29.9.05

LA SINISTRA PER IL PROPORZIONALE
UN APPELLO ALLE FORZE DEMOCRATICHE, PROGRESSISTE E DI SINISTRA

Con la proposta di modifica della legge elettorale in senso proporzionale, alcuni settori del centrodestra tentano di ridurre le conseguenze del previsto tracollo alle prossime elezioni politiche.

Tuttavia, riteniamo sbagliato non cogliere l'opportunità di correggere una situazione che vede la vita politica del nostro Paese profondamente distorta da un sistema elettorale maggioritario uninominale che - dopo oltre dieci anni di sperimentazione - ha dimostrato tutta la sua natura antidemocratica.

Riteniamo inoltre che, di fronte ad una questione dirimente come il diritto ad una rappresentanza parlamentare proporzionata ai consensi riscossi nel Paese, le considerazioni di carattere utilitaristico e contingente non possano e non debbano prevalere: si tratta di una questione di democrazia che deve vedere le forze democratiche e di sinistra impegnate per garantire il massimo di corrispondenza fra volontà popolare espressa nelle urne e rappresentanza di questa nelle istituzioni.

A fronte di un'Europa dove prevale largamente il sistema proporzionale, in Italia si è voluto introdurre il maggioritario uninominale, nella convinzione che avrebbe semplificato il sistema della rappresentanza e conferito maggiore potere decisionale ai cittadini; non solo questo non è avvenuto, ma abbiamo verificato il manifestarsi di fenomeni degenerativi cui è ora che si ponga rimedio.

Fra gli effetti negativi del sistema elettorale vigente, ci basta segnalare le anomalie più evidenti, quali il fatto che partiti che prendono meno voti di altri si vedono premiati con rappresentanze parlamentari largamente superiori; la moltiplicazione dei partiti,
poiché il sistema uninominale consente di esercitare un vero e proprio ricatto, determinando la vittoria o la sconfitta nei singoli collegi anche con percentuali irrisorie; la personalizzazione esasperata della politica, esaltata dal meccanismo dei collegi, dove chi vince piglia tutto e i voti dati agli altri candidati vanno del tutto persi; la diminuzione della partecipazione dei cittadini e il corrispondente aumento dell'assenteismo dalle urne, nella consapevolezza diffusa che questo sistema mortifica la rappresentanza e le possibilità di scelta dei cittadini, in palese contrasto con lo spirito democratico e partecipativo della Costituzione repubblicana.

Chiediamo a tutte le forze democratiche, progressiste e di sinistra di impegnarsi, nel Parlamento e nel Paese, per il definitivo superamento del sistema maggioritario uninominale, per una legge elettorale proporzionale che consenta la rappresentanza democratica dell'effettivo consenso dei cittadini; in particolare, per quanto riguarda la proposta che verrà discussa in Parlamento, chiediamo che ci si impegni per abrogare la soglia di sbarramento al 4% e il premio di maggioranza, per una legge proporzionale "pura", che ponga fine alle distorsioni politiche e culturali prodotte dall'introduzione del maggioritario nel nostro Paese.

Firmatari:

Letizia Mancusi (Comitato Politico Nazionale PRC)
Germano Monti (Comitato Federale PRC Roma)
Franco Ragusa (www.riforme.net)
Sergio Cararo (Direttore di Contropiano)
Luciano Vasapollo (Direttore Cestes)
Marco Santopadre (Rete dei Comunisti)
Sergio Massinelli (pensionato)
Marco Ottanelli (redazione www.democrazialegalita.it )
Marco Calamai - Firenze
Eugenio Giuliani (PRC Anzio)
Maria Carla Gualteri - Pescara
Emilio Conti - Firenze
Francesco Bravetti - Roma
Marco e Lucia Nutini - Firenze
Vladimiro Giacchè
Carla Barducci - Roma
Alberto Burgio (Direzione Nazionale Prc)
Giuseppe Ielo (Coord. Reg. Calabria, Movimento Politico "Governo Civico")
Mario Tommasi (collegio di garanzia - federazione di Rieti)
Aldo Romaro (redazione Il pane e le rose - comitato politico regionale PRC Veneto)
Franco Astengo (cultore di materia - facoltà di scienze politiche Università di Genova)
Beatrice Giavazzi (Direzione Nazionale PRC)
Ettore Davoli (inpdap Roma)
Jacopo Venier (segreteria PdCI)
Stefano Franchi (segreteria PRC di Bologna)
Maurizio Musolino (giornalista La Rinascita)
Aldo Cannas (dirigente scolastico - Cagliari)
Gianpaolo Giuliano (PRC Federazione di Gorizia)
Edgardo Bonalumi ( Convenzione per l'alternativa - Milano)
Franco Guerra (CDG PRC Federazione Roma)
Bruno Giacomazzo - Trieste
Fausto Sorini (direzione nazionale PRC)
Paolo Martellotti (direttivo provinciale Fillea Cgil Padova)
Gianni Buganza (Tavolo dei Laici - RDB Azienda opedaliera Padova)
Marino Faggin (comitato NO AL G.R.A. di Selvazzano Dentro - PD)
Antonio Mura (Com. Federale PRC del Trentino - Direttivo PRC Rovereto)
Pasquale Bevilacqua (Segretario PRC della Feder. estera della Germania)
Gianluca Missero a titolo personale (Consigliere nazionale Radicali di Sinistra)
Angelo Bini
Ferdinando Mancini (consigliere e capogruppo lista civica "Viva Sansepolcro")
Renato Caputo
Manuela Ausilio
Vincenzo Brandi (ricercatore ENEA Roma)
Gualtiero Alunni (CPF PRC Roma - Assessore Municipio Roma VIII)
Paolo W. Cattaneo (CPF Federazione Pavia, Direttivo Circolo Pavia)
Mauro Gemma (CPF PRC Torino)
Luigi Giacalone - Collegno
Francesco Maringiò (coordinamento nazionale giovani comuniste/i)
Gino Bortolozzo (CD Veneto Filtea Cgil - CG PRC - Padova)
Nicola Nardiello (Coord. prov. Nidil Cgil - CPF PRC - Padova)
Marco Vettore (Rsa Elettroingros - CPF PRC - Padova)
Enrico Toffanello (Rsu Sepad - Padova)
Diego La Sala (segreteria provinciale PRC, Pistoia)
Agostino Giordano (Comitato Politico Federale / PRC-Bologna)
Giordano Ferri (precario - Padova)
Filippo Incorvaia - Adesione convinta del comitato locale di Attac Vercelli
Bruno Steri (Com.pol.nazionale PRC)
Silvia Di Giacomo (Prc di Roma)
Francesco Cirigliano (Comitato Politico Nazionale del Prc - fed. Potenza)
Maurizio Timitilli (collegio garanzia Lazio)
Enrico Damonte (Membro del Comitato Politico Federale di Pordenone del P.R.C)
Costantino Avanzi (Direttivo PRC Rovereto)
Flavio Baù con Maria, Gloria, Rossana, Omar, Lucio e Ivan
Alessandro Montana Lampo (Collegio di Garanzia PRC Sicilia)
Aldo Montalti (Comitato Politico prov.le P.R.C. GROSSETO)
Massimo Marcori (CPF P.R.C. TORINO)
Lorenzo Mazzucato (Rsu Cciaa di Padova, www.conques.ilcannocchiale.it)

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puoi leggere l'appello con le firme aggiornate agli indirizzi:
http://www.riforme.net/2005/rass05-012.htm
http://www.pane-rose.it/pagina_art.php?id_art=5345

per sottoscriverlo puoi inviare un'email a proporzionaleora@libero.it , oppure a panerosepd@libero.it

27.9.05

Indiscrezioni primarie
CONTRORDINE di ALESSANDRO ROBECCHI

L'importante è arrivarci preparati. Ed ecco qui: birre, patatine e salatini a volontà, il divano comodo e due pacchetti di kleenex per quando le lacrime, di pianto o di riso, ci coglieranno alla sprovvista. C'è tutto, siamo pronti per assistere alle primarie del centrodestra, il più grande spettacolo autosatirico mai inventato. La situazione è ancora in evoluzione, la discussione nel Polo è viva e vivace, ma già, grazie a numerose indiscrezioni raccolte in questi giorni, siamo in grado di anticipare le principali linee-guida della consultazione e i principali protagonisti.

Mariotto Segni - Il luogo comune secondo cui Mariotto porta sfiga va profondamente rivisto alla luce dei recenti avvenimenti. Partecipando alle primarie del centro destra, il grande leader ribalta quell'ingeneroso giudizio: non è Segni che porta sfiga, ma la sfiga che porta Segni. È l'unico sostenitore del maggioritario tra tanti sfidanti che si sono svegliati proporzionalisti ieri mattina. Previsione: 0,06 per cento, ben sopra la sua media abituale.

Pierferdy Casini - Leader cattolico. Divorziato, convivente con la nuova compagna, un figlio fuori dal matrimonio, si batterà con tutte le sue forze contro i Pacs. Il suo chiodo fisso è la difesa della famiglia, gli elettori delle primarie del centrodestra potranno scoprire quale con un simpatico gratta e vinci. Previsione: 8,5 per cento.

Gianfranco Fini - È la sua grande occasione: fare le elezioni solo nel centrodestra potrebbe dargli, per una volta, il brivido di vincerle. Arriverà secondo. Previsione 23 per cento.

Henry Desiré Landru - Serial killer francese degli inizi del `900, fece a pezzi e bruciò nel caminetto una decina di signore parigine. Potrebbe attrarre il voto maschile insofferente alle aperture progressiste di alcune donne del Polo. Se non si presentasse (c'è questo timore, è stato ghigliottinato nel `22) si può sempre chiamare Storace. Previsione: 1,2 per cento.

Alessandra Mussolini - Oltre al voto nelle primarie, propone il salto nel cerchio di fuoco, l'autarchia e la bonifica delle paludi Pontine. Nessun mistero sulle sue alleanze in caso di vittoria: tedeschi e giapponesi. Previsione: 2 per cento.

Renato Brunetta - Economista, consigliere di palazzo Chigi per gli affari economici, il che spiega in parte le attuali difficoltà del Paese. Ha scritto molti libri e va pure in giro a dirlo. Previsioni: 1,4 per cento.

Maldini e Costacurta - Anziani difensori del Milan. Si presentano alle primarie forti dei molti successi conseguiti, ma soprattutto vogliosi di trovare finalmente un lavoro adatto alla loro età. Previsionì: 3,5 per cento.

Silvio Berlusconi - Attempato possidente. Accetterà solo a denti stretti di competere con il resto dei candidati che non sono, come lui, emanazione divina. Però possiede tivù e giornali dai quali è pronto a far sparire tutti i concorrenti in nome di una vera competizione democratica. Alle primarie preferirebbe una convention, al voto preferirebbe un bell'applauso, a Follini preferirebbe una bronchite acuta. Previsione: 40 per cento.

Roberto Calderoli - Arrivare alle primarie lo inorgoglisce: dopo quarant'anni di scuola materna pensava di non riuscirci più. Condurrà la sua battaglia in nome del grande sogno di aprire finalmente una banca del Nord che non fallisca dopo sette minuti netti. Spigliato e apprezzato per il suo sguardo penetrante, baserà tutto sulla strenua difesa di Antonio Fazio, noto padano abruzzese. Previsioni: 4 per cento (3 per cento in caso di maltempo nel varesotto).

Rex - Cane poliziotto dell'omonimo telefilm. Anche lui, come Silvio Berlusconi, deve la sua popolarità alla tivù. Previsioni: 5,6 per cento.

È possibile che da qui all'avvio delle primarie del centrodestra si verifichi qualche assestamento, che si facciano avanti nuovi candidati e che si precisino nuove più solide alleanze. Del resto, come ha scritto Paolo Guzzanti su il Giornale, «Silvio Berlusconi esce benissimo (...) per la risposta fulminea sulla leadership che inietta linfa nel corpo elettorale della casa delle libertà». Quando si dice autosatira...
Vite parallele - Parlamento, la Lega fa lo scambio di coppie - Ballaman e Balocchi si assumono le mogli
di Gian Antonio Stella (Corriere della Sera)

Sorpresa: gli scambisti sono sbarcati in politica. Certo, non gli scambisti a luci rosse dei club privé. Almeno che si sappia. Ma due deputati leghisti, forse per marcare una innovazione padana nei confronti del vecchio nepotismo partitocratico, si sono scambiati davvero le mogli.

Ognuno ha assunto in ufficio, a spese dello Stato e quindi di noi cittadini, la moglie dell'altro.
Una bella pensata che, aggirando gli stucchevoli paletti di una legge bigotta contro il familismo, apre nuovi orizzonti al mantenimento di figli e cugini, generi e cognati, zie e concubine. Senza più il fastidioso ingombro di provvedere al vitto e alloggio dei propri cari, comodamente collocati a carico delle pubbliche casse. I protagonisti della nostra storia, che pare fosse nota a un mucchio di addetti ai lavori rigorosamente omertosi ma non ai cittadini, sono Maurizio Balocchi ed Edouard Ballaman. Due personaggi piuttosto noti.

Il primo è sottosegretario agli Interni, il secondo questore della Camera. Il primo, un genovese di nascita fiorentina, è stato il fondatore dell'Associazione italiana amministratori di condomini, è parlamentare dal 1992 e della Lega è stato il segretario amministrativo. Il secondo, nato in Svizzera ma cresciuto a Pordenone, è un commercialista finito spesso sui giornali. Prima per aver dato fuoco in diretta tivù al concordato fiscale del governo Dini. Poi per aver battuto Vittorio Sgarbi nell' uninominale anche grazie a volantini in cui invitava i cattolici a votare per lui (insegnante in una scuola salesiana) e non per gli avversari giacché uno era «comunista» e l'altro un «noto libertino frequentatore di pornostar». Quindi per aver proposto per due volte l'abolizione del «made in Italy» da sostituire al Nord con «made in Padania. Per non dire delle sparate sul diritto di Pordenone a diventare una provincia autonoma o di un'intervista al «Sole delle Alpi» dove alla domanda su cosa detestava rispondeva: «Il tricolore». Amici da anni, i due hanno vissuto insieme almeno tre avventure finanziarie. La prima fu la tentata speculazione immobiliare leghista a Punta Salvore, in Istria, che vide come progettista il futuro presidente del consiglio regionale veneto Enrico Cavaliere e come investitori nella «Ceit srl» un sacco di esponenti del Carroccio, a partire dalla moglie di Umberto Bossi: un'operazione disastrosa, finita con la sparizione di due miliardi, il fallimento e la decisione del pm Paolo Luca di contestare all'intero consiglio di amministrazione la bancarotta fraudolenta e il falso, «per aver segnato sui libri contabili della società che le quote ammontavano a cento mila lire, quando in realtà le azioni costavano dai quaranta milioni in su».

La seconda fu la fondazione, ancora con soci leghisti come Stefano Stefani e il solito Enrico Cavaliere, della società «Santex» per gestire il casinò dell'Hotel Istria di Pola. Una vicenda chiusa con la vendita delle quote. A chi? Giuseppe Ragogna e Stefano Polzot, nel libro «L'aquila tradita», scrivono che «secondo alcuni periodici croati sarebbero state cedute a Moshe Leichner e al figlio Zvi, due americani di origine israeliana arrestati a Los Angeles per una presunta truffa valutaria da 77 milioni di dollari ai danni di un centinaio di risparmiatori ».

La terza avventura fu quella delle sale Bingo. Maurizio Balocchi puntò sulla «Bingonet», della quale era amministratore unico e azionista di maggioranza. Il secondo, allora vicepresidente della commissione Finanze, sulla «Cristallina», una sua creatura che riuscì a ottenere la concessione di quattro sale: a Pordenone, Treviso, Belluno e Trieste. «Che male c'è?», rispose a chi sollevava perplessità. E spiegò: «Quando ho saputo che gli imprenditori romani volevano venire qui a far soldi mi sono attivato affinché la gestione fosse targata Destra Tagliamento». Finì malissimo.

Fallì la «Bingonet», nonostante lo sconcertante prestito avuto dalla padana «Credieuronord», la banca di cui Balocchi era consigliere d'amministrazione (!) e i cui soci, piccoli risparmiatori leghisti rovinati, deliberarono «un' azione di responsabilità nei confronti degli amministratori e dei direttori generali per il risarcimento dei danni». E fallì, anche qui con uno strascico di denunce di soci che si ritenevano truffati, pure la «Cristallina». La quale, nata con un capitale di 20 milioni di lire, aveva puntato a rastrellare 14 miliardi e distribuito quote per oltre 4. Ma tra tante disavventure, almeno un'idea è stata per entrambi un affare.

Quella che i due ebbero subito dopo la vittoria elettorale del 13 maggio 2001, quando la possente ondata liberale e liberista avrebbe dovuto spazzare il vecchio sistema clientelare del passato: perché non fare cambio delle mogli? Professionalmente, si capisce. E così, detto fatto, alla metà di giugno il neosottosegretario agli Interni Maurizio Balocchi prese come collaboratrice Tiziana Vivian, da quattro anni signora Ballaman. E contemporaneamente, la stessa settimana, il neoquestore della Camera Edouard Ballaman arruolò nel suo ufficio a Montecitorio la signora Laura Pace, cioè la nuova compagna che a Balocchi, separato dalla prima moglie, avrebbe di lì a poco dato un figlio di nome Riccardo.

Dicono ora, nel piccolo mondo della politica, che erano in tanti a sapere. Come in tanti sapevano della scelta del sottosegretario azzurro alla sanità Elisabetta Casellati di assumere come capo della segreteria sua figlia. O del figlio Riccardo e del fratello Franco di Umberto Bossi mandati a fare i consiglieri a Bruxelles e fatti rientrare solo dopo lo scoppio dello scandalo.

E in tanti ammiccano che insomma, i casi di «aiutini» tra parenti di questa Seconda Repubblica che avrebbe dovuto chiudere con le antiche botteghe familiste, sono diversi. E alludono a chi ha imbarcato mogli e chi cugini, chi cognati e chi amanti e insomma «è sempre andata così». Ecco: fosse davvero così, sarebbe bello se per una volta, a destra o a sinistra, qualcuno facesse «outing» prima di essere scoperto. Ma c'è da sperarci?

19.9.05

Giulia Maria Crespi: omeopatia
e antroposofia possono integrare la pratica ufficiale


"Salvata dall'altra medicina
dico no alla persecuzione"



ROMA - Ha deciso di parlare e di raccontare, anzi di raccontarsi, soltanto perché, dice, "quello che sta succedendo in Italia è drammatico, c'è il rischio che nove milioni di persone che da anni si curano con l'omeopatia non possano più farlo, perché nuove regole sempre più restrittive metteranno al bando giorno dopo giorno i medicinali non ufficiali; e tutto questo non in nome della verità scientifica ma per favorire le industrie farmaceutiche".

E' un vero j'accuse quello di Giulia Maria Crespi, presidente del Fai, il Fondo per l'ambiente italiano, contro le nuove normative che dovrebbero sottoporre alle stesse sperimentazioni i farmaci allopatici e quelli omeopatici. Ne parla con la forza e la tenacia di chi da sempre lotta per difendere quei patrimoni dell'umanità che si chiamano ambiente, arte, cultura e natura.

"Conosco l'omeopatia da quasi 50 anni. Mi ha aiutato a sconfiggere malattie grandi e piccole. Con questa ho curato i miei figli, i miei nipoti, le persone che lavorano per me, e anche i miei cani. Funziona e non fa male. Perché tanto accanimento? Possibile che i nove milioni italiani che la utilizzano siano tutti cretini, me compresa...?".

Signora Crespi, è vero che l'incontro con l'omeopatia e con l'antroposofia le hanno cambiato la vita, anzi, il modo di vedere la vita?
"Sì, è così. C'è una data precisa. Quarantasette anni fa. Era un periodo non facile. Mio marito era morto, i mie due figli erano piccoli. Da poco, su indicazione di un noto pediatra milanese, avevo iniziato a curarli con l'omeopatia, una scelta davvero controcorrente in quegli anni. Una sera, ricordo, dovevo ricoverarmi per un piccolo intervento, non difficile ma doloroso. Mio figlio però aveva la febbre alta. Ero preoccupata e chiamai l'omeopata, il dottor Bargero, spiegandogli anche che dopo poche ore sarei dovuta entrare in clinica. Lui mi chiese rinviare l'intervento e di provare a curarmi per due settimane con i suoi rimedi. Tentai. Fu un successo e non ho mai più avuto bisogno di operarmi"


Negli anni lei ha poi dovuto affrontare battaglie ben più dure contro la malattia.
"Ho avuto il cancro. Prima al seno, poi all'anca. L'ho sconfitto cinque volte. La prima nel 1968. L'ultima, otto anni fa. Con l'aiuto di un grande luminare e caro amico, il professor Umberto Veronesi. E con la medicina antroposofica. Mi sono fatta operare, ho fatto alcuni cicli di radioterapia, alcune cure ormonali, ho sempre rifiutato la chemioterapia. Ma è alla Lukas Klinic di Basilea, clinica steineriana dove si cura il cancro con terapie alternative, con il vischio ad esempio, che ho capito come davvero ci si deve porre di fronte alla malattia, e quali sono i fattori che portano alla malattia. A cominciare da quello che mangiamo. E' stato a Basilea che ho deciso di occuparmi di agricoltura biodinamica, perché molto inizia da lì, dai veleni che ogni giorno ingeriamo, da quanto abbiamo avvelenato la Terra, l'acqua, tutto".

Dunque lei ritiene che ci debba essere un'integrazione tra medicina "ufficiale"e medicine "non convenzionali"?
"Ci sono malattie contro le quali l'omeopatia non può fare nulla. E' chiaro che se ho la broncopolmonite prendo gli antibiotici, o che per l'Alzheimer e la sclerosi multipla servono farmaci potenti. Ma ci sono le influenze, le allergie, i reumatismi, l'ansia, l'insonnia, i problemi di stomaco, e qui sì che i rimedi omeopatici funzionano. Infatti, proprio perché non sono antitetiche non capisco il riaffiorare ad ondate degli anatemi della medicina ufficiale".

A cominciare, signora Crespi, dal recente editoriale di Lancet, in cui si affermava che l'omeopatia ha soltanto un effetto placebo?
"Lasciamo stare Lancet. Come si può credere all'autorevolezza di una rivista scientifica che si è scoperto essere finanziata da una multinazionale delle armi? Come si può credere a chi vende strumenti di morte? Accettiamo poi che l'omeopatia agisca soltanto come effetto placebo. Se il malanno scompare non è meglio utilizzare un placebo che un farmaco chimico?"

Le nuove norme sono però una direttiva europea.
"Non mi risulta che in Francia, Inghilterra o in Germania esistano limitazioni. Io non chiedo che come in Svezia l'omeopatia venga sostenuta dal servizio sanitario nazionale. Almeno però lasciateci curare come vogliamo".

17.9.05

Satira preventiva di Michele Serra
Un pieno di petrolio alla tromba
Che fare di New Orleans? L'amministrazione Bush ha finalmente chiare la gravità della situazione e le priorità da affrontare

Che fare di New Orleans? L'amministrazione Bush, dopo poche settimane di sbandamento, ha chiare la gravità della situazione e le priorità da affrontare: "Pulire dal petrolio tutti quei maledetti saxofoni e quelle fottute trombette sarà dura, ma siamo convinti che ce la faremo", ha dichiarato il presidente in un discorso alla Nazione finalmente all'altezza. Gli esperti dell'amministrazione stanno lavorando giorno e notte (un quarto d'ora di giorno, uno di notte) per affrontare la questione. Il Protocollo Nazionale per le emergenze prevede, al primo punto, l'invio di carrarmati sul luogo della tragedia, e scatta automaticamente ogni volta che un cittadino chiama un'ambulanza. Negli ultimi due casi (il malore di un anziano giurato durante la cerimonia degli Oscar e un parto prematuro in Arkansas) l'esercito è arrivato con una settimana di ritardo, per giunta devastando le aiuole di tre Stati.

Anche a New Orleans, non tutto è andato liscio. L'occupazione militare della zona è da ritenersi incompleta perché le bandiere americane, piantate frettolosamente nella melma, sono collassate in acqua e sono state divorate dagli alligatori, che scambiano le stelle per corn-flakes e le strisce per tagliatelle. Gli idrovolanti, durante l'ammaraggio, si sono quasi tutti incastrati nelle verande di legno con sedia a dondolo, obbligatorie per legge nelle case del Sud, distruggendo le sedie a dondolo spesso occupate dagli anziani che non volevano abbandonarle. "Le cose sarebbero molto più semplici", ha dichiarato un portavoce del Pentagono, "se non ci fossero tutti quei cadaveri galleggianti in mezzo alle scatole".

Ma il vero punto è: una volta occupata la città, e sgominate le ultime bande di jazzisti in rivolta che sparano sui soldati bianchi temendo l'invasione della musica country, quale futuro per le zone colpite? Sono allo studio diverse possibilità.

Neoschiavismo Poiché il prosciugamento della città sarebbe anti-economico, si pensa alla riconversione in risaie di tutta la contea, deportando migliaia di mondine dal Vercellese. Pur essendo manodopera bianca, le autorità sperano, sull'esempio del blues nei campi di cotone, nella nascita di una nuova musica popolare, una suggestiva fusion tra Nilla Pizzi ed Eminem. "Pochi generi musicali", ha detto in proposito l'etnomusicologo Bill Moreland, "rappresentano efficacemente il dolore umano come il repertorio della Pizzi". L'eventuale immissione di schiave cinesi permetterebbe di introdurre anche il gong.
Le principali compagnie di navi da crociera hanno messo a disposizione le loro navi per costituire la nuova flotta negriera. "Le nostre condizioni di viaggio", dichiarano in un comunicato congiunto le compagnie, "ricordano molto da vicino la vita sulle navi negriere. Basta aumentare la presenza degli animatori, e nessuno potrà notare la differenza".

Parco acquatico La Walt Disney ha presentato un progetto di Disneyland acquatica, con Nonna Papera e Ciccio che accompagnano le famiglie in un divertente percorso a ostacoli tra tetti emergenti e barche rovesciate. Tra le attrazioni principali, Surviveland, una mostra vivente dei superstiti che stendono i panni sui cesti dello stadio di basket, e il Gloo-Gloo-Drome, piccolo tempio degli effetti speciali dove i visitatori avranno l'impressione di annegare mentre la tv trasmette un discorso di Bush sull'efficacia dei soccorsi. Per studiare il progetto, Bush ha già incontrato la sezione saudita dei Bassotti, che collaborano da sempre con la sua famiglia nel settore petrolifero.

Oil for Food Nel suo significato originale ('Mangiate petrolio'), l'operazione umanitaria consiste nel convincere la popolazione superstite a nutrirsi di petrolio, che galleggia a tonnellate su New Orleans allagata. Proviene pur sempre da materia organica in decomposizione, e il suo sapore è molto migliore del blue-cheese e di molti altri alimenti consumati abitualmente in America. "Quale altra popolazione", ha detto il presidente Bush, "è così fortunata da potersi nutrire e fare il pieno nello stesso tempo, semplicemente affacciandosi con un secchio alla finestra di casa?". Si stanno contattando le varie associazioni di musicisti locali per convincerle a trasformare in contenitori di petrolio i saxofoni e i tromboni: potrebbero diventare nuove unità di misura. Il prezzo di un basso-tuba di greggio oscilla tra i 10 e gli 11 dollari.

16.9.05

I GIORNALISTI ITALIANI NELL'EPOCA DEI BLOG
Una ricerca di Hill and Knowlton

1/3 dei giornalisti italiani li consulta quotidianamente, il 90% li ha consultati almeno una volta e la stragrande maggioranza li ritiene credibili, anche se come fonti da incrociare con altre. È una prova che anche in Italia il fenomeno dei blog sta cambiando il modo di fare giornalismo e interviene nella generazione e diffusione delle notizie?
I risultati dell’indagine condotta su un campione di giornalisti di testate nazionali (agenzie, quotidiani, periodici, radio e TV) da Digital PR e Hill&Knowlton Gaia spingono in questa direzione una riflessione ormai di attualità nella comunità globale dell’informazione.
Le risposte dei giornalisti contattati confermano un sentito già emerso nel settore anche negli Stati Uniti; e avvalorano l’ipotesi che sempre più le notizie, in un futuro quanto mai vicino, saranno originate e veicolate attraverso una collaborazione diffusa da parte degli utenti della rete, nuovi protagonisti attivi dell’informazione.
Infatti, anche se in molti casi il motivo che spinge i giornalisti alla consultazione dei blog è la curiosità per il fenomeno, il 60% degli intervistati attribuisce a questi canali la capacità di modificare il mondo dell’informazione. Per oltre la metà delle risposte al sondaggio i blog sono utilizzati per ricerche e approfondimenti legati al proprio lavoro o per costruire nuove storie .
Politica ed economia sono i temi di maggiore interesse nella consultazione dei blog, insieme ai temi legati alle nuove tecnologie; da segnalare, inoltre, l’attenzione verso le informazioni veicolate dai blog sui temi sociali (ambiente, costume, responsabilità d’impresa) oggetto del 29% delle risposte: segnale di un’attenzione al formarsi delle opinioni e a come l’opinione pubblica si formi ed evolva attraverso il confronto in rete.
Non solo fruitori, i giornalisti sono anche protagonisti del fenomeno blog: 1/3 del campione analizzato ha un proprio blog (per la maggior parte dei casi indipendente, per il resto ospitato dalle testate per cui scrivono), considerato come esperienza rilevante per il proprio lavoro (un ?esperimento professionale? per il 31% delle risposte e ?spazio di approfondimento e discussione? per il 38%).
Un dato che riassume il sentito della categoria rispetto a questo fenomeno è anche quello che definisce per oltre i 2/3 dei giornalisti contattati i blog come ?grande spazio di libertà?: una direzione, quella della ?democraticizzazione? e condivisione, verso cui l’informazione evolve a una velocità incredibile, creando nuove modalità e forme di espressione.
Circa 500.000 in Italia, oltre 14 milioni nel mondo, con numeri in continua crescita: il fenomeno dei ?blog? è una realtà consolidata che sempre più condiziona e determina scelte e strategie delle aziende e del mondo della comunicazione, un fenomeno quindi di grande interesse per Digital PR e Hill&Knowlton Gaia, impegnate a sviluppare sempre nuovi strumenti di comunicazione e competenze avanzate da mettere a disposizione dei propri clienti.

Un giornalista su tre ha un suo blog? Non ci credo nemmeno se me li elencate tutti (csf)

15.9.05

Comiche italiane
CONTRORDINE di ALESSANDRO ROBECCHI

Non sarei così sicuro, come ostentatamente si mostrano tutti, sul fatto che la vicenda Fazio-Bankitalia danneggi l'immagine dell'Italia. Credo invece che presso i comici di tutto il mondo, gli scrittori satirici, i clown da circo, gli architetti di paradossi e persino tra gli esegeti più o meno interessati dei linguaggi del potere, stiamo guadagnando parecchi punti. Perché il paradosso di Palazzo Koch è davvero formidabile, e la parabola del banchiere di Alvito, pio e devoto come pochi, si avvia a diventare degna di narrazioni bibliche, di un'aneddotica che supera i confini delle banche, dell'economia, della politica, per diventare strabiliante metafora delle contorsioni del potere. Attenzione non della pochezza del potere, ma della «tantezza» del potere. Già, ecco la storia. Esiste un potere (il governatore di Bankitalia) che nessuno può cacciare e destituire, se non lui medesimo. Esiste un potere a cui si chiede - ormai quasi in ginocchio, implorandolo - di autoriformarsi, insomma di tagliarsi le palle da solo (scusate il francesismo), essendo tutti gli altri poteri inidonei a compiere il lavoretto di cesoie, sia pure con la sacrosanta anestesia. Il premier di un paese che chiede ai banchieri europei di cacciare il suo proprio banchiere centrale non può che far ridere. La risposta dei banchieri europei - prenditi le tue responsabilità e caccialo tu - è ancora più esilarante. Le proposte di cacciarlo tutti insieme, cioè di far fare al Parlamento quel che non vuole o non può fare il governo fa, se possibile, più ridere ancora, come se il paese intero concordasse il coro, uno, due, tre, coraggio tutti insieme: vattene!

Il ministro dell'economia attuale, che sostituì quello creativo capace solo di far danni, che fa marameo al suo governo nazionale per sostenere i banchieri europei nel loro corale marameo è da antologia. Il Renato Brunetta che scarica Siniscalco e rivuole Tremonti fa ridere fino alle lacrime. Le centinaia di articoli della stampa economica mondiale che chiedono a Fazio di andarsene e che restano lettera morta e inascoltata, sono un altro potere forte che si dimostra debole e inutile. Un poterino locale e bifolco come la Lega, che non ha nemmeno il quattro per cento dei consensi - ma al quale è stata salvata una banchetta pellegrina e fallimentare - ottiene quel che vuole, cioè che tutti gli altri poteri risultino impotenti, mentre le sorti della banca centrale della settima (sesta? ottava? centoundicesima?) potenza economica mondiale rimangono appese a decisioni prese intorno al pentolone della polenta in qualche baita cisalpina. E non dimentichiamo il tassello ultimo, che vale da ciliegina sulla torta: Opus Dei, Vaticano, figlie suore dei Legionari di Cristo (occristo!) e cardinali amici. Dico: serve qualcos'altro per innalzarci alla grande sul gradino più alto di tutto il ridicolo del mondo?

Ora, è possibile che nel ridicolo molti abbiano i loro torti e le loro ragioni. Ma si tratta di cose tecniche, di procedure, di prassi più o meno consolidate. Se si vede la questione da fuori, invece, dall'alto e dalla distanza siderale che separa le vite normali dei cittadini dalle alchimie delle segrete stanze del potere, la vicenda è strepitosamente avvincente come una pièce di teatro dell'assurdo. Vedere tutti quei poteri immensi e spaventosamente potenti che si arrabattano e si disperano nell'incapacità di cacciare un potente dovrebbe essere una lezione per tutti (e pure per il potere, se si degnasse ogni tanto di ascoltare qualche lezione). Ma soprattutto, vien da pensare, se la famosa Europa, il governo con la più grande maggioranza della storia italiana, l'opposizione che è ormai maggioranza nel paese, la stampa economica e finanziaria, la Confindustria, i sindacati, il ministro dell'economia, e altre centinaia e centinaia di poteri non riescono né con le buone né con le cattive a cacciare un potente, che vorrà dire? Che quel potente è troppo potente oppure che tutti gli altri poteri sono, alla fine, parecchio impotenti? La favola di Palazzo Koch e del pio uomo di Alvito continuerà ora per chissà quante puntate e conterrà chissà quanti colpi di scena, e il ridicolo si sommerà al ridicolo fino a esaurimento scorte. Dopotutto, in fondo in fondo, alla fine della fiera, non è esattamente questo, il potere?

9.9.05

AUTOINTERVISTA DI CARMELO LA TORRE

Confesso che è la prima volta che intervisto una persona che non conosco.
Bene! C’è sempre una prima volta, si dice.
Spiegami perché vuoi essere intervistato.
Perché non dovrei esserlo? Leggo quasi regolarmente il magazine del Corriere e, quindi, anche le tue interviste. Alla fine di ognuna di esse, mi rendo conto che non ho imparato quasi nulla di nuovo e non mi hanno detto quasi niente d’importante.
Amico mio, le interviste non hanno scopi didattici.
Certo, ma almeno spero di leggere qualcosa d’importante. Invece: zero. E allora mi sono detto: se questi emeriti intervistati non dicono niente, tanto vale che sia intervistato anch’io, rappresentante del popolo caprone...
Prosegui.
Mettiamo che, in media su diecimila che sono condannati a stare zitti, sia intervistato un eletto che deve pontificare sul più e sul meno. Parlo anche d’interviste che appaiono su altri periodici o quotidiani. Io accetterei tale situazione se l’eletto avesse, come dire, le palle.
Invece?
Invece, spesso si tratta di persone assurte a livello di notorietà, ma con idee del tutto scontate o con cultura limitata, almeno nei settori che non sono di loro competenza. Rivendico il diritto che qualcuno dei diecimila caproni, condannati solo all’ascolto in silenzio, possa esprimere le proprie idee.
D’accordo, ma un personaggio noto può prendersi il lusso di non dire niente. L’uomo della strada, per assurgere all’attenzione della cronaca, deve formulare qualche idea importante.
Insomma, devo ammazzare qualcuno per pubblicizzare le mie idee? Per esempio?
Ecco, fammi qualche esempio.
Per esempio intervistare Alba Parietti sulla problematica ambientale, a me, che mi ritengo un esperto del settore, mi farebbe sganasciare dal ridere. Magari dirà cose giuste, ma non si sposteranno dalla banalità e, quindi, dall’inopportunità di divulgarle a centinaia di migliaia di lettori. Ma lo stimolo per chiederti questa intervista è stato un titolo apparso qualche settimana fa sempre sul magazine.
Cosa c’era di sconvolgente?
Più o meno, la fidanzata di Sgarbi dichiarava che nell’amore tra due persone il sesso non è importante. E’ una stronzata, riportata a caratteri cubitali. Se l’amore è con la A maiuscola, e a mio avviso non può non esserlo, il sesso è una parte importante nel rapporto tra due persone. Due persone che si amano debbono toccarsi! Se non c’e sesso non c’è amore, è un calesse.
Ma esiste il grande o il vero amore?
La risposta è naturale e soggettiva: esiste se s'incontra, non esiste se non s'incontra.
E tu l’hai incontrato?
Si, due anni fa.
Non mi sembri così giovane. Facciamo un po’ d’ordine. Quanti anni hai e chi sei.
Ho 68 anni?
Complimenti, non li dimostri.
Soprattutto non li ho spiritualmente. Sono ancora un sognatore, oltre ad essere un ingegnere chimico. Dopo la laurea mi sono specializzato in ingegneria sanitaria, oggi si direbbe che ho fatto un master.
E che tratta un ingegnere sanitario?
Depurazione, potabilizzazione, reti idriche e fognarie, rifiuti solidi.
La vita, in sintesi.
Sono nato a Roccalumera, tra Messina e Taormina, a qualche centinaio di metri dalla casa dei Quasimodo. Salvatore il poeta, appena conseguito il Nobel, corse subito lì ad abbracciare il vecchio padre. Nel cimitero di Roccalumera riposa la sorella di Salvatore, Rosina, moglie divorziata di Elio Vittorini. A tre mesi ero già a Torino. Durante la guerra, con i miei ho girato per l’Italia. Ho rischiato la morte due volte: sono stato mitragliato da un aereo inglese mentre ero sulla spiaggia a fare il bagno e stavo per essere fucilato da un partigiano, mi salvò mio padre per puro caso. Al termine della guerra, approdammo di nuovo in Sicilia, a Messina. Dopo la laurea ho lavorato in una società del gruppo Eni, nel pesarese. Mi sono occupato prevalentemente di progettazione d’impianti di depurazione. Ho progettato due tra i grossi depuratori italiani e ho vinto una gara a Hong Kong battendo anche i giapponesi.
La depurazione è la tua specializzazione.
Per dieci anni, ma poi mi sono avviato nella libera professione e mi sono messo a progettare anche gasdotti, impianti antincendio, impiantistica in generale.
Una vita solo di lavoro?
Proprio non direi. Ad esempio mi sono impegnato politicamente, arrivando ad essere consigliere provinciale del PRI lamalfiano. Ho fatto parte del direttivo comunale di Forza Italia sino a quando ho scoperto che la politica altro non è che l’arte di molti senzamestiere di acquisire potere dando l’impressione di averne.
Beh, come tutte le umane vicende, ha lati chiari e lati oscuri.
E, poi, la Casa delle libertà mi ha in parte deluso.
Non sei l’unico?
Voglio chiarire che apprezzo Berlusconi e non voterò mai per un Prodi, un Rutelli o per l’attuale centro sinistra. Il fatto è che sono miscredente, e per di più anticlericale, e la Cdl si è genuflessa al Vaticano. Non lo digerisco. Rimpiango La Malfa, mi riferisco a Ugo, quello vero, e rimpiango il PLI.
Oltre alla politica, di cosa si è interessato il nostro caprone?
Sono stato filmaker?
Non mi dire!
Devi sapere che una volta presa la licenza liceale, in cuor mio avevo tre strade che m’interessavano: l’ingegnere, l’astronomo e, la preferita, il regista cinematografico, ma a quel tempo non sapevo da dove iniziare.
E quindi ti sei comprato la cinepresa.
Già, una superotto. Ho realizzato poco, ma quasi tutti i miei lavori hanno avuto premi e segnalazioni.
Ad esempio?
Il riconoscimento più prestigioso è stato nel 1979 al festival di Montecatini, che come sai è la massima rassegna cineamatoriale italiana. Era il tempo del respiro socialcomunista con ampie frange di marxismo-leninismo?
?il tempo delle lauree di gruppo.
Esatto. E anche al festival di Montecatini si abolirono le classifiche. Niente più 1°, 2° e 3° classificato, ma tra quel centinaio di lavori giunti, si enucleò un gruppo di una decina di lavori eccellenti ed un secondo gruppo di lavori ottimi. Io partecipavo la prima volta a quel festival con due lavori: uno fu inserito nel primo gruppo ed uno nel secondo. L’anno dopo è arrivata la mazzata?
Interessante! Racconta?
Presentai un documentario sperimentale: immagini dell’Italia d’oggi con un continuo commento asincrono sugli anni ’44-45. Avevo consultato una trentina di testi sulla resistenza. La tesi che esponevo era che si trattò di guerra civile, che occorreva stare da una parte o dall’altra, che ci furono errori da entrambe le parti, che i partigiani ammazzarono 50.000 fascisti o presunti tali, come riportava la stampa del tempo e come era documentabile.
Come fini?
Come ti ho detto, a quel tempo la Fedic, la federazione dei cineamatori, che organizzava il festival, era in mano a socialisti e comunisti. Il mio lavoro fu programmato alle ore 8 del mattino di sabato, il primo giorno delle proiezioni. Non lo vide nessuno anche perché la sala fu tenuta sempre con le luci accese e col proiettore spento e quei pochi che riaffacciavano se ne andavano. Un boicottaggio in piena regola. La rabbia che ancora ho è che molte delle tesi che esponevo a quel tempo furono poi riprese da Giampaolo Pansa nel suo libro Il sangue dei vinti, insomma fui un caprone che precorreva i tempi ma senza diritto di parola su temi importanti.
Hai detto che ?sei stato filmaker?, significa che non lo sei più?
Ho smesso dopo qualche anno per tre motivi. Abbracciando la libera professione, non avevo più tempo per fare un buon cinema. Inoltre la telecamera soppiantò la cinepresa ed io con la tele non mi trovo bene, ha poco respiro. Infine mi venne a mancare il caro Renato Toniato, un filmaker molto noto, era stato partigiano con Giorgio Bocca, e che sonorizzava tutti i miei lavori.
Come uomo della strada, come mi sembra ami definirti, hai lanciato qualche altro messaggio alla comunità?
Ho fatto due figli? e ho avuto sempre l’hobby di scrivere.
Di cosa?
Prevalentemente fantascienza, così mi sfogavo per non essere diventato astronomo. Credo di essere stato uno dei primi italiani a appassionarmi di questo settore, parlo degli anni ’50. Ho scritto venti, venticinque racconti di fantascienza sociologica, qualcuno pubblicato sulle riviste specializzate e tuttora partecipo a qualche premio letterario.
Solo fantascienza?
No, anni fa ho scritto e pubblicato un libro sull’indipendenza della Sicilia?
Ma no! Vai indietro col tempo.
Non credo. Sono convinto in una forte Europa politicamente e finanziariamente unita dove, però, siano riconosciute le realtà locali, che si autogestiscano i problemi della quotidianità. Pur essendo vissuto pochi anni in Sicilia e considerandomi cittadino del mondo, dovendo indicare un’origine, mi sento siciliano.
Basta così con gli scritti?
Assolutamente no! Ho scritto un centinaio di cartelle satiriche sulle assurdità riportate nella Genesi biblica e mi piacerebbe vederle pubblicate.
Da miscredente hai letto la Bibbia?
Appunto. Sono convinto che, tra i seguaci di una qualsiasi religione, solo il 5 ? 10% sia un credente, mentre la quasi totalità è costituita da creduli. In ciò sta la forza delle religioni. Se molti creduli cristiani leggessero la Bibbia, si farebbero un’opinione diversa della loro religione. L’antico testamento è un testo la cui lettura è tra le più affliggenti e deprimenti che abbia mai incontrato: un continuo rincorrersi di stragi, assassini, stupri, incesti, violenze. Un testo scritto da persone ignoranti che parlano di popoli barbari.
Stai entrando in un campo minato.
Critico gli intellettuali atei che sono troppo timidi nei confronti del Vaticano e mi spiace che io conto meno del due di briscola e non ho la forza per farmi sentire. Sono convinto che le religioni, proprio tutte, nessuna esclusa, siano state e saranno una iattura per l’umanità. Gran parte dei conflitti della storia umana sono conflitti d’origine religiosa. Basta guardare il mondo d’oggi. Mi aspettavo che papa Wojtyla mi spiegasse il perché dei 300.000 morti dello tsunami?La Provvidenza divina stava dormendo?
Forse, proprio per la Provvidenza i morti non sono stati, mettiamo, un milione.
E vabbè, se le cose stanno così, siamo in mano a qualche Demone? Se t’interessa, oltre che per diletto, scrivo anche per professione, come ingegnere.
Insomma, sei un professionista della penna.
In venti anni ho scritto circa trecento articoli tecnici per riviste specialistiche e nel 1996 ho vinto il Premio Giornalistico Paolo Sonino a carattere nazionale per il più interessante articolo sulla sicurezza ambientale.
Ma guarda un po’ quest’uomo della strada nonché caprone...
Vorrei che fosse compreso il mio messaggio: nell’uomo qualunque ci sono nascoste storie interessanti che la stampa non riconosce, insomma c’è la vita. E poi ce l’ho con l’informazione italiana?
Sputa fuori!
Gli articoli dei nostri quotidiani sono lunghi, logorroici e non spiegano i termini del problema. Ad esempio, tutti annunciano che la Ferrari va male ma nessuno ne spiega il motivo. L’Italia dipende energeticamente per oltre l’85% dall’estero, siamo un colosso coi piedi d’argilla, ma nessun giornalista se ne preoccupa, salvo scrivere due righe del tutto marginali. Mentre sui gravi problemi della Magistratura si versano tonnellate di inchiostro, ma anche in tal caso non si comprende la diatriba tra Castelli e i magistrati di sinistra.
In ciò hai ragione. Come te lo spieghi?
Ho due spiegazioni. La prima è che i giornalisti sono di estrazione umanistica e non capiscono niente di tecnologia. Non comprendo perché sui giornali, parlo della cronaca, non debbano scrivere anche dei tecnici. Un ingegnere, ad esempio, si contatta solo in caso di disgrazie o per articoli di nicchia, cosiddetti scientifici. La seconda riguarda le nuove generazioni, cresciute in una scuola permissiva dove buona parte degli insegnanti non è motivata e non è aggiornata se non sul come giudicare gli allievi. I frutti cominciano a vedersi?
Ad esempio?
Più di una volta, ascoltando alla radio le notizie sul traffico, sento dire che c’è fila al valico con la Croazia. Ma l’Italia non confina con la Croazia bensì con la Slovenia! In tv un’annunciatrice ha comunicato che il nuovo autodromo di Istanbul ha quattro brevi rettilinei. Ebbene, in questo circuito c’è un rettilineo di 750 metri, il più lungo della Formula 1. In un quiz è stata chiesta la capitale della Florida. Miami, rispose il concorrente. Esatto! Neanche per sogno: Miami non è la capitale della Florida. E stando ad un telegiornale, Bagheria è una piccola frazione di Palermo, mentre è un grosso centro con oltre 50.000 abitanti. Non si fanno verifiche e fare cattivo giornalismo, dare notizie errate, specie oggi con il notevole impatto dell’informazione, è un atto pericoloso per la comunità. Fine della predica.
Dai, ora non esagerare, non è sempre così ed anche i giornalisti sono umani. Cambiamo argomento. Sai dirmi se c’è stato un momento nella tua vita in cui hai compiuto qualcosa d’importante a livello, che so, nazionale o internazionale?
Dunque, la mia massima responsabilizzazione è stata quando, come esperto del Gruppo Eni, sono stato chiamato alla sede centrale all’Eur per preparare in due giorni, dico in due giorni, un piano d’interventi nazionale nel settore della depurazione con stima degli investimenti, da sottoporre al Ministro di allora, credo dei lavori pubblici, da inserire nella legge finanziaria? siamo negli anni ’70.
Incontri importanti?
Ho avuto diversi incontri di lavoro col nipote di Assad, il presidente siriano padre dell’attuale presidente. Ero direttore tecnico di un consorzio d’imprese italiane interessate all’estrazione e trasporto di gas dal deserto siriano ed il nipote di Assad era a capo della più grossa impresa del Paese.
Altro?
Sempre per lavoro, alla fine degli anni ’70 ho avuto alcuni incontri col nostro console a Hong Kong, una persona simpaticissima, che mi aiutò su come disbrigarmi in quell’ambiente? ma ho avuto anche qualche incontro occasionale fuori dell’ambiente di lavoro.
Ad esempio?
Eugenio Evtusenko mi scrisse una dedica personale su un suo libro di poesie e alla fine disegnò dei geroglifici. Gli chiesi cosa significassero e mi rispose che simboleggiavano le tre religioni monoteistiche e i due sessi. Il messaggio era: vogliamoci tutti bene. Ricordo, poi, un pranzo con Carlo Bo, il rettore dell’università di Urbino, e il suo sigaro. Sono incocciato due volte in Abu Nidal, il terrorista palestinese?
Lo conoscevi?
Assolutamente no! La prima volta me lo indicò all’aeroporto di Damasco un manager palestinese col quale avevo rapporti di lavoro. Un anno dopo, circa, lo rividi nello Yemen, allo Sheraton di Sanaa.
Però?
Ricordo una breve litigata con Silvio Garattini, il farmacologo. Eravamo sull’aereo Roma ? Parigi e lui aveva erroneamente messo il bagaglio a mano al posto del mio. Quando ho scritto il libro sull’indipendenza siciliana, sono stata a casa di Pasquale Sciortino, il cognato del bandito Giuliano. Vorrei anche dirti che ho l’onore di avere stretto la mano a Ugo La Malfa al termine di un memorabile discorso a Milano, in piazza Duomo, che lo concluse alla grande: ?Non cerco voti ma consensi.?
Hai stretto la mano a qualche altro illustre?
A Giovanni Spadolini quando era, se ben ricordo, ministro della difesa, a Rosa Russo Jervolino quando era ministro della pubblica istruzione e, più recentemente, a Scajola. Sono stato allievo di Giulio Natta, il Nobel della chimica, ma fece solo qualche lezione perché aveva il parkinson.
Insomma, anche le persone illustri s’avvicinano come meteore agli uomini della strada. Talvolta, però, si fermano, non credi?
Non ho mai avuto questo piacere. Nella casa di Raffaello, a Urbino, mi sono ritrovato in una sala, solo e a tu per tu, con Gianni Agnelli e con la sua guardia del corpo e ricordo che fui colpito dal suo fisico: l’avvocato era molto basso, mingherlino e zoppicava vistosamente, ma era elegantissimo.
Vita sentimentale, riprendiamo il discorso interrotto all’inizio.
Mi sono sposato con una ragazza bella, colta, intelligente, sexy, ingegnere chimico come me e pensavo che fosse il non plus ultra e che saremmo stati perfetti nella nostra unione. Per una decina d’anni è stato così ed abbiamo messo al mondo due figli. Poi è venuta fuori la diversità dei caratteri e la non condivisione degli obiettivi. Siamo separati da una quindicina d’anni, ma siamo rimasti sempre civilmente in contatto, preoccupandoci della crescita dei figli.
E ora hai trovato, sul tardi, il grande amore. Perché è grande?
Penso che un amore o è grande o non è amore. E’ avvolgente e totalizzante ma non saprei dirti altro. Sono sensazioni che non si possono descrivere. Posso dire solo che non c’entra la bellezza, l’intelligenza, la cultura, il sesso, ma un qualcosa che ingloba tutte queste percezioni, come una sorta di fluido, che la persona amata emana verso di te e ti avvolge e che tu restituisci. Ritengo che tale sentimento si possa trovare solo ad una certa età perché da giovani si hanno le idee poco chiare, si è presi dalla necessità di far soldi e si hanno gli occhi annebbiati dal sesso.
Insomma, il vero amore si prova durante gli ?anta?.
Se si ha la fortuna di trovarsi in buona salute, ne sono convinto.
Quando te ne sai accorto di questo sentimento con questa tua compagna?
Mezz’ora dopo che le parlavo. Esattamente dopo mezz’ora mi sono reso conto dell’eccezionalità dell’incontro.
Il tuo commento da uomo della strada nonché caprone?
La vita è bella? anche senza essere intervistati.
La replica a Massimo Fini (Il Gazzettino dell'8/09/05)

GLI INSULTI DI MASSIMO FINI SONO SOLO FRUTTO DELL'INVIDIA
di VITTORIO SGARBI

Ma, caro direttore, allora, perfino sul suo onesto giornale non c'è un limite
alle aggressioni personali, se si consente, sotto la veste di critica politica
e di costume, e al di là dei fatti, lo sfogo degli istinti più incontrollabili,
di quello Sgarbi-mancato o Travaglio riuscito che è Massimo Fini. Non so
se a tanta rabbia lo spinga l'invidia o il vano desiderio di competizione,
ma leggo una pagina di insulti e di menzogne proprio da parte di chi mi accusa
genericamente di aver insultato, e non, invece come ho fatto, denunciato
soprusi, ingiustizie, corruzioni, abusi, di politici e magistrati, a partire
dall'ultimo che solo Fini può difendere, che ha dato finanziamenti dello
stato alla sua riconosciuta amante, che da me è stato denunciato per come
ha speso i soldi (più di nove milioni di euro) e non perché aveva una relazione
amorosa. Fini mostra di essere non diversamente da Rosi Bindi, "più bello
che intelligente", battuta vivida che è piaciuta a tutti meno che a lui,
che, nel suo delirio contro di me, difende la corruzione universitaria e
le professoresse che ottengono le cattedre grazie ai loro mariti, e alle
quali si perdonano errori di grammatica e di ortografia. Non bisogna denunciare
gli ignoranti, non si possono pronunciare invettive contro gli abusi di potere,
non si può sperare che vengano cacciati i senza merito. D'altra parte Fini
non è meglio di loro se definisce, scandalizzato, l'innocente richiesta di
"calci nel sedere" linguaggio "coprolalico". Ha fatto cattivi studi se confonde
il sedere con il suo prodotto. Brutto, grasso, piccolo, con pochi capelli,
sudaticcio (non offese ma pure connotazioni fisiche), pare naturale che Fini
mi invidi, e, anche per questo non abbia visto le mie mostre, non conosca
i quadri che ho scoperto, e quei monumenti che ho salvato o a difesa dei
quali, io, "che non conto nulla e non valgo nulla", vengo continuamente chiamato
per cercare di impedire gli orrori che i cattivi amministratori minacciano
di compiere, e che, secondo Fini, non dovrei denunciare. Mi segue, con patetica
assiduità, da innamorato deluso, ma conosce soltanto gli aneddoti, le storielle
false delle scorte che inseguono poveri cittadini innocenti, per i quali
lui prova grande comprensione, mentre non ha avuto nulla da obiettare, incapace
perfino di valutare gli esempi, alle insensate inchieste, su Giorgio Strehler,
Gianni Versace, Krizia, Ferrè, Gianni Boncompagni, Carmelo Bene, tutti indagati
purché avessero un nome per mettere in luce i loro inquisitori. E ogni volta
io ho denunciato gli abusi, la lunga diffamazione che è toccata, proprio
per la lentezza della giustizia italiana, ai noti, come Tabacci, Carnevale,
Andreotti, Franco Nobili, e agli ignoti, infiniti, che ho difesi e che Fini
dimentica, ma Franco Corbelli del Movimento Diritti Civili ricorda uno per
uno, riconoscenti perché qualcuno ha detto una parola per loro, senza parteggiare
per i giustizieri che piacciono tanto a Fini e che sbagliano, sequestrando
persone e umiliandole senza mai pagare.

Si vergogni Fini, che dice solo menzogne e scambia per privilegi la continua
azione di vigilanza che un parlamentare ha il dovere di compiere, e che io
voglio continuare a esercitare, senza padroni, come chiama Fini i proprietari
di giornali e di televisioni, e gli editori che consentono a me di esprimere
il mio pensiero, come a lui di insultarmi oggi sul Gazzettino. Per Fini,
anche Dario Fo, che pubblica con Einaudi, di proprietà di Berlusconi, ha
un padrone. E tutti gli autori che scrivono per Mondadori. Ma anche per Rizzoli,
o per Marsilio.

Magari copiando i libri di Anacleto Verrecchia. Io non ho delegittimato i
magistrati più di quanto Fo abbia delegittimato il commissario Calabresi,
o Caselli il grande magistrato Lombardini e tutti gli altri innocenti, da
Contrada al francescano padre Frititta. La magistratura si è delegittimata
con i suoi errori, dal caso Tortora in avanti, e nessun reato giustifica
la gogna. Non c'è colpa che meriti l'umiliazione denunciata da Cagliari prima
di suicidarsi. Ma a Fini non interessano Tortora, Streheler, Racinaro, Contrada,
il maresciallo Lombardo, Caneschi, i suicidi e le vittime della furia giudiziaria.
Gli piacciono i giustizieri, ne ammira incondizionatamente la violenza. Mente
per ignoranza e per fanatismo. I suoi libri sono pastoni ridicoli di banalità;
e la sua comprensione della politica è totalmente inconsistente, tanto che
scambia la mia dimessa volontà di sopravvivenza per il facile "sport di salire
sul carro del precedente vincitore! Banalità, retorica, falsità. Io sono
stato cacciato dal carro del vincitore; ma, nella sua ossessiva malattia,
Fini ha dimenticato che io mi sono opposto alla vendita del patrimonio artistico
e che ho contrastato un ministro inadeguato, oggi incriminato dai giudici
tanto amati da Fini, per l'uso disinvolto dei fondi dello Stato. Sono stato
cacciato e non ho più avuto compiti, né funzioni, per tre anni. Una sufficiente
penitenza, mi pare, per essere ammesso nell'unico spazio in cui si esercita
ora la politica, perché, con il declino di Forza Italia, la Casa delle Libertà
brucia, e nel futuro non ci sarà più un centro-destra. È quello che ho tentato
di spiegare ricordando Churchill: "Ci sono uomini che cambiano idee per il
loro partito e altri che cambiano partito per le loro idee". Quello che Fini
attribuisce a me è già accaduto nel corso degli anni con gli spostamenti
e le variazioni di posizioni di innumerevoli deputati, da Bossi, a Segni,
a La Malfa, a Dini, a Vertone, a Mastella, con diverse, comprensibili motivazioni.
Oggi non è più neppure questione di cambiare parte politica, è questione
di esserci o di sparire. Quanto al mio primo seggio parlamentare, come ovviamente
Fini dimentica, quando Berlusconi non c'era, e il sistema elettorale era
l'unico democratico, quello proporzionale, me lo sono conquistato, con le
mie sole forze in Sardegna nel 1992. E, ancora, con il proporzionale, nel
1999, il seggio al Parlamento Europeo, con più di novatamila voti di preferenza.
Consensi che mai otterrebbe Fini, anche con l'aiuto dei magistrati prepotenti
o dei baroni universitari che tanto ama. Il suo odio mi lusinga. Mi divertono
la sua cecità e la sua invidia; ma sappia che non potrò dimenticare che egli,
dopo aver invano tentato di essere mio amico, è arrivato al punto di invocare,
per il mio bene, nella sua moralistica visione, la morte di mia madre. Gli
piacciono i vendicatori: sappia che da me avrà tutto il male possibile, con
immutato disprezzo. Orgoglioso, come sono, dell'amicizia di Giorgio Streheler,
di Carmelo Bene, di Filippo Martinez, di Giulio Giorello, di Fabio Canessa,
di Barbara Alberti e di quanti altri, che tra me e lui, tra mia coerenza
e la sua presunzione, tra la forza delle mie idee e la sua impotente rabbia,
non avrebbero dubbi.
Vittorio Sgarbi

8.9.05

L’isola dei faziosi
Bananas di Marco Travaglio - L'Unità


Che lo sgovernatore Antonio Fazio debba dimettersi non oggi, ma ieri, siamo tutti d'accordo. L'arbitro deve sembrare ed essere imparziale, e lui non lo è sembrato e non lo è stato, blablabla. Ora, però, mettiamoci nei panni di quel sant'uomo che si sente chiedere le dimissioni non solo dai migliori economisti d'Italia e dai migliori banchieri d'Europa. Ma anche dal ministro dell' Economia Domenico Siniscalcolo, dal vicepremier Giulio Tremonti, dal sottosegretario alla presidenza Gianni Letta e, a giorni alterni, dal premier Silvio Bellachioma. Essendo molto pio, lo sgovernatore potrebbe legittimamente domandare: da che pulpito viene la predica? Se lui deve dimettersi per aver favorito Fiorani, che a sua volta ha favorito la Lega (Credieuronord) e i berluscones (Efibanca e Banca Rasini), che a loro volta hanno favorito lui, che ci fanno ancora al loro posto quei maestri di imparzialità di Siniscalcolo, Tremonti, Letta e Bellachioma? Domenico Siniscalcolo è il ministro dell'Economia che ha appena nominato direttore generale della Rai un famiglio di Berlusconi, padrone dell'azienda concorrente: tale Alfredo Meocci, «palesemente incompatibile» - come ha scritto Sabino Cassese - in quanto membro fino all'altroieri dell'Authority delle Telecomunicazioni chiamata a vigilare sulla stessa Rai. Può un arbitro così parziale dare lezioni di imparzialità a Fazio?
Giulio Tremonti è l'ex ministro dell'Economia che nel '94 varò una legge che porta il suo nome per la defiscalizzazione dei profitti reinvestiti dalle aziende: legge che, grazie anche a un'interpretazione formulata dal suo stesso ministero, consentì a Fininvest di spacciare per nuovi investimenti l'acquisto di vecchi film risparmiando 242 miliardi di lire, e riempire così le casse vuote della neonata Mediaset per la quotazione in Borsa. Tremonti è lo stesso ex ministro che negli ultimi quattro anni ha varato una dozzina di condoni, alcuni dei quali utilizzati da Mediaset per sistemare le sue pesanti pendenze col fisco. Può un arbitro così parziale dare lezioni di imparzialità a Fazio?
Gianni Letta è l'ex vicepresidente di Fininvest che nel '90 seguì amorevolmente, con assidue missioni in Parlamento, la legge Mammì che consacrò il monopolio Fininvest, e la successiva norma sulle frequenze scritta da un signore che poi ottenne una lauta consulenza dalla Fininvest. Dopodichè andò al governo. Può un arbitro così parziale dare lezioni di imparzialità a Fazio?
Silvio Bellachioma, al secolo Berlusconi, è il padrone della Fininvest, che lui nel '93 trasformò in partito per evitare la galera a se stesso e il fallimento alle sue aziende (due promesse - sia detto a suo onore - pienamente mantenute). Nel '94 nominò i suoi amici ai vertici della Rai, cioè della concorrenza, e fece un decreto per risparmiare l'arresto al fratello. Nel 2001 tornò a riempire di fedelissimi la Rai, travasando ascolti e pubblicità, cioè miliardi, a Mediaset; e fece una legge per cestinare le rogatorie sui suoi conti esteri. Nel 2002 fece una legge per depenalizzare i suoi falsi in bilancio. Nel 2003 fece una legge per spostare i suoi processi, una per rendersi improcessabile e una per alleggerire i debiti del suo Milan. Nel 2004 fece una legge, poi un decreto,poi un'altra legge per salvare Rete4 da una sentenza della Corte costituzionale; un condono per sanare gli abusi nella sua villa in Sardegna; e una legge per seppellire i suoi defunti nel mausoleo della sua villa ad Arcore. Ora vuole una legge per regalare la prescrizione al suo coimputato Previti. Può un arbitro così parziale dare lezioni di imparzialità a Fazio? Silvio Bellachioma, al secolo Berlusconi, non ha mai spiegato dove ha preso i soldi (cosa che tutti chiedono giustamente a Stefano Ricucci, il quale peraltro non è presidente del Consiglio, e nemmeno deputato). Le sue aziende sono state riconosciute colpevoli di corruzione della Guardia di Finanza.Il suo braccio destro è stato condannato a 2 anni definitivi per frode fiscale e, in primo grado, a 9 anni per mafia e a 2 per estorsione. Il suo braccio sinistro è stato condannato in primo e secondo grado a 12 anni per corruzione di giudici, mentre lui s'è salvato per prescrizione, come pure in altri quattro processi per falso in bilancio. Eppure nessuno gli ha mai chiesto e lui non ha mai pensato di dimettersi, cosa che sarebbe già avvenuta da un pezzo in qualunque altro paese civile. In compenso, a giorni alterni, chiede a Fazio di interrogare "la propria coscienza". Nell'eventualità che almeno lui ne abbia una.


7.9.05

FINI VS SGARBI
Massimo Fini, da Il Gazzettino del 06/09/2005

È sempre penoso, imbarazzante e quasi raccapricciante vedere un uomo che si umilia oltre ogni limite, calpestando per intero la propria dignità, se mai ne ha avuta una, pur di mantenere il posto al sole e i privilegi di cui ha immeritatamente goduto. È quanto ha fatto l'onorevole Vittorio Sgarbi con una lettera aperta al Corriere della Sera (4/9) indirizzata ai massimi esponenti della sinistra ("Caro Prodi, caro Fassino, caro Rutelli... oggi chiedo ospitalità a voi").
A questi leader della sinistra Sgarbi scrive: "consentitemi di non identificarmi con Berlusconi". Ma come? Per anni costui, sulla Rete ammiraglia della Fininvest, Canale 5, nell'ora di punta, ha condotto, per conto e in nome del suo padrone, una devastante campagna di delegittimazione della Magistratura definendo "assassini" i Pubblici ministeri e i giudici che applicavano le leggi dello Stato italiano emanate dal Parlamento italiano e aggredendo come "giustizialista e forcaiolo" chiunque osasse chiamare al rispetto della legge anche "lorsignori", mentre non ha mai speso una parola per i poveracci impigliati nelle lentezze della giustizia italiana. Scrive di aver vissuto "l'orrore degli anni in cui i migliori venivano messi alla gogna, non con le parole ma con le inchieste giudiziarie, che mortificavano, umiliavano, cancellavano la persona". Non so se possano essere considerati "migliori" coloro che taglieggiavano, col metodo della tangente e del "pizzo", che è il metodo della mafia, chi voleva ottenere un appalto e che derubavano, direttamente o indirettamente, il popolo italiano. Ma la differenza sostanziale è che le inchieste giudiziarie sono un dovere istituzionale, le parole no. E se c'è uno che in quegli anni ha usato la gogna mediatica contro chiunque non la pensasse come lui, indicandolo al pubblico ludibrio, e forse peggio, con tanto di fotografia segnaletica (wanted), costui è proprio Vittorio Sgarbi.
Adesso l'ex deputato di Forza Italia chiede ai leader della sinistra di "non escludere la mia sensibilità per l'individuo e le sue libertà". Vittorio Sgarbi ha avuto sensibilità per la libertà di un solo individuo: la sua. Quest'uomo che per anni, protetto dall'immunità parlamentare e dal potere berlusconiano, ha insultato, ingiuriato, diffamato tutti, non solo personaggi di rilievo ma anche cittadini inermi (una professoressa, una certa Puppi, che aveva scritto "stà" con l'accento, come si usava peraltro nell'Ottocento, doveva essere, secondo il delicato e coprolalico linguaggio dell'onorevole, Cacciata dall'Università a calci nel sedere. Calci! Nel sedere! Sedere! Calci!") arrivando alle volgarità più basse, vili, razziste (basta pensare, ma è solo un esempio, a quanto disse di Rosy Bindi, colpevole di non essere avvenente), una volta che a Napoli, nel febbraio del 1995, un automobilista si permise di rivolgergli un modestissimo "Si vergogni!", radunò gli uomini della sua scorta (pagati dallo Stato e quindi da noi contribuenti) e lo fece inseguire a sirene spiegate per tutta la città da due macchine dei carabinieri che, con le palette rosse regolamentari, alla fine fermarono l'incauto, lo costrinsero a scendere dalla macchina e lo circondarono. Questa è la sensibilità che l'onorevole Sgarbi ha per le libertà dell'individuo e per l'individuo stesso quando non si tratta di lui. Costui, che se la dà da libertino e tuona contro i moralisti, è lo stesso che accusa il ministro Giuliano Urbani di avere una relazione con un'attrice.
Adesso ha la spudoratezza di fare anche la vittima. "Sono stato un disperato e deluso alleato del centrodestra". Dal centrodestra Sgarbi ha avuto tutto: un seggio parlamentare che mai avrebbe conquistato con le sue forze (nei testa a testa maggioritari è stato sempre trombato), una visibilità televisiva straordinaria e i conseguenti quattrini onori e prebende. E ora attacca, ingenerosamente, proprio il centrodestra: "Quell'area politica, per la sua stessa inconsistenza, oggi si è dissolta. E il centrodestra è un non-luogo diviso fra confusione e contraddizioni. La politica nei prossimi anni sarà tutta nel centrosinistra". Ma, guarda caso, l'onorevole Sgarbi si è accorto che il centrodestra è "incosistente", è "un non luogo", è zeppo di confusione e di contraddizioni solo da quando è diventato evidente che perderà le prossime elezioni politiche. È stato il primo topo a scappare dalla nave che affonda. Io, che negli anni Ottanta condussi una solitaria battaglia contro la partitocrazia e che nel 1992-94, all'epoca in cui la partitocrazia sembrava finalmente sconfitta grazie alle inchieste della Magistratura e all'avvento della Lega, che appoggiai sull'Indipendente, potevo starmene comodamente assiso sul carro dei vincitori, ne sono sceso. Sgarbi, senza alcun merito, vi è invece salito e adesso pretende di saltare su quello opposto perché, pietisce miserabilmente ai leader della sinistra, "non vorrei fare mancare nella prossima legislatura il mio anelito".
Vittorio Sgarbi, in sè, non è un problema, non conta nulla e non vale nulla. A cinquant'anni suonati è doveroso fare dei bilanci. Ha passato la sua vita a seminare insulti senza costruire niente, nella sua professione, che sarebbe quella di critico d'arte, non ha espresso nulla di significativo tranne un conservatorismo ottuso di cui sarebbe capace anche "la mi zia". Sgarbi conta come simbolo. Se il centrosinistra lo accetterà nelle sue file allora vorrà dire che in politica è davvero lecito tutto e che le oligarchie politiche sono disposte a calpestare ogni cosa, dignità, lealtà, onore e il senso stesso della politica, in nome della propria autoconservazione. Una ragione in più per muover loro, fuori ma anche dentro le Istituzioni repubblicane, una battaglia senza quartiere.

2.9.05

E la «lavanderia» dell’Unione non smacchiò Sgarbi
di GIAN ANTONIO STELLA - Corriere della Sera

«Aggiungere merda a merda». Se l'obiettivo di Vittorio Sgarbi è rimasto lo stesso di quel 1998 in cui disse d'esser tentato di dare il voto al governo D'Alema «mafioso e piduista» per svergognare il papocchio, l'ha centrato. La sua autocandidatura alle primarie dell’Unione ha scatenato l'iradiddio. Rivelando tutte le contraddizioni della sinistra che sta offrendo poltrone a tutti gli aspiranti riciclati, purché portino voti ma non siano troppo vistosi. Come appunto l'irruento critico d'arte: «No, tu no». Sono mesi che va avanti, tra gli strilli dei duri e puri ulivisti, l'operazione lavanderia.
Indispensabile per togliere ai nuovi arrivati, dopo un decennio di accuse infamanti, le macchie lasciate su di loro dall’Unto del Signore.
Mesi che Francesco Rutelli manda sorridenti messaggi di apertura a ogni figliol prodigo che all'incubo delle vacche magre berlusconiane preferirebbe un vitello grasso prodiano. Mesi che dalla Lombardia alla Puglia, dal Lazio alla Sicilia, è in corso una transumanza di deputati e senatori, consiglieri regionali e assessori provinciali e sindaci da destra a sinistra.
Fedeli tutti alla chiusa della mitica poesia di Trilussa dedicata a quella famiglia litigiosissima dove ognuno ha un’idea diversa ma «appena mamma / ce dice che so' cotti li spaghetti / semo tutti d'accordo ner programma».
Ed è stato dato il benvenuto al vicesegretario milanese di Forza Italia Roberto Caputo e al senatore azzurro di Caltagirone Filadelfio Basile.
Ai deputati regionali Ottavio Garofalo e Franco Catania e alla parlamentare folliniana Dorina Bianchi, relatrice della legge sulla fecondazione. A Vito Ferrara, il capo dell'opposizione di centrodestra a Bari passato col sindaco Michele Emiliano e a Ciro Falanga, l'avvocato forzista transfuga tra i repubblicani sbarbatiani. E poi al presidente della provincia di Reggio Calabria Pietro Fuda che ha già in testa un seggio sicuro ulivista e all'ex leader dell’Udc capitolina Marco Di Stefano fatto assessore da Marrazzo e altre decine e decine di protagonisti della politica nazionale e locale.
Per carità: tutto già visto. E certo non può fare prediche la destra, che pochi anni fa fece a sua volta il pieno di riciclati in fuga dalla sinistra data per perdente: il salto della quaglia è un fenomeno notissimo nella politica italiana. Sempre benedetto con parole concilianti da chi incamera e maledetto con parole di fuoco da chi subisce l'emorragia. Purché i passaggi, per essere digeriti, non siano troppo bruschi. E non riguardino persone troppo famose e fino a ieri troppo distanti. E' lì che la lavanderia non lava, lo smacchiatore non smacchia, il detersivo non deterge. Ed è lì che affiora al contrario l'ipocrisia di chi è pronto a dare una ripulita a tutti, purché non dia troppo nell’occhio.
Vannino Chiti, ad esempio, per bocciare l'autocandidatura di Sgarbi, si è prodotto ieri in una dichiarazione di solenne austerità morale: «Io sono contro il trasformismo e trovo inconcepibile che uno che fino a tre mesi fa stava con Storace possa oggi presentarsi alle primarie». Un paragone suicida. Sul quale ha avuto facile gioco ad avventarsi proprio Francesco Storace ricordando allo smemorato coordinatore diessino che proprio l'ex assessore alla sanità destrorso della regione Lazio Marco Verzaschi è subito passato a Clemente Mastella. Il quale lo ha premiato con un incarico delicato. Quale? Seguire a nome dell’Udeur le primarie dell'Unione. Un motivo di più, per il Dandy furioso, di sfogare le sue ire con osservazioni che irridono a certe battaglie uliviste di questi anni: «Per non farmi candidare alle primarie si sono inventati una regoletta fascista, una sorta di legge ad personam».
Sarà... Ma ammetterà lui stesso che a sinistra sono in tanti ad avere buoni motivi per scaraventarlo ad personam giù dal probabile carro del vincitore sul quale, con una franca intervista ad Aldo Cazzullo («Al contrario di d'Annunzio che andava "verso la vita", io vado più modestamente verso la sopravvivenza») disse di volere salire. A Romano Prodi, il giorno della fine del suo governo, sibilò che era solo «un san Sebastiano gay» venuto a «raccattare, come fanno i mendicanti, le cicche, un voto, due voti». A Francesco Rutelli mandò a dire che «la sua demenza ha un carattere ontologico». A Pierluigi Castagnetti, spintonato e insultato davanti a Montecitorio dai partecipanti all'happening contro la par condicio, spiegò che non doveva prendersela se gli avevan «dato dello stronzo, perché uno stronzo è più consistente di Castagnetti». Quanto ad Antonio Di Pietro, barrì che non solo «non sa parlare in italiano, sbaglia i verbi e dice "occhei, occhei" come chi in vita sua non ha mai letto altro che Zio Paperone e Diabolik» ma che lui, Colombo, Davigo e gli altri magistrati del pool erano «degli assassini».
A Clemente Mastella, al quale ha rivelato di essersi rivolto tempo fa per sondare la possibilità di avere un posto prima di ripiegare sui repubblicani di Luciana Sbarbati, urlò alla Camera: «Io ti difendevo, ma sei tu che stai con questo governo di merda!» A Rosy Bindi, bollata con Tina Anselmi e Irene Pivetti come una «racchia», fece sapere di considerarla, il gentleman, «più bella che intelligente». A Oscar Luigi Scalfaro appiccicò il titolo onorifico di «scorreggia fritta». A Massimo D'Alema, oltre a quella sobria valutazione sull'esecutivo nascente di cui dicevamo all'inizio, ricordò che «i ladri sono quelli che hanno rubato a Craxi il partito e il posto a Palazzo Chigi». Per Giuliano Amato soppesò infine un misurato paragone: «Stava a Craxi come il bidè sta al water».
Va da sé che, sul fronte ulivista, sono in tanti ad aspettarlo per fargli festa. Anzi: per bagnare degnamente l'eventuale candidatura del critico postcomunista, postsocialista, postliberale, postpannelliano, postberlusconiano e postfallaciano (se è vero che suggerì pochi mesi fa al Cavaliere di appoggiare «un movimento radicale, "La Forza della Ragione", che riunisca i duri, forti e delusi, da Feltri a Ferrara», ci permettiamo di suggerire una bottiglia di Ornellaia dell'annata 1985 da 13 milioni di lire. Uguale a quella che Vittorio stappò per brindare a un evento che considerò stupendo: la caduta di Prodi.

1.9.05

Bracconieri bipartisan
Satira preventiva di Michele Serra

In vista delle elezioni, il bipolarismo serra i ranghi cercando di attirare le schegge più minute dei due schieramenti

In vista delle elezioni, il bipolarismo serra i suoi ranghi cercando di attirare anche le schegge più minute nei due schieramenti. Silvio Berlusconi ha appena annunciato l'accordo con Alessandra Mussolini e sta prendendo contatti anche con Otto Hitler, nipote naturale del Führer. Ma spera di accordarsi con le frange ancora più radicali dell'estremismo di destra, dalla Lista Osiride, che raccoglie i nostalgici dei faraoni e pratica sacrifici umani, a una lista civica di massaie altoatesine che sostengono la superiorità genetica dei gerani da balcone rispetto a ogni altra forma di vita, anche umana. Ma vediamo, a destra e a sinistra, quali sono le altre formazioni politiche corteggiate per raccogliere il massimo numero di elettori.

Bracconieri delle Due Sicilie Espulsi dalla lista Caccia e Pesca perché, durante le assemblee, sparavano per scherzo al microfono mentre l'oratore stava parlando, i Bracconieri delle Due Sicilie sono una piccola formazione di cacciatori del Sud tradizionalisti, furiosi per i divieti imposti alle forme più antiche ed entusiasmanti di caccia, da quella al falco migratore a quella ai cartelli stradali. Ultimamente, appostati sulla costa di Lampedusa e di Leuca, sparano ai barconi degli immigrati e poi li espongono, impagliati, nella loro suggestiva sede, colma di trofei. Chiedono almeno un candidato nel centrodestra, più uno del centrosinistra per allenarsi al tiro.

Santa Fede I sanfedisti non sono più quelli di una volta, con il forcone e il canapo per impiccare i liberali. Il forcone è stato sostituito da Marcello Pera, mentre il canapo non regge il confronto con le corde di nylon, più scorrevoli e leggere. Sono ormai ridotti a poche centinaia ma sanno farsi valere, specie durante le processioni rituali in Aspromonte, quando portano fieramente la pesantissima Statua del Santo per le vie del paese fino al balcone del municipio, sul quale la issano gettando di sotto il sindaco. Recentemente, su incarico di Berlusconi, è andato a trovarli Ferdinando Adornato per invitarli ad aderire alla Costituente dei Moderati.

Veri Padani Nati da una costola della Lega, i Veri Padani sostengono che Romani, Longobardi e Goti hanno sfrattato dalle loro terre i Padani Nativi, una fiera tribù di ominidi stanziali costretta a cedere all'invasore per colpa di un malaugurato equivoco tecnologico: avevano scoperto l'arco e la freccia, ma non avevano capito che dovevano usarli insieme. I Padani Nativi hanno un quotidiano ufficiale, 'il Gutturale', che però non è stampato su carta. Viene diffuso per via orale, secondo la tradizione. Vogliono spostare la capitale da Roma a Pizzighettone, l'antica Uga-Uga, con le sue splendide palafitte sommerse, i cui abitanti annegarono rincasando. Chiedono un posto nel centrodestra, possibilmente a Pizzighettone.

Nuclei Rivoluzionari di Avanguardia Proletaria Senza Tregua Linea Rossa Combattente per il Comunismo Sono due fratelli di Pistoia, Mario e Maria Marioni, che hanno ripudiato la lotta armata dopo il sequestro di un bazooka, l'ultimo rimasto, a opera di un vigile urbano che li aveva fermati sulla loro Vespa. La loro linea politica è l'instaurazione immediata del comunismo in tutto il mondo, entro la mezzanotte di sabato prossimo. In caso contrario, si rifiutano di partecipare alle primarie e comunque hanno fatto sapere a Bertinotti, che gli aveva proposto un seggio, di volere il suo.

Partito virtuosista scissionista Incarna la tradizione classica della sinistra italiana: pur essendo costituito solo da una cinquantina di iscritti, riesce a organizzare una nuova scissione ogni mese. È a sua volta frutto di una scissione del Partito scissionista proletario, scissione dei Socialisti Scissi che a loro volta si scissero da una scissione dell'Internazionale Settaria, sciolta nel 1923 per divertimento. Simbolo: un bisturi in campo rosso. Punta a eleggere, nel centrosinistra, mezzo candidato: l'altra metà sarà donata alla scienza.

No! No! No! - global Rappresentano l'ala più radicale del movimento no global. Combattono le multinazionali suonando il bongo. Propongono l'introduzione dei bongo anche nei lavori parlamentari, e la cura del cancro con il bongo. Non si conoscono altre proposte operative. Bertinotti ha cercato di proporgli un patto elettorale ma il suono del bongo ha sovrastato le sue parole.
Chi fischia chi scorda
di Marco Travaglio - L'Unità, 3 agosto 2005

Il 2 agosto di ogni anno, puntuale come i temporali di mezza estate, una «disinvolta congrega» di «maleducati», «faziosi», «ineducati», «qualunquisti» affetti da «infantilismo e primitivismo ideologico» si dà convegno a Bologna con la scusa di ricordare la strage del 1980, ma in realtà con il preciso scopo di guastare le vacanze a Ernesto Galli della Loggia.
Il noto pensatore sottovuotospinto ha pazientato per ben 25 anni. Ora ha deciso di dire basta, sulla prima pagina del Corriere della Sera, con un vibrante attacco alla «disinvolta congrega formata da familiari delle vittime, giornalisti “democratici”, magistrati e politici alla ricerca di consensi». La piantino, i farabutti, con l’«ossessiva evocazione degli “ispiratori e mandanti”». La finiscano col «rito dell’invettiva» e con gli «immancabili fischi ai rappresentanti del governo». Non disturbino il manovratore e lascino riposare il pensatore, sennò diventa nervoso e ce lo rimane per tutto l’anno. Perché «a un certo punto il passato va accolto nella memoria per ciò che è stato, con tutte le sue oscurità, ambiguità, contraddizioni». Insomma, «il passato deve passare». Hanno avuto mogli, figli e genitori scannati da quella bomba fascista? Se ne facciano una ragione e l’accolgano nella memoria con tutte le sue oscurità, ambiguità e contraddizioni. Che ci vorrà mai? Invece schiamazzano sotto la Loggia del Galli, gli infantili faziosi. «Si credono esenti da ogni responsabilità per i mali del Paese». Rifiutano di farsi «l’esame di coscienza», per sé e per i loro morti, che vi si sono appositamente sottratti 25 anni fa. Già.
Che ci facevano quegli 85 scioperati tutti insieme alla stazione di Bologna il 2 agosto 1980? Potevano starsene a casa. Potevano dividersi fra le stazioni di Cesenatico, Terontola e Casalecchio. Invece no, tutti assembrati alla stazione di Bologna alla stessa ora, gli ineducati qualunquisti: e poi a una Mambro e a un Fioravanti non devono prudere le mani. Per lo tsunami son morte ben più di 84 persone, ma in Indonesia non staranno certo a menarla fino al 2029. «Il passato deve passare», quindi per favore dall’anno prossimo aboliamo questa seccante cerimonia del 2 agosto. O facciamo come con Tangentopoli: lasciamo che siano i colpevoli a riscrivere la storia. Una bella orazione di Mambro & Fioravanti e non se ne parli più. O magari del senatore Cossiga, che ci illustrerà la pista islamica spuntata fuori l’altro giorno.
Lasciando Galli Della Loggia e passando alle cose serie, resta la questione dei fischi. Nello speciale galateo tracciato dal regime col filo spinato per delimitare ciò che possiamo fare e ciò che non possiamo fare, il fischio a ministri, sottosegretari, portaborse e affini è severamente proibito. Finora in nessuna democrazia nessuna legge, penale o morale, aveva mai vietato le contestazioni. Che, anzi, sono la regola a teatro, all’opera, ai concerti, allo stadio, in qualunque pubblica manifestazione artistica, sportiva e ludica. Un tempo anzi, quando il politically correct ancora non ammorbava la vita civile, dai loggioni partivano robusti lanci di ortaggi e di materiali organici. Poi ci si limitò a manifestare il proprio disappunto fischiando. Ma non è raro, in Paesi civilissimi come quelli anglosassoni e scandinavi, assistere a lanci di torte contro presidenti e ministri. Nel grande Truman Show berlusconiano, invece, si può scendere in piazza solo per applaudire. Vietato fischiare. Ma non a tutti: solo a chi contesta il regime. Nel qual caso i fischi diventano «odio», «violenza», «demonizzazione», anticamera del terrorismo. Se invece i fischi sono contro gli avversari del regime, tornano a essere quel che sono in ogni Paese serio: un effetto collaterale, sgradevole ma sacrosanto, della democrazia.
Nella campagna elettorale del ’96, in due assemblee della Confcommercio, Prodi si confrontò con Berlusconi e fu sonoramente fischiato. Entusiasmo della stampa e delle tv berlusconiane, nessuno che parlasse di odio. Nel 2002 Giuliano Ferrara invitò i suoi lettori a recarsi al Festival di Sanremo non per fischiare, ma addirittura per «lanciare uova marce» contro Roberto Benigni. Appello caduto ovviamente nel vuoto per mancanza di lettori (ma Benigni, da allora, non è più lo stesso). L’altro giorno, sempre sul Foglio, Antonio Socci invitava i ciellini a fischiare Gianfranco Fini al prossimo Meeting di Rimini, così impara a votare No al referendum. Nessuno, giustamente, ha parlato di odio. Le cronache parlamentari riportano ogni giorno scambi di insulti, quando non di calci e di pugni, fra gli eletti dal popolo. Teodoro Buontempo invita i camerati a «sodomizzare Casini, non in senso metaforico». Carlo Giovanardi tappezza l’Emilia di manifesti che paragonano a Hitler gli avversari della legge sulla fecondazione. Berlusconi e Fini, dopo aver esposto l’Italia al rischio di attentati inviando truppe di occupazione in Iraq, accusano Prodi di esporre l’Italia al rischio di attentati per aver chiamato occupanti gli occupanti. Bossi parla di fucilate e mitragliate da mane a sera, prima e dopo i pasti. Il ministro Calderoli guida cortei con bare per seppellirvi i giudici Papalia e Forleo. Berlusconi insulta da dieci anni i magistrati con ogni sorta di calunnie e accusa l’opposizione di voler seminare «terrore e morte» una volta vinte le elezioni. Taormina va al tribunale di Milano e domanda: «Il giudice Carfì non è ancora morto? Lo odio». Poi, al primo fischio che si leva in lontananza da una piazza, questi raffinati stilnovisti arrotondano la bocca a cul di gallina e fanno gli schizzinosi. «Aiuto, ci odiano, attentato!». E chiamano la pula.
Il rito dell’«unanime condanna ai fischi» è talmente ridicolo che non vi abboccherebbe nemmeno un lontano parente di Giovanardi. Invece abboccano quasi tutti, da destra a sinistra, perché l’impostura è diventata pensiero unico, ripetuta 24 ore su 24 a reti ed edicole unificate. «Non si fischiano i ministri». Per smontarla basterebbe un bimbo che si levasse dal coro per domandare: «E chi l’ha detto? Perché mai non si può fischiare?». Qualcuno dirà: chi fischia «fa il loro gioco», «cade nella trappola» di chi non aspetta altro per scatenare la canea. E chi se ne importa. Tanto, avendo in tasca tutta l’informazione che conta, la canea la scatenano anche se non succede niente. Il rubinetto dello scandalo e dello sdegno l’hanno in mano loro. Lo aprono e lo chiudono a piacimento. Perché mai, allora, cedere al ricatto e rinunciare via via ai nostri elementari diritti civili? Per scansare qualche calunnia che tanto arriva comunque?
Due anni fa, a commemorare la strage, il regime mandò il ministro Lunardi, quello che «con la mafia bisogna convivere». Nel suo discorso agli attoniti bolognesi, sottolineò i danni che la bomba del 1980 aveva causato al materiale rotabile: un incidente ferroviario, ecco. Fu sacrosantamente fischiato, il minimo che si potesse fare. Unanime sdegno del mondo politico. Non per le parole di Lunardi, ma per quei fischi così inurbani. Quest’anno han mandato Tremonti, che andrebbe fischiato solo per la faccia che porta. Ai primi fischi, The Genius ha ironizzato con quella boccuccia da uova fresche: «Bella piazza». E giù altre bordate, liberatorie, sacrosante. Onestamente: che altro si può fare, di nonviolento, quando si ha di fronte un Tremonti, se non fischiare? Naturalmente i fischi non erano soltanto per lui e la sua boccuccia. Ma anche per il governo del tesserato 1816 della loggia P2 (il cui gran maestro, insieme ad altri confratelli, fu condannato per i depistaggi della strage). E per una maggioranza piena di vecchi camerati e nuovi difensori di Mambro & Fioravanti, oltre ad alcuni vecchi amici di Cosa Nostra, l’altra organizzazione terroristica che ha insanguinato l’Italia a suon di stragi (quel Casini che ora parla di «macabro rituale dei fischi» è lo stesso che telefonò macabramente la sua «amicizia e stima» a Dell’Utri alla vigilia della condanna per mafia).
Una maggioranza che ha abolito la commissione Stragi, che fa la guerra alla giustizia e all’antimafia, che si ostina a coprire col segreto di Stato qualcosa che noi non conosciamo, ma che lorsignori devono conoscere benissimo. Ora, che deve mai fare un cittadino comune che vuole semplicemente la verità sui mandanti occulti di quella strage e di tutte le altre? È giusto criticare i fischi. Perché fischiare è troppo poco.