30.7.06

sofri il craxiano contro travaglio lo squadrista

Adriano Sofri per Il Foglio

Non ho nemmeno cominciato a dire che cosa penso dello stato della sinistra – di casa mia, cioè, e di chiunque altri ci voglia stare, ma mia di sicuro – che già si alza la polvere. Una delle cose che vorrò dire riguarda la testa bassa con la quale un’intera classe di dirigenti della sinistra (ci metto dentro tutti, Ds e Margherita, da questo punto di vista) si lascia insultare da personaggi di cui non si vedono i titoli di nobiltà.

E’ tipico di questa sinistra di fare (e dire) le cose quasi vergognandosene. Come la ragazza nubile che ha fatto un bambino (diceva Marx, che era maschilista), però l’ha fatto piccolo. Guardate l’Afghanistan. O è giusto andarci, e allora bisogna battersi perché ci si vada, spiegare perché e come, e mostrarsene fieri: magari perfino manifestare nelle strade per andarci. O è ingiusto, e allora non bisogna. Guardate l’indulto. Finalmente una buona, buonissima cosa, strenuamente aspettata, un atto di generosità verso il prossimo e se stessi, un giubileo in ritardo: ed ecco che, con poche eccezioni, lo si presenta un po’ scusandosene, un po’ scaricando il barile.

Gran paese il nostro, dove Di Pietro è morale, e Giovanni Paolo II no. Ma di questo riparleremo: ora aspettiamo il Senato. Ieri ho letto alcune risposte ai miei pensieri. Risponderò a mia volta. Grazie al cielo, le persone con le quali non voglio intrattenere conversazioni – come quel cretino di Travaglio, che mi dà del difensore di Renato Farina, dello stalliere Mangano, di Dell’Utri eccetera – sono pochissime. Lo farei volentieri con Michele Santoro, che invece ha detto al Corriere di non voler dire niente: “Sarei troppo duro”.

Riesco a ipotizzare di queste parolette due interpretazioni, una più offensiva dell’altra. La prima, che, volendo essere durissimo, Santoro vi rinunci perché io sono, sia pur sospeso sanitariamente, detenuto ecc. Nel qual caso scoprirei di non essermi guadagnato con la mia vita di tanti anni nemmeno il diritto di essere trattato liberamente, e pregherei Santoro di non farsi scrupoli, e picchiare forte. Oppure lui pensa che nelle cose che io scrivo abbia qualche parte una mia situazione di debolezza, o di convenienza, e insomma di ridotta lucidità e serenità. Ancora peggio.

Io penso che chi canticchi Bella Ciao per essere stato messo fuori dalla Rai, a seguito di un ukase prepotente eseguito da vili (giudizio che ho da sempre dato sull’episodio), sbaglia misura, e pronuncia una piccola bestemmia: che lo lascerebbe senza canzoni da cantare quando si trovasse di fronte a un altro genere di esclusione e persecuzione. Persecuzioni dure, di quelle che costano care, il centrodestra ne ha compiute, un po’ cinicamente un po’ sventatamente, e in primo luogo appunto sui detenuti, su quelli mandati in galera da leggi malvagie, e sul modo di tenerli in galera.

(La grottesca disputa di oggi sull’indulto “salvapreviti” era già successa, quando l’opposizione insorse contro la Cirielli perché “salvava Previti”, fottendosene delle migliaia di ultimi che, con la furiosa norma sui recidivi, avrebbe schiacciato). Anche il mio carissimo Enrico Deaglio trova “ingeneroso” il mio giudizio sul basso costo, e anzi sul buon profitto, dei bestseller antiberlusconisti.

Sbaglia, perché non mi passa per la testa di rammaricarmi di quei testi, che anzi (compresi quelli di Deaglio, scritti e film) ho apprezzato spesso, ma non riesco a persuadermi dell’aureola di giustizieri senza macchia e senza paura di cui alcuni loro autori amano fregiarsi. C’è una differenza (ce ne sono molte, ma ora parlo del prezzo pagato) fra Piero Gobetti e Michael Moore o Sabina Guzzanti: ovvia, a meno che Sabina Guzzanti non si prenda, o non venga presa, per Piero Gobetti.

Infine – per oggi – posso sfidare chiunque a indicare una sola riga scritta da me, che ne ho scritte molte, in qualunque sede (io infatti non scrivo sul Secolo d’Italia e sulla Padania solo perché non mi invitano a farlo), che non corrisponda al mio libero pensiero, e che sfiori qualche mio tornaconto.

29.7.06

TRAVAGLIO LO SQUADRISTA CONTRO SOFRI IL CRAXIANO

Marco Travaglio per l’Unità

Caro direttore, dopo aver difeso Renato Farina prezzolato dal Sisde e avermi qualificato «squadrista» sul Foglio di Giuliano Ferrara (già celebre per aver definito «omicida» l’Unità), Adriano Sofri ha riempito ieri alcune colonne dell’Unità medesima per insolentire, senza più far nomi, non solo il sottoscritto, ma tutti coloro che, anche sull’Unità, hanno contestato l’estensione dell’indulto ai reati finanziari, fiscali, societari, contro la Pubblica amministrazione, contro la vita e la salute dei lavoratori.

Ci chiama «contestatori metodici dell’indulto» e ci accusa di aver «evocato argomenti falsi» pur di tenere «decine di migliaia di miei simili boccheggianti nelle celle della Repubblica». Ma l’unico argomento falso, qui, è il suo, visto che nessuno ha contestato l’indulto: io stesso, un mese fa, scrissi sull’Unità che per sfollare le carceri, anziché l’amnistia, era preferibile un indulto di uno-due anni per i reati che incidono maggiormente sulla popolazione carceraria, esclusi dunque quelli che non vi incidono per nulla (quelli dei colletti bianchi). Ivi compreso l’omicidio, per il quale lo stesso Sofri è detenuto.

Sofri scrive che avremmo dimenticato di dire che «Previti non è in carcere e non ci andrà mai più». In realtà l’abbiamo scritto mille volte: ma abbiamo aggiunto che è ai domiciliari in virtù di una legge ad personam (la ex Cirielli) e che, con l’indulto ad personam, tornerà a piede libero. Non è forse questa la ragione per cui Forza Italia ricatta l’Unione imponendo l’inclusione della corruzione giudiziaria nei reati da condonare? Ma Sofri, a questo proposito, difende Forza Italia («l’indignazione sul ricatto di Forza Italia in pro di Previti è fuori tempo, e largamente pretestuosa e demagogica») con un triplo salto logico carpiato: secondo lui, la responsabilità delle polemiche sull’indulto non è di chi ha preteso di includervi la corruzione giudiziaria, ma di chi ha chiesto - del tutto ragionevolmente - di escluderla visto che per quel reato in carcere non c’è nessuno.

L’altro giorno ho intervistato l’avvocato Bonetto, che rappresenta 800 vittime dell’Eternit e ha appena visto sfumare la trattativa con i responsabili della multinazionale per i risarcimenti ai morti e ai malati da amianto perché la multinazionale medesima ha avuto la garanzia da Roma che entro l'anno passerà l'amnistia; l’avvocato ha poi osservato che, includendo nell'indulto anche l’omicidio colposo per i morti sul lavoro, si garantirà ai colpevoli una sostanziale impunità, visto che per quel reato è pressochè impossibile arrivare a condanne superiori ai 3 anni. In seguito a quell’intervista, uscita su Repubblica e ripresa dall’Unità, la Cgil ha chiesto di escludere dall’indulto gli omicidi colposi e gli altri reati contro la salute e l’incolumità dei lavoratori (anche per questi, non c’è nessun detenuto).

Sofri qualifica queste notizie, assolutamente autentiche, verificate e mai smentite da alcuno, come «falsità assolute e ciniche». Lo invito a informarsi meglio: scoprirà che è tutto vero. Se si informasse prima di distribuire insulti di qua e di là, scoprirebbe pure che quello che lui chiama spregiativamente «popolo dei fax» è composto da tante persone oneste e incensurate, che non hanno mai ammazzato, né frodato, né truffato, né corrotto nessuno e sognano un Paese dove gli onesti vengono premiati e i disonesti puniti. E non sono affatto disposte ad accettare l’impunità per quelli che Sofri sminuisce al rango di «marionette della tragicommedia dell’arte italiana: i Previti, i Moggi, i furbi del quartierino» e che invece la gente normale considera autori di gravissimi illeciti da sanzionare severamente e senza sconti.

Questa gente onesta ha vissuto come una violenza inaudita il quinquennio del regime berlusconiano, con le sue indecenze, le sue leggi ad personam e le sue epurazioni bulgare, contro le quali non si ricordano interventi di Sofri. Questa gente onesta ha usato a ragion veduta la parola «regime», insieme all’Unità, a Montanelli, a Eco, a Sartori, a Cordero, a Flores e a tanti altri: non perché fosse caduta nell’«equivoco dell’eroismo antiberlusconista» e si fosse associata al «ritornello del berlusconismo come regime», ma perché la pensava esattamente agli antipodi di Sofri, convinto che «non occorreva coraggio per opporsi al centrodestra, non pendevano la galera o l’esilio o le bastonate sui dissidenti». Ne occorreva eccome, di coraggio, visto che chi non si allineava veniva licenziato dal premier direttamente dalla Bulgaria e poi massacrato per anni a reti unificate.

Sofri, bontà sua, riconosce che essere cacciati dalla Rai «è una vergogna». Ma poi non trova di meglio che sbeffeggiare Michele Santoro perché «replicava canticchiando Bella ciao: ma non per salire in montagna, o per sbarcare a Ustica o Ventotene - piuttosto, per andare al Parlamento europeo, o da Celentano». Come se Santoro fosse andato al Parlamento europeo o da Celentano per sfizio, o per mettersi in mostra, e non - molto semplicemente - perché per cinque anni è stato impedito a lui e ai suoi collaboratori di lavorare in tutte le tv del Paese dal padrone d’Italia (che è anche l’editore di Sofri sul Foglio e su Panorama, dove Sofri si è spesso prodotto in coraggiosissime difese di Berlusconi, Mangano e Dell’Utri).
E come se, nella lista nera, non fossero compresi molti altri giornalisti e artisti, da Enzo Biagi a Daniele Luttazzi, da Massimo Fini a Oliviero Beha, che non sono neppure andati a Strasburgo o a Rockpolitik e che continuano a non lavorare in virtù di quel veto.

Veramente coraggioso anche l’attacco di Sofri a Piero Ricca, trascinato in tribunale per un’innocua contestazione allo stesso padrone d’Italia e più volte malmenato e trascinato in questura solo per la sua presenza nei luoghi dov’era atteso il padrone d'Italia. Davvero molto elegante, infine, la sua denuncia contro quei «giornalisti di matrice varia, dall’estrema destra all’estrema sinistra» che hanno osato «pubblicare volumi di denuncia strenua delle malefatte e delle pagliacciate di Berlusconi, senza pagare alcun prezzo che non fosse un gran successo editoriale e di pubblico, soldi e fama».

Non lo sfiora neppure l’idea che qualcuno pubblichi libri semplicemente per informare i lettori e che i lettori li acquistino semplicemente per essere informati (il fatto che poi quest'opera di informazione comporti, per chi la fa, una gragnuola di querele penali e cause civili da centinaia di miliardi ad opera dello stesso padrone d’Italia ed editore di Sofri, è un effetto collaterale del tutto secondario).

Comprendo che, chiudendo la sua articolessa, Sofri non si dia pace del fatto che nei primi anni ‘90 «Di Pietro era l’eroe popolare del Paese (è successo anche questo)». Sì, è vero, è successo anche questo. È successo che molti italiani, nel 1992-’93, si felicitassero perché finalmente la scritta «La legge è uguale per tutti» che campeggiava nei tribunali si traducesse finalmente in pratica grazie a Di Pietro, Borrelli, D’Ambrosio, Davigo, Colombo, Greco, Boccassini, Ielo e a tanti altri magistrati italiani: che, insomma, i ladri di Stato venissero finalmente trattati come gli altri.

È noto che Sofri - per comprensibili motivi personali e per le sue vecchie amicizie craxiane - abbia con la magistratura milanese un rapporto, diciamo così, problematico. Ma dovrà farsene una ragione: il padrone d’Italia nonchè suo editore a Panorama e al Foglio, nonostante gli sforzi, non è ancora riuscito a spegnere in molti italiani l’idea che chi sbaglia deve pagare e che la legge è uguale per tutti.

Due, cento, mille portavoce

Satira Preventiva di Michele Serra

La costruzione del Partito democratico arranca. Ds e Margherita non hanno raggiunto un accordo: Fassino vuole l'ingresso nell'Internazionale socialista, Rutelli nell'Ordine dei Domenicani

A che punto è la costruzione del Partito democratico? A che punto è la costruzione del Partito democratico? La stessa domanda va posta due volte perché Ds e Margherita non hanno ancora raggiunto un accordo sul portavoce unico. La soluzione del doppio portavoce, sia pure in una futura sede comune, è la più probabile, ed è già stata sperimentata, in gran segreto, una conferenza stampa con due microfoni ai lati opposti della sala, e i due portavoce che si contendono l'attenzione dei giornalisti offrendo il rinfresco più appetitoso, indossando costumi variopinti e cercando di dare la risposta più rapida ed efficace, bruciando sul tempo il rivale.

Tra le questioni sul tappeto, la più delicata appare la collocazione internazionale del nuovo partito: Fassino considera sbocco naturale l'ingresso nell'Internazionale socialista, Rutelli la confluenza nell'Ordine dei Domenicani, sia pure con il grado di semplice diacono per tutti gli iscritti.
La prima soluzione incontra gravi difficoltà di ordine logistico. La richiesta di iscrizione inviata da Fassino all'ultimo indirizzo noto dell'Internazionale socialista, a Parigi, è tornata indietro con la dicitura 'destinatario sconosciuto'. A quell'indirizzo oggi ha sede una brasserie, il cui gestore tunisino, interpellato dai cronisti, dice di ricordare solo, molti anni prima, alcuni anziani con barba e baffi che discutevano al tavolino anche per giornate intere, molto animatamente, ordinando solo un caffè in due e picchiandosi con l'ombrello al termine di aspri litigi. "Brava gente, per carità. Ma non auguro a nessuno clienti come quelli".

A questo punto Fassino e i dirigenti diesse devono decidere se ricostituire l'Internazionale socialista al solo scopo di iscriverci il nuovo partito, cercando nelle case di riposo di mezza Europa gli ultimi eredi legali di quel pittoresco circolo e approfittando della loro demenza senile per fargli firmare un diploma di socio benemerito a Piero Fassino. Oppure soprassedere, e passare al secondo punto all'ordine del giorno: come smaltire i mostruosi ritratti di operai angolosi e contadini riarsi disseminati in tutte le vecchie sedi?

Non meno ardua l'ipotesi di affiliazione internazionale sostenuta da Rutelli: entrare nell'Ordine dei Domenicani oppure, in alternativa, nell'Ordine dei Templari, le cui cene in piedi con l'armatura, la lancia e la mazza ferrata sono molto ambite, secondo il gossip romano, da Barbara Palombelli. L'obiezione che si muove al leader della Margherita è la seguente: perché mai un partito di centrosinistra dovrebbe fare propria la politica tradizionale del clero reazionario? La risposta di Rutelli, giudicata raffinatissima dai politologi e molto apprezzata dalla base per la sua sincerità, è stata: "Non lo so".

A questo punto rientra in gioco la minoranza dei diesse, il Correntone, che approfittando delle difficoltà di Fassino e Rutelli ripropone la sua ipotesi: il Partito democratico avrà la nostra adesione solo se entrerà a far parte della Rete Rigoberta Urruti Pachalan, un'associazione internazionale di indios detenuti, che si mantengono vendendo in tutto il mondo ceste intrecciate nelle carceri. È questa, secondo il Correntone, la collocazione internazionale di maggior respiro per il nuovo partito.

Diversa la posizione di Massimo Cacciari, che dà del coglione a tutte le parti in causa, nessuna esclusa, e preannuncia un suo intervento sul quadrimestrale 'Rivista internazionale di politica e diritto', molto atteso dagli operai di Marghera e dalle loro famiglie.

Nessun problema, invece, per la galassia della sinistra antagonista, che di Partito democratico non vuole nemmeno sentire parlare. In un documento congiunto Comunisti italiani, Pax et Veritas, Comboniani Rap, Nessuno Tocchi Pacciani, Clarisse Disarmate, Verdi, Quinta Internazionale, Circolo Bankari Piazza Affari Okkupata, Rete Apicultori Biologici, Collettivo Punkaghenga, chiedono l'immediata sospensione delle trattative per il Partito democratico. Mossa abile e probabilmente calcolata, perché nessuna trattativa è mai stata in corso.



25.7.06

Indulto, "Eternit pronta a risarcire ma poi ha fatto marcia indietro"

di MARCO TRAVAGLIO (Repubblica.it)

TORINO - Non ci sono soltanto i reati finanziari e quelli di Tangentopoli. Ci sono anche i caduti sul lavoro. E le malattie professionali. E i morti da amianto: 3 mila soltanto per gli stabilimenti Eternit. L'indulto, e ancor di più l'amnistia prossima ventura, rischiano di mandare in fumo il maxiprocesso che si aprirà l'anno prossimo a Torino contro i big boss della multinazionale svizzera: fra questi, il "Berlusconi elvetico" Stephan Schmidheiny, il fratello Tomas (assistito da Carlo Malinconico, segretario generale di Palazzo Chigi) e il loro socio belga, barone Louis De Cartier de Marchienne.

Insieme a una decina di dirigenti e amministratori dei cinque stabilimenti italiani (Cavagnolo, Casale Monferrato, Reggio Emilia, Bagnoli e Siracusa), che dal 1906 fino a vent'anni fa hanno avvelenato la vita a migliaia di lavoratori e cittadini comuni, i tre magnati devono rispondere di disastro doloso e di un'infinità di omicidi colposi. Grazie all'indulto, difficilmente finiranno mai in carcere (anche se condannati a 6 anni, scenderebbero a 3 e otterrebbero l'affidamento ai servizi sociali, cioè resterebbero a piede libero).

Grazie all'amnistia di 5 anni, annunciata per la ripresa autunnale, non verserebbero nemmeno un euro alle vittime e ai loro familiari. E dire che, fino a due settimane fa, i legali degli indagati e delle parti lese erano a un passo dall'accordo per un cospicuo risarcimento ai malati e ai parenti dei morti. Poi, in seguito a una strana telefonata, tutto è sfumato.

"E' accaduto due settimane fa a Lugano", racconta a Repubblica l'avvocato Sergio Bonetto, che insieme al collega genovese Paolo Pissarello rappresenta 800 vittime. "Eravamo riuniti col liquidatore della Bacon, la società che controllava gli stabilimenti italiani della Eternit. Per tre ore abbiamo discusso, incontrando ampia disponibilità dei rappresentanti indiretti della famiglia Schmidheiny a riconoscere i danni e a rifonderli in misura accettabile. Prima d'impegnarsi nero su bianco, il liquidatore ha chiesto di fare una telefonata ed è uscito.

E' rientrato un'ora e mezza dopo, scuro in volto: "Scusate - ci ha detto - ma mi hanno appena revocato il mandato. Dicono di avere avuto la garanzia che entro l'anno arriverà l'amnistia". Non ci è rimasto altro che alzarci e andarcene. Ora, a settembre, nella riunione periodica con i malati e i parenti delle vittime, dovremo comunicare la triste notizia: se passa l'amnistia, nessuno vedrà un soldo di danni".

E l'indulto? "Beh - osserva l'avvocato - la prospettiva di uno sconto di pena così rilevante anche per reati tanto gravi come l'omicidio colposo da amianto, che provoca il mesotelioma pleurico, l'asbestosi, il carcinoma polmonare non solo in chi lavora negli stabilimenti, ma anche in chi abita nelle vicinanze, è un'ulteriore garanzia di sostanziale impunità. Se penso alla fatica che abbiamo fatto per raccogliere le carte che inchiodano l'Eternit, le perizie, le testimonianze, sfidando il potere di quelle potentissime lobby... E se penso che, solo a Casale, si scoprono ancor oggi 35-40 nuovi casi di mesotelioma all'anno...".

L'inchiesta Eternit, coordinata dal procuratore aggiunto Raffaele Guariniello, è in dirittura d'arrivo: dovrebbe concludersi, con le consulenze tecniche e gli studi epidemiologici, entro fine anno. Ma se, in dibattimento, dovesse cadere l'ipotesi più grave e difficile da dimostrare - il disastro doloso - le eventuali condanne per gli altri reati rientrerebbero facilmente nei 3 anni dell'indulto.

Non basta. L'avvocato Bonetto è parte civile anche in un altro processo, che inizierà a Torino il 7 ottobre: quello a carico degli ex vertici di Fiat Auto (68 manager e dirigenti, da Paolo Cantarella e Roberto Testore in giù), rinviati a giudizio per lesioni colpose gravi o gravissime nei confronti di 187 operai delle carrozzerie Mirafiori. Il processo mette in discussione l'organizzazione dei ritmi di produzione, che avrebbero causato nei lavoratori varie "sindromi da sforzo ripetuto" alle mani, alle spalle e alle braccia. Accuse gravi, ma punite con pene molto basse, certamente inferiori ai 3 anni "tagliati" dall'indulto.

Il procuratore Guariniello, che coordina il pool "Salute e sicurezza", prevede un colpo di spugna pressoché totale di gran parte dei suoi processi anche per i reati ambientali, per il doping e per la tutela consumatori. Come quelli a carico delle multinazionali Bayer e Glaxo, per i presunti danni alla salute provocati da farmaci come il Lipobay e il Lanoxin. Per questi reati, oggi, in carcere non c'è nessuno. Grazie all'indulto, non ci entrerà nessuno nemmeno in futuro.
Furbetti del quartierino e non, Wanna Marchi, Cesare Previti. E molti, molti politici. L'indulto così come è stato pensato riguarda anche casi di corruzione già a sentenza e casi che ci devono arrivare ancora. Ci sarà un esercito che andrà ai servizi sociali
di Marco Travaglio

L’indulto è come la patente a punti. Chiunque, fino al maggio 2006, ha concusso, ha corrotto o s'è fatto corrompere, ha abusato dei suoi poteri per favorire qualcuno, derubato lo Stato col peculato o la sua società con la bancarotta, truffato il prossimo, truccato gare d'appalto, incassato fondi neri, frodato il fisco, falsato bilanci, turbato il mercato finanziario con l'aggiotaggio, scalato banche violando le leggi, speculato con l'insider trading, giocato con la salute dei dipendenti provocando infortuni o addirittura decessi nei luoghi di lavoro, e fino a oggi temeva - in caso di condanna - di andare in carcere a scontare la pena, può tirare un sospiro di sollievo: partirà da meno tre. Nel senso di meno 3 anni di pena, da detrarre da eventuali condanne definitive. Per i reati puniti più severamente (per esempio, la bancarotta o la rapina), l'indulto comporterà semplicemente uno sconto di pena. Per quelli puniti con sanzioni più blande (tutti quelli dei colletti bianchi), significherà azzerare le pene del tutto o quasi. E comunque garantirsi l'esenzione dal carcere: in Italia infatti si scontano dietro le sbarre solo le pene superiori ai 3 anni (sotto, c'è l'affidamento al servizio sociale: cioè l'assoluta libertà con qualche opera buona). Risultato: chi rischia pene fino ai 6 anni scende a 3, e non sconta nemmeno un giorno. Non solo: l'indulto cancella pure le pene accessorie (interdizione da pubblici uffici, cariche societarie, professioni): i condannati resteranno in Parlamento, nella pubblica amministrazione, nei mestieri che esercitavano mentre delinquevano. Giudici, pm e investigatori dovranno portare a termine indagini e processi già sapendo che sarà tutto inutile, o quasi: come per la Juventus, il campionato degli inquirenti partirà con una forte penalizzazione.

L'elenco dei beneficiari di questo colpo di spugna a orologeria, che sta per esser varato urbi et orbi con la scusa delle carceri affollate, è lungo chilometri. In cima alla lista, com'è noto, c'è Cesare Previti (pregiudicato per corruzione giudiziaria), che scenderà da 5 a 2 anni, lascerà gli arresti domiciliari e rientrerà in Parlamento, almeno finché la Camera non si deciderà a dichiararlo decaduto per l'interdizione perpetua. Poi c'è Silvio Berlusconi, imputato per corruzione del testimone David Mills e per i diritti Mediaset (appropriazione indebita, falso in bilancio e frode fiscale), insieme a Confalonieri (falso in bilancio) e ai figli Marina e Piersilvio (indagati per riciclaggio).

Poi ci sono i protagonisti di tutti gli scandali degli ultimi due anni. Comprese le teletruffe di Wanna Marchi e Stefania Nobile: condannate a 10 anni in primo grado, se patteggiano in appello scendono a 6 anni, e con l'indulto a 3: in pratica, non tornano mai più in carcere. I protagonisti dell'inchiesta penale su Calciopoli, a Napoli), non dovranno neppure patteggiare: le pene per la frode sportiva sono talmente basse da vanificare il futuro processo a Moggi, Carraro, Giraudo, Galliani, Mazzini, De Santis, Pairetto, Bergamo, ai figli di papà targati Gea e così via. Idem per Bancopoli (aggiotaggio e altri reati finanziari, a Milano e Roma), che vede inquisiti l'ex governatore Fazio e i multicolori furbetti del quartierino: Fiorani, Gnutti, Ricucci, Coppola, Consorte, Sacchetti, Billè, Palenzona. E sono ancora al vaglio degli inquirenti le posizioni dei politici beneficiati dal munifico banchiere di Lodi: i forzisti Brancher, Grillo, Dell'Utri, Romani e Comincioli, il leghista Calderoli e l'Udc Tarolli. Poi c'è la banda Parmalat, imputata a Milano e a Parma: da Calisto Tanzi in giù, fino ai banchieri (a cominciare da Cesare Geronzi) suoi presunti complici nella truffa a migliaia di risparmiatori. E c'è la banda Cirio di Sergio Cragnotti, anch'essa specializzata in bond-carta straccia. In una tranche collaterale del caso Parmalat sono indagati per corruzione De Mita (Dl) e Burlando (Ds), e in un'altra ancora, per finanziamento illecito, l'ex ministro Alemanno (An). Il "meno tre" potrebbe far comodo anche al forzista Raffaele Fitto e ai suoi coindagati a Bari per le presunte tangenti dal gruppo Angelucci. Per non parlare dei protagonisti dell'ultimo scandalo di Potenza: Vittorio Emanuele e due uomini di Fini: Salvo Sottile e Francesco Proietti Cosimi.

Ma c'è pure un esercito di deputati e senatori nei guai con la giustizia per vari reati, tutti compresi nell'indulto (conflitto d'interessi? Forse). Marcello Dell'Utri è imputato a Palermo per calunnia contro tre pentiti. Francesco Storace e il suo entourage sono accusati a Roma di associazione a delinquere per aver spiato illegalmente Marrazzo e la Mussolini. Il Ds ribelle Vincenzo De Luca, neosindaco di Salerno, è indagato per concussione, abuso, truffa e falso. An voterà no all'indulto, salvo due ex ministri, entrambi indagati: uno è Alemanno, l'altro è Altero Matteoli, rinviato a giudizio per favoreggiamento nell' inchiesta sugli abusi edilizi all'Elba. E la lista "nera" non finisce qui: Ugo Martinat è inquisito a Torino per turbativa d'asta e abuso per alcuni appalti Tav; e Silvano Moffa lo è a Velletri per corruzione. Nutrita anche la pattuglia Udc: se cade l'aggravante mafiosa del favoreggiamento, l'indulto serve a Totò Cuffaro; e, in caso di condanna, servirà di certo al neo- onorevole Vittorio Adolfo, accusato a Sanremo di corruzione, truffa e turbativa d'asta; a Giampiero Catone, imputato per truffa e bancarotta a Roma e L'Aquila; ad Aldo Patriciello, coinvolto nello scandalo molisano della circonvallazione di Venafro; e a Teresio Delfino, indagato per associazione a delinquere e truffa nella gestione allegra dell'Enoteca d'Italia;senza dimenticare Giuseppe Drago, condannato in primo grado a 3 anni e 3 mesi per peculato per aver svuotato la cassa della presidenza della regione Sicilia quando ne era governatore. Idem come sopra per altri ex Dc come Pino Firrarello (FI) e Nuccio Cusumano (Udeur), imputati per gli appalti truccati dell'ospedale di Catania.

A condurre le trattative col centrosinistra per l'indulto è stato l'on. avv. prof. Gaetano Pecorella (FI), che non solo difende Berlusconi in vari processi per reati non esclusi dall'indulto; ma, a quel che si sa, risulta ancora indagato a Brescia con l'accusa di aver pagato il supertestimone Martino Siciliano, affinchè ritrattasse le accuse al suo cliente Delfo Zorzi per le stragi di Piazza Fontana e Piazza della Loggia. Il reato ipotizzato è favoreggiamento: anch'esso compreso nel Grande Condono.

24.7.06

Un ricatto in nome di Cesare Previti

di EUGENIO SCALFARI (Repubblica)

Debbo confessare che il Di Pietro capo di partito non incontra le mie simpatie. Non mi piace la sua squadra. Non mi piace affatto quel suo subdolo personaggio che è andato a fare il presidente della commissione Difesa della Camera con i voti del centrodestra. Diciamo insomma che non sono un fan dell'ex procuratore di Mani pulite.

Ma dichiaro che condivido invece al cento per cento la posizione di Di Pietro sul provvedimento di indulto preparato dal ministro della Giustizia, sul quale la Camera discute oggi e probabilmente voterà domani. Sono molto stupito che quel provvedimento abbia il sostegno di tutti i gruppi del centrosinistra, compresa quella sinistra radicale che spacca il capello in quattro sulla necessità che il governo sia "discontinuo" rispetto alla politica e alla legislazione ereditate da Berlusconi.

Il problema di questo indulto è chiarissimo: il centrosinistra è favorevole all'amnistia ma non riesce ad ottenere la maggioranza qualificata che la legge richiede.

Allora ripiega su un indulto diminuendo di tre anni le pene comminate a tutti i responsabili di reato salvo alcune categorie ritenute di particolare gravità. I reati esclusi dall'indulto sono nel disegno di legge Mastella quelli di natura mafiosa, quelli riguardanti la pedofilia e i reati di terrorismo interno e internazionale. In tutti gli indulti che sono stati approvati in precedenti occasioni (come pure in tutte le precedenti amnistie) sono stati sempre esclusi dai provvedimenti di clemenza i reati di corruzione e di concussione commessi contro la pubblica amministrazione. Invece nel provvedimento Mastella - e per la prima volta nella nostra legislazione - questi reati beneficeranno della clemenza approvata dal Parlamento. Di qui il rifiuto di Di Pietro di votare in favore e di qui anche la nostra concordanza con la sua posizione.

La verità che sta dietro all'estensione dell'indulto ai reati di corruzione e concussione contro lo Stato è presto detta: senza quell'estensione i voti di Forza Italia verrebbero a mancare e quindi non si raggiungerebbe il "quorum" necessario. Mastella e la maggioranza di centrosinistra si sono trovati di fronte a questa "impasse"; per superarla hanno trangugiato il rospo.

Il rospo, tra l'altro, ha un nome abbastanza ostico: si chiama Cesare Previti. Previti deve scontare cinque anni per una sentenza passata in giudicato. Con l'indulto la pena si riduce a due anni per i quali sono previsti provvedimenti alternativi come l'affidamento ai servizi sociali.

Il problema Previti ha rappresentato una spina costante per Forza Italia, che ha cercato di liberarsene in tutti i modi. Soprattutto con un'aggressione continua e durata un decennio intero contro la magistratura italiana nel suo complesso e quella milanese in specie e con leggi "ad personam" che hanno rappresentato una delle più umilianti stagioni politiche del Parlamento italiano.

Nonostante questi innumerevoli tentativi di manipolare e impedire l'azione della giurisdizione, l'obiettivo è stato raggiunto solo in parte; una condanna c'è stata, un reo è stato assicurato alla giustizia. E come lui parecchi altri in analoghe condizioni.

Ora l'indulto che il centrosinistra propone oggi alla Camera, con l'accordo di Forza Italia, realizzerà ciò che non era riuscito al governo Berlusconi. Di più: le persone responsabili di reati contro la pubblica amministrazione sono in tutto sessantasette; un numero esiguo che non contribuirà in nessun modo a quello sfoltimento della popolazione carceraria che è l'intento principale del provvedimento di clemenza.
C'è infine un'ultima ragione che ci spinge a criticare la posizione del governo e a concordare con quella di Di Pietro: gran parte dei parlamentari di An voteranno contro il provvedimento di Mastella. Per ragioni che non condividiamo, ma resta il fatto che i colpevoli di reato contro lo Stato per corruzione e concussione avranno sconti di pena col voto del centrosinistra e di Forza Italia e con il voto contrario di Alleanza nazionale. È una posizione piuttosto scomoda, non vi pare?

5.7.06

E io tiferò contro...

di Matteo Salvini - La Padania

«La nazionale da sempre è un grande strumento di unificazione del Paese». Parola di Romano Prodi, che ieri ha avuto il tempo di scrivere una lettera aperta al cancelliere tedesco, niente meno che sulla Gazzetta dello Sport. E quindi? Quindi io sto dall’altra parte. Quindi tifo contro, contro “questa” nazionale che viene usata per nascondere i mali di “questo Paese”.



Non me ne vogliano i padani Buffon, Zambrotta, Pirlo, Gilardino, Del Piero o Inzaghi, niente di personale. Ma io, per dirla come Gaber proprio non riesco a sentirmi italiano. Mi sento milanese, lombardo e padano, ma orgoglioso di questa Italia proprio non riesco ad esserlo.

Non mi piacciono i bagarini che, anche se si gioca a mille chilometri di distanza, cercano di spacciare i biglietti a cifre incredibili. E non sono padani.

Non mi piacciono quelli che vendono magliette, bandiere, petardi, parrucche e trombette taroccate ed esentasse, per santificare l’italico rituale. E non sono padani. Non mi piacciono quei “tifosi” che hanno fatto casino, sfasciando e imbrattando, per la vittoria di rigore rubata contro l’Australia. E non erano padani. Non mi piacciono quelle persone, tifosi e calciatori ma soprattutto giornalisti, che su Lippi cambiano idea ogni due giorni: ne pensavano tutto il male possibile ieri, ne chiedono la riconferma oggi dopo due stentate vittorie. Non è da padani. Non mi piacciono quelli che passano le loro giornate a stabilire come, quanto e perché faccia bene cantare l’inno di Mameli, scomunicando smemorati, stonati e taciturni. Non è da padani, io preferisco la Terra dei cachi. Non mi piacciono quei politici, e ce ne sono tanti a sinistra e qualcuno anche a destra, che contano sui gol di Totti per fotterci in silenzio un altro po’ di stipendio e di libertà. Non è da padani. E poi, se la devo dire tutta, non mi piacciono gli spaghetti con la pummarola, preferisco il risotto; non mi piace il mare, preferisco la montagna; non mi piace volare Alitalia, preferisco la Lufthansa; non mi piace il mandolino, preferisco la banda d’Affori; non mi piacciono i Savoia, preferisco Maria Teresa D’Austria. e non mi piacciono, soprattutto d?estate, quelli che fanno sempre casino facendo risuonare i loro “ahò” anche nel silenzio delle isole Aran; e non mi piacciono quelli che si arrangiano e vivono una vita da abusivi orgogliosi di fregare il prossimo; e non mi piace la mafia, la camorra, la ‘ndrangheta e la sacra corona unita; e ancora non mi piacciono le tifoserie “appassionate ma civili” del Sud, come quella del Napoli, che vengono santificate dai giornalisti ma hanno quasi sempre accolto a sassate, spranghate, botte, sputi e pulcinellate i tifosi che scendevano da Nord; e non mi piace Biscardi, non mi piace Galeazzi, non mi piace Moggi, non mi piace Petrucci, non mi piacciono i calciatori che cambiano squadra con la stessa frequenza con cui cambiano le mutande, non mi piacciono i Rolex regalati ad arbitri e guardalinee, non mi piace il calcio a pagamento su Sky.

E poi proprio non mi piace l’inno di Mameli, né la musica né tantomeno il testo, tanto che quando comincia il “pa-ra-pa-pa” prima del giornale radio Rai delle 24 tolgo l’audio. Che rompipalle, dirà qualcuno, ma purtroppo è così: come faccio a tifare l’Italia? Certo tifo Milan, tifo Ivan Basso, tifo Valentino Rossi, tifo la ProRecco di palla nuoto, tifo l’hockey Milano, mi piacciono il basket, la pallavolo e l’atletica leggera. Ma mi permetto un sogno. Che un giorno non troppo lontano un atleta padano porti con sè, sul podio, un po’ di verde, un foulard, magari una bandiera.

Come fecero le Pantere Nere americane alle Olimpiadi, noi aspettiamo che i nostri leoni, che pur ci sono, trovino l’orgoglio e il coraggio di dichiararsi, di dare voce e colore alla loro identità. Nell’attesa, questa sera (a proposito vi aspettiamo per la radiocronaca su Radio Padania libera dalle 19.30!) tifo per la Germania. Anzi, per la Repubblica federale tedesca.

4.7.06

Hanno taroccato pure il Monopoli

SATIRA PREVENTIVA di Michele Serra

Dopo il calcio e i Savoia anche il popolare gioco è stato truccato da una cupola di ragazzini. E' solo l'ultimo dei numerosi scandali che ci aspettano nel Terzo Millennio

Dopo Calciopoli e Savoiopoli, quali altri scandali incombono sull'Italia del Terzo Millennio? Lo abbiamo chiesto ai principali istituti di monitoraggio sociale, i quali ci hanno volentieri risposto, ma solo in cambio di un pingue fuoribusta e dell'invio di un torpedone di bagasce.

Scandalopoli Alcuni degli scandali lanciati recentemente sul mercato sarebbero contraffatti. Confezionati da una banda di falsari che ha tentato di piazzarli, con successo, presso giornali e telegiornali. Tra questi, Branzinopoli (sul traffico di cefali truccati da branzini), Carlopoli (si era diffusa l'idea che tutti gli italiani di nome Carlo avessero comperato abusivamente il nome corrompendo l'ufficiale anagrafico) e Schumacheropoli (il pilota tedesco starebbe sulle balle a tutti, ma forti pressioni vengono esercitate dalla Fiat sui giornali per non scriverlo). Il pretore Guariniello sta indagando sullo scandalo degli scandali taroccati, ma è ormai convinto che anche Scandalopoli non sarebbe altro che un falso scandalo per coprire gli scandali veri.

Sessuopoli Il pretore Guariniello sta portando alla luce un vastissimo scandalo: prestazioni sessuali in cambio di prestazioni sessuali. I contorni del gigantesco traffico non sono ancora del tutto chiari, ma pare che oramai in questo paese sia molto frequente, per poter avere un rapporto sessuale consenziente, avere un precedente rapporto sessuale estorto con il ricatto. Sconvolgenti le intercettazioni telefoniche: "Lei - facciamo l'amore? Lui - Eh, cara mia. Solo se prima me la dai.".

Atleticopoli Anche l'atletica leggera è nell'occhio del ciclone. Una cupola di giudici corrotti manipolava il risultato delle gare con i mezzi più vari: spostando avanti o indietro la fettuccia del traguardo, sostituendola con un cavo di acciaio per ferire gli atleti sgraditi, invertendo improvvisamente la direzione della corsa per fare sì che gli ultimi risultassero in testa. La gigantesca truffa è stata denunciata da un maratoneta onesto, insospettito dal fatto che durante la maratona di Milano un giudice colluso lo aveva indirizzato lungo l'autostrada per Bologna. Giunto al casello di Reggio Emilia, il maratoneta onesto ha telefonato al procuratore Guariniello per denunciare lo scandalo. Secondo i primi accertamenti, essendo l'atletica uno sport povero, tra i coinvolti non vi sarebbe alcuno scopo di lucro, ma solo il piacere di imbrogliare.

Elettrautopoli Un colossale traffico di calendari per elettrauto contraffatti (i capezzoli delle donnine nude sarebbero in realtà ritoccati col pennarello) ha portato a scoperchiare uno scandalo ancora più grave: i calendari per elettrauto, anche quelli non contraffatti, sarebbero in realtà calendari per camionisti usati e poi riciclati come calendari da elettrauto nuovi di zecca. Se ne è accorto il procuratore Guariniello notando, dal suo elettrauto, che la miss di novembre aveva i capelli cotonati. Guardando meglio, si notava che il calendario era del 1962.

Dadopoli Per la prima volta al mondo, ricercatori italiani di una Facoltà di ingegneria deviata sono riusciti a costruire dadi a sette facce invece della tradizionali sei. Con questi dadi è possibile fare 7. Ma su alcuni esemplari, pesantemente contraffatti, sulla settima faccia è stato addirittura disegnato il numero 8. È stato quest'ultimo fatto a insospettire alcuni clienti delle bische clandestine, abituati a barare onestamente. "Finché usciva il 7 - ha dichiarato una vittima della truffa - si poteva pensare a un giocatore di particolare talento". Le indagini sono condotte dal procuratore Guariniello.

Monopolopoli Incredibile! Anche il popolare gioco del Monopoli è stato truccato da una cupola di ragazzini. Circolano migliaia di scatole del Monopoli con alcune caselle cosparse di un mastice invisibile. Quando la pedina di un giocatore vi incappa, ci resta incollata e il giocatore è costretto a sborsare cifre esorbitanti al proprietario della strada, fino alla rovina completa. Su Monopolopoli sta indagando il figlio del procuratore Guariniello.