27.7.07

CASO UNIPOL-BNL-DS, I PUNTINI SUGL’”I”

di Marco Travaglio

Sul caso Unipol-Bnl-Ds, che qualche furbetto seguita a chiamare “caso Forleo” (inesistente), si continua a raccontare un sacco di frottole.
1)Si favolegga che la gip Clementina Forleo si sia spinta al di fuori delle propria orbita, “anticipando una sentenza di condanna”. Ma, che almeno due dei tre esponenti Ds sorpresi al telefono con Giovanni Consorte non siano stati semplici “tifosi” della scalata Unipol alla Bnl, ma ben di più e di peggio, non lo dice solo la Forleo: lo dicono anzitutto gli stessi D’Alema e Latorre al telefono con Consorte. Il 6 luglio 2006 Consorte ha il problema di accordarsi con il socio forte di Bnl, Francesco Gaetano Caltagirone, editore, costruttore, suocero di Casini e capofila dei “contropattisti” Ricucci, Coppola, Lonati, Statuto e Bonsignore. E dice a Latorre: “L'ingegnere (Caltagirone, ndr) e i suoi accoliti si sono defilati [...]. Io domani ho l'incontro con loro alle sei, alle otto ti chiamo e ti dico come va a finire”. Latorre, che in teoria sarebbe un parlamentare Ds e non un uomo d’affari, propone: “Ma che deve fare una telefonata Massimo (D'Alema, ndr) all'ingegnere (Caltagirone, ndr)?”. Consorte: “È meglio che Massimo fa una telefonata. Perché a questo punto se le cose non vengono fatte, si sa per colpa di chi”. L’indomani, puntualmente, Caltagirone e i contropattisti si accordano con Unipol. Missione compiuta. E’ “tifo” questo? E’ “informarsi”? O è partecipare a una scalata che i magistrati ritengono illecita (“disegno criminoso”), in quanto occulta, compiuta prima del lancio dell’Opa?
Qualche giorno dopo, 14 luglio 2005, D’Alema riparla con Consorte: “Ho parlato con Bonsignore, che dice cosa deve fare, uscire o restare un anno… Se vi serve resta (azionista della Bnl, ndr)… Evidentemente è interessato a latere in un tavolo politico”. Consorte:“Chiaro, nessuno fa niente per niente”. Ecco: trattare pacchetti azionari con un socio della Bnl come Vito Bonsignore, fra l’altro eurodeputato dell’Udc e pregiudicato per corruzione, in cambio di misteriosi e finora inspiegati “tavoli politici a latere” che cos’è? Tifare, informarsi, o partecipare – in palese conflitto d’interessi tra politica e affari - a una scalata che i giudici ritengono illegale in quanto occulta, compiuta prima del lancio dell’Opa?
2)Si favoleggia di un insanabile contrasto fra la Procura, che non ha iscritto i parlamentari Ds nel registro degli indagati, e la Gip che, “invadendo il campo” dei pm, li accusati di complicità in un “disegno criminoso”. Ma non c’è alcun contrasto tra gip e pm milanesi. L’ha detto il procuratore Francesco Greco, domenica scorsa, al Sole 24 ore: “La nostra scelta è stata di non far nulla nei confronti dei parlamentari (non iscriverne ancora nessuno sul registro degl’indagati, ndr) finchè le Camere non avessero dato l’autorizzazione a utilizzare le intercettazioni telefoniche che li riguardano. E da questo punto di vista la Forleo ci dà ragione”. Del resto, anche se pochi se ne sono accorti, nella richiesta di autorizzazione all’uso delle telefonate intercettate del caso Unipol-Bnl inoltrate dalla Procura alla gip Forleo il 10 luglio 2007 (a firma del pm Luigi Orsi), si legge che questa è finalizzata a indagare sull’“aggiotaggio manipolativo e informativo” commesso da “Consorte, Sacchetti, Cimbri, Fiorani e Boni (…) in concorso fra loro e con altri da identificare” perché “con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, attivavano una scalata occulta alla Bnl e compivano atti concretamente idonei a provocare una sensibile alterazione del prezzo dell’azione ordinaria della Bnl ed in particolare, mentre negavano reiteratamente e specificamente al mercato di condurre la scalata a Bnl, rastrellavano pacchetti di azioni Bnl (…), disponevano acquisti a nome e nell’interesse di altri soggetti ad essi collegati (…), e finalmente il 18 luglio 2005 coordinavano ed eseguivano i plurimi contratti in virtù dei quali veniva formalizzato il passaggio delle azioni già proprietà dei soci di Bnl definiti ‘contropattisti’ (Caltagirone, Coppola, Statuto, Lonati, Grazioni, Bonsignore) ai soggetti legati alla ‘cordata Unipol’ e rendevano pubblico il concerto che non si era costituito quel giorno, ma preesisteva quanto meno dalla metà di giugno 2005. Così provocavano una sensibile alterazione del prezzo dell’azione ordinaria della Bnl e ciò in ragione dell’effetto che detta occulta attività determinava in più direzioni (…): Fatti di aggiotaggio informativo (propalazione di notizie false) e manipolativo (negoziazioni sul mercato ordinario e dei blocchi della Borsa di Milano) consumato in Milano tra il 18 marzo ed il 18 luglio 2005 (…). Le fonti di prova che si sono sinteticamente rassegnate trovano decisivi riscontri nelle conversazioni telefoniche degli indagati, comprese quelle alle quali hanno preso parte membri del Parlamento. Ciò per la fondamentale ragione che le comunicazioni telefoniche intercettate cadono proprio nel corso del periodo in cui il reato di aggiotaggio ipotizzato si sta consumando (giugno-luglio 2005). Nel corso di queste conversazioni infatti l’indagato Consorte espone ai suoi interlocutori quello che sta facendo (…)”.
Ora, se le parole hanno un senso, i reati di aggiotaggio sono stati commessi “in concorso con altri da identificare”: e, visto che al telefono si è sempre in due, anche per i pm di Milano i possibili concorrenti nel “disegno criminoso” sono i parlamentari che parlano con Consorte. La Forleo non ha fatto altro che esplicitare questo concetto, spiegando al Parlamento perché quelle telefonate sono assolutamente necessarie per le indagini già avviate e per quelle ancora da avviare e chiarendo che, una volta autorizzate, le telefonate potranno essere usate anche contro i parlamentari interessati. Alcuni insigni giuristi scrivono che la Gip non poteva comunque “accusare” parlamentari non ancora indagati dalla Procura. Ma la Procura e la Gip ribattono di non aver ritenuto possibile indagare quei parlamentari, visto che le eventuali prove a loro carico, le uniche, sono contenute proprio nelle telefonate in questione: che, finchè il Parlamento non ne autorizzerà l’uso, sono inutilizzabili. Come se non esistessero. Se anche fosse vero che s’è sbagliato, lo si è fatto perché la legge Boato del 2003 che impone l’autorizzazione del Parlamento per qualunque telefonata intercettata in cui compaia la voce di un parlamentare, è una boiata pazzesca. Una “norma indecorosa, scritta coi piedi, grossolanamente invalida”, tant’è che “è facile previsione che tale sia dichiarata dalla Corte costituzionale”. Parola di Franco Cordero, principe dei processualisti italiani, su la Repubblica di ieri. Invece di prendersela con la Forleo, il Parlamento farebbe bene a non legiferare coi piedi. O comunque, dopo averlo fatto, a prendersela con se stesso.

25.7.07

NON PERTINENTE SARA' LEI

di Marco Travaglio per il suo blog

"Anche il Presidente della Repubblica dei Mandarini Intoccabili, davanti al Csm, ha voluto dare la sua bastonata al gip Clementina Forleo, rea di “valutazioni non pertinenti ed eccedenti”, cioè di lesa maestà nei confronti di sei parlamentari che due estati fa scalavano banche e case editrici in combutta con i furbetti del quartierino e si avvertivano a vicenda delle intercettazioni in corso (D’Alema, essendo molto intelligente, per avvisare Consorte del suo telefono intercettato, gli telefonò).
Secondo Napolitano, con queste “fughe di notizie” l’opinione pubblica rimane disorientata. In realtà, proprio grazie al giudice Forleo e ai giornali che hanno riferito le sue ordinanze, l’opinione pubblica ha capito benissimo tutto. E cioè che “non pertinente ed esorbitante” è il comportamento dei politici scalatori, non dei giudici che li hanno scoperti e processati. E che la vera fuga di notizie è quella di chi avvertì politici e furbetti che erano intercettati, rovinando le indagini sul più bello, non certo quelle dei giornali che stanno pubblicando atti non segreti, cioè pubblici.
Napolitano, come pure Marini e Bertinotti, presidenti del Parlamento degl’inquisiti e dei condannati, e come il cosiddetto ministro della Giustizia Mastella, è sgomento per la pubblicazione delle ordinanze della Forleo prima che queste giungessero al Parlamento. Forse il suo costosissimo staff (il Quirinale costa il quintuplo di Buckingham Palace) s’è dimenticato di spiegargli come avvengono queste cose: visto che, dal 2003, la legge impone ai giudici di chiedere il permesso al Parlamento per usare le telefonate intercettate in cui compare la voce di un parlamentare, la gip Forleo ha chiesto quel permesso con due apposite ordinanze. Che, secondo la legge, sono state depositate nella canceller ia del Tribunale venerdì scorso, a disposizione degli indagati e dei loro avvocati. Da quel momento le ordinanze hanno cessato di essere segrete. Gli avvocati ne hanno preso copia e, senza commettere alcun reato, le hanno passate ai giornalisti. I quali, senza commettere alcun reato, le hanno raccontate ai cittadini.
Nessuna violazione del segreto, nessuna fuga di notizie. Di che parlano, allora, le più alte cariche dello Stato? Possibile che non abbiano nulla da dire sugli onorevoli D’Alema, Fassino, Latorre, Cicu, Comincioli e Grillo (Luigi) che scalavano banche abusando del proprio potere, alle spalle dei propri elettori?
Possibile che, ogni qual volta il termometro segnala la febbre e il medico diagnostica la malattia, le alte cariche se la prendano col termometro e col medico?
In ogni caso, se Clementina Forleo e i suoi colleghi vogliono evitare, in futuro, di finire massacrati dai politici della casta, anz i della cosca, sanno quel che devono fare.
1) Mai intercettare un delinquente Vip, onde evitare il rischio che questo poi parli con un politico.
2) Se comunque scappa qualche intercettazione in cui si sentono le voci di politici a colloquio con vari farabutti, fare finta di non riconoscerle.
3) Se il perito che trascrive le telefonate riconosce ugualmente le voci dei politici, cestinare la perizia e cambiare perito.
4) Se i reati risalgono a due anni prima, anche se non è ancora scattata la prescrizione, bruciare tutto perché – come dicono D’Alema e Prodi - “comunque è roba vecchia”.
5) Se la Procura insiste a chiedere di inoltrare le telefonate al Parlamento, evitare di spiegare nell’ordinanza perché queste sono penalmente rilevanti o, meglio ancora, dire che sono tutte cazzate e pregare le Camere di negare l’autorizzazione.
6) Non depositare mai le ordinanze agli avvocati difensori, onde evitare che finiscano sui giornali, e chissenefrega dei dirit ti della difesa.
7) Se non si è d’accordo con l’impostazione dei pm, appiattirsi comunque su di loro perché ora, all’improvviso, piacciono i gip appiattiti sulle Procure.
8) Prima di fare qualsiasi cosa, recarsi in pellegrinaggio a Ceppaloni per la necessaria autorizzazione a procedere del superprocuratore nazionale anti-giustizia Clemente Mastella.