28.1.06

Com'è dura la vita del tedoforo
RISERVATO di Michele Serra

Corre in braghe corte, assiderato dal gelo, reggendo in mano una fiaccola. Tra i lavori precari è uno dei più penosi e usuranti

Tra i lavori precari, il tedoforo olimpico è uno dei più penosi e usuranti. Correre in braghe corte, assiderati dal gelo, reggendo con una mano la nuova fiaccola vanto del design italiano (28 chili con il pieno di cherosene) e con l'altra cercando di asciugare il rivolo di moccio, e nel frattempo sorridere ai bambini che ti gridano: "Ma 'ndo vai, stronzo!", bevendo Coca-Cola per onorare lo sponsor in dosi tali da provocare a ogni passo, per contraccolpo, un rutto mostruoso, e rispondendo al telefonino al sottosegretario che chiama per complimentarsi e ti dice "siamo fieri di lei, Vialli", anche se non sei Vialli, ma un oscuro ex arbitro con l'enfisema, e mentre stai cercando di spiegarglielo, tra i rantoli, il cellulare ti cade e viene calpestato dal cavallo di un dimostrante contro la Tav.

Il tedoforo è diventato il bersaglio privilegiato di ogni genere di contestazione, nazionale e locale, e deve passare in mezzo a drappelli di persone che cercano di colpirlo con mazze, lanci di fionda, sputi, biglie di vetro, barattoli di vernice e anche semplici sberle. Perché anche se sei geometra, o un pugile in pensione in attesa della legge Bacchelli, qualcuno ha deciso che in quanto tedoforo tu sei il simbolo delle multinazionali, del pensiero unico, della globalizzazione, di Bush, del Ponte sullo Stretto, dell'Alta Velocità, della guerra in Iraq, del caro-prezzi, del genocidio degli armeni, della riforma Moratti, dei passi indietro della ricerca sulla leucemia e della retrocessione del Cosenza in serie C.

Perfino le associazioni di masochisti hanno protestato, giudicando eccessiva la situazione e denunciando, tra gli altri episodi, il lancio in mare, a La Spezia, di un tedoforo incappato in una manifestazione di no global che protestavano contro la fame nel mondo.

Ormai gli episodi di caccia al tedoforo non si contano più. Sotto accusa l'itinerario tortuoso, 26 mila chilometri a zig zag, in modo da non discriminare alcun Comune italiano. Con molte varianti dovute alle richieste supplementari di luoghi dove sono in corso manifestazioni o blocchi stradali, e si desidera molto il passaggio del tedoforo per poterlo appendere a un lampione.

In alcune località, per soddisfare le esigenze di manifestanti di diverso orientamento politico, è stato organizzato un passaggio multiplo. Il tedoforo, sgambettato al primo passaggio da una famiglia di disoccupati, è stato costretto a tornare indietro e rifare all'inverso il viale principale del paese per permettere anche a un picchetto di terremotati di cospargerlo di pece e piume. A Ladispoli il tedoforo è stato bloccato da un club di tifosi laziali che lo hanno costretto a cantare 'Giovinezza' senza smettere di correre e con un fumogeno acceso infilato nei pantaloni. Nella Bergamasca una giunta leghista ha intimato al tedoforo di introdurre tra le specialità olimpiche lo Slittino su Fango, antica disciplina delle valli locali, e di fronte alle sue risposte reticenti lo ha rinchiuso nella tavernetta perlinata del sindaco, a pane e acqua.

Non si hanno più notizie del tedoforo trattenuto in Aspromonte da una cosca di montagna, mentre stava transitando da una mulattiera a 1.600 metri inserita nel percorso per non offendere i 60 abitanti di una frazione. Il Comitato Olimpico ha ricevuto una busta contenente una delle due scarpe da footing e la richiesta di un riscatto in lattine di Coca-Cola, molto usata in Aspromonte per lavare le mucche.

Episodio bizzarro a Torino, dove i passanti, convinti da tempo che la notizia di un'olimpiade della neve in una metropoli di pianura sia solo uno scherzo, vedendo passare il tedoforo in piazza Castello hanno chiamato l'ambulanza e lo hanno fatto internare alla neuro.

Riuniti in sindacato, i tedofori chiedono misure urgenti per poter lavorare in condizioni dignitose. Intanto esigono di poter correre in coppia, in modo che uno possa reggere la fiaccola e l'altro una pistola scacciacani per tenere a bada i facinorosi. Poi pretendono un abbigliamento più confacente a un ruolo così rischioso: giubbotto antiproiettile, tuta ignifuga, elmetto militare e soprattutto assoluta segretezza del percorso, possibilmente in stradine laterali. O meglio ancora al chiuso, su tapis-roulant disposti nelle caserme dei carabinieri.

27.1.06

Se la guerra va fuori dai ranghi - Le bombe e gli afghani
di Massimo Fini [18/01/2006] Il Gazzettino.it

Nei giorni scorsi gli americani hanno bombardato il villaggio pakistano di Damadola, al confine con l'Afghanistan, pensando che vi si fossero rifugiati il cosiddetto "numero due" di Al Qaida, il medico egiziano Ayman al Zawahri e il mullah Omar, il leader spirituale e comandante in capo dei Talebani che governò a Kabul per sei anni. Risultato del raid: 18 morti, tutti civili, di cui 8 donne e 5 bambini. Di Al Zawahri e del mullah Omar, naturalmente, nessuna traccia. Com'è stato possibile un simile errore? Il fatto è che gli americani utilizzano aerei Predator senza pilot! a, armati di missili Hellfire teleguidati attraverso satelliti e sensori, dalla base di Nellis nel Nevada a diecimila chilometri di distanza. Il pilota e il suo secondo stanno comodamente seduti a una consolle, uno guida la telecamera, l'altro attiva i missili. Ma per quanto questi mezzi tecnologici siano sofisticati, le telecamere non sono la stessa cosa degli occhi umani che avrebbero visto che in quel povero villaggio non c'era nulla di sospetto (al Zawahri e il mullah Omar non sono tipi da andare in giro da soli). Ma a parte ciò, l'episodio di Damadola pone tre ordini di questioni.

1) È leale questo modo di combattere dove chi colpisce sta comodamente seduto a diecimila chilometri di distanza, irraggiungibile? Dice: "a la guerre comme a la guerre". Ma lo stesso ragionamento possono farlo allora gli avversari e utilizzare il terrorismo contro i civili. Se, come è scritto nella sentenza di Giuseppina Forleo, poi confermata dalla Corte d'! Appello di Milano, la differenza fra guerriglia e terrorismo sta nel fatto che nella prima l'atto violento è diretto contro obiettivi militari mentre il secondo "colpisce indiscriminatamente militari e civili", allora il bombardamento con i Predator del villaggio di Damadola è un atto terroristico, anzi è esclusivamente terroristico perché ha colpito solo civili. Si è sparato nel mucchio, alla cieca (c'è da sottolineare che ad organizzare il bombardamento di Damadola non è stato l'esercito regolare americano, in divisa, ma la Cia, quindi dei paramilitari). Non diversamente da quello che fa il kamikaze quando si fa esplodere in mezzo alla gente. Con la differenza che il kamikaze ci mette almeno la sua vita, noi solo le macchine.

2) Che si fa di fronte a un nemico invisibile e imprendibile? O si subisce senza reagire oppure la risposta non può essere che quella terroristica (e non è un caso che dall'inizio del 2006 anche gli afghani si siano dati, soprattutto nella zona di Kandahar, tradizionale roccaforte talebana, ad atti di terrorismo, completamente estranei, a differenza degli arabi, alla loro cultura - nei dieci lunghi anni dell'occupazione sovietica non c'è stato, da parte dei combattenti afghani, nonostante la loro inferiorità bellica, un solo atto di terrorismo, tantomeno kamikaze, nè dentro nè fuori il Paese - eppure un ufficio Aeroflot, non particolarmente difeso, si poteva trovare facilmente ovunque, nè atti di terrorismo ci sono stati nel conflitto che ha opposto i Talebani ai "signori della guerra" locali, i Dostum, gli Heckmatiar, gli Ismaili Khan, i Massud, gli afghani sono tradizionalmente dei combattenti non dei terroristi).

3) Di molte delle guerre combattute dagli occidentali negli ultimi quindici anni (quella del Golfo del 1990, guerra alla Jugoslavia del 1999, guerra all'Afghanistan del 2001-2002 e guerra all'Iraq finché il conflitto si è svolto fra Stati, prima che il Paese si dissolvesse e desse spazio alla guerriglia e al terrorismo) si può persino dubitare che siano, tecnicamente, delle guerre. Vi manca infatti l'essenziale: il combattimento. In virtù dell'enorme superiorità tecnologica e militare degli occidentali, e degli americani in particolare, in queste guerre uno solo può colpire, l'altro solo subire. In tal modo questo tipo di guerra, che Edward Luttwak con indovinata intuizione ha chiamato "post eroica" perde non solo ogni epica ma anche ogni etica e la propria stessa legittimità e dentro di essa la perde il combattente che non combatte (i due alla consolle, in Nevada). Infatti l'eccezionale legittimità, negata in tempo di pace, di uccidere in guerra deriva dall'altrettale possibilità di essere uccisi. Nella guerra "post eroica" o "asimmetrica" tale possibilità, per una delle parti, è ridotta ai minimi termini. È, come dice ancora Luttwak, una partita a "costo zero".

Si esce quindi dall'ambito della guerra e si entra in quello dell'assassinio. Caratteristica che la guerra "post eroica" condivide col terrorismo globale col quale ha anche molte altre affinità che non ho lo spazio di sviluppare qui (chi lo vuole si veda il mio libro "Il Ribelle" in uscita a metà aprile). Ne citerò una sola: la mancanza di qualsiasi, anche minimo, "ius belli", di regole, di condici di lealtà e di onore, di rispetto della dignità altrui e propria.

Ed è tutto molto conseguente. Poiché entrambi i contendenti non considerano, schmittianamente, il nemico uno "justus hostis" ma un criminale, la personificazione stessa del Male, se ne può fare carne di porco senza porsi alcuno scrupolo.

Mai nella Storia, credo, si è assistito a qualcosa di più schifoso di questa immonda guerra fra guerra "post eroica" occidentale e terrorismo globale, dove ogni codice è saltato.

Non è un caso che questa guerra "post eroica" noi non osiamo più nemmeno dichiararla e la chiamiamo con altri nomi ("operazione di peacekeeping", "intervento umanitario", eccetera). E in questa ipocrisia, o pudore, pare di avvertire la consapevolezza, o quantomeno il sospetto, che non di guerre si tratta, le care, vecchie, oneste guerre di una volta, ma di qualcosa di molto più laido e ripugnante che disonora chi le fa e umilia chi le subisce.

23.1.06

Piroette d'elefantino
Il vetro soffiato di Eugenio Scalfari (L'Espresso)

In realtà Giuliano Ferrara sembra più uno scoiattolo: per come salta da un fronte all'altro e da un finanziamento all'altro

Coi tempi che corrono, debbo ammetterlo, è molto difficile portare avanti una rubrica come questa, che ha per titolo 'Vetro soffiato' , per dire che si vogliono affrontare con leggerezza argomenti leggeri ma anche argomenti di maggior pesantezza. Diciamo di maggior peso. Molto difficile, poiché i fatti che accadono intorno a noi e i moti d'animo che li ispirano ci rimandano quasi sempre l'immagine d'una carica di elefanti contro negozi di cristalleria. Dunque, elefanti contro vetro soffiato. Ditemi voi se è un confronto accettabile.

Comunque farò del mio meglio. Scelgo come argomento d'attualità un elefantino, che è certamente più leggero d'un elefante. Scelgo un cucciolo di quella specie, divertente e giocoso come tutti i cuccioli e tuttavia con tanto di proboscide, di zanne, di pelle a prova di pallottole, di grandi orecchie e di gambe massicce che, quando carica insieme al suo branco, il suo porco effetto lo fa sfasciando vetrine, piatti e bicchieri e insomma oggetti che andrebbero trattati con cura e delicatezza.

Debbo aggiungere che l'elefantino di cui qui si tratta si avvale per le sue scorrerie di quattro fogli di carta chiamati appunto 'Il Foglio'. Non è propriamente un giornale anche se ne ha l'aspetto. È piuttosto un pamphlet quotidiano, un libello come si diceva nel Settecento senza intenti peggiorativi, ma solo per definire un genere che allora era molto in voga. Oggigiorno, nell'era della televisione, di Internet e di grandi giornali d'informazione, la fortuna dei libelli è notevolmente diminuita; infatti se ne vendono poche migliaia di copie destinate agli addetti ai lavori. Costoro vivono per di più di pettegolezzi che noi, notoriamente radical-chic, chiamiamo 'gossip'.

Ecco quindi una prima anomalia che emerge dal tema in questione: un elefantino che compila un intelligente e dissacrante libello fondato sui gossip. In natura un caso del genere non esiste, ma viviamo in un'epoca bizzarra dove abbondano le contaminazioni e le metamorfosi. Quindi nessuno stupore, tutt'al più un sentimento di ammirazione per così eleganti acrobazie più appropriate agli scoiattoli che agli elefanti (sia pure col diminutivo).

Ma c'è ben altro. Il personaggio di cui parliamo è infatti assai mutevole e fin qui niente da dire. Una vecchia massima sostiene che solo i cretini sono coerenti. Il Nostro cretino non è, non lo è mai stato. Il gioco dei quattro cantoni parrebbe il suo preferito. Lo pratica con estrema scioltezza, da strappare gli applausi.

Ne volete un esempio? Un giorno, sulla prima pagina del suo libello e in due pagine successive, informò i suoi 25 lettori (molti di più, molti di più) d'esser stato per qualche tempo un collaboratore della Cia. Sottolineò che era un lavoro che non faceva gratis (ovviamente) che era benissimo retribuito. Faceva questo lavoro condividendolo con quello di giornalista e non ci vedeva nessuna incompatibilità.

Scrisse tutte queste cose all'interno d'un dettagliato racconto provocando notevole stupore e soprattutto alla domanda: perché l'ha fatto? Qualcuno azzardò una risposta: la Cia stava aprendo al pubblico i suoi archivi di quegli anni sicché l'elefantino, con un volteggio e un colpo di tacco che neanche Totti, aveva preceduto e in qualche modo bruciato la notizia dandola lui stesso per primo.

In un paese puritano le persone perbene, ovviamente convenzionali, avrebbero interrotto ogni comunicazione con lui. Ma qui accadde il contrario, si ammirò il giocoliere e si raddoppiarono le frequentazioni. Un suo vecchio amico suggerì addirittura l'ipotesi che quella 'confessione' fosse stata inventata dall'autore per 'épater' (come diciamo noi radical-chic). Del resto i colleghi che lo aiutano nella compilazione del libello e lui stesso non sono nuovi agli scherzi. Perché non anche in questo caso?

Ma di esempi della sua bizzarria se ne potrebbero fare molti. Il più clamoroso è stato di natura metamorfica. Non alludo a quando in pochi mesi trasmigrò con elegante disinvoltura dalla sinistra alla destra. Figuriamoci, questo è un esercizio costante che fanno tutti pendolarmente e non a senso unico. Bazzecole. Abbiamo fatto i militari a Cuneo, non è vero? Siamo uomini di mondo.

Alludo invece a quando da laico dichiarato si trasformò nell'arco d'un paio di mesi in ateo devoto alle indicazioni dei preti. Passati altri due mesi prese addirittura lui la guida con i vescovi appresso. Fu invitato ad arringare in cappelle, chiese, stadi e sacri palazzi tra l'ammirazione e il gaudio dei vicari del Signore e gli fu anche consentito di continuare a proclamarsi ateo. Questo era infatti il miracolo: un ateo alla testa delle moltitudini di credenti. Non è la prova provata che Dio c'è?

Ci sono poi altri aspetti del Nostro di livello meno spirituale ma non per questo meno suggestivi. Nel bel mezzo della campagna contro i turpi legami tra i Ds e l'Unipol e gli oscuri incontri tra i dirigenti di quel partito e il presidente delle Assicurazioni Generali si è venuto a sapere che il discusso banchiere Fiorani, attualmente ristretto a San Vittore, aveva di recente aperto un fido di 4,5 milioni (9 miliardi di vecchie lire) in favore della moglie di Berlusconi per sovvenirla nel finanziamento del 'Foglio'. Questa notizia è scivolata via come una goccia su un vetro, ma a noi che ci occupiamo di vetri soffiati è parsa una ghiottoneria su cui vogliamo attirare l'attenzione dei nostri lettori.

Resta tuttavia un enigma. Leggendo il riquadro della gerenza del predetto libello apprendiamo testualmente che esso è 'Organo della Convenzione per la Giustizia'. Dopo attente ricerche abbiamo scoperto che questa dicitura è la chiave per aprire al predetto libello le casse dell'erario dal quale l'elefantino preleva annualmente parecchi milioni di euro. Un po' dallo Stato, un po' da Fiorani e qualche spicciolo dalla consorte del presidente del Consiglio. E ci dà anche lezioni di moralità. Ma non è bravissimo? Non meriterebbe molto di più?
Ali Agca nella Casa delle libertà
Satira preventiva di Michele Serra

Strategie già delineate, esperti dell'immagine al lavoro: ecco come si preparano i principali leader politici italiani all'appuntamento con la campagna elettorale

Come si preparano i principali leader politici italiani alla campagna elettorale? Gli esperti dell'immagine sono al lavoro da tempo, e le strategie già ben delineate.

Diesse Per recuperare terreno nel proprio bacino elettorale, scosso dalla vicenda Unipol, i diesse hanno scelto un profilo elettorale molto sobrio, in linea con le radici austere della sinistra. Si presenteranno in televisione scalzi, con indumenti molto in linea con i gusti popolari: canottiere traforate, t-shirt con scritte spiritose, tuta da ginnastica con grosse bozze su gomiti e ginocchia. E durante i dibattiti consumeranno sfilatini al formaggio, ripulendo le briciole con un vistoso e allegro tovagliolo a scacchi rossi e bianchi. Come elemento di rinforzo a questa strategia, in sostituzione dell'Opa per la Bnl ne verrà lanciata una per acquisire un negozio di ferramenta o, in alternativa, una pensione a Igea Marina.

Forza Italia Per non spaventare l'elettorato moderato, lo staff di Berlusconi è stato rinforzato da elementi in grado di mitigare i toni del leader. Va proprio in questo senso la consulenza di Ali Agca, la cui piattaforma politica è giudicata molto più rassicurante di quella del Cavaliere. Per il resto, la fida Miti Simonetto propone un ulteriore ritocco del lifting. Verranno tirate le tempie, alzati gli zigomi e ridotti i piedi (per accattivarsi le simpatie estetiche di eventuali elettori di origine cinese), il fondotinta sarà verde prato (per conquistare l'elettorato daltonico) e infine sarà effettuato il trapianto di una lunga treccia bionda al centro del cranio (per conquistare anche l'elettorato dei matti). Maglietta fina per rendere omaggio a Baglioni e calzette rosse per ricordare Battisti. Il premier accetterà di comparire nei faccia a faccia, ma solo con competitors dal volto sfigurato.

Casini Si punta tutto sulla figura del presidente della Camera piuttosto che sulla sigla del suo partito, l'Udc, anche perché nessuno se la ricorda e lui stesso deve farsela ripetere dai suoi portavoce prima di ogni comizio. Verranno esaltate le sue doti di equilbrio e di moderazione: per sicurezza, sono stati assunti esperti lituani, i quali, non sapendo niente della politica italiana, scriveranno solo discorsi assolutamente generici (che cosa mettersi quando piove, come vivere serenamente anche con l'artrosi, eccetera) evitandogli di prendere posizione su qualsivoglia argomento.

Rifondazione Bertinotti è quello che ha meno problemi: la sua strategia di comunicazione è già perfezionata da tempo, e non resta che ricalcarne i modi e i tempi. Dunque lo vedremo nel salotto di Sandra Verusio mentre esalta l'epopea delle mondine, nel talk-show della contessa Chiarulli Montalbetti mentre esorta ad abbattere il padronato, e infine nel grande comizio di chiusura, di fronte a migliaia di operai, spiegare l'uso corretto delle posate da pesce.

Lega Il programma elettorale parla da solo: castrazione degli stupratori, rapatura delle adultere, impiccagione dei negri, rogo delle baldracche, gogna in piazza per i ripetenti, abbattimento a mani nude di cavalli e mucche. Uno schietto e accattivante spirito popolaresco che necessita, in tv, solo di piccoli ritocchi: Castelli parteciperà ai dibattiti munito di torcia e forcone, Calderoli con un maiale al guinzaglio. Inno per la campagna elettorale, un hit degli anni Sessanta rivisitato: 'La ragazza del Ku Klux Klan'

L'esperto E per finire, non possono mancare i suggerimenti del principe degli esperti di comunicazione, quel Maurizio Costanzo sempre più conteso dai leader di tutte le forze politiche. Ha già perfezionato il suo pacchetto di consigli: "Primo, durante le dirette televisive è sconsigliato urlare minacce di morte all'avversario, paonazzi in volto, agitando il pugno e facendo il gesto di scagliarsi contro di lui gridando 'tenetemi o lo ammazzo'. Secondo, è proibito scaccolarsi e attaccare il cappero sul bracciolo della poltrona. Terzo, bisogna fissare al meglio le otturazioni dentali in modo che non cadano di bocca mentre si parla. Ho studiato i principali leader politici mondiali e vi assicuro che nessuno di loro ha mai commesso uno di questi tre errori. Per questo hanno vinto".

Schifani Si è ritirato dalla campagna elettorale: il suo esperto per l'immagine si è suicidato.

21.1.06

"Concentrato" del Sutra del Loto
di Silvia Palombi

Il Buddismo è nato per rispondere all'esigenza umana di superare le sofferenze e vivere un'esistenza realizzata e soddisfacente. Nell'India del 500 a. C. Siddharta, dopo anni di ricerche e meditazioni, intuì che gli esseri umani soffrono perché la loro visione della realtà è falsata, di conseguenza le loro stesse azioni li portano inconsapevolmente verso l'infelicità. Siddharta, detto Shakyamuni (il saggio degli Shakya, il suo popolo) insegnò la via per illuminare l'esistenza (buddha in sanscrito significa illuminato). Nel Sutra del Loto, uno dei suoi ultimi insegnamenti, rivela l'esistenza di una forza vitale universale che genera, permea e regola tutti i fenomeni della vita. Ogni essere umano possiede in sé questa condizione vitale illuminata, il potenziale per lo sviluppo di una illimitata energia positiva che, attingendo dall'inesauribile fonte della vita universale di cui l'individuo è parte integrante, porta verso uno stato di felicità, permettendo il superamento delle umane sofferenze e sviluppando una naturale compassione per gli altri. Il buddismo afferma "se vuoi conoscere le cause create nel passato guarda gli effetti che si manifestano nel presente, se vuoi conoscere gli effetti che si manifesteranno nel futuro guarda le cause che stai mettendo nel presente".
Karma, antico termine sanscrito, sifìgnifica azione. Qualsiasi azione produce una reazione. Nessuna causa svanisce nel nulla ma si accumula dentro di noi in attesa di essere attivata. Come una multa che arriva dopo mesi che siamo passati col rosso convinti di avercela fatta. La più importante implicazione della legge di causa effetto è che ciascuno è artefice del proprio destino, il buddismo di Nichiren Daishonin insegna che partendo dal Sutra del Loto ogni persona ha in sé la potenzialità di cambiare il corso dell'esistenza qui e ora, senza complicate pratiche ascetiche né bisogno di intermediari, monaci o laici, indipendentemente dal bagaglio karmico che porta sulle spalle.
Brani tratti da "Felicita' in questo mondo. Un percorso alla scoperta del Buddismo e della Soka Gakkai" Edito in proprio dall'Istituto Buddista Soka Gakkai Italiano

18.1.06

I fiancheggiatori
Contrordine di Alessandro Robecchi

E così hanno battuto un colpo. Bel colpo. A Roma, a Milano, la difesa di diritti acquisiti e la battaglia per i nuovi diritti hanno fatto sapere che ci sono, e sono in discreta forma, pronte ad affrontare le lotte interne (all'Unione) ed esterne (Ruini & friends). Insomma: qualcosa di vivo si muove, ed è una buona notizia per chi si ostina a pensare che la politica non siano solo le mattane del povero Silvio. Pure, c'è un aspetto della questione che vale la pena di indagare, che attiene alla sfera mediatica e che non è secondario. Nello scontro in atto sulla 194 il miglior argomento, il più ossessivamente ripetuto dal fronte cattolico (ferrarian-ratzingeriano?), sarebbe questo: la legge non è sotto attacco. Le donne scese in piazza a Milano ieri, in poche parole non sarebbero minacciate in alcun modo, anzi sicure e tranquille dei loro diritti acquisiti; sennonché gli ha dato di volta il cervello e, pazze e isteriche come sono, fanno il diavolo a quattro lo stesso. E' il ritornello antiaborista del momento: lo ripetono nei talk-show, si sbracciano per sostenerlo: nessuno attacca la 194. Dite voi se non è bizzarro. Il fondo dell'Avvenire, ieri, si dilungava per dire lo stesso: l'aborto è diritto acquisito, dunque perché le donne si scaldano tanto?

A proposito del silenzio sempre l'Avvenire insisteva: il silenzio è quello sulla vita, non sull'aborto. Contorto. Renato Farina su Libero addirittura pensava che «uscire dal silenzio» (lo slogan della manifestazione di Milano) fosse del Movimento per la Vita: loro sì che hanno bisogno di uscire dal silenzio! Ferrara dice in tivù che più che del diritto di abortire bisognerebbe discutere del diritto di non abortire. Come se ricorrere alla 194 fosse obbligatorio. La foga della discussione ha prodotto anche discrete gag: il ministro dei rapporti con il Parlamento, l'inarrivabile Giovanardi, ha detto in tivù che in Olanda esiste una legge che permette di ammazzare i bambini fino a dodici anni. Non è meraviglioso? Qualche lettore olandese vorrebbe rassicurarci? Il ministro della salute Storace si è lanciato in cifre spaventose, non degli aborti, ma addirittura della contraccezione, per cui risulta che abbiamo milioni di non-nati (dico, non vorrei esser volgare, ma se contiamo anche le seghe, qui saremmo più dei cinesi). Chi ha letto e sentito e guardato di questi tempi (dal referendum sulla legge 40 in poi), si chiede dunque: perché questo bailamme se l'argomento principale di chi attacca la legge 194 è di non attaccare la legge 194? La spiegazione è semplice: si tratta di un fiancheggiamento puro e semplice, senza se e senza ma, e soprattutto senza argomenti. I vescovi e Ruini conducono la battaglia e lanciano il sasso. Ratzinger addirittura interviene sull'argomento pesantemente proprio alla vigilia di due importanti manifestazioni. Il resto sono truppe di complemento (Quante divisioni ha il papa? Giovanardi. Andiamo bene!).

Ma c'è un altro argomento ancor più strabiliante, agitato dalle falangi antiaboriste. E riguarda i grandi discorsi, alti, filosofici, impegnativi, sull'Uomo e la Vita e il Futuro dell'Uomo. Che ne sarà dell'Umanità se si fa dell'eugenetica? Se si seleziona la razza? Le stragi di bambine in India e in Cina diventano argomenti buoni per intimidire donne che affrontano una scelta difficile come l'aborto a Olbia o a Brindisi. E' possibile tanta malafede? Non escludo che certe sensibilità cattoliche siano seriamente preoccupate per quanto avviene sull'aborto in paesi lontani e complicati, ma certi laici con l'elastico che di colpo scoprono le bambine indiane per rompere i coglioni alle donne italiane sono veramente strabilianti.

Altro argomento caldo degli antabortisti (cattolici e non) è la fase propositiva. Aiutiamo mamme e bambini, la maternità, la famiglia o, come suggeriva l'Avvenire, guardiamo piuttosto alla grande sciatrice che preferisce partorire che andare alle Olimpiadi (un po' come se tutte le altre sciatrici abortissero prima della gara). Insomma, pur di attaccare la 194 e chi la difende si invoca uno stato sociale di tipo danese, svedese, dove diventare genitori è premiato. Anche questo è bizzarro assai, perché invece - quando non c'è la 194 di mezzo - di stato sociale si parla solo per dire che bisogna tagliare, limare, abbassare, pagare meno, assistere meno eccetera eccetera. Poi, si finisce sempre lì: la legge non la attacca nessuno, benedette ragazze, perché vi agitate?

10.1.06

IN TV IL CAVALIERE NON LASCIA E RADDOPPIA
di Aldo Grasso - Corriere della Sera

Colpo di scena. Mentre tutti s'affannavano a decifrare l'incontro fra il presidente del Consiglio e Giuliano Ferrara, Berlusconi ci spiazzava tutti andando subito dopo al Processo di Biscardi.
Da Ferrara ci è andato ma siccome l'occasione non è stata molto esaltante, ha sentito lì per lì il bisogno di spostarsi da quel maestro di lusinga che è Aldo Biscardi per recuperare un po' di popolarità.
Quattro rampe di scale e subito si è sentito di nuovo padrone, logorroico.
Da Ferrara aveva sostenuto la separatezza fra politica e affari, e al Processo, tre minuti dopo, ha parlato da proprietario del Milan, da quello che stacca gli assegni. Così va il mondo, almeno in tv. L'immagine più significativa della discussione a «Otto e mezzo» è stata il ricorso frequente al bicchiere d'acqua: segno che le fauci dei protagonisti si stavano inaridendo, segno di grande nervosismo. Comprensibile. Ferrara era nervoso perché qualunque cosa avesse detto sarebbe comunque stato additato come lo starter della campagna mediatica del Presidente, che lo vedrà apparire ben quattro volte in tv in questa sola settimana (cinque con Biscardi). Ritanna Armeni era nervosa perché tutti gli occhi erano puntati su di lei: sarebbe infatti toccata a lei la parte della contestatrice, se Ferrara avesse ammiccato. Berlusconi era molto nervoso, e questa è già una notizia.
Anche perché Ferrara ha avuto la malaugurata idea di cominciare con quell'idea del «collateralismo», dell'inevitabile contiguità fra politica e affari, come succede negli Stati Uniti. L'unica condizione, ha ribadito, è che tutto deve essere trasparente. Berlusconi invece si è voluto produrre nella idealizzazione della pubblica virtù: «Io sono l'esempio — ha detto — della separazione fra politica e affari».
Salvo smentirsi subito dopo, nonostante le incalzanti domande poste da quel comunista di Lamberto Sposini su Milan e Nazionale, e da Klaus Davi, consulente d'immagine per la sinistra, sul caro prezzi e sulla moviola in campo. Viva l'Armeni e viva Ferrara, verrebbe da dire perché è stata la prima volta in tv che Berlusconi è apparso in difficoltà.
Per spiegare la diffusa sfiducia nei confronti del governo ha solo ripetuto che l'opposizione è disfattista. Per rispondere alla critica di un governo poco fermo nelle decisioni si è limitato a negare il rilievo. Vespa ha mai fatto le domande che ha fatto Ferrara? Insomma, ieri sera Berlusconi si è salvato grazie a Biscardi, ai suoi coraggiosi ospiti e al suo indubbio intuito mediatico.

1.1.06

BANANAS
Coniglio superiore della magistratura
di marco travaglio




Cè anche qualche magistrato, nella fauna dei furbetti & furboni dello scandalo Banditalia. Non i magistrati che doverosamente scoperchiano lennesima fogna. Ma i magistrati a cui furbetti & furboni si rivolgevano per coprirsi le spalle. Fiorani parla di giudici del Tar che aggiustano sentenze. Consorte chiacchiera con lex presidente delTribunale milanese Francesco Castellano, trasversale quantaltri mai: regala le attenuanti generiche a Berlusconi, prescrivendo le tangenti Fininvest a unaltra toga, Renato Squillante; poi fa da consulente al capo dellUnipol, garantendo sulla presunta linea morbida dei pm romani (dopo quattro mesi, la Procura capitolina sè poi decisa a trasmettere il fascicolo a Perugia per la strana ipotesi di millantato credito). Ieri poi Repubblica ha diffuso una conversazione intercettata tra lispettore-capo di Bankitalia, il superfazista Francesco Frasca, e il governatore Fazio. Frasca racconta che qualcuno ha avuto un duro scontro col Procuratore generale. Gli ha detto che stavano facendo un disastro dal punto di vista economico di cui potevano essere responsabili. Allora lui ha avuto paura. E Fazio: Bene, è arrivato a più miti consigli, va bene, va bene.
E il sogno di tutti i potenti: spaventare i magistrati con i danni alleconomia che deriverebbero dalle loro inchieste e ridurli a più miti consigli. Oggi come oggi limpresa è piuttosto ardua. Non basta avere un magistrato amico, o intimidito. Ci si può mettere in tasca un procuratore generale, o un procuratore, ma lazione penale resta un potere diffuso, di cui è titolare ciascun pm. Essendo i pm circa 1500, è impossibile controllarli o spaventarli tutti. Cè sempre qualcuno che sfugge al guinzaglio e alla paura. Ma durerà poco, pochissimo: col nuovo ordinamento giudiziario, che entrerà in vigore non appena lapposito Castelli varerà i decreti attuativi della legge-delega, il procuratore capo tornerà a essere il dominus dellufficio, titolare unico dellazione penale, come venti o trentanni fa. E se un pm farà le bizze, potrà levargli linchiesta (oggi può farlo solo in casi eccezionali, motivandolo per iscritto). Anche le avocazioni dei Pg diventeranno pane quotidiano. Basterà controllare poche decine di procuratori capi e generali, o due o tre nei posti chiave. Quando la giustizia funzionava così, era una giustizia di classe. Infatti i processi a carico dei colletti bianchi venivano regolarmente avocati e trasferiti nei porti delle nebbie. Il caso petroli a Genova nel 73, a Milano Piazza Fontana, i fondi neri dellIri, le inchieste su P2 e Sindona, a Torino le schedature Fiat. Nei suoi diari scritti nel 1981, due anni prima di morire ammazzato, il capo del pool antimafia presso lufficio istruzionedi Palermo Rocco Chinnici racconta le gesta del procuratore generale Giovanni Pizzillo. Che gli raccomandava prudenza nel parlare di mafia, lo accusava di essere un comunista e naturalmente di rovinare leconomia con le indagini sui galantuomini:Minveste in malomodo dicendomi che stiamo rovinando leconomia palermitana disponendo indagini a mezzo della Guardia di Finanza. Mi dice chiaramente che devo caricare di processi semplici Falcone in maniera che cerchi di scoprire nulla, perché i giudiciistruttori non hanno mai scoperto nulla. Osservo che sono i giudici istruttori di Palermo hanno scoperto i canali della droga tra Palermo e gli Usa e tanti altri fatti di notevole gravità. Cerca di dominare la sua ira, ma non ci riesce... Pizzillo ha insabbiato tutti i processi di mafia... Mi dice che la dobbiamo finire, che non dobbiamo più disporre accertamenti sulle banche. E poi cè il procuratore Vincenzo Pajno, che nella forma gesuitica che gli è congeniale mi ha telefonato per dirmi che era andato a trovarlo Nino Salvo indignato per le notizie di stampa sulle telefonate intercettate fra i Salvo e il boss Tommaso Buscetta. Anche allora il guaio non era la finanza sporca: erano i magistrati, le intercettazioni, i giornali.Non solo per gli imputati, ma anche per certi magistrati. Con la controriforma Castelli, cè il rischio che i magistrati diventino tutti così. Si spera che, una volta al governo, il centrosinistra rada al suolo quella porcheria: senza distinguo, senza se e senza ma. Altrimenti dovremo concludere che la nostra classe dirigente, trasversalmente, è incompatibile con una magistratura indipendente. E forse anche con il codice penale.
BANANAS
Poteri forse
di marco travaglio




Dunque, a sentire la sua omelia natalizia, don Antonio Fazio non è più sgovernatore di Banditalia perché ho toccato i poteri forti. Fino allaltro giorno, secondo Andreotti e cardinali assortiti, Fazio era finito sotto inchiesta in quanto cattolico. Ilche indusse subito lex sondaggista del Cavaliere, Luigi Crespi, ad annunciare da San Vittore che lui non può aver commesso reati in quanto buddista. Poi, in attesa di notizie dagli avventisti del settimo giorno, tornò la vecchia geremiade sui poteri forti che da sempre ispirerebbero la Procura di Milano. Lo dice Berlusconi, difendendo financo Stefano Ricucci: Lo attaccano perché dà fastidio ai poteri forti. E Cossiga confida a Libero che linchiesta su Consorte & C. non dipende dagli eventuali reatiscoperti, ma da una guerra fra poteri forti in corso a sinistra perchè i prodiani, attraverso banche e giornali, hanno accerchiato i Ds. Anche per James Bondi dietro i pm cè Prodi, fotocopia sbiadita spedita al centrosinistra dal fax dei . E dai Ds si levano molte voci che occhieggiano alla stessa tesi: se il Corrierone sta informando così compiutamente i suoi lettori sugli ultimi scandali non è perché i suoi cronisti (gli stessi che narrano da anni le malefatte di Berlusconi e Previti) sono bravi, ma perché sono imbeccati dai poteri forti che cospirerebbero con i pm contro la scalata Unipol-Bnl, già benedetta da Fazio. Come se un governatore a vita, intimo del Vaticano, dellOpus Dei e di Palazzo Chigi, sponsor della finanza bianca, rossa e azzurra, capace di prendere a calci una banca spagnola e una olandese, contasse meno del presidente della Ferrari e della fu Fiat, e del temibile padrone della Tods.
I primi a evocare quel fantasma, agli albori di Mani Pulite, furono i ciellini, che nel 92 già invitavano lagonizzante Prima Repubblica a stringersi a coorte con un bel governissimo fra Dc e Pds contro i poteri forti della grande finanza e dei mass media. Lo stesso cocktail poteri forti e grande stampa evocò Bettino Craxi nel 93, tentando di convincere la Camera a salvarlo dai processi. Intanto, al seguito, fioriva unampia e variopinta letteratura complottarda. Fino alla leggenda di una crociera sul Britannia dove la regina dInghilterra e i banchieri demoplutogiudaicomassonici si riunirono per scaricare i partiti italiani e, tramite Di Pietro & C., spartirsi largenteria del Belpaese. Il regista occulto attribuito al Pool era Enrico Cuccia. Poi i giallisti dovettero cambiare musica, anche perché finirono sotto inchiesta o in galera gli amici più intimi di Mediobanca, da Romiti e Ligresti. I quali, fra laltro, foraggiavano allegramente proprio Craxi, sedicente nemico dei poteri forti.
Poi in politica arrivò Berlusconi, potere forte quantaltri mai. Ma costui, amico di noti mafiosi, già membro della loggia P2, sponsorizzato dal Vaticano, proprietario di tre tv, già allora il politico più ricco del mondo e più potente dItalia, cominciò subito a dipingersi come un potere debolissimo tuonando contro i poteri forti, tutti chissà mai perché schierati a sinistra. Nellestate 94, dopo soli tre mesi, il suo governo era già cotto. E di chi era la colpa? Delle bizze di Bossi? Delle prime leggi ad personam, tipo decreto Salvaladri o condono edilizio? Macchè: dei poteri forti. In unintervista alla Stampa, il vicepremier Pino Tatarella puntò il dito sugli uomini invisibili che remavano contro il governo.Nellordine:Corte costituzionale,Mediobanca, servizi segreti, massoneria, Csm, Opus Dei, Bankitalia, gruppi editoriali,industria privata.Tuttistrumentalizzati dalla sinistra.
Ultimamente, allelenco della Spektre Rossa, Bellachioma ha aggiunto di suo pugno scuole superiori, università, televisioni, sindacati, patronati, magistrati,regioni, province,comuni,banche, Tar e Consiglio di Stato. Non male. Ma niente paura: Faremo una campagna dattacco per spiegare i pericoli di una sinistra pronta ad allearsi con i poteri forti. Una battaglia impari, perché lui poveretto - non conta nulla. E solo il capo del governo con 100 voti di maggioranza, che ogni giorno si fa una norma sumisura, si autoassolve per legge da quattro falsi in bilancio, possiede tv, banche, assicurazioni e un patrimonio di 20 miliardi di euro. Difficile, in queste ristrettezze, resistere a poteri forti come la lobby degli extracomunitari e dei tossici(ieri presente in forze alla Camera per lamnistia). Sarà durissima.
BANANAS
Banditalia
di marco travaglio



A furia di ripetere che non è una nuova Tangentopoli, lo scandalo Banditalia comincia a somigliare parecchio a Tangentopoli. E vero che i nuovi rapinatori in guanti gialli e colletto bianco rubavano per sé e solo dopo, eventualmente, per i partiti. Ed èvero che i politici dovevano penare parecchio, per mettere da parte qualche euro. Ma, per il resto, quante analogie. Residenze private come la grotta di Alì Babà, vedi la casa-museo di Sergio Billè in via Ara Coeli: mobili del 700, anfore depoca, orologi antichi, lampadari di Murano, fauni danzanti, incisioni del Piranesi, tele del Cignaroli. Mancano solo i lingotti nel puff, come a casa di Duilio Poggiolini, il re della malasanità. In compenso, pare, ci sono giornalisti a libro-paga, come ai bei tempi della Montedison. Nel 92 fecero epoca il Parmigianino di un assessore regionale laziale del Lazio, in arte Dieci per cento, e i 60 dipinti di gran pregio (Picasso, Modigliani, Guttuso, Morandi, De Chirico e Dalì) sequestrati nellabitazione di Poggiolini, gentili omaggi delle case farmaceutiche. Fiorani, più prosaicamente, teneva un Canaletto nel caveau della Bpi. Un tocco di cultura che non sfiora nemmeno il mitico Chicco Gnutti: lui, a Brescia, ha un hangar con cento Ferrari dietro casa, ma si vanta dinon possedere nemmeno un libro. Chapeau.
E poi le mogli. Anche in questo giro vengono scrupolosamente rispettate le quote rosa. Nel 92 Laura Sala, moglie separata di Mario Chiesa, diede il via a tutto per una banale denuncia contro il marito che lesinava gli alimenti. Pierr De Maria in Poggiolini insultò i giornalisti uscendo da Poggioreale grazie al decreto Salvaladri. Bruna Cagliari rimpatriò i 9 miliardi accumulati dal marito Gabriele in Svizzera. E la consorte del giudice Diego Curtò, quasi omonima del pm che indagava su di lei(si chiamava Antonia Di Pietro) raccontò di aver gettato 400 mila franchi svizzeri in un cassonetto dellimmondizia. Oggi svetta la governatora Cristina Rosati in Fazio, legionaria di Cristo. Ma anche Sabina Negri, la bionda lumbarda impalmata dal dentista Calderoli con rito celtico (per conquistarmi, Roberto mi regalò una Rolls Royce, poi la affittò per i matrimoni degli altri...): è lei la titolare del conto Bpl per il mutuo incriminato del marito.
E poi i baci. Nel 93 teneva banco quello presunto di Riina ad Andreotti. Ora cè quello telefonico di Fiorani a Fazio (ti bacerei in fronte). Un apostrofo rosa fra le parole Opa e Antonveneta. Quel che è certo è che i furbetti sono degli inguaribili sentimentali: non contento dei baci via sms alla sposina Anna, Ricucci chiama amore mio il pm Eugenio Fusco. E laltro pm, Francesco Greco, finge di aver nascosto una cimice nel gemello della camicia del furbetto; poi,quando quello abbocca, gli dà del boccalone. Ecco, il clima è più disteso. Nel 92 qualcuno si vergognava, cera persino chi si ammazzava. Oggi non si vergogna più nessuno. Dalla tragedia alla pochade.
Spunta persino un Cinghialone. Che non è, per ovvi motivi, Bettino Craxi, così ribattezzato da Vittorio Feltri dodici anni fa. E un altro, ancora da identificare: ne parla Giovanni Consorte al consocio Sacchetti la sera del 12 luglio, riferendo una confidenza del giudice Ciccio Castellano: Lamico di Milano dice che sta per scoppiare un grosso casino per il cinghialone e il suo amico... I due sono messi male, lobiettivo vero dovrebbe essere il cinghialone. Sarà Fazio (con lamico capoispettore FrancescoFrasca)? O Fiorani (con lamico Gnutti). Mistero.
Sempre in ambito zoologico, ecco le talpe: un altro classico. Il giudice Castellano, con le presunte soffiate a Consorte? Il sottosegretario Giuseppe Valentino di An? Tutti negano, vedremo.
Nel 92-93Pannella riuniva allalba il Parlamento deglinquisiti, dicendo che era il migliore mai visto e tuonando contro chi voleva scioglierlo perché delegittimato. Oggi si porta avanti col lavoro e chiede direttamente lamnistia, che dodici anni fa, in un soprassalto di dignità, i deputati resero quasi impossibile portando la maggioranza richiesta dal 50 per cento ai due terzi. Del resto, nella Tangentopoli-1, molti partiti - Pds, Lega e An - manifestavano sotto il Tribunale di Milano a favore dei giudici. Oggi, per vari motivi, si tengono a debita distanza. Sono tutti sulla stessa barca. Anzi, banca.