale nella scelta dei temi e in quella della composizione dei partecipanti. Lo dimostrano i ?faccia a faccia? che si sono tenuti nei giorni scorsi, come ad esempio quelli che hanno visto contrapposti Agnoletto-Urso, Sylos Labini-Baget Bozzo, Alemanno-Petrini, Ayala-Nordio.
L’obiettivo ? condiviso dall’amministrazione comunale di Cortina d’Ampezzo, patrocinatrice della manifestazione ? è sempre stato quello di discutere serratamene ma serenamente e civilmente, non facendo mai mancare il contraddittorio.
Per questo, quando abbiamo ricevuto la proposta di presentare il libro di Marco Travaglio e Peter Gomez ?Lo chiamavano impunità?, l’abbiamo accolta positivamente chiarendo agli autori che occorreva obbligatoriamente la presenza di personalità che potessero rappresentare un punto di vista alternativo, tanto più che i relatori da loro proposti ? Giancarlo Caselli e Piercamillo Davigo ? erano notoriamente in linea con gli autori stessi.
Caduta ben presto l’iniziale disponibilità di Carlo Nordio ? per inderogabili impegni professionali ? ogni proposta di uomini politici, giornalisti ed opinionisti avanzata dagli organizzatori è stata sistematicamente respinta da Marco Travaglio.
Ciononostante, in queste settimane ci siamo resi disponibili alle più diverse soluzioni, purchè avessero il carattere del contraddittorio. Ma anche le personalità suggerite dagli stessi autori non hanno potuto aderire all’invito. Ogni tentativo è dunque stato vano.
Registrato il rifiuto di Marco Travaglio di quanti tra giornalisti, opinionisti e uomini politici si erano, anche nelle ultime ore, dichiarati disponibili, l’organizzazione è costretta a prendere atto di tale atteggiamento e forte di una tradizione di tolleranza democratica consente che la presentazione del libro di Travaglio e Gomez sia ad una sola voce. Ma ne sottolinea la profonda anomalia.
Altresì, l’organizzazione invita il pubblico a valutare quanto finora affermato e di esprimere eventuali dissensi in forma civile, anche eventualmente lasciando la sala.
Infine, l’organizzazione invita caldamente gli autori e i loro discussant a non esprimere giudizi e valutazioni su coloro con cui non hanno voluto discutere apertamente sul palco, rispondendo così allo spirito di tolleranza dimostrato dall’organizzazione, dalla città di Cortina e dai suoi villeggianti.?

Comunicato di Marco Travaglio in merito all'incontro del 27 agosto
Il comunicato del comitato organizzatore di ieri è - per usare un eufemismo - sorprendente. E' raro veder travisare i fatti in modo così scandaloso. L'incontro sulla giustizia con Gian Carlo Caselli, Piercamillo Davigo, Peter Gomez, il sottoscritto ed altri era nato, in embrione, da un colloquio con il libraio Sovilla, già promotore di equilibratissimi incontri con alcune delle persone sopra citate a Cortina. Con lui si era concordata la data del 27 agosto e si erano invitati i due magistrati, che si erano resi disponibili per quel giorno. In itinere, subentrò la signora Iole Cisnetto, che mi telefonò dicendosi interessata alla presentazione del nostro (mio e di Gomez) ultimo libro e proponendola nella forma del contraddittorio, cioè affiancando ai magistrati invitati altre personalità di diverso parere. Precisai subito che non si trattava di presentazione di libro, ma di incontro sulla giustizia. Ragion per cui fu concordato il titolo "Chiudere i conti con il passato?". Quanto al contraddittorio, dissi "Benissimo, non chiedo di meglio". Lo stesso risposero i due magistrati (abituati a confronti anche aspri, come quello che contrappose lo stesso Davigo a Nordio e Battista un anno fa, proprio a Cortina). La signora propose i nomi di Claudio Martelli, Paolo Cirino Pomicino e Filippo Facci. Trattandosi di persone con cui più volte mi è capitato di dibattere, risposi che non avevo alcun problema. Chiesi a Davigo, il quale mi comunicò la sua impossibilità a dibattere con due personaggi da lui stesso messi sotto inchiesta, fatti processare e condannare nell'indagine Mani Pulite; quanto al giornalista Facci, aggiunse che, avendolo più volte querelato per diffamazione, preferiva confrontarsi con lui in tribunale. Caselli, pur non avendo problemi analoghi, si disse solidale con Davigo. Lo comunicai alla signora Cisnetto e ci trovammo d'accordo, per non perdere la partecipazione dei due magistrati (invitati per primi), di cercare altri contraddittori. Le diedi carta bianca, con l'unica preghiera di evitare persone inquisite da Davigo e Caselli. Nel corso di numerosi colloqui, snocciolammo una lunga lista di autorevoli giornalisti, politici, magistrati vicini alle posizioni del governo (come Carlo Nordio e Rosario Priore), uomini di cultura, avvocati che avrebbero svolto egregiamente quel ruolo. Io stesso, fino alla vigilia della manifestazione, mi feci parte attiva per contattarne alcuni. Purtroppo, senza esito. E senza esito si rivelarono gli sforzi di Iole Cisnetto. Restammo d'accordo che, se non avessimo trovato nessuno, l'incontro si sarebbe svolto ugualmente e avrebbe provveduto il moderatore invitato dagli organizzatori - Paolo Gambescia, direttore del Messaggero -, con sue domande e dando spazio al pubblico più critico, ad assicurare il contraddittorio.
La mattina del 27 agosto, giorno dell'incontro, mentre stavo recandomi da Cortina in auto da Lavarone, la signora Cisnetto mi telefonò comunicandomi che sul Giornale era uscito un articolo di Facci che si riteneva "censurato" da Davigo e dal sottoscritto e invitava grottescamente il pubblico di Cortina a una sorta di sollevazione. Mi parlò di "problemi politici" insormontabili, anche con l'amministrazione comunale, e mi pose l'aut-aut: "O salgono sul palco Pomicino e Martelli, o l'incontro salta". Le ripetei per l'ennesima volta quel che le avevo detto sin dall'inizio: Davigo non avrebbe potuto partecipare e, a quel punto, Gomez, io e presumibilmente anche Caselli, per solidarietà con Davigo, avremmo rinunciato a parlare di fronte a un evento inaspettato come quello, oltretutto comunicatoci all'ultimo minuto. Feci anche osservare che comunque, al Palavolkswagen, sarebbero confluite alcune centinaia di persone, e che noi, come da programma, ci saremmo presentati puntualmente all'appuntamento. Nessun fatto nuovo, infatti, poteva giustificare quel brusco cambio di programma: se gli organizzatori avessero voluto cancellare l'incontro perché non di loro gradimento, avrebbero potuto farlo in tempo utile, almeno prima che Davigo partisse da Milano, Caselli da Verona, Gomez dalla Spagna e il sottoscritto da Lavarone. Mi pareva assurdo mandare tutto all'aria - aggiunsi - soltanto a causa di un articolo pieno di falsità del Giornale. Un paio d'ore prima della manifestazione, la signora mi richiamò per comunicarmi che si era deciso di tenere ugualmente l'incontro, ma preceduto dalla lettura di un breve comunicato con la ricostruzione degli eventi, per spiegare alla platea che non eravamo riusciti a trovare, nonostante i ripetuti tentativi congiunti, alcun contraddittore. Mi pregò anche di non sfiorare più l'argomento in questione nel corso del dibattito, per evitare altre sterili polemiche. Cosa che, immaginando un comunicato veritiero, mi impegnai a fare. Senonchè, alle ore 18, la signora Cisnetto attaccò a leggere un comunicato demenziale, che stravolgeva i fatti, sposava le falsa ricostruzione del Giornale, diffamatoria anche per gli organizzatori cortinesi. Parlava di "presentazione del libro" (non prevista dal programma e assolutamente inventata, infatti nel corso dell'incontro non s'è fatto cenno ad alcun libro). E mi attribuiva addirittura la colpa di aver "sistematicamente rifiutato ogni proposta di uomini politici, giornalisti e opinionisti avanzata dagli organizzatori". Il tutto per non dover ammettere la triste verità: e che cioè i magnifici organizzatori non erano riusciti a scovare, in tutta Cortina e nel resto d'Italia, nessun altro personaggi se non due pregiudicati di Tangentopoli - Pomicino e Martelli - e il solito Facci (Gambescia ha dato forfait all'ultimo momento). Ma è così difficile trovare, a Cortina e fuori, un politico incensurato?
Tralascio la lezioncina di "tolleranza" che gli organizzatori hanno voluto impartirci, anche perché - com'è noto - la parola "tolleranza" si presta agli usi più svariati. E non tutti commendevoli. Sorvolo anche sul comico invito al pubblico dissenziente a "lasciare la sala": è la prima volta - credo e spero - che l'organizzatore di un evento invita il pubblico a boicottarlo. Purtroppo per questi masochisti, il migliaio di persone che affollava il Palavolkswagen (mai così gremito, ci è stato detto) non ha voluto accogliere il grazioso invito. E anche il pubblico dissenziente ha potuto intervenire in piena libertà, con domande anche dure agli ospiti, in un clima di civiltà che nessuna provocazione - interna o esterna - è riuscita a guastare.
Post scriptum. Ritenere che due magistrati di diverso orientamento come Davigo e Caselli e due giornalisti indipendenti non possano parlare di giustizia se non "bilanciati" da qualche illustre condannato per tangenti, è semplicemente grottesco. Per dirla con la signora Cisnetto, una "profonda anomalia". Che io sappia, quando Giovanni Falcone veniva invitato a parlare di mafia in pubblici dibattiti, nessuno gli chiedeva - in nome dell'"equilibrio politico culturale" - di portarsi dietro Michele Greco o Totò Riina.

23.8.03

COME SI DIVENTA AUTRICE DI BESTSELLER
da Teresa Ciabatti, Roma

Gentile Claudio,
mi chiamo Teresa Ciabatti, ho 28 anni e ho scritto un romanzo che più o meno non si è filato nessuno. Otto agosto, Orbetello, mi squilla il cellulare. Rispondo.
"Teresa Ciabatti, sono Stefano Lorenzetto de Il Giornale e la vorrei intervistare. Io sto a Verona, ma prendo un aereo e vengo a Roma da lei".
È uno scherzo di qualche idiota. Ma il giornalista mi giura che lui si chiama Lorenzetto, che scrive per Il Giornale e che davvero mi vuole intervistare. Ok, ci credo. Però, se è vero, mi sembra davvero eccessivo che Lorenzetto prenda un aereo per me, oltre al fatto che magari in aeroporto può cambiare idea e tornare indietro. "Senta, prenda io il treno e vengo a Verona. La prego!" dico, sempre col timore che lui possa cambiare idea e che io mi perdo l'unica intervista che mi è stata mai proposta. Ma Lorenzetto insiste.
Mia madre con fare teso mi accompagna alla stazione di Orbetello. Prima di salire sul treno, mi dice, scuotendo la testa: "stai sbagliando tutto. Questo è un mondo pericoloso". La mando affanculo e salgo sul treno. Perché questa donna mi deve rovinare tutti i momenti felici della mia vita?
L'intervista va benissimo. Io sono molto spiritosa e disinvolta e brillante.
Domenica 17 agosto corro a comprare Il Giornale. E guardo subito la cosa che m'interessa di più: la mia foto. Direi che sono venuta abbastanza bene, sembro molto magra e slanciata. Posso farlo. Prendo il cellulare e scrivo: "compra Il Giornale che ci sono io", poi faccio il suo numero e invio. Su due piedi lui non mi risponde. Ma io penso che tempo che compra Il Giornale, vede la mia foto, capisce che mi ama ancora e mi chiama.
Intanto mia madre distesa sul letto legge l'intervista. Poi scuote la testa: "Hai sbagliato tutto. Tu sei un pericolo per te stessa e per questa famiglia per bene umile e sempre all'ombra".
Fuggo in camera mia sbattendo la porta.
Intanto l'uomo che amo non mi risponde e non mi chiama.
Arriviamo a martedì e la mia amica Letizia mi avvisa che ci sono dei pezzi su di me: Guia Soncini su Il Foglio, Pierluigi Battista su La Stampa.
Prima di scendere a prendere i giornali, faccio un salto in camera di mia madre: "vedi che non capisci niente?! Che tutti hanno capito l'ironia di quella intervista e una marea di giornalisti ne ha parlato oggi sui giornali?!".
Lei tace ma scuote la testa. La odio.
Sintesi dell'articolo de Il Foglio: "chi cavolo è Teresa Ciabatti? Che prima di tutto si doveva prendere uno pseudonimo col cognome che si ritrova. Nessuno ha letto il suo libro. Dice che colleziona scarpe ma a giudicare dalla foto mai viste scarpe più brutte. Non volevo credere ai miei occhi quando ho letto le stronzate che ha detto ecc?"
Questa giornalista mi ha frainteso. Ma sono certa che quello de La Stampa ha capito.
Sintesi dell'articolo su La Stampa: "queste giovani scrittrici non sempre sono spiritose spigliate e intelligenti. Teresa Ciabatti è priva di etica ecc?"
Nascondo subito gli articolo per non farli trovare a mia madre, ma lei li trova e li legge.
"Hanno ragione loro! Tu sei una pazza! Tu hai bisogno di aiuto!" mi urla. Io con le lacrime agli occhi tento di spiegarle: "tu non capisci, sono cose positive. Sembrano negative ma sotto sotto sono positive!"
Intanto suona il citofono. Una lettera per me da Benevento. Non conosco nessuno a Benevento?
Mentre continuo a piangere, apro la lettera:
"Cara Teresa, ho letto la tua intervista su Il Giornale. Io e te siamo uguali e abbiamo tantissime cose in comune. Io sono in carcere da sei anni con l'imputazione di 416 bis. Ma fra cinque mesi esco e vengo a Roma a conoscerti. Ho appeso la tua foto sulla parete vicino al mio letto. Terry, ti chiedo solo la tua amicizia e tu non me la puoi negare, perché a te che ti costa darmi la tua amicizia. Se me la neghi poi vedrai che te ne penti. Ora rispondimi, scriviamoci per questi cinque mesi e poi appena esco vengo a Roma".
Intanto mi arriva un sms. Lo sento, è lui. In mezzo a tutta questa gente che non mi capisce, lui mi capisce e mi ama di nuovo.
Leggo: "fatti aiutare da uno psicologo". È mia madre dalla camera da letto che da venti giorni ha imparato a mandare sms.
Ora Claudio ti saluto perché mi devo concentrare su un nuovo sms da mandare a lui. Secondo te, può andare bene una cosa spensierata, che sembra che sto in spiaggia e mi annoio e sto scrivendo a varie persone fra cui lui? Del tipo: "mi chiedevo come stai, così, tanto per sapere". Secondo te funziona?

7.8.03

Il signore che rubo' una televisione, anzi due.
Tratto dal sito di Dario Fo

Berlusconi nel 1985 aveva solo una rete di televisioni locali che
trasmettevano non contemporaneamente gli stessi programmi. Era una furbata
che permetteva di violare la legge, visto che allora era vietato a soggetti
privati di possedere televisioni nazionali.
Ma Berlusconi si mette d'accordo con Craxi che gli fa un decreto legge
apposta
E fin qui, lo sapevamo già.
Cosi' Berlusconi ha finalmente tre televisioni nazionali vere.
Ma molti storcono il naso perche', essendo possibili solo 11 reti nazionali,
e' un po' anomalo che un solo imprenditore se ne prenda tre.
Non siamo nel Far West che il primo che arriva si prende tutto.
Nel 1994 la Corte Costituzionale con la sentenza 420, stabiliva in difesa
del pluralismo, che un unico soggetto privato non potesse detenere tre reti
nazionali, concedendo un periodo di transizione e rimettendo il problema al
legislatore per una soluzione definitiva entro e non oltre l'agosto 1996.
Arriva il 1996, scade nell'indifferenza generale la decisione della Corte
Costituzionale e Berlusconi continua ad avere tre tv.
Nel 1997 la legge Maccanico stabiliva che un soggetto non potesse detenere
piu' di due reti, e che, finche' non ci fosse stato un "congruo sviluppo"
via satellite e cavo, Rete4 avrebbe potuto
continuare a trasmettere via etere, quest'ultima decisione in palese
contrasto con le decisioni della Corte Costituzionale che aveva deciso per
un termine definitivo entro l'agosto 1996.
D'Alema, una volta diventato capo del governo, decide di risolvere la
questione e indice una gara per l'assegnazione delle concessioni delle reti
nazionali. La commissione nominata dal Ministero e' presieduta da un
avvocato di Mediaset. Berlusconi si aspetta che finalmente possa detenere
legittimamente, con un regolare mandato dello Stato, le sue tre reti e
relative frequenze. Nel luglio 1999 si svolge questa gara d'appalto, per
partecipare si richiedono requisiti spaventosi e sembra chiaro che nessuno
riuscira' a scombinare i giochi.
Invece, colpo di scena.
Arriva un tipo con uno scatolone enorme pieno di documenti e dice: "Buon
giorno sono Francesco Di Stefano di Europa 7, vorrei due reti nazionali,
grazie."
Panico! E chi e' questo? E' pazzo?
No, non e' pazzo, e' il loro peggior incubo.
Iniziano a mettergli i bastoni tra le ruote: "Le manca il certificato 3457!"

"No e' qui!"
"Il modulo 13 bis compilato in 8 lingue?"
"Ne ho due, bastano?"
Ma poi trovano la furbata: "Il bando di gara richiede di avere 12 miliardi
di capitale versato per rete, lei ne ha solo 12, puo' chiedere una sola tv."
"Balle!" Risponde il signor Di Stefano, "12 miliardi sono per concorrere,
non per ognuna delle due frequenze".
Ricorre al Tar e poi al Consiglio di Stato e vince.
Insomma alla fine gli devono dare una concessione per una rete nazionale e
presto anche una seconda perche' ne ha diritto e a Berlusconi ne tolgono
una. Non che la debba chiudere, deve traslocarla sul satellite, che ormai
e' ricevuto da 18 milioni di italiani.
Ma a questo Di Stefano non gli vogliono dare proprio niente.
Evidentemente lui deve essere uno che da piccolo lo allenavano ad abbattere
i muri con la cerbottana perche' avvia una serie di procedimenti giudiziari
spaventosa.
Ingiunzioni, diffide, cause penali, civili, regionali, Commissione Europea.
E vince tutti i ricorsi, tutti gli appelli, tutte le perizie.
E alla fine arriva alla Corte Costituzionale che nel novembre 2002, sentenza
numero 466-2002, ha stabilito inequivocabilmente che:
- Retequattro, dal 1 Gennaio 2004 dovra' emigrare sul satellite
- le frequenze resesi disponibili dovranno essere assegnate a Di Stefano!
L'avete sentito dire al telegiornale?
Abbiamo chiesto a Di Stefano come si sentisse in questa storia e ci ha
risposto con un lieve sorriso: "Nonostante siano trascorsi ben nove anni
dalla decisione della Corte Costituzionale, Mediaset continua a detenere e
utilizzare appieno tre reti nazionali su un totale di sette concessioni
assegnate sulle undici assegnabili (comprese quelle Rai).
Il fatto che un soggetto, a cui e' stata data una concessione (in
concessione si da' un bene pubblico, in questo caso le frequenze), non
riceva poi materialmente il bene e' un avvenimento che non ha precedenti al
mondo.
Nel luglio 1999 Centro Europa 7 aveva fatto richiesta di due concessioni,
una (Europa 7) l'ha ottenuta, per l'altra (7 Plus) c'e' stato un diniego, in
quanto non ritenuta idonea per la mancanza del requisito del capitale
sociale.
Una sentenza del Consiglio di Stato ha riconosciuto esistente il requisito
del capitale sociale, per cui siamo in attesa di una seconda concessione,
anche se il Ministro Gasparri prende tempo.
Nel frattempo Centro Europa 7 per iniziare le trasmissioni, si e' dotata di
una struttura di oltre 20.000 mq, di otto grandi studi di registrazione per
le proprie eventuali produzioni, di una library di oltre 3000 ore di
programmi e di tutto cio' che e' necessario per una rete televisiva
nazionale con 700 dipendenti.
Questa preparazione e' stata necessaria poiche' la legge stabilisce che,
entro sei mesi dall'ottenimento della concessione, la neo-emittente ha
l'obbligo di iniziare le trasmissioni.
Attualmente Centro Europa 7 e' una societa' praticamente ferma, non ha alcun
introito, poiche' non e' stata messa in condizione di operare, ma ha avuto,
e continua ad avere, pesanti oneri per la gestione della struttura,
l'adeguamento della library, l'adeguamento tecnologico, le ingenti spese
legali, i costi dei dipendenti..."
Ma ora altro colpo di scena: Gasparri si sta muovendo per salvare Rete 4.
Il D.D.L. Gasparri, art. 20 comma 5 e art. 23 comma 1, realizza in pratica
un condono, riconoscendo il diritto di trasmettere a "soggetti privi di
titolo" che occupano frequenze in virtu' di provvedimenti temporanei,
discriminando cosi' le imprese come Europa 7 che hanno legittima
concessione, il tutto sempre al fine di salvaguardare Retequattro.
Infatti, quest'ultima potra' continuare a trasmettere, in barba alla
sentenza del '94 e del 2002 della Corte Costituzionale e della legge 249/97,
pur non avendo ormai da quasi quattro anni la concessione, mentre Europa 7
non potra' mai trasmettere, dimenticando che nel luglio 1999 c'e' stata una
regolare gara dello Stato per assegnare le concessioni, gara persa da
Retequattro e vinta da Europa 7.
Si realizza quindi un ennesimo gravissimo stravolgimento del diritto.
In pratica, chi ha perso la gara (Retequattro) puo' continuare
tranquillamente a trasmettere, e chi l'ha vinta (Europa 7), perde
definitivamente tale diritto.
Non vi sembra straordinario?
Travolti da un miracoloso afflato civico i deputati del Polo bocciano alla
Camera dei Deputati il decreto Gasparri proprio laddove vuol tagliare la
gola a Europa 7.
E' chiaro che le urla di Berlusconi di questi giorni sono anche per
ricompattare i suoi, che se lo mollano adesso...
Ora bisogna vedere cosa fa il Senato, e poi la legge deve tornare alla
Camera.
E poi bisogna vedere se Ciampi la firma una legge del genere.
Saremmo all'oltraggio definitivo del concetto stesso di stato di diritto.
Un conto e' fare una legge per non finire in galera, un conto e' fare una
legge per prendersi qualche cosa che appartiene a un altro.
Si comincia cosi' e poi si pretende il Jus Primae Noctis.
Quindi, cara cittadina, caro cittadino, sappi che in questo momento si sta
giocando una partita incredibile.
Se questa legge passa, quel che e' tuo e' suo.
Vedi tu se riesci a far girare questa mail
Che secondo me, anche solo se si sa in internet un po' li rende nervosi.
Che poi casomai gli viene di fare un altro passo falso.
Che internet non conta niente in borsa ma siamo comunque una decina di
milioni.