26.3.02
25.3.02
L'adulterio, ma anche la negazione a un uomo, in alcuni Paesi rappresentano un onta gravissima. Punibile con la lapidazione pubblica, ma anche con le amputazioni spettacolo o lo sfregio con acido e rasoio
di Mel. Be. (da Il Nuovo)
Lapidazione pubblica, amputazioni spettacolo, donne sfregiate con l'acido o sfigurate con il rasoio. Rifiutare un rapporto sessuale con un uomo, in molti Paesi, costa tanto. Troppo. La lapidazione è solo una delle terribili pene infitte in paesi come Afghanistan, Arabia Saudita, Yemen, Iran, Sudan, Pakistan, Emirati Arabi, Somalia. Di solito la condannata viene legata e sepolta in una fossa fino al collo e colpita da pietre.
Sepolte e lapidate: una fine terribile. Sempre in Nigeria anche Hafsatu Abubakar, una ragazza di 17 anni, madre da due settimane senza essere sposata, rischia la lapidazione. Il tribunale islamico di Kano deciderà il 21 gennaio se approvare o meno la condanna a morte. In Sudan, Abok Alfa Akok era stata condannata a morte per adulterio, ma poi salvata da una campagna internazionale. La donna, che ha dichiarato di essere stata stuprata, non è musulmana, appartiene all'etnia Dinka di religione animista. Sei mesi fa, a Teheran, Maryam Ayoubi, 31 anni, è stata lapidata in piazza per adulterio e omicidio del marito. E’ andata a meglio a Zahra, 31 anni, che in Iran nel novembre del '91 è riuscita a strisciare fuori dalla buca dov'era stata sepolta. La magistratura considerò la sua fuga come la volontà di Dio e le salvò la vita.
Vittime del Delitto d'onore in Pakistan. Secondo Amnesty International ogni anno centinaia di donne di ogni età e di tutte le parti del Paese vengono uccise in nome dell'onore. I loro assassini non vengono quasi mai punti, e spesso i delitti nemmeno resi noti.
Tra quelli denunciati dall'Associazione che si batte per la difesa dei diritti umanitari, nell’agosto 1998, Zarina e il suo presunto amante, Suleiman, furono uccisi nel villaggio Gul Mohammad Brohi, nel distretto di Larkana, dai tre fratelli di Zarina. Nell’Aprile 1998, un giovane uomo in un villaggio del Punjab, uccise con l’ascia sua madre, Ghulam Bibi, dopo che fu seguita dalla sua famiglia e portata a casa dopo una sua supposta fuga con un uomo. Il 6 gennaio 1999, Ghazala fu bruciata da suo fratello a Joharabad, nella provincia del Punjab per il sospetto di una relazione illecita con un vicino. Il corpo nudo e bruciato rimase trascurato sulla strada per due ore dato che nessuno voleva averci a che fare. Jameela Mandokhel, una sedicenne mentalmente ritardata, è stata stuprata nel marzo 1999.
Al suo ritorno presso la comunità di Kurran un consiglio tribale ha decretato che la ragazza aveva macchiato l’onore della tribù e le ha sparato, uccidendola. Il governo non ha intrapreso alcun provvedimento. Nell’aprile 1999, Samia Sarwar, una ventinovenne che intendeva divorziare dopo anni di violenza domestica, è stata uccisa nell’ufficio della sua avvocata a Lahore da un dipendente della famiglia. Il tentativo della donna era stato considerato oltraggioso per la famiglia. In seguito la legale è stata accusata assieme all’omicida e pubblicamente minacciata di morte per aver ‘fuorviato’ Samia Sarwar.
Cgil runner
di Stefano Benni (dal Manifesto)
Ho visto cose che voi umani nemmeno potete immaginare Ho visto il prato del Circo Massimo fiorire di bandiere rosse come il quadro dei papaveri di Monet
Ho visto il volto di Berlusconi stravolgersi come l'Urlo di Munch
Ho visto pensionati settantenni dopo dodici ore di pullman scendere con un balzo, agitare la bandiera e iniziare a gridare «Forza Cofferati che siamo qui» e accorgersi solo allora che erano ancora all'autogrill di Roncobilaccio
Ho visto un pullman rimanere senza benzina sotto una galleria a Barberino e i compagni riempire il serbatoio con gli accendini
Ho visto quelli di Cecina fare un piccolo breakfast con pane frittata e coniglio arrosto sul Lungotevere alle nove e mezza di mattina
Ho visto uno di Legnano addormentarsi appena arrivato sul prato e credo che sia ancora là
Ho visto uno dei Led Zeppelin, giuro, in mezzo al corteo del Piemonte
Ho visto un sosia di Previti con una bandiera di Rifondazione messa a sottana
Ho visto un ometto piccolissimo con un gigantesco cane Terranova che lo tirava, l'ometto aveva votato Casini ma il cane era marxista
Ho udito sirenone, mucche, campanacci, ultrasuoni, tamburi e lattoni, e lui non c'era
Ho visto fila di gente saltellare impazzita. Non era eccitazione ideologica, erano in fila davanti allo schieramento dei cessi da campo Sebach. Ho visto i cessi Sebach resistere all'attacco di due milioni di vie urinarie comuniste
E se è vero che Berlusconi si è vantato di avere quranta cessi nelle sue cinque ville in Sardegna, beh lì ce n'erano quattrocento
Ho visto uno che non ne poteva più di fare la fila ai cessi aggirarsi con una bottiglia da un litro da lui definita di tè freddo ma non lo offriva a nessuno.
Ho visto folate di vento anomale e impressionanti, Berlusconi aveva comprato un tornado in America dalla Dunlop ma l'hanno fregato e gli hanno dato seicento raffiche usate. Anche i pataccari vengono pataccati Ho visto lo striscione dei messinesi gonfiarsi di vento, e il loro gruppo partire in aria come un deltaplano e tornare a casa in mezz'ora
Ho visto miss Cgil Romagna, munita di minigonna in domopak, usata come autostarter per far ripartire alcuni seniores che avevano rallentato il ritmo
E lui non c'era
Ho sentito un gigantesco omone di Rifondazione dire «adoro l'odore del napalm di salciccia la mattina presto» e sbranare un panino disneyano con i tre porcellini incorporati
Ho visto Berlusconi scendere dal primo al sesto posto nella lista degli uomini più ricchi di Italia: ora i primi cinque sono Ahmed, del camper degli hotdog, Silvano il piadinaro, Rocco il bibitaro, Mohamed del furgone delle salcicce e Arturo il broker dei thermos di caffè
Ho visto D'Amato con barba finta e una carriola di patatine, perché per qualche euro farebbe di tuttoHo visto decine di bonghisti che suonavano e nessuno gli diceva di smettere e loro ogni tanto si bloccavano per lo stupore
Ho visto gli elicotteri fermi come falchi nell'aria mentre dalla centrale arrivava il comando «mi raccomando, contateli in euro»
Ho visto un giapponese che fotografava una caratteristica vecchietta di Prato e quella ha estratto dalla borsetta una telecamera digitale Sony SS456 K e ha risposto al fuoco
Ho visto a Castelsantagelo uno da solo in mezzo al corteo, con dieci metri liberi davanti e dieci dietro, e tutti che si chiedevano se si trattava di effettivo isolamento ideologico o se scoreggiava troppo
Ho visto Homer Simpson travestito da operaio di Urbino, ho visto i pupazzi di gommapiuma di Perotti e Alessandra coi mamutones
Ho visto due che erano scesi sul lungotevere per baciarsi ed eventualmente trombare e appena erano a buon punto gli è passata sopra tutta la Cgil di Prato
Ho visto la delegazione di Treviso con propulsione a Teroldego entrare nel prato a cinquanta chilometri all'ora
E lui non c'era
Non c'era il presidente operaio, quello che spaccia i suoi interessi per riforme e il paleocapitalismo per una novità, il remainder della new economy, il pataccaro che rifila il vecchio come fosse nuovo, il finanziere-rigattiere
Ho visto Uga ed era più bella che mai
Ho visto il prato vuotarsi e la gente tornare ai pullmann e il quadro tornare vuoto e i cessi Sebach tirare un sospiro di sollievo e diecimila cappellini volati via ai proprietari unirsi in sciame e decollare verso gli stagni di Santa Giusta
E comunque sia chiaro che la strada e lunga, faticosa, e ancora tutta da costruire e questo è solo un buon inizio. E soprattutto guai a nasconderci la verità e a sparare balle come Forza Italia. Anche se dopo una manifestazione di sedici milioni di persone è difficile non montarsi la testa.
24.3.02
D'amore e di corteo
di Stefano Benni (dal Manifesto)
Cara Uga, di nuovo una grande manifestazione, e anche stavolta non so cosa accadrà tra noi. Ora il film della nostra relazione si dipana fluttuando come una cometa radiosa sullo sfondo stellato del passato ( hai sempre detto che come poeta ti ricordo Baglioni, non ho capito se è un complimento o no). E vedo il nostro amore, dorato giocattolo nelle mani beffarde del destino, arrancare incerto e dubbioso, fatto più di occasioni mancate e inspiegabili separazioni che di vicinanza. Con questo non voglio insinuare che mi eviti, Uga, ma diciamo che una serie di circostanze sfortunate si è da sempre frapposta tra i miei e i tuoi (spero) desideri. Ci conoscemmo, ricordi, molti anni fa a un campeggio estivo alternativo. Tu eri femminista-cannarola, io marxista-situazionista. Ti vidi e subito mi invaghii, eravamo nudi e un po' scottati, tu sul fucsia, io sull'indaco, e leggevamo lo stesso libro, l'"Ecologia della Mente" di Bateson, tu sottolineavi quello che non capivi, io quello che capivo. Ti proposi una cena a base di pesce, ma tu eri allora nella fase ramadan-pelagica, vale a dire che non mangiavi nulla che vivesse sotto il livello del mare, con l'eccezione dei granchi purchè catturati sul bagnasciuga. Cercai di conquistarti suonando Brel, ma tu eri ideologicamente musical-beatnik e ascoltavi soltanto cantautori con pantaloni scampanati. Parlammo di pensiero sistemico, di orgasmo multiplo e di conflitto politico, e tu mi dicesti che temevi la scalata finanziaria di un certo Berlusconi. Berlusconi chi? risposi io, e tu, deliziosamente, sbuffasti. L'anno dopo ti rividi a un festival di poesia contro la guerra, centomila persone e dieci miliardi di zanzare nella stessa pineta. Io ero diventato dylan-kerouacchiano e avevo grandi speranze di piacerti. Ma quando ti vidi col poncho e gli zoccoli andini, capii. Eri diventata guevarista-terzomondista. Ascoltavi soltanto i poeti sudamericani e quando salì sul palco Ginsberg ti tappasti le orecchie. Provai a cantarti "El condor pasa" degli Inti Illimani, ma la mia pronuncia spagnola era imprecisa e non mi ascoltasti, anche perché ti baciavi a raffica con uno che più che dalle Ande sembrava sceso dalla Val Brembana. Ricordo che gli parlavi di un certo Berlusconi. Berlusconi chi? ti diceva lui. Che rabbia, io invece mi ero preparato, sapevo benissimo che era uno che aveva delle televisioni, un innocuo finanziere lombardo.
Alcuni anni dopo ci fu una grande manifestazione per le lotte operaie. Avevo saputo che eri entrata in un collettivo operai-studenti e io ero lì con un bidone-tamburo, nello spezzone di Potere Siderurgico. Tu sfilavi cento metri più avanti, bellissima, con la tuta arancione e il casco con la lucina. Ma eri sotto lo striscione di Lotta Mineraria e mi guardasti con un certo disprezzo. Mi spiegasti che io difendevo l'aristocrazia operaia, mentre per te erano importanti solo le lotte del sottosuolo del Sulcis. Eri con quattro ragazzi sardi che cantavano da tenores, tennero la stessa nota per tutti e sedici i chilometri del corteo, io che mi ero preparato tutto Guccini e Lolli mi misi da parte. Sentii che urlavi al megafono " Berlusconi e la Pidue, ecco il nemico". Io pensai: questa è pazza, non capisce che i pericoli sono ben altri. Pochi anni dopo ci fu la manifestazione contro la Pidue e le stragi. Sapevo che avresti sfilato nello spezzone di corteo Diessino, che eri diventata moderata, e anch'io per amore tuo avevo preso la tessera. Ti vidi con i jeans e i capelli corti, ma ahimè, mi ero perso la tua ultima sterzata politica. Eri insieme a quelli del Manifesto, parlavi con Parlato e campettavi con Campetti, e mi guardasti severamente. Nascosi gli spartiti di Venditti e la chitarra intarsiata col volto di Occhetto e decisi di andare all'attacco. Ti dissi, sei una massimalista, la Pidue è una tigre di carta, non sono le logge segrete a far la politica, la democrazia italiana è salda, e anche quella cecoslovacca, e il tuo Berlusconi, se scende in campo, non prenderà neanche il cinque per cento di voti. Fosti colpita dalla mia energia polemica, allora colsi l'attimo favorevole: vieni a cena con me, ti dissi, sono diventato vegetariano cicorista-plutarchiano. Sei proprio vetero, mi rispondesti ridendo, io mangio solo macrobiotico.
Poi ci fu la prima grande manifestazione per l'Ulivo. Ti cercai per tutta la piazza, tra migliaia di persone, fin sotto il palco del concerto, sapevo che simpatizzavi per Bertinotti e stavolta avevo tutto, la tessera e anche il portaocchiali al collo e la pipa, anche se non mi piace, e porcocane, non ti vedo con un cappotto brezneviano, proprio dietro a Cossutta? Pazzo di amore e rabbia, ti rimprovero l'ulteriore scissione, quindi ti comunico ufficialmente che anch'io mi sono convertito alla macrobiotica, e ti invito a cena in un ristorante così integrale che gli stuzzicadenti te li devi fare tu da un tronco. Ma tu rifiuti spiegandomi, col solito angelico sorriso, che a forza di frequentare festival dell'Unità sei diventata lardodipendente, mangi salsiccia dalla mattina alla sera e cotechino quando sei a dieta. Adesso che siamo al governo, grido, il tuo Berlusconi è sepolto per sempre, e anche il tuo Proporzionale e il tuo Esenin (non sapevo più cosa dire) .
Ed ecco il primo megaconcerto per il governo d'Alema. Stavolta non puoi sfuggirmi. So che sei Dalemiana convinta. Sono stato a scuola di vela, cucino come uno chef, ho fatto il cameriere al Rotary per ascoltare le ragioni degli imprenditori. Fendo la calca della piazza e come mi appari? Vestita di nero, con il piercing e i capelli viola e azzurri. Sei diventata dark-damsiana e contesti D'Alema, con lievi educati fischi . Ti affronto dicendo che D'Alema spazzerà via Berlusconi, aprirà i dossier sulla Pidue e le stragi, redimerà la Confindustria e promulgherà una legge durissima sul conflitto di interessi. Aggiungo: se vieni a casa mia so cucinare i piatti poveri alla Vissani, minestra di zampe di gallina al tartufo e ostriche vuote. Ti sei imborghesito, mi rispondi , io mangio sushi da mesi. E vedo il tuo nuovo fidanzato, un maoista-taoista giapponese fotografo di moda che suona il koto con i piedi .
Ed eccoci qui, alla grande manifestazione di oggi a Roma. Io sono autoconvocato girotondista, ho fatto più girotondi di Pippi Calzelunghe. Mentre tu, lo so, sei una new-global e sei stata a Porto Alegre. Ma stavolta non mi maschererò. Entrerò nella piazza roteando come un derviscio, ti girosfilerò intorno e intanto mangerò cioccolata, mangio solo quella ormai, peso centosedici chili perchè finalmente ho capito che Berlusconi è un avvelenatore della democrazia, c'ho messo del tempo ma l'ho capito, anzi ho capito che più ascolti le ragioni degli imprenditori e meno loro ascoltano le tue. Ti chiederò scusa di tutto, ti verrò vicino e ti dirò: perchè non mi vuoi? E se mi respingi ancora, farò una di queste tre cose:
O mi suicido.
O mi iscrivo alla corrente di centro dei mastelliani di sinistra.
O da lontano ti saluterò , tra centinaia di migliaia di persone, e ti dirò addio, questa è l'ultima volta, mai più cercherò il tuo amato volto tra la folla e le bandiere, mai più ritmerò i passi del corteo con quelli del mio cuore innamorato.
Ma tu sai già che non è vero.
Ti cercherò ti inseguirò ti desidererò ancora, Uga. E se ti incontrerò ti chiederò di sciogliermi un assillo che mi tormenta da tempo.
Io lo so perché sono qui alla manifestazione, sono qui per te Uga, ma tutti questi altri, tanti e tantissimi, come mai continuano a riempire le piazze, cosa credono, cosa sperano? Che tutti abbiano un Ugo o un'Uga da incontrare in mezzo alla folla? O qualcosa d'altro? Cosa li fa resistere, se ogni volta che la società sfida davvero la miseria della politica, ritorna la malattia oscura del nostro paese. Quel buco nero che ingoia lealtà e civilità politica, quel buio che la destra intorbida, ma anche la sinistra al governo, non ha saputo e voluto illuminare. E da questa oscurità riemergono i burocrati del ricatto, in versione new economy con nuovi sponsor e nuovi cappucci. Eppure moltissimi anche oggi non si rassegnano, non si piegano, continuano a sperare. Che cos'è questo sortilegio ? Un'energia, una passione, un'illusione, una maledizione? Che tipo di amore è, Uga ?
23.3.02
Due pistole, due calibri un'inchiesta partita male
Le prime dichiarazioni di ministro e inquirenti condizionano l'indagine verso un'unica direzione
di GIUSEPPE D'AVANZO (da Repubblica)
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ROMA - C'è un solo modo per battere il terrorismo: arrestare i terroristi. I terroristi si arrestano con una rigorosa investigazione. Un'investigazione può diventare efficace se nasce senza pregiudizi, se si sviluppa senza interferenze lungo il percorso mai lineare dei fatti, delle testimonianze, degli indizi, delle analisi scientifiche e tecnologiche. Ha queste premesse l'inchiesta in corso per la morte di Marco Biagi?
Tre anni fa, l'indagine per l'assassinio di Massimo D'Antona mosse i primi passi con cautela. Le Brigate rosse firmarono il delitto, ma chi erano - e dove - i brigatisti, undici anni dopo l'ultimo assassinio? Il largo scarto temporale rese gli investigatori umili e pazienti perché consapevoli del vuoto d'informazioni e conoscenze. L'indagine crebbe, passo dopo passo, con raziocinio attraverso le rivelazioni sulla scena del delitto, l'analisi dei pulmini abbandonati in via Salaria dagli assassini e delle tracce organiche riscontrate al loro interno, la ricostruzione dei tracciati telefonici, i pedinamenti, le intercettazioni.
Il quadro che ne sortì parve promettente. L'indagine sembrava matura per decollare fino al risultato (l'arresto degli assassini). Invece, un intervento esterno la trasforma in una catastrofe. Il ministro dell'Interno, Enzo Bianco, "preme" sugli investigatori. Vuole il risultato e lo vuole presto: "Per il primo anniversario della morte di Massimo", si disse.
La legittima ambizione del ministro (poi, severamente censurata in Parlamento da Forza Italia) scuote la rivalità tra poliziotti e carabinieri, irrita la procura di Roma. Che finisce per approvare (controvoglia, ma per approvare) una delle ipotesi in campo (l'arresto di Alessandro Geri, primo tassello del probabile puzzle). Salvo pentirsene amaramente quando il giudice vaglia le fonti di prova e le giudica deboli per sostenere l'arresto del presunto telefonista.
La fretta, si può concludere, distrugge un'investigazione che poteva diventare eccellente. Con il risultato che gli assassini di Massimo D'Antona sono ancora liberi e, con buona probabilità, sono stati in grado di organizzare, se non eseguire, l'assassinio di Marco Biagi. Dagli errori bisognerebbe ricavare buoni insegnamenti. Purtroppo, in queste ore, non sembra che sia così. La consapevolezza del "pasticcio Geri" sembra evaporata sotto la pressione, ancora una volta, del governo e della magistratura di offrire all'opinione pubblica segnali tranquillizzanti. Con una improvvida precipitazione, è stato annunciato a poche ore dall'assassinio di Bologna che "la stessa arma ha ucciso D'Antona e Biagi".
Improvvida precipitazione perché nessuno, magistrato o investigatore che sia, poteva in quelle ore avere l'assoluta certezza che una sola sia l'arma dei due delitti (anche se, in via ipotetica, non si può escluderlo). Per sostenere questa ragionevole convinzione occorre muovere in tre mosse: ricostruire quanto è accaduto tra le 20,10 del 19 marzo (le Br uccidono il collaboratore di Roberto Maroni) e il 20 marzo, ore 18,54 (il procuratore di Roma, Salvatore Vecchione, annuncia con un comunicato "il rapporto di identità tra le due armi"); ore 20,05 (identico l'annuncio del ministro degli Interni); ore 20,30 (il procuratore di Bologna, Luigi Persico, conferma che l'esame dimostra "in maniera inoppugnabile", "fuori da ogni dubbio" l'identità della pistola). Bisogna poi esaminare le informazioni fornite dai magistrati e riflettere sulle possibili, ambigue conseguenze di questa "assoluta certezza".
Gia alle 11.00 del 20 marzo (Biagi è stato ucciso la sera prima) nei corridoi della procura di Bologna ingrassa tra gli addetti la "voce" che si tratti di una sola pistola. Un'ora dopo, l'indiscrezione vola verso la procura di Roma. Appaiono prematuri (ma decisivi) questi sussurri. I tecnici del Ris di Parma sono ancora sul luogo del delitto. Lavorano con l'abituale sapienza, ma curiosamente con gran rapidità che, in questi casi, significa superficialmente. I tecnici si lasciano sfuggire un proiettile che, dopo aver attraversato il corpo di Marco Biagi, è finito a 12 metri dall'uscio di casa del giuslavorista. Lo ritroverà un cronista di "Repubblica" alle 15,40 del 21 marzo (e sarà sequestrato soltanto alle 17,38).
Il Ris rintraccia altri proiettili, probabilmente due: uno dietro l'uscio, l'altro schiacciato contro il muro di un portico. Sono queste "ogive", per quel che se ne sa, che saranno comparate con i "proietti" dell'agguato a D'Antona perché, al di là di quello smarrito, gli altri sono estratti dall'anatomopatologo Corrado Cipolla D'Abruzzo soltanto il giorno dopo (21 marzo).
In fretta il Ris "lavora" la scena del delitto e in fretta conclude la comparazione tra i proiettili di Bologna e Roma. Il generale Serafino Liberati, responsabile dei "raggruppamenti scientifici" dell'Arma, spiega a chi gli chiede quanto tempo ci vorrà per sapere se c'è identità tra le due armi risponde (ore 19,07 del 20, Scuola ufficiali di Roma) che "occorrono 5/10 giorni per dare una risposta certa all'interrogativo".
A Parma il Ris impiegherà "meno di un'ora". "Avevamo il fiato sul collo - spiega un tecnico di Parma - Non ci è stato lasciato più tempo. Abbiamo lavorato, a partire dal tardo pomeriggio, sulle foto e "ogive D'Antona", per dir così, messe a disposizione dalla polizia. Abbiamo riscontrato tracce di compatibilità tra le armi e un calibro 9x17. Un risultato di attendibilità molto fluido: esiste sempre un margine di errore. E poi in meno di un'ora non si poteva fare meglio".
Tardo pomeriggio. Diciamo le 17,30/18.00. Più un'ora di analisi. 18,30/19.00. Come che sia, alle 18,54 il procuratore Vecchione annuncia che "la pistola è la stessa". Ovvero una calibro 9x17, detto anche "9 corto". La procura di Roma per anni ha sempre sostenuto che a uccidere Massimo D'Antona sia stato un revolver Franchi-Llama calibro 38. E' una pistola a tamburo. Non espelle i bossoli, li trattiene. Non ci sono bossoli sul luogo della morte di D'Antona e ci sono bossoli accanto a Biagi.
E' la stessa pistola? "Sì - dice un pubblico ministero - una recente analisi ci ha offerto un nuovo ventaglio di calibri e tra questi c'è anche il 9x17. A Roma l'assassino potrebbe aver sparato con sacchetto agganciato alla pistola per raccogliere i bossoli". C'è un primo ingorgo logico. Un killer non lascia i bossoli sul luogo del delitto per evitare che si colleghi quel delitto ad un altro delitto, che si possa ricostruire la "storia" dell'arma.
Ma allora perché gli assassini usano questa precauzione a Roma e non a Bologna? Lasciamo da parte la logica. Stiamo ai fatti. Mentre il ministro degli Interni Claudio Scajola fa il suo annuncio pubblico (20,05), il procuratore di Bologna, Luigi Persico, spiega che "la 9x17 che, secondo le perizie del Ris, ha ucciso i due consulenti del ministero del Lavoro potrebbe essere una Makarov oppure una Franchi-Llama. Alla fine degli Anni Settanta i militanti di Prima Linea si impossessarono di numerosi esemplari di Franchi-Llama".
Il chiarimento sollecita altre perplessità e due domande. Sia la Makarov che la Franchi-Llama semiautomatica "caricano" proiettili 9 parabellum (9x19, il 9 lungo). E' vero, possono caricare anche il "9 corto" accettando il rischio di un "inceppamento", ma in questo caso c'è una differenza sostanziale tra le due armi. La Makarov lascia sui proiettili una traccia di quattro "microstrie" destrorse (diciamo graffi). La Franchi-Llama 6 microstrie destrorse. Perché associare le due armi, dunque, quando ci sono differenze così significative? E ancora: è vero che Prima Linea entrò in possesso alla fine degli Anni Settanta di Franchi-Llama semiautomatiche?
"Repubblica" lo ha chiesto al leader del gruppo terroristico che sovrintendeva in quegli anni lontani l'armeria. "E' vero - ha detto - a Bologna, il 12 marzo del 1977, nel giorno dei funerali di Francesco Lorusso, saccheggiammo un'armeria vicino a via De Castagnoli. Ma le Franchi-Llama che prendemmo non erano semiautomatiche, ma revolver a tamburo, calibro 38 special".
E' utile riepilogare. L'analisi del Ris, al momento della conferma ufficiale dell'identità tra le due pistole, era stata effettuata con "il fiato sul collo" e "in meno di un'ora" attraverso un esame diretto al "microscopio comparatore". Per dirla semplicemente, con il solo occhio del tecnico e non attraverso la foto delle "ogive" al "microscopio elettronico comparatore" con il quale è possibile ottenere, nel caso di coincidenza del 70 per cento delle microstrie, la certezza scientifica dell'identità.
Lo stesso Ris giudica "fluida" l'attendibilità della prima ricognizione. Le marche d'armi che, nella sollecitudine, sono state indicate come "possibili" svelano qualche non irrilevante contraddizione. I tre elementi sono sufficienti per concludere che tra le 18,54 e le 20,30 del 19 marzo non c'erano elementi sufficienti e adeguati per annunciare che "fuori da ogni dubbio", "in modo inoppugnabile" l'arma che ha ucciso Marco Biagi sia la stessa che ha colpito Massimo D'Antona.
I più maligni penseranno magari che, dietro tanta precipitazione, possa esserci l'ansia del ministro Scajola di indirizzare l'attenzione dell'opinione pubblica sul delitto, distogliendola dalla scorta che non proteggeva Marco Biagi. O che la procura di Roma avesse voglia di mettere le mani sull'inchiesta di Bologna avocandola per trovare un riscatto dopo il flop di Alessandro Geri.
Malignità. Non c'è nessun mistero in questa precipitazione, nessuna malafede. Forse, al fondo, c'è soltanto la sensibilità istituzionale del ministro e dei procuratori di rasserenare l'inquietudine e lo smarrimento del Paese. L'annuncio, però, necessariamente indica all'indagine nella fase iniziale una direzione, ne restringe l'orizzonte condizionandone l'esito. Perché le fornisce un "tesi" da dimostrare laddove è più proficuo raccogliere "fatti".
Con un annuncio così qualificato (un ministro, due procuratori) gli investigatori si sentiranno (si sentono) obbligati a percorrere fino alla fine la strada tracciata dai comunicati ufficiali. Durante un'investigazione si può anche cambiare idea, ma in silenzio. Se hai annunciato "in modo inoppugnabile" al mondo una circostanza non puoi più modificarla, se non vuoi perdere la faccia o farla perdere al gotha dell'investigazione nazionale.
Soltanto il tempo ora ci dirà se quell'urgenza mediatica delle prime ore è stato un vantaggio o uno svantaggio per il felice esito dell'inchiesta. Perché soltanto questa è la strada per sconfiggere i terroristi: arrestarli.
22.3.02
lettera di una mamma ebrea
Adesso sembra da pazzi vivere in Israele. Alcuni se ne vanno. Li capisco. E' orribile vivere con la violenza e con l'angoscia e con lo stress che provocano. Siamo vulnerabili, noi israeliani: in macchina o sull'autobus, prendendo un caffè al bar o addirittura stando a casa. Tutto è circondato dal terrore. Tutto il tempo, di giorno e di notte, siamo coscienti di essere obiettivi da colpire.
Un venerdì notte, all'una, siamo stati svegliati dagli altoparlanti installati nella nostra comunità. Ci hanno avvertito che c'era un terrorista in Tekoa. "Chiudete porte e finestre a chiave, dormite con le armi, badate ai bambini e spegnete le luci."
Abbiamo velocemente spento le luci, nonostante il fatto che siamo osservanti dello Shabat.
Abbiamo chiuso a chiave porte e finestre. Abbiamo messo una sedia davanti alla porta dell'entrata. Poi suonò il telefono. Era il nostro vicino che controllava se avevamo sentito l'annuncio.
I bambini erano spaventati, tremavano. Ho detto loro che li avremmo protetti, che stavamo vicini. Che dovevano andare a dormire.
Loro si sono addormentati, tutti nel nostro letto. Ho pregato e poi mi sono addormentato, sperando che la mattina arrivasse presto.
Circa alle tre di nuovo l'altoparlante: l'emergenza era finita.
Per adesso. Ma, come ho detto ai miei figli, è raro che i terroristi ti avvisino.
Sicuramente non hanno avvisato mio figlio Koby, di 13 anni, prima di ammazzare lui e il suo amico Yosef, prendendoli a sassate prima di schiacciare i loro crani e renderli irriconoscibili. Koby e Yosef erano in giro vicino a casa nostra a Tekoa. I due ragazzi volevano scoprire la valle dietro le nostre case. Sono stati ammazzati per il loro amore per questa terra. Sono stati ammazzati perché ebrei.
Una mia amica era al cinema a Gerusalemme, sabato notte, per vedere un film, la notte dell' attentato al Moment Caffè che ha ucciso 11 persone. Il direttore del cinema ha fermato il film per dire al pubblico cosa era accaduto e per chiedere se volevano continuare a vedere il film. Non hanno voluto. Tutti sono andati a casa.
Perché la gente continua a stare qui nonostante siamo cacciati come bestie dai terroristi? Perché tanti di noi qui sentono un forte senso di appartenenza, al nostro paese, alla nostra cultura e storia.
Questo senso di appartenenza si manifesta in molti modi diversi. Oggi sono andata a fare la spesa al mio minimarket e lì un uomo stava riempiendo una scatola di cose buone per suo figlio nell' esercito. L'uomo prende una tavoletta di cioccolato al latte, e la commessa, Ranet, dice: "a tuo figlio non piace il cioccolato al latte, Noam preferisce quello amaro."
Un'altra storia. Ruth, una mia amica, è al banco frigo per comprarsi una bibita Una bambina timida arriva e chiede al negoziante "Cosa posso prendere con 2 shekl?" E lui dice: "Niente." Poi le dà un shekl. "Ma adesso ne hai tre. Puoi comprare una gomma o una caramella." Ruth pesca uno shekl dalla sua tasca. "Adesso ne hai quattro."
Qui c'è una sensazione di essere in famiglia Qui, nonostante il dolore e la sofferenza, non ci sentiamo soli. Ci sentiamo parte di una rete, di un tessuto che, nonostante sia pieno di buchi, è abbastanza forte per tenerci su.
Se facciamo un buco, il tessuto si indebolisce. Può essere riparato, naturalmente, ma non sarà mai più come prima.
Noi non vogliamo bucare il tessuto. Noi non vogliamo lasciare il posto dove è seppellito nostro figlio. Non vogliamo lasciare l'unico posto al mondo dove il tempo è misurato con il calendario ebraico, dove le celebrazioni coincidono con le festività ebraiche, dove la lingua è quella della Bibbia. Noi non vogliamo lasciare il centro della storia ebraica. Adesso facciamo parte di questa lunga storia dolorosa, siamo noi quel popolo ebraico che lotta per poter finalmente vivere sulla propria terra.
Mio figlio è morto perché ebreo. Io voglio vivere da ebrea!
21.3.02
Il documento delle br- 8
-La strategia della lotta armata coerentemente con il principio dell'unità del politico e del militare che informa la guerra di classe nei paesi a capitalismo avanzato, definisce il partito comunista come un partito combattente e in relazione alla natura del processo rivoluzionario -di distruzione dello Stato-costruzione del Partito- definisce la sua formazione come la risultante di un processo politico-militare che la guerriglia, nel determinare i termini complessivi dello sviluppo della guerra di classe di lunga durata, costruisce sulla linea dell'agire da partito per costruire il partito.
Per le Brigate Rosse le condizioni politiche della costruzione del Partito Comunista Combattente si danno a partire dalla capacità di disarticolare l'azione politica dello Stato, perchè la progettualità politica con cui lo Stato interviene nelle congiunture politiche nella contraddizione dominante che oppone le classi è il modo con cui mette in atto la sua funzione antiproletaria e controrivoluzionaria e su questo costruisce equilibri politici dominanti. Rapportandosi con l'attacco (al cuore dello Stato) a questo piano, l'avanguardia armata colloca nello scontro gli obiettivi politici della lotta per il potere, spezza la mediazione politica disarticolando gli equilibri politici, facendo avanzare la guerra di classe, determinando la condizione politica primaria per la costruzione del Pcc. In sintesi è a partire dall'attacco scientifico al potere politico della borghesia che l'avanguardia rivoluzionaria costruisce il rapporto politico con la classe e la sua istanza di potere.
Le Brigate Rosse non sono il Partito, ma sono una forza rivoluzionaria che opera come un esercito rivoluzionario che attaccando lo Stato nelle sue politiche centrali, sostanzia l'agire da partito per costruire il partito, e avvia la costruzione del Partito, la costruzione degli elementi politico-teorici, strategici, soggettivi, organizzativi e militari che costituiscono il nucleo fondante il partito.
Per le Brigate Rosse lo sviluppo del processo rivoluzionario continua a realizzarsi facendo la "rivoluzione nel proprio paese" perchè questa rimane la dimensione politica principale della lotta tra le classi, ma richiede fin da subito di praticare l'obiettivo dell'indebolimento dell'imperialismo operando sull'asse programmatico dell'attacco all'imperialismo, alle sue politiche centrali. Asse programmatico sulla base del quale può essere realizzata una politica di alleanze con forze rivoluzionarie dell'area europeo-mediterraneo-mediorientale che ha una sua intrinseca complementarità economico-politica, per la costruzione di un Fronte Combattente Antimperialista che sviluppi un programma d'attacco comune alle politiche centrali dell'imperialismo.
L'obiettivo politico-strategico della costruzione del Fronte può essere raggiunto nella misura in cui si realizzano condizioni politiche e militari per attaccare l'imperialismo da parte di forze rivoluzionarie che possono avere anche diverse finalità o concezioni rivoluzionarie. Il Fca non sostituisce l'obiettivo storico della costruzione dell'Internazionale Comunista, che è realizzabile tra forze che hanno identiche finalità politiche e concezione e condividono la discriminante della Lotta Armata per il Comunismo.
-La strategia della lotta armata proposta dalle Brigate Rosse alla classe è impostata dalla concezione leninista dell'imperialismo e dello Stato e definisce il programma politico del Partito comunista combattente come un programma di combattimento contro lo Stato e l'imperialismo e di costruzione del Partito e del Fronte, attraverso il quale può avanzare la prospettiva di potere ed essere costruita la guerra di classe di lunga durata. L'iniziativa combattente può far avanzare questa prospettiva solo se l'attacco non è impostato genericamente costituendo una mera espressione dell'antagonismo di interessi e politico, ma persegue l'obiettivo di distruggere lo Stato e destabilizzare l'imperialismo, attraverso un concreto processo di disarticolazione politica operata con l'attacco militare all'azione politica, alla progettualità politica nemica che si afferma come centrale nell'affrontamento delle contraddizioni dominanti che oppongono le classi nelle varie congiunture politiche e nell'affrontamento delle contraddizioni della crisi e del dominio imperialista, progettualità che costruisce l'equilibrio dominante per far avanzare le linee di programma. Un attacco che, in quanto ha questo indirizzo politico, costituisce un rapporto di forza esercitabile e finalizzabile a incidere il piano su cui lo Stato si rapporta alla classe che è quello dello scontro di potere, colpendone il progetto e disarticolandone l'equilibrio politico con cui sostiene questo scontro e per come si articola nei suoi nodi-passaggi.
Il programma politico di disarticolazione dello Stato che le Brigate Rosse propongono alla classe definisce gli obiettivi programmatici che costituiscono nello scontro di classe concreto il piano di lotta per il potere, di costruzione del Partito Comunista Combattente e di mobilitazione della classe sulla sua linea politica e programma.
Il progetto politico con cui lo Stato affronta la contraddizione dominante tra le classi, è il cuore dello Stato. Non si tratta quindi di un uomo, di una struttura, di una funzione o di un apparato statale, ma di una progettualità che non si definisce a tavolino e una volta per tutte, ma si imposta e si aggiorna e si irradia progressivamente nel complesso delle relazioni tra le classi, specificando la costruzione di equilibri politici generali e parziali intorno ad essa.
Il massimo vantaggio politico ottenibile dal combattimento si dà colpendo il personale che costruisce l'equilibrio politico in grado di far avanzare i programmi della borghesia imperialista, un equilibrio che lega interessi sociali e politici non univoci e anzi contrastanti, agli interessi e agli obiettivi della frazione dominante della borghesia imperialista. La guerriglia può conseguire così l'obiettivo politico di disarticolare la progettualità statuale, squilibrandone l'azione delle varie forze che concorrono a realizzarlo.
La forza dell'attacco al cuore dello Stato non risiede nella sua sola forza militare, ma risiede nella contrapposizione di interessi antagonisti insiti nella contraddizione dominante che oppone le classi alla quale la progettualità del nemico si prefigge di dare una soluzione in funzione degli interessi generali della B.I. e in relazione ai rapporti di forza e politici tra le classi. L'attacco allo Stato sfrutta quindi la posizione strutturalmente difensiva della borghesia (anche qualora fosse in atto una offensiva controrivoluzionaria) che è obbligata a governare politicamente le contraddizioni di un modo di produzione e di un rapporto sociale storicamente superato. Dall'altro lato risiede nella forza politica del patrimonio sviluppato dalla rivoluzione proletaria e dalla guerriglia.
La disarticolazione non è un effetto politico ottenuto una volta per tutte con il singolo attacco, ma si produce nella misura in cui si sviluppa il combattimento, come pure in generale lo sviluppo della guerra è passaggio da circoscritte iniziative combattenti alla stabilizzazione delle offensive della guerriglia, di una sufficiente capacità offensiva disarticolante etc..
L'attacco allo Stato non è teso, in sè e per sè, a paralizzare e ad impedire in modo assoluto lo sviluppo delle sue politiche antiproletarie e controrivoluzionarie; per far questo è necessario un intero processo di guerra che faccia man mano conseguire posizioni più avanzate nei rapporti di forza e politici alla classe organizzata dal Pcc sul terreno della guerra.
L'attacco al cuore dello Stato quindi è linea strategica di disarticolazione politica dello Stato, impostata dai criteri di centralità, selezione e calibramento definiti dal patrimonio della guerriglia delle Brigate Rosse nel nostro paese.
-L'attacco all'imperialismo è volto a indebolirlo fino a determinarne la completa crisi politica e a rafforzare lo schieramento antimperialista. I criteri che hanno guidato il combattimento della guerriglia delle Brigate Rosse indicano che per provocarne il massimo indebolimento esso deve riferirsi alle politiche centrali con cui l'imperialismo affronta le contraddizioni dominanti della fase internazionale, nel quadro delle spinte strutturali della crisi e dell'avanzare della tendenza alla guerra per governarne gli aspetti generali, per rafforzare e far avanzare le proprie posizioni negli equilibri internazionali, contrapponendosi al proletariato e alle istanze e processi di liberazione dei popoli.
Il programma politico di disarticolazione-distruzione dello Stato e di attacco all'imperialismo per il suo indebolimento e di costruzione del Partito e del Fronte, si realizza sulla linea politica con cui la guerriglia si relaziona alle fasi e congiunture politiche interne e internazionali, e il suo avanzamento si colloca nelle condizioni di fase del rapporto rivoluzione/controrivoluzione e imperialismo/antimperialismo.
-Per le Brigate Rosse il Partito si dà in un processo di costruzione/fabbricazione nello sviluppo stesso del processo di guerra di classe. La costruzione della soggettività d'avanguardia non può darsi con un atto di fondazione, nè si rende possibile accumulare forze su un piano di attività politica, da disporre poi sul piano della guerra di classe perchè l'organizzazione che si può produrre non è quella di forze rivoluzionarie.
Per le Brigate Rosse l'avanguardia comunista combattente non si pone nello scontro come "direzione politica del futuro partito", ma come organizzazione di guerriglia che si caratterizza e funziona come un esercito rivoluzionario e che adotta il principio dell'agire da partito per costruire il partito.
Questo perchè è a partire e intorno al combattimento che si costruisce lo scontro di potere e per il potere e la possibilità di far evolvere la lotta della classe su questo piano.
Un'organizzazione di guerriglia, una forza rivoluzionaria, conduce uno scontro politico-militare tramite combattimenti che a partire da un'impostazione scientifica del proprio ruolo e della conduzione dello scontro, e in virtù di questo può aprire un rapporto politico con la classe che assolve alla funzione di trasformare lo scontro di classe in guerra di classe e organizzare le avanguardie rivoluzionarie nel partito e la classe intorno al partito e far quindi avanzare il processo rivoluzionario. L'esercizio del ruolo di Partito Comunista Combattente nella conduzione dello scontro rivoluzionario, non essendo la risultanza di un processo politico-militare in cui la classe si è posta su un piano di guerra di lunga durata, ma il presupposto di questo processo, non può realizzarsi che nella misura in cui le avanguardie rivoluzionarie che ne fanno parte, i quadri che lo costituiscono, sono espressione concreta della direzione esercitata da una forza rivoluzionaria nell'organizzare la classe nello scontro rivoluzionario, direzione che può configurare il Partito Comunista Combattente quando il livello della sua costruzione/fabbriicazione diventi adeguato a dirigerne interi settori nella guerra contro lo Stato e l'imperialismo. Una realtà e un processo che concretamente delimitano anche le condizioni e quindi i compiti su cui si deve concentrare una forza rivoluzionaria come le Brigate Rosse in particolar modo nell'attuale fase di Ricostruzione delle Forze rivoluzionarie e proletarie.
" .... Il processo di costruzione politica, programmatica e di fabbricazione organizzativa del Partito Combattente non è affatto lineare, evoluzionistico, affidato al tempo, ma al contrario é un processo discontinuo, dialettico, prodotto cosciente di un'avanguardia politico militare che, nel complesso fenomeno della guerra di classe, afferma la validità della prospettiva strategica e del programma comunista che sostiene e l'adeguatezza dello strumento organizzativo necessario per realizzarlo. ..." (D.s. 2)
La militanza rivoluzionaria, in questo quadro, si misura con la frattura politica soggettiva necessaria alle avanguardie del proletariato a trasformare un ruolo politico che si forma e matura nel contesto del movimento delle lotte della classe e della lotta politica possibile nelle democrazie borghesi, un ruolo che esiste in funzione di tale mobilitazione, in un ruolo che determina il proprio rapporto con la classe in quanto combattente contro lo Stato e l'imperialismo. Una frattura ben più profonda e un salto superiore a quello pur richiesto dalla militanza in un partito che dovesse dirigere la classe su un piano di iniziativa, quella politica, su cui essa già si mobilitasse, salto che consiste nell'assumere la finalità della lotta per il potere come propria finalità soggettiva. Questo in quanto il piano della guerra non è in genere, e in particolare oggi in Italia, praticato dalla classe, sebbene il rapporto di guerra costituisca la sostanza della relazione tra borghesia e proletariato, né è intrinseco alla frattura soggettiva costituita per il proletariato dalla stessa lotta sociale e dalla sua potenziale evoluzione in lotta politica, per cui la frattura necessaria richiede un complessivo mutamento del punto di vista formatosi nella storia di una militanza o della mobilitazione nelle lotte. Una realtà anche questa che riconferma il principio dell'aumentato peso della soggettività nello scontro per parte proletaria.
Per le Brigate Rosse proprio perchè la lotta armata è una strategia in un processo rivoluzionario che è di guerra di classe in ogni sua fase, il modulo politico-organizzativo adeguato a strutturare le forze rivoluzionarie si definisce intorno ai termini di strategia e non può essere ridotto al carattere generico di formazione combattente.
I criteri impostativi che definiscono il modulo politico-organizzativo sono gli elementi che consentono alle forze rivoluzionarie di far avanzare il processo di scontro su tutti i piani.
L'unità del politico e del militare che si riflette sul modulo guerrigliero e trova nella clandestinità e compartimentazione i principi necessari a sostenere la disposizione offensiva per la realizzazione degli obiettivi politici della guerriglia, limitare le perdite e costruire organizzazione di classe sulla lotta armata.
I principi politici che presiedono al rapporto organizzativo delle forze rivoluzionarie e proletarie e che sono l'unità sulle finalità, sulla strategia, sulla linea e sul programma.
La militanza regolare e irregolare che sono entrambe condizioni strategiche per lo sviluppo della guerriglia.
L'organizzazione delle forze che è in istanze superiori e inferiori regolate dal centralismo democratico.
La cellula che è unità di base del Partito.
La costruzione dell'organizzazione che avviene per linee interne alla classe.
La guerriglia che organizza sul terreno armato e clandestino tutti i livelli che si dialettizzano con la proposta rivoluzionaria.
La centralizzazione del movimento delle forze sulla linea e sul programma politico intorno al piano di lavoro tramite il metodo politico-organizzativo, per sostenere il livello dello scontro ed incidervi con i termini politico-militari necessari ad operare sugli assi strategici.
Il riferimento al primato della prassi e al principio prassi/teoria/prassi, nel rapporto tra esperienza e teoria rivoluzionaria.
Lo sviluppo della linea politica in relazione ai cambiamenti storici della realtà dello scontro sulla base del principio di continuità/critica/sviluppo.
Il metodo politico-organizzativo come complesso di procedure e strumenti con cui sintetizzare i contenuti della linea politica in attività organizzate e fare dei termini del lavoro organizzato un carattere delle strutture da costruire.
L'esperienza maturata nel corso prolungato con lo Stato e con l'imperialismo, ha consentito di superare la visione manualistica che riduceva il processo rivoluzionario a due sole fasi, quella dell'accumulo delle forze rivoluzionarie e quella del loro dispiegamento nella guerra civile, e di definire il carattere illineare della successione delle fasi, e il loro riferirsi ai concreti esiti dello scontro. La strategia rivoluzionaria si articola tatticamente in rapporto alla natura della fase rivoluzionaria in corso e dispone le forze nello scontro corrispettivamente ai caratteri e ai compiti specifici della fase affinchè lo scontro rivoluzionario possa conquistare posizioni più avanzate e aprire una fase più favorevole. Caratteri e compiti che si riferiscono e vanno identificati nella concretezza del rapporto rivoluzione/controrivoluzione attestato, nei termini della mediazione politica che definiscono i caratteri generali dello scontro di classe, nei termini dello scontro tra imperialismo e antimperialismo.
L'attuale fase di Ricostruzione delle Forze Rivoluzionarie e Proletarie e di tutti i termini teorici politici organizzativi e militari per condurre lo scontro rivoluzionario, è nata all'interno della più generale Fase di Ritirata Strategica che ha impresso i suoi caratteri sul processo concreto di ricostruzione delle forze che si è avviato alla conclusione della manovra di ripiegamento.
L'intervento combattente delle Brigate Rosse operato nel maggio del 1999 si realizza a seguito di una lunga stasi dell'intervento nello scontro generale tra le classi, avendo potuto operare la ricostruzione delle forze e della capacità offensiva necessaria a realizzarlo e con esso rilanciare la proposta della Lotta Armata per il Comunismo.
Tale rilancio non ha esaurito i compiti della Fase di Ricostruzione delle Forze Rivoluzionarie e Proletarie, che continua ad essere in atto e ad essere improntata dalle fattori generali della Fase di Ritirata Strategica.
La contraddizione in cui si deve muovere oggi l'articolazione di una linea politica rivoluzionaria è tra lo stadio iniziale della ricostruzione delle forze in rapporto alla maturità politico-strategica del patrimonio della Lotta Armata per il Comunismo, e i mutamenti intervenuti dei caratteri della mediazione politica e dello scontro tra le classi in cui la controrivoluzione ha immesso quanto ha verificato funzionale a contrastare l'opzione rivoluzionaria, per comprimere e depotenziare l'espressione di istanze di autonomia politica di classe.
Contraddizione che inquadra il campo entro cui si definiscono i compiti della Fase per tutte le avanguardie rivoluzionarie con cui possono essere conquistate posizioni più avanzate e fatti concreti passaggi di costruzione del Pcc, e il cui punto di equilibrio e linea di superamento consiste nel selezionare i livelli di costruzione e formazione delle forze necessari e possibili e di sviluppo della linea politica, intorno alla priorità e sui piani della costruzione dell'iniziativa rivoluzionaria che la concreta capacità politico-militare può mettere in campo per incidere nello scontro.
ATTACCARE E DISARTICOLARE IL PROGETTO ANTIPROLETARIO E CONTRORIVOLUZIONARIO DI RIMODELLAZIONE ECONOMICO-SOCIALE NEOCORPORATIVA E DI RIFORMA DELLO STATO
ORGANIZZARE I TERMINI POLITICO-MILITARI PER RICOSTRUIRE I LIVELLI NECESSARI ALLO SVILUPPO DELLA GUERRA DI CLASSE DI LUNGA DURATA
ATTACCARE LE POLITICHE CENTRALI DELL'IMPERIALISMO, DALLA LINEA DI COESIONE EUROPEA, AI PROGETTI E ALLE STRATEGIE DI GUERRA E CONTRORIVOLUZIONARI DIRETTI DAGLI USA E DALLA NATO
PROMUOVERE LA COSTRUZIONE DEL FRONTE COMBATTENTE ANTIMPERIALISTA
TRASFORMARE LA GUERRA IMPERIALISTA IN AVANZAMENTO DELLA GUERRA DI CLASSE
ONORE A TUTTI I COMPAGNI E COMBATTENTI ANTIMPERIALISTI CADUTI
Brigate Rosse
per la costruzione del Partito Comunista Combattente
Il documento delle br- 7
In Italia con la sconfitta del fascismo le forme politiche dello Stato vengono ridefinite sulla base degli equilibri politici che avevano portato alla vittoria nella guerra e vengono condizionate dal peso che aveva assunto il proletariato, dal ruolo svolto dalle componenti partigiane comuniste, e dall'occupazione americana e dai flussi di crediti con cui il piano Marshall sostenne i partiti politici anticomunisti come la Dc, un rapporto economico-politico tra borghesia nazionale e Stati Uniti che verrà stretto nell'Alleanza Nato.
Gli Stati Uniti imporranno come condizione per l'ottenimento degli aiuti del Piano Marshall, le necessarie forme politiche democratiche come garanzia per la proprietà privata e l'investimento di capitali che si apprestavano a fare e per fare della ricostruzione dei paesi sconfitti nella guerra un baluardo della tenuta dell'imperialismo nell'equilibrio bipolare. Una condizione politica che impongono sempre, come è verificabile tuttora nei confronti dei paesi dell'Est europeo e asiatico e in generale, e che è costitutiva del rapporto di dominio imperialista.
Una condizione che presuppone il disarmo della Resistenza e l'amnistia ai fascisti, e il riconoscimento di queste forme politiche da parte delle forze che vi avevano partecipato tra cui il Pci, riconoscimento che sancisce il percorso revisionista di questo partito.
Il piano Marshall quindi supporta l'affermazione elettorale delle forze anticomuniste e la frammentazione del sindacato con la creazione della Cisl promossa dalla C.I.A., con cui viene importato il modello di corporativizzazione democratica dei sindacati sviluppatosi negli Stati Uniti e si avvia la repressione nelle fabbriche.
L'integrazione della catena imperialista intorno al capitale statunitense e all'alleanza Nato, il formarsi di una frazione di borghesia imperialista aggregata al capitale finanziario Usa e di un proletariato metropolitano costituiscono i termini attuali della contraddizione borghesia/proletariato della nuova fase politica in generale in tutto il campo imperialista entro cui si ripropongono i nodi dello sviluppo di una prassi rivoluzionaria adeguata a far avanzare una prospettiva di potere.
La controrivoluzione imperialista seguita alla seconda guerra mondiale acquisisce riattualizzandoli nel nuovo quadro della ricostruzione ed espansione post-bellica, alcuni dei termini della controrivoluzione costituita dal fascismo e dal nazismo, e dei livelli di controrivoluzione preventiva espressi dal New Deal roosveltiano. Termini assimilabili per il modo in cui il conflitto di classe poteva essere governato in relazione al carattere di fondo dell'intervento dello Stato nell'economia andatosi complessivamente intensificando dalla crisi del '29 in poi, stabilizzando in generale in ogni paese a capitalismo avanzato, la contrapposizione e la dialettica tra interessi sociali particolari, e la loro organizzazione e rappresentanza politica per comporli intorno a quelli generali della borghesia imperialista, quale elemento contenutistico della dinamica politica caratterizzante la dialettica democratica matura. Corrispettivamente la presenza stabile di forze armate americane in particolare nei paesi di confine della frattura bipolare, avvia l'attiva politica del polo dominante statunitense in funzione anticomunista interna ed esterna.
Le forme politico-statuali che caratterizzano gli Stati imperialisti incorporano i passaggi della controrivoluzione con cui viene stabilizzato l'assetto postbellico e che in quanto tali hanno una funzionalità relativa a prevenire le tendenze rivoluzionarie, la controrivoluzione preventiva diventa quindi un carattere strutturale delle forme politiche democratiche borghesi.
Si viene a delineare in sintesi un quadro politico interno e internazionale che compie un salto di qualità e che sarà quello a cui da questo momento in avanti si dovrà rapportare il processo rivoluzionario e la strategia per farlo avanzare e vincere.
Dal momento che lo Stato imperialista organizza e istituzionalizza un rapporto politico con il proletariato integrandone l'iniziativa politica nella democrazia borghese e calibrando a questo dato la propria azione soggettiva, invera appieno la tesi marxista della democrazia come l'involucro politico più adeguato, più solido per il potere della borghesia, un involucro politico che svuota le istanze di autonomia della classe facendone arretrare i termini storici e depotenzia le tendenze rivoluzionarie.
Questo dato qualifica in che consiste l' "aumentato peso della soggettività" nello scontro di classe, e impone alla prassi e alla strategia rivoluzionaria di impattare la progettualità politica dello Stato in grado di neutralizzare, svuotandole o reprimendole, le istanze antagoniste e l'iniziativa autonoma del proletariato che nasce dalla polarizzazione degli interessi che la crisi generale del capitale va sempre più approfondendo, e di convogliarne l'iniziativa politica intorno a quelle istanze e a quegli obiettivi generali della borghesia imperialista complessivamente tesi a governare la crisi-sviluppo del capitale. Senza questa capacità di impattare la progettualità politica dello Stato, l'iniziativa politica non distruggerebbe lo Stato nelle forme politiche che ha assunto, quindi non solo non sarebbe in grado di far avanzare un processo rivoluzionario ma nemmeno di avviarlo: ciò impone al proletariato di operare da subito in termini offensivi politico-militari attaccandone la progettualità, compito che deve essere assunto da ogni avanguardia rivoluzionaria conseguente, assumendo le forme organizzative adeguate a sostenere lo scontro prolungato con lo Stato, forme che vanno a caratterizzare il Partito come Partito Comunista Combattente.
L'integrazione economica-politica e militare degli Stati imperialisti nella catena intorno al polo dominante statunitense, impone alla prassi e alla strategia rivoluzionaria anche di impattare fin da subito l'imperialismo nella nostra area attaccandone le politiche centrali con cui la frazione dominante convoglia gli interessi generali della borghesia imperialista a sostenere i nodi comuni della crisi, della guerra imperialista e della controrivoluzione, pena l'impossibilità non solo di realizzare la rottura rivoluzionaria, ma di far avanzare lo stesso processo rivoluzionario, perché la borghesia imperialista concentra le sue forze per sconfiggere la rivoluzione proletaria e le lotte di liberazione, sia incrementando il suo sforzo preventivo che scatenando offensive controrivoluzionarie. Un dato politico storico che va ad innovare i caratteri dell'attuale tappa rivoluzionaria e pone all'ordine del giorno il nodo della costruzione di alleanze tra forze rivoluzionarie operanti nella medesima area geo-politica definendone il piano di sviluppo dell'attacco alle politiche centrali dell'imperialismo, e i termini organizzativi necessari del Fronte combattente antimperialista per conseguire la crisi politica dell'imperialismo ai fini dell'avanzata dei processi rivoluzionari.
Le Brigate Rosse sostengono che la tappa rivoluzionaria storica si realizza attraverso un processo di guerra di classe di lunga durata condotto nell'unità del politico e del militare e perciò la politica rivoluzionaria delle Brigate Rosse è la Strategia della Lotta Armata per il Comunismo, proposta a tutta la classe.
-La Strategia della Lotta Armata è la politica rivoluzionaria con cui le avanguardie comuniste organizzate nella guerriglia praticano obiettivi politicamente offensivi, cioe' rivolti all'indebolimento dello Stato nella sua azione di dominio sulla classe nella prospettiva della sua completa distruzione e danno avanzamento all'antagonismo proletario sul terreno di lotta per il potere. La Guerriglia con l'attacco militare contro l'azione dello Stato di governo della crisi e del conflitto, disarticolandone gli equilibri politici che la sostengono, agisce da partito per costruire il partito, opera la trasformazione dello scontro di classe in scontro per il potere, in guerra di classe, costruendo e disponendo le forze proletarie e rivoluzionarie che si dialettizzano alla linea e al programma politico proposti dalla guerriglia.
- Con la Strategia della Lotta Armata le avanguardie e il proletariato rivoluzionario immettono nello scontro di classe gli obiettivi dello scontro per il potere che costituiscono il programma politico intorno al quale costruire la guerra di classe di lunga durata, in funzione e relativamente alle diverse fasi che essa attraversa, sia quando sono connotate prevalentemente dal ripiegamento delle forze e dall'arretramento del proletariato, sia quando lo sono dall'attestamento di avanzamenti dello scontro rivoluzionario, aprendo il rapporto di guerra "fin da subito" e cioè in qualunque condizione storica, anche a partire da nuclei esigui di avanguardie rivoluzionarie che lo assumono soggettivamente come proprio terreno e obiettivo proponendolo alla classe.
-La guerra di classe è condotta nell'unità del politico e del militare, tanto nell'iniziativa politica che nell'organizzazione delle forze, perchè il potere della borghesia imperialista è organizzato in funzione antiproletaria e controrivoluzionaria con una progettualità e mezzi che integrano il piano politico e quello militare, e articola le sue iniziative o risposte politiche nella costante azione tesa a convogliare la lotta di classe all'interno di compatibilità economico-sociali e forme di rapporto istituzionalizzate per svuotarne la contrapposizione e annientarne la spinta antagonistica. L'iniziativa rivoluzionaria nelle diverse congiunture, deve rivolgersi quindi contro le politiche con cui lo Stato affronta la contraddizione dominante tra le classi, per disarticolare l'equilibrio politico dominante, rendere relativamente ingovernabili le contraddizioni e organizzare e disporre sullo scontro per il potere le avanguardie e i proletari rivoluzionari che riconoscono nel programma e nel progetto politico fatto vivere dal combattimento della guerriglia lo sbocco per la propria istanza di potere e per praticare gli obiettivi rivoluzionari storici, costruendo le forze rivoluzionarie e proletarie.
Il processo rivoluzionario nella metropoli imperialista è un processo di distruzione dello Stato che attraverso l'offensiva militare finalizzata alla sua disarticolazione politica dello Stato procede in relazione alla trasformazione concreta degli equilibri di forza e politici verso una fase di guerra dispiegata, processo in cui l'aspetto politico è sempre dominante.
In una condotta della guerra che è politico-militare, un'iniziativa politica e una componente organizzata corrispettiva, distinta dall'iniziativa militare e da una componente organizzata di tipo militare non ha funzione rispetto allo sviluppo della guerra ed è superflua anche qualora operasse in condizioni di clandestinità e compartimentazione che non la rendessero ostaggio del nemico. Nè nel centro imperialista esistono territori liberati o liberabili (e ciò per ragioni storiche di sviluppo delle forze produttive, di integrazione del territorio e di pervasività dell'ordinamento e apparato statale), nei quali sia esercitato il potere politico da parte di forze e strutture rivoluzionarie, la cui iniziativa è quindi materialmente separata da quella di forze militari che si riproducono in queste condizioni di potere e operano contro forze esterne.
Nelle condizioni dello scontro presenti nel centro imperialista la guerriglia vive in "stato di accerchiamento strategico" dall'inizio fino alla fase finale della presa del potere, ha quindi un rapporto con il nemico di guerra senza fronti, in cui non ci sono spazi politici diversi da quelli che si conquista la guerriglia per esistere ed avanzare e su cui attestare le forze organizzate. La guerra di classe nel centro imperialista nasce dall'attacco politico-militare al nemico e non da forze accumulate sufficienti a condurla nelle sue successive fasi.
-La guerriglia nel centro imperialista si relaziona quindi alle forze proletarie in funzione di costruirne l'attrezzamento politico e militare allo scontro prolungato con lo Stato, e non in funzione della qualificazione delle istanze e contenuti che si esprimono nell'ambito di un'iniziativa meramente politica: la guerriglia opera secondo una linea di massa politico-militare.
-La guerra non è costituita solo di iniziativa militare perchè è una guerra di classe in cui il nemico non è una forza militare, ma lo Stato, una forza politico-militare il cui rapporto con il proletariato è dominato dalla politica proprio in funzione controrivoluzionaria e della stabilità del proprio dominio, per cui l'attacco militare e la corrispettiva forza che occorre costruire per condurre la guerra, devono essere rivolti a colpirne l'azione politica, non le forze militari in quanto tali, devono esprimere una capacità offensiva politica selettiva dell'azione politica del nemico, per ottenere l'effetto del suo logoramento che consiste nella sua disarticolazione politica per la gran parte del processo di guerra, e la costruzione delle forze del proprio campo.
-La guerra di classe è di lunga durata perchè le contraddizioni intrinseche del capitalismo non portano a un crollo, il potere politico è stabile, la borghesia imperialista convoglia interessi sociali intorno al suo potere politico, opera strutturalmente per prevenire tendenze e sviluppi rivoluzionari, e perchè le condizioni di sviluppo della guerra di classe stessa, sono prodotte dell'azione soggettiva delle forze rivoluzionarie che deve realizzare un logoramento del nemico e una costruzione delle forze del proprio campo per poter arrivare a una rottura rivoluzionaria vincente.
-Il rapporto di guerra con lo Stato per aprire il processo rivoluzionario, sul piano storico ha potuto maturarsi anche come elevamento di un scontro fatto di confronti politici e militari, in contesti di crisi economico-politica, e all'interno della ricorrenza di episodi di scontro militare e nel confronto con una controrivoluzione preventiva non ancora affinata, quindi come risultante di tendenze spontanee all'elevamento dello scontro sociale e politico alle quali avanguardie rivoluzionarie organizzate sulla strategia della lotta armata hanno dato sbocco dirigendolo verso obiettivi rivoluzionari. Trasformare lo scontro di classe in guerra di classe, laddove lo Stato risponde, come ha fatto nel nostro paese, con un processo controrivoluzionario che riesce a contenere e a bloccare il processo rivoluzionario, e ad attestare nello scontro le misure, le pratiche politiche e le procedure di assorbimento che si sono manifestate nel loro insieme capaci di raggiungere quel risultato, richiede l'intrapresa di questo rapporto di scontro da parte delle ristrette avanguardie rivoluzionarie che, non potendosi formare in un movimento rivoluzionario, si costruiscono gli strumenti politico-strategici e organizzativi-militari acquisendo ciò che è maturato nel processo rivoluzionario e nel rapporto di scontro storico, per affrontare i nodi politici che si sono posti nel rapporto rivoluzione-controrivoluzione, con il rilancio della lotta per il potere nello scontro generale tra le classi.