25.7.02

pestaggi



LETTERA DI FAUSTO CARULLI



A proposito di pestaggi da parte della Polizia....Mi trovavo vicino alla Stazione Termini, in attesa di prendere il treno per Orvieto.Ad un tratto notai che un gruppo di poliziotti stava malmenando nella più assoluta indifferenza della molta gente presente un uomo che oltretuttto era privo di una gamba. Mi avvicinai mostrando scioccamente il mio tesserino di avvocato per chiedere spiegazioni. Mi caricarono su una Volante e mi portarono al commissario Esquilino. Fui trattenuto senza spiegazioni pee circa tre ore; quando provai a protestare un poliziotto mi immoblizzò tenendomi le braccia dietro la schiena, mentre due suoi colleghi mi schiaffeggiavano a turno, Alla fine fui portato dinanzi ad un funzionario il quale si rifiutò di verbalizzare l'aggressione da me subita. Dpo qualche giorno seppi dal Consiglio dell'Ordine che ero stato denunciato per resistenza, oltraggio e rifiuto di declinare le mie generalità .....


allora mi decisi a sporgere una controdenuncia. Il caso fu affidato al PM La Speranza, quello del caso Marta Russo.

Poichè
il pm non si decideva a prendere una decisione, passato qualche mese andai a reclamare dal Procuratore Aggiunto dr. Torri.


Dopo qualche giorno La Speranza si mosse; per chiedere l'archiviazione della denuncia da me presentatam insieeme a quella
presentata contro di me. Il caso volle che la richiesta di archiviazione capitasse per la decisione sul tavolo del Gip Raffaele De Luca Comandini. Il quale, conoscendomi, si incuriosì e si fece premura di sfogliare il fascicolo; si accorse che un poliziotto del commissariato Esquilino aveva dichiarato di aver visto che due suoi colleghi mi avevano affibbiato, uno alla volta, quella che lui definiva una "manata". Particolare che evidentemente era sfuggito al PM, che aveva fama di essere un PM vicino al Viminale.


Il Gip De Luca Comandini, ovviamente, rifiutò di firmare l'archiviazione e miPOLse sotto processo i poliziotti maneschi. All'udienza preliminare i poliziotti si difesero negando l'accaduto, e in subordine dicendo che li avevo provocati. Il Gup dispose per il rinvio a giudizio dei poliziotti, Il procedimento è pendente dinanzi alla Pretura Penale di Roma. Da molto tempo. Probabilmente in attesa che arrivi un'amnistia. Di tutto questo esiste ampia documentazione. Il collega che ha seguito il mio caso è il compagno
Paolo Angelo SODANI, che ha rilevato lo studio dell'avv, Ventre, che fu anche il mio studio; e insieme a Ventre fui per qualche annp difensore del Manifesto in numerosi procefimenti penali. Prima che venisse l'era di Maria Grazia Volo.


Ho sentito il bisogno di racconatarvi quanto precede perchè nessun giornale, ovviamente neppure quello al quale ho collaborato per un anno, DA COMUNISTA, e cioè Libero di Feltri ( che ho lasciato perchè sgradito all'ala dura della Redazione. Feltri che fino ad allora mi aveva difeso, scrivendoo ad un lettore che gli rimprovrava di far scrivere un marxista come Cerulli che preferiva perdere un lettore e tenersi il marxista Cerulli, ha dovuto cedere all'ala dura della redazione che a quanto mi risulta aveva posto un veto durissimo sul mio nome) ha voluto occuparsi della faccenda.


E il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati mi ha fatto mancare qualsiasi normalissima solidarietà; limitandosi, perchè non poteva
farne a meno, ad archiviare il procedimento disciplinare promosso a seguito della denuncia sporta nei miei confronti dai poliziotti dell'Esquilino.

Un volo per Scajola




INCHIESTA DI RADIO CAPITAL




L'Alitalia è in crisi e taglia. Ma ha inaugurato la linea giornaliera Roma-Albenga: perché?



24 luglio 2002 - L’Alitalia è in crisi. Nel bilancio 2001 sotto la voce perdite sapete che cifra c’è scritta?



907 milioni di euro



Più di mille e settecento miliardi di lire... E sapete quanti sono gli esuberi? Cioè i lavoratori giudicati di troppo?



2500



E sapete nei primi tre mesi del 2002 quanto è stata ridotta l’offerta di traffico passeggeri rispetto all'anno precedente?



· meno 32 per cento di traffico intercontinentale



· meno 16 per cento di traffico internazionale



· meno 9,7 per cento di traffico nazionale Insomma c’è crisi, e quando c’è crisi si tagliano i rami secchi. Nel caso di una compagnia aerea: si tagliano i voli improduttivi. Ma l’Alitalia fa di più!!! Cerca nuove tratte, nuovi segmenti del mercato...



Ecco il comunciato ufficiale diffuso dall’Alitalia il 17 maggio


"È stata inaugurata venerdì 17 maggio alla presenza del ministro dell’interno Claudio Scajola la nuova linea dall’Alitalia tra Roma Fiumicino e Villanova d’Albenga






Albenga? una linea Roma-Albenga e perché??? A 60 km da Albenga c’è l’aeroporto di Genova, che è frequentatissimo!!! E' possibile che l’Alitalia abbia introdotto una linea giornaliera Roma-Albenga?



Con questa crisi???



Leggiamo la dichiarazione alla stampa di Pietro Balestra, presidente della società che gestisce l’aeroporto ligure nonchè sindaco del comune di Villanova...



"La linea per Roma con Alitalia è il risultato di una serie di interventi tesi ad ottimizzare le condizioni di volo sull’aeroporto realizzate dalla nostra società negli ultimi due anni" (... SOLO QUESTO???) E in ultimo dall’interessamento del ministro degli intreni Claudio Scajola.



Ah!!! Ecco cosa c’è! L’allora ministro degli interni Claudio Scajola si è interessato! Certo che coincidenze: Scajola abita a Imperia la sua villa dista solo 20 km dall’aeroporto di Albenga...



Che comodità!



Il collegio di Scajola è a Imperia



Oh! Che caso!



Le camere di commercio liguri partecipano all’azionariato dell’aeroporto



Che c’è di male



Il segretraio generale delle camere di commercio è Maurizio Scajola Il fratello!



Anche i privati partecipano alla proprietà dell’aeroporto, tra questi l’azienda “Riviera Trasporti”



È normale!



Dal 1996 al 2001 presidente della Riviera Trasporti è stato... No! L’ex ministro Claudio Scajola No!



Ma è sempre lui!



D’altronde nessuno lo nasconde: ecco cosa dichiara Pietro Balestra, il sindaco di Villanova e il presidente della società che gestisce l’aeroporto alla Padania: “Grazie a Scajola è stato possibile ottenere il finaziamento statle per la costruzione della nuova aerostazione il cui progetto sarà esecutivo entro il 20 dicembre”



E leggiamo il comunicato del ministero dell’interno del 16 gennaio 2002 (allora il ministro era Scajola)



· Il ministro dell’interno Claudio Scajola ha dato il via entro il gennaio 2002 alla creazione di una struttura aerea operativa permanete per le operazioni antincendi boschivi presso l’aeroporto di Villanova Albenga.



Beh il dubbio che c’è venuto è questo: ma non è che il volo è stato introdotto per motivi politici? Qui ci vuole un giro di opinioni:



Paolo Bontempi, vicepresidente dell’unione piloti:



"Sicuramente Alitalia, se non spinta da forze esterne non avrebbe mai attivato quel collegamento"



Paolo Maras, coordinamento nazionale Sulta-Cub:



"Mentre io taglio una serie di linee, si decide di aprire una linea 6 giorni su 7 per Albenga... va bene... buon lavoro e tanti auguri!



Sentiamo anche il comandante Giuliano Mansutti, pilota per trent’anni, adesso in pensione, direttore del Centro studi Aerohabitat
:


"La sicurezza delle operazioni di volo è un punto interrogativo... la pista è corta, ci sono rilievi, voli di linea non ci sono mai stati. Il volo può essere operato solo di giorno e con certe condizioni esclusive. Non si capisce come siano riusciti ad ottenere il permesso... E' un aeroporto superdeclassato..."



Allora abbiamo chiamato l'aeroporto, ecco i dati che ci sono stati forniti:



"Abbiamo aumentato i passeggeri, da 140 a 220 alla settimana... Che folla! I dubbi sul volo restano! L'unico che resta convinto è il presidente dell'aeroporto, nonché sindaco della città di Villanova d'Albenga, il già citato Pietro Balestra









LA TELEFONATA




Pronto?

Pronto, Pietro Balestra?

Sì, la sento...

Senta, volevamo parlare di questo aeroporto...

Mi fa piacere...

E' diventato uno degli aeroporti più importanti d'Italia... E' rimasto male quando Scajola ha smesso di fare il ministro?

Eh sì, perché è un uomo del territorio e la Liguria ha avuto un grosso vantaggio da questa situazione

Certo che per questo aeroporto, se non c'era lui...

Quello che dice lei è verissimo... certo dispiace che ci debba essere la presenza di una persona influente per dare a questo territorio l'aeroporto che gli spetta

Ma noi abbiamo sentito alcuni esperti che ci hanno detto che lo scalo non è sicuro...

Non è vero! Io non sono un tecnico. Ma so che è un aeroporto che ha bisogno di procedure di avvicinamento particolari e c'è bisogno di piloti esperti e qualificati...

Cosa c'è di diverso rispetto ad altri aeroporti?

Non esiste la strumentazione che porta il pilota direttamente sulla pista...

Si è detto che il ministro e la sua famiglia avevano bisogno di tornare a casa...

Ma la moglie e i figli viaggiano con lui, abbia pazienza!

Con l'aereo di stato?

Sì, volano ancora adesso con l'aereo di stato... Comunque è una persona che per la Liguria ha fatto e farà tantissimo... Io a Scajola non ho mai chiesto niente, è una cosa che la gente immagina... Sotto non c'è niente...


Sì, magari sotto non c'è niente... E' in aria che bisogna guardare...


(L’inchiesta è stata curata da Gianni Bianco)

carita' cristiana



LA LETTERA DI SERGIO DE VITO SUL CARDINALE DI PALERMO



Stasera il signor cardinale De Giorgi, arcivescovo di Palermo, ha sollecitato la Questura per sgombrare con la forza la Cattedrale, occupata ieri per l'ennesima volta da un gruppo di famiglie senza casa, che da mesi chiedono ancora e di nuovo l'esercizio di un diritto elementare e fondamentale perche' una citta' possa chiamarsi tale: civitas, civilta'.


Risultato: 4 ricoverati in ospedale per malore (sapete, i senza casa hanno il cattivo gusto di essere anche malati, vecchi, bambini), due fermati, e un ulteriore colpo debilitante a un movimento ridotto allo stremo delle forze.


Ma Lui, il nostro Cardinale Arcivescovo, era Preoccupato di ben altro: sapete, in questi giorni a Palermo c'e' il Festino, la celebrazione annuale in pompa magna della Santa Patrona che 4 secoli fa, morta da altri 4 secoli, salvo' la citta' dalla peste (non ci credete?). Dura molti giorni, e culmina la notte tra il 14 e il 15 luglio: sfilate sfarzose, spettacoli grandiosi, fuochi d'artificio, il piu' grande "panem et circenses" d'Italia.


Cosi' ogni anno, per il nobilissimo fine di migliorare l'umore del popolo, emigrano dal bilancio comunale una carrettata di miliardi.


Il Nostro si sara' detto: "la Cattedrale occupata, suvvia! nei giorni del Festino. Che dira' la gente, i turisti, il Sindaco. No, via, via." La Santa Patrona va onorata, costi quel che costi.


Quest'anno, oltre ai miliardi, questo onore costa anche la repressione brutale di una lotta civile, composta e sacrosanta, una lotta totalmente nonviolenta per un bene primario.


ALLA FACCIA DEL VANGELO E DELLA CARITA' CRISTIANA.


La cattedrale non e' il feudo privato dell'arcivescovo di turno, ma la casa del popolo di Dio.


Da "miscredente", quindi formalmente fuori dalla "casa" Chiesa, non posso certo sollecitare il popolo di Dio palermitano a correggere il suo rappresentante e se' stesso rispetto alle proprie tiepidezze e dimenticanze del messaggio evangelico, ne' suggerire alcuni passi del suddetto Libro che chiedono agli uomini comportamenti ben diversi: di accoglienza, di com-passione, di solidarieta' con gli ultimi (e il primo a dare l'esempio dovrebbe essere proprio il vescovo, figuriamoci, fantascienza!).


Percio' mi limito a pensare e sperare che sempre piu' uomini e donne, in questo popolo, sia che si riconoscano o no in una chiesa, alzino la testa, guardino dentro se' stessi, e vi ritrovino questi valori che appartengono a TUTTI, e provino ad unirsi con tutti gli sforzi necessari, per difendere gli ultimi di questa citta' dall'INDIFFERENZA, dalla DISTRAZIONE, dall'EGOISMO, dal FARISAISMO.


Diamo voce alla nostra coscienza (non di cattolici, o di qualunque altra religione, ma di esseri umani e tanto basta), e troviamo collettivamente la spinta per la costruzione intelligente, fantasiosa, coraggiosa di un movimento che si stringa attorno agli ultimi di questa citta', e non per pietismo o per assistenzialismo, ma per riconoscimento naturale dei diritti fondamentali, troppo calpestati e ignorati.


LA CASA E' COME IL PANE


viva santa Rosalia (che, se e' santa e ammesso che sia mai esistita, capira')




Viaggio intorno al mondo in difesa della libertà di stampa.


ROBERTO DI NUNZIO

8/HO RIMANDATO LAPARTENZA DI TRE GIORNI


"Intanto una notizia: non parto più il 28 ma il 31 di questo mese. La "colpa" è del mio (generoso) amico Marco che si era preso la briga di organizzare la conferenza stampa di presentazione. Marco si è fidato troppo della semplice parola che gli aveva dato il gestore (o non so chi) di una manifestazione dell'estate romana dedicata ai bambini. Ci sembrava una bella idea ed un gran bel posto: una pineta ai margini del fiume, un tavolo, dieci sedie, succhi di frutta, qualche bottiglia di prosecco ed una grande carta geografica. Ma il gestore con il quale aveva parlato Marco ora non c'è più, e qualcuno gli ha detto che certo si può fare, ma servono non so quante e quali autorizzazioni.
Insomma ho passato la giornata a consolare Marco (che sarà il super tecnico del sito).
Sostanzialmente non cambia nulla, anzi sono sicuro che molti di quanti mi avevano assicurato la presenza hanno tirato un sospiro di sollievo sentendosi liberati da un (affettuoso) impegno alle 11.30 del mattino.
Grazie ad internet stiamo risolvendo tutti i problemi di comunicazione e la decisione di spostare di tre giorni tre la partenza è stata presa solo per scrupolo iperorganizzativo di controllare tutto per l'ennesima volta (soprattutto il funzionamento del mio sito web che è particolarmente complesso, e che dovrebbe consentirmi di "caricare" testi e foto autonomamente e da qualsiasi latitudine io mi trovi (ma sempre sotto la supervisione di Marco da Roma).
Itinerario: siamo approdati a Cuba, da lì ad Haiti, passaggio aereo per il Messico e poi giù per il centro america: Guatemala, Salvador, Honduras, Nicaragua, Costarica e Panama.
Tappe queste del viaggio a me particolarmente care e conosciute, dove conservo molti amici che mi aspettano per bere un bicchiere insieme seduti nelle verande delle loro case di legno, in una atmosfera sospesa nel tempo, ricordando e ridendo a schiacciare mosquitos. Avrò qualche problema di connessione alla rete e dovrò risolvere in un battibaleno molti imprevisti legati ai trasporti. Ma sarà un periodo piacevole.
Torno a consolare Marco che accartocciato sul pc traffica con i suoi software per definire il sito.

24.7.02

GERMANIA 2006: UN MONDIALE PULITO


Dalla Gazzetta dello Sport del 30/6/2006


Gialappa's

Giustizia è fatta! Dopo i torti arbitrali subiti 4 anni fa in Corea,l'Italia si è presa la tanto agognata rivincita ed è pronta a giocarsi la finale col Brasile. Siamo ormai al termine di quello che, citando le parole del vicepresidente della Fifa Luciano Moggi, verrà ricordato come "il mondiale più pulito della storia". Ripercorriamo il trionfale cammino degli azzurri: alle prese con un girone eliminatorio veramente proibitivo (Arabia Saudita, Isole Far Oer, Siberia orientale) e nonostante le maligne insinuazioni sul fatto che il bambino bendato che ha sorteggiato i gironi si è scoperto essere un nano di 42 anni di Forcelle soprannominato "Peppino mani di fata", L'Italia si è qualificata a punteggio pieno grazie a tre rotonde vittorie per 1-0. La prima grazie a un sacrosanto rigore al 97' (la moviola ha svelato il netto fallo su Inzaghi al quale, proprio mentre stava per calciare a rete, il difensore avversario ha urlato "buh!" sbilanciandolo). La seconda con un gol più che regolare all'88' (è vero che Vieri era in fuorigioco di 8 metri, ma la leggera svista arbitrale andava a compensare un evidente fallo laterale a centrocampo negato agli azzurri al 3' del primo tempo). La terza con uno splendido colpo di testa in mischia di Cannavaro (irrilevante la coltellata all'addome inferta da Gattuso al portiere avversario: di falli così in area ce ne sono mille a partita,il calcio non ègioco da signorine). Ironia della sorte, negli ottavi di finale l'Italia si è trovata di fronte la Corea del Sud, ma grazie ad un arbitraggio impeccabile dello statunitense John Gotti junior, la compagine asiatica è stata travolta per 3 a 0. Inutili ed infantili le recriminazioni dei coreani, che sono arrivati all'appuntamento privi di ben 9 titolari, ritrovati peraltro 48 ore dopo impiccati sotto un ponte di Londra. Il duplice 2 a 0 con cui gli azzurri hanno eliminato poi Danimarca e Inghilterra nei quarti e in semifinale, ci fanno ben sperare sull'esito finale di questo mondiale. Ai soliti maligni che sottolineano come i 4 gol di queste 2 partite siano arrivati grazie a 4 papere dei portieri definite "sospette", rispondiamo dicendo che i familiari degli estremi difensori di Danimarca e Inghilterra, che erano stati rapiti alla vigilia delle partite con l'Italia, sono stati liberati oggi e godono tutti di ottima salute, orecchio più, orecchio meno. A questo punto niente ci può fermare, il Brasile ci teme a tal punto che stanotte i giocatori carioca non hanno chiuso occhio per la tensione (e non certo perché l'albergo che li ospitava ha preso fuoco per cause ancora da accertare). A quella che si profila essere una vittoria annunciata assisteranno oggi sia il presidente del consiglio Silvio Berlusconi, sia il presidente della repubblica ad interim Silvio Berlusconi.

23.7.02

Viaggio intorno al mondo in difesa della libertà di stampa.


ROBERTO DI NUNZIO


7/PERCHE' NON HO PARLATO DI ILARIA ALPI


"Enza Panebianco di Indymedia, lettrice di questo diario e aspirante lobbista del sito di Claudio, persona gentile e sensibile, che ho il piacere di annoverare tra i "sostenitori" del mio viaggio, mi chiede ragione (con tono di rimprovero) del perchè nella terribile lista dei giornalisti uccisi nei soli primi sei mesi di quest'anno, che è possibile leggere in questa stessa sezione del sito, non cito Ilaria Alpi.


Ora la vicenda di Ilaria Alpi e di Miran Hrovatin, uccisi a Mogadiscio il 20 marzo 1994, non poteva essere citata tra i 24 omicidi descritti proprio perchè è avvenuta nel '94 e non nel 2002.


L'omicidio di Ilaria e Miran ha fatto parte in questi anni della mia vita professionale. Dopo aver raccolto e pubblicato moltissimo materiale sul traffico internazionale di rifiuti radioattivi e di armi che coinvolge molti paesi del sud del mondo, in particolare quelli dell'Africa Costiera, e specificatamente la Somalia, sono stato citato come testimone della parte civile (i genitori di Ilaria, Giorgio e Luciana)durante il processo in corte d'assise. Per un articolo del 98 scritto con Gianni Perrelli su L'Espresso fummo querelati da Giancarlo Marocchino (un imprenditore/faccendiere da sempre residente a Mogadiscio)per averlo indicato come persona molto ben "informata" sull'omicidio. Venimmo assolti a mani basse.


Insomma, cara Enza, la mia non è stata una dimenticanza, anzi Ilaria e Miran insieme ad Antonio Palmisano, Raffaele Ciriello, Maria Grazia Cutuli, Antonio Russo sono stati in questi anni ed in questo mesi un altro dei motivi che hanno contribuito alla realizzazione del viaggio.


Torniamo a noi, che siamo appena arrivati a Chicago. Quindi New York e poi ancora giù lungo la costa est degli Usa fino a Miami utilizzando questa volta le ferrovie americane. Un passagio su una nave postale, grazie alla "normalizzazione" di alcuni rapporti tra la Casa Bianca e Fidel, mi porterà a Cuba.


Intanto fervono i preparativi: piccola farmacia (novalgina, bimixin, aspirina, velamox, fargan, fitostimoline,cerotti); qualche amuleto (un bracciale d'argento del Madagascar); fotocopie dei documenti; lucchetti per lo zaino ed il borsone; pulizia delle macchine fotografiche; trasferimento di alcuni documenti e dati dal pc portatile ai floppy
(non si sa mai..); la scelta di un paio di libri".

NAZISMO E COMUNISMO



L'amaca di MICHELE SERRA




A Bologna, su invito dell’Amministrazione comunale, si è esibita in piazza una band neonazista viennese. Gli organizzatori, replicando alle rimostranze, si meravigliano che non sollevino analogo scandalo "artisti che si esibiscono tra le bandiere rosse" essendo "nazismo e comunismo la stessa cosa".




Il concetto, specie se espresso a Bologna e magari da bolognesi, non è nemmeno scorretto e sfrontato. E’ semplicemente, totalmente idiota, tanto evidente, nella storia della città, è il segno di urbanità e di moderazione che il comunismo ha lasciato.




I difetti del comunismo emiliano furono, semmai, gli stessissimi difetti della democrazia italiana, e forse di tutte le democrazie: favori agli amici degli amici, vizi di sottogoverno, pratiche disinvolte nelle nomine pubbliche. Ma sentir dire da un tizio, in quel di Bologna, che Dozza e le Esse Esse sono una roba equivalente, non fa neanche incazzare, Fa pena, la pena che merita una comunità nella quale la polemica politica è ridotta a frottola infantile.




Non è neanche revisionismo. E’ proprio fesseria.


Zimbabwe, nell' ex granaio d' Africa l' unica speranza è il treno degli aiuti

Lo Zimbabwe: un Paese fino a cinque anni fa florido, ora rischia di essere distrutto dalla corruzione e dalla carestia


di Massimo A. Alberizzi

(malberizzi@corriere.it)



Il supermercato nel centro di Harare è misero. Molti banchi sono vuoti. Non c'è zucchero, non c'è farina, manca il latte.
Nel frigorifero della carne quattro pezzi sembrano in stato di avanzata decomposizione. I prezzi, al contrario, sono altissimi.
Un chilo di pomodori raggrinziti poco più di 2 euro. Jonas, uno dei cassieri, non potrebbe accettare i dollari. Ma fa un cenno con
la bocca,apre un cassetto lentamente mentre con la coda dell'occhio sorveglia i movimenti della guardia sulla porta d'entrata. Afferra con abilità e senza farsi vedere il pezzo da cento, lo nasconde tra le pagine di un vecchio giornale e sorride compiaciuto. Si sente fortunato. In Zimbabwe la moneta americana è rarissima e al mercato nero il pezzo da uno viene pagato 500 dollari locali. In banca per la stesso biglietto verde ti danno quasi dieci volte di meno, 52 zimdollars. Le transazioni private sono vietatissime e le spie sono sempre in agguato. Oggi Jonas ha comprato i dollari a 300. Un ottimo affare per lui. L'inflazione galoppante sta distruggendo un Paese che fino a 5 anni fa era florido e considerato il granaio della regione. Oggi le cose sono cambiate e l'Onu stima che 600 mila dei 12 milioni di abitanti rischino di morire di fame. Certo l' anno scorso ci sono state alluvioni seguite da siccità, ma il problema della penuria di cibo - mais bianco, soprattutto, l' alimento più popolare - non è dovuto alle bizze climatiche, ma piuttosto a una gestione scellerata del regime guidato da Robert Mugabe, un uomo che da combattente per la libertà si è trasformato in dispotico tiranno.


Il presidente, violando la costituzione, ha sottratto i latifondi ai bianchi che con 3500 fattorie controllavano il 78 per cento delle terre coltivabili. Una riforma forse comprensibile sul piano della giustizia sociale ma adottata con voracità, violando i diritti umani e nel segno della corruzione più sfrenata. I possidenti, cacciati con prepotenza, non sono stati risarciti e le campagne confiscate sono finite in mano a notabili del regime che le hanno occupate ma non coltivate: non sanno neppure come si fa. L'anno scorso erano state prodotte 330 mila tonnellate di grano. Quest'anno il raccolto scenderà a 120 mila a causa degli espropri.


In Zimbabwe la carestia non è dunque solo un'emergenza umanitaria, ma un disastro politico esplosivo. Ogni giorno arrivano 6000 tonnellate di mais dal Sudafrica Ma l'Onu ne sta cercando 1,4 milioni entro settembre. L'allarme cibo ha messo ancora di più in evidenza il cinismo del regime. La gente sta per morire ma Mugabe, ha rifiutato il mais americano: «E' trasgenico», ha urlato alla radio. La crisi alimentare, tra l'altro, è stata causata anche dalla cessione incontrollata delle riserve:
«Avevamo 2 milioni di chili di provviste di mais. Vendute e i soldi spariti - racconta Sam, un ex coltivatore la cui terra è stata confiscata -. Kangai, ex ministro dell'agricoltura, è stato inquisito , ma solo per salvare la faccia: il processo è stato rinviato sine die e lui è libero». Secondo Sam la situazione in Zimbabwe è gravissima anche per il crollo delle strutture, una volta efficientissime: «Nel 1992 c'è stata una seria carestia - denuncia -. Ma le terre dove la produzione era stata normale hanno provveduto a nutrire quelle colpite. Gli aiuti erano portati con sette treni al giorno. Ora il cibo arriva dall'estero ma ci sono solo sette treni al mese per trasferirlo nelle zone più compromesse». Secondo alcuni diplomatici ad Harare, un dato significativo prova che l' emergenza è stata provocata dalla cattiva gestione politica (comprese la malversazione e la corruzione). Nell'Africa australe, Sudafrica e Botswana hanno avuto alluvioni e siccità, ma i loro raccolti sono stati eccellenti. Ma sono Paesi gestiti in un modo diverso, dove nessuno si permette di espropriare, senza una politica alternativa, fattorie che vanno a gonfie vele.



Il Paese ZIMBABWE Lo Zimbabwe ha 11 milioni di abitanti: il reddito medio pro capite è di appena 630 dollari all'anno. Quasi un bambino su 10 (8,9%) muore prima di aver compiuto 5 anni e la speranza di vita media è 44 anni. Secondo le stime ufficiali, l'85% della popolazione sa scrivere, ma solo un bambino su due (52%) va oltre l'istruzione elementare

22.7.02

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Viaggio intorno al mondo in difesa della libertà di stampa.


ROBERTO DI NUNZIO


6/PERCHE' QUESTO VIAGGIO


"Se avete letto la lista dei giornalisti uccisi nel mondo nei primi sei mesi del 2002, e che Claudio ha messo in rete in questa sezione del sito, sarà più facile spiegarmi quando mi riferisco agli "scopi" che mi hanno mosso nell'organizzare il viaggio intorno al mondo in difesa della libertà di stampa.


Dunque, 24 colleghi assassinati, 106 attualmente imprigionati, 450 in attesa di processo per reati di opinione.


Da quando ho incominciato questo mestiere, giovanissimo, nella "mitica" redazione romana di Panorama, a fianco di Gianni Farneti, Emilia Granzotto, Chiara Beria e tanti altri, sono passati un diluvio di anni. Sono accadute mille vicende e mille casini ma sono ancora quì a fare stò lavoro che è l'unica cosa che so fare.


Storie belle ed aneddoti buffi, rotture di coglioni memorabili, pezzi scritti bene ed altri con i piedi, ma non ho mai vissuto con la paura di morire pensando che ciò che scrivevo mi avrebbe potuto procurare una revolverata, anni di galera, torture.


Neppure quando ha lavorato all'estero: Madagascar, Messico, ex Zaire, Brasile, Costarica, Spagna, Croazia........


Dopo quasi 25 anni di lavoro ho voglia di entrare nelle case dei colleghi che rischiano la vita ogni giorno per ogni articolo, nelle redazioni che hanno visto morire i propri colleghi, nelle piccole case editrici indipendenti che lavorano sotto il tacco delle polizie, dei regimi e delle mafie locali.


Ho voglia di raccogliere le loro storie e renderle visibili al di fuori del loro paese. Ed i paesi dove la libertà di stampa è (sostanzialmente) reato sono così tanti che solo l'idea di un giro del mondo avrebbe potuto rendere (quasi) completo il mio progetto.


Le fonti di informazione delle quali mi servo per conoscere queste notizie sono quì in rete, alla portata di tutti: "Informazione senza Frontiere" (www.italian.it/isf), "Reporters sans Frontieres" (www.rsf.org), "Stringer" (www.stringer.it), "Libertes Immuables" (www.enduring-freedoms.org).


Ecco, questi sono i motivi che sinteticamente sono alla base del mio viaggio, miei scopi. Altri non ne ho.


Scriverò reportages, articoli, interviste, farò foto che (mi auguro) venderò ai media italiani ed europei, tornerò con moltissimo materiale che diventerà un documento/rapporto sullo stato della libertà di stampa nel mondo, attraverso le storie che raccoglierò dalla voce dei colleghi.


Scriverò poi un secondo libro, "soggettivo", una specie di diario, su come ho vissuto "io" questa straordinaria esperienza in giro per 400 giorni intorno al mondo.


E' per questo che ringrazio molto Claudio per lo spazio che mi da, perchè le storie che conoscerò le riporterò subito in queste pagine, esattamente come si fa con un diario.


Ho gia l'agenda piena di nomi e di indirizzi di giornalisti con i quali sono in contatto, e domani ne "svelerò" qualcuno, come ad esempio, Thais Corrai, creatrice di programmi d'informazione per 359 radio sparse per tutto il Brasile, oppure Mohamed Bakri regista e reportagista palestinese, o ancora Shaidh Rashid, indiano,direttore del "State Reporter", quotidiano di lingua urdu diffuso nel Kashmir, e attualmente ricoverato in ospedale dopo essere stato raggiunto da tre proiettili di pistola all'uscita del suo giornale.
Intanto, per tornare al mio itinerario, sono sbarcato all'aereoporto di Los Angeles e, con una lunga traversata in pullmann (i famosi "Greyhound") percorrerò la "Route66" dalla California a Chicago, attraverso il cuore degli states.

21.7.02

Viaggio intorno al mondo in difesa della libertà di stampa.


ROBERTO DI NUNZIO


5/BASTANO 200 DOLLARI AL GIORNO



"Ho accennato ai costi del viaggio, nella pagina di ieri, ed al famigerato budget da programmare e (in qualche modo) gestire.
I paesi attraversati sono tanti, con stili di vita e costi assai diversi tra loro. L'unico comune denominatore, che unisce ogni diversità, rimane il dollaro. Il biglietto verde è accettato ovunque, per qualsiasi cosa e per ogni emergenza. Quindi il famoso budget è stato calcolato in dollari, considerando le priorità assolute da affrontare quotidianamente; le spese fisse, cicliche e ripetitive; qualche imprevisto ed un pizzico di qualità della vita.La somma che ne è scaturita è quella "base" di 200 dollari al giorno.E così suddivisa: tra i 35 e i 50 dollari per dormire (in una camera senza particolari pretese ma almeno con una presa telefonica indipendente per collegarmi in rete tutti i giorni); tra 35 e 50 dollari tra prima colazione, un panino e una birra a pranzo, una cena appena più tradizionale, qualche bottiglia d'acqua, gli indispensabili caffè; ciò che ne rimane servirà per gli spostamenti (pullmann, treni, traghetti, altro....), sigarette (si, confesso, sono un fumatore), magari qualche giornale, pellicole fotografiche. In più le spese che ho definito fisse, cicliche e ripetitive: dentifricio, shampoo, sapone per il viso, qualche rasoio bic, francobolli...Questo come budget "generale".


Dalla mia ci sarà che in alcuni posti sarò ospitato da amici (o da amici degli amici, e così via), che non rifiuterò qualche saporito invito a pranzo (meglio se a cena) e che, arrivando nelle capitali dei paesi attraversati, mi presenterò nelle nostre ambasciate (o uffici consolari), tanto per avere un'opinione (non indipendente) sullo stato della libertà di stampa del paese nel quale mi trovo, quanto per sfruttare la capacità straordinaria dei nostri funzionari diplomatici nell'allacciare "convenzioni" con alberghi (in genere di buon livello) e spuntare così una buona sistemazione ad ottimo prezzo.< BR>

Di contro avrò la necessità di 6 passaggi aerei, indispensabili per poter "chiudere" l'itinerario che mi sono dato e che in genere sono costosi. In più cercare di limitare il più possibile gli imprevsiti (quindi avere la capacità di trovare sempre soluzioni alternative all'imprevisto che si presenta), e augurarmi di non perdere di vista il mio angelo custode per evitare le temute emergenze. Invalutabili per definizione. Ed allora, non avendo trovato alcun sostegno economico per i motivi che spiegavo ieri, conservo nel cuore i sostegni morali che ho ricevuto, tanti e da persone che stimo, a partire da Claudio Sabelli Fioretti che ospita questo diario, e parto (anzi partirò il 28 luglio) con la spinta insostituibile e preziosa di tante mani amiche.


Nel frattempo sono arrivato ad un punto cruciale dell'itinerario: a sud l'Australia, a nord Cina e Giappone, davanti a me il Pacifico e gli Usa.
Un primo passaggio aereo sarà necessario per raggiungere Sidney e da lì un secondo viaggio aereo diretti a Manila. Dalle Filippine a Taiwan, Hong Kong e Cina (Canton, Nanchino, Shanghai), Corea e Giappone. Prima del grande salto (e terzo volo aereo) verso Los Angeles.


In California dovrei arrivare a fine gennaio 2003, quindi essere circa alla metà del viaggio.
Domani, però, voglio parlare degli scopi che mi muovono e che sono stati il propellente indispensabile per progettare ed organizzare questo viaggio intorno al mondo in difesa della libertà di stampa e di informazione.

Già 24 giornalisti e operatori dell'informazione uccisi dall'inizio del 2002



Ciriello(nella foto: il reporter italiano Raffaele Ciriello ucciso il 13 marzo 2002 a Ramallah dal fuoco di un tank israeliano)




COLOMBIA


13 luglio - Mario Prada Diaz, giornalista e proprietario del quotidiano 'Oriente Magdalena', è stato assassinato da ignoti a Sabana de Torres (dipartimento di Santander). Il cadavere di Prada, 44 anni, è stato rinvenuto da alcuni contadini.



PALESTINA


13 luglio - A Jenin, nel nord della Cisgiordania, Imad Abu Zahra, 35 anni, giornalista e fotografo freelance è stato ucciso da soldati di Tel Aviv. Le truppe sarebbero entrate in città durante le revoca parziale del coprifuoco nei più importanti centri urbani dei Territori Autonomi. Stando a fonti giornalistiche locali, da una colonna di carri armati israeliani e una decina di jeep, è partita una raffica che ha colpito Imad Abu Zahra, morto il giorno dopo il ricovero nell’ospedale di Nablus.



NEPAL


29 giugno - Krishna Sen, già direttore del periodico nepalese Janadesh (il Mandato popolare), è morto per le atroci torture subite dopo essere stato arrestato il 20 maggio scorso per aver pubblicato un'intervista al leader maoista Baburam Bhattarai. A darne notizia è stato il settimanale Nepali Jana Astha, che ha sfidato la censura governativa fornendo un dettagliato resoconto di quanto avvenuto. Da quando vige lo stato di emergenza per contrastare la rivolta dei «terroristi» maoisti, la polizia ha arrestato oltre cento giornalisti. Trenta sono ancora in prigione, in attesa di improbabili processi. Secondo la Federation of Nepalese Journalists (Fnj), però, « Krishna Sen non era in custodia giudiziaria, ma era prigioniero dei militari» e «al momento dell'arresto era in ottimo stato di salute». Il suo corpo è stato consegnato alla famiglia per procedere alla cremazione, ma le autorità non hanno fornito particolari sulle ragioni del suo decesso. Non era la prima volta che Sen era stato preso «in custodia» dalle forze dell'ordine.



COLOMBIA


28 giugno - Il proprietario di un’emittente radiofonica che aveva segnalato combattimenti nella regione, è stato ucciso a colpi di arma da fuoco nel nord est del paese. Efraìn Varela Noriega, proprietario di “Meridiano 70”, stava rientrando a casa dall’università del Dipartimento di Aruca quando è stato colpito in faccia e al petto. Varela teneva due programmi d’informazione e opinione per l’emittente nella cittadina di Aruca, e manteneva una posizione di forte critica nei confronti di ambo le parti. “Noriega criticava sia gli uni che gli altri e non risparmiava nessuno, mai”, ha testimoniato Guiterrez che presentava con lui il programma pomeridiano ”Parliamo di politica”. Guiterrez ha anche dichiarato che il suo collega, durante il suo notiziario della mattina, aveva detto che i paramilitari erano arrivati fino ad Arauca, e che il mattino precedente avevano pattugliato le strade della cittadina che si trova nel nord est, al confine con il Venezuela. Le tensioni nella zona, ricca di petrolio, erano cominciate all’inizio di giugno con l’arrivo degli uomini delle FARC, che uccidevano senza complimenti i civili non disposti ad andarsene. Gli uomini delle FARC stanno combattendo contro i paramilitari per il controllo dei territori che custodiscono ricchezze, non solo qui ad Arauca ma in tutto il paese.Tre anni fa, dichiara l’attuale capo di polizia che dirige le indagini sulle voci che darebbero i paramilitari come responsabili dell’omicidio, Noriega era nella lista calda dei possibili bersagli dei paramilitari. Secondo i più fedeli ascoltatori di Noriega, il giornalismo conservava le critiche più forti per l’AUC, che è la forza paramilitare. Varela, appena cinquantenne, era anche il segretario di una Commissione provinciale per la pace, e ne è stato il presidente. Negli ultimi tempi, il giornalista aveva cominciato ad avvisare i suoi familiari, che si sentiva in pericolo di vita e che avrebbero dovuto prepararsi al peggio.



COLOMBIA


9 giugno - Un giornalista è stato ucciso da alcuni uomini armati davanti all’ingresso dell’emittente radiofonica presso la quale lavorava a Sotará, nel sudest della Colombia, circa 500 chilometri dalla capitale Bogotá. Secondo quanto riferito da fonti della polizia di Popayán, capoluogo del distretto di Cuaca, Oscar Hoyos, 28 anni, è stato colpito l’altra notte con alcuni colpi di pistola da due sicari che viaggiavano a bordo di una moto. Il giovane aveva appena terminato il proprio lavoro e stava per salire a bordo di un autobus, quando gli assassini hanno aperto il fuoco contro di lui. Gli investigatori, per il momento, non sono ancora riusciti a identificare né gli autori dell’omicidio né il movente. La vittima lavorava per la radio locale “Sotará stereo” ed era anche corrispondente per il network nazionale “Super”. Secondo i dati forniti dall’associazione della stampa colombiana, nel 2001 sono stati uccisi 11 giornalisti e 6 dall’inizio di quest’anno, mentre più di una decina ha abbandonato il Paese in seguito a minacce di morte.



COLOMBIA


14 maggio - Il giornalista Víctor Omar Acosta, 45 anni, viene assassinato da tre sicari. L’attentato avviene nella città di Yumbo, nel dipartimento della Valle del Cauca. I familiari di Acosta sostengono che i motivi dell’attentato vanno ricercati nelle numerose inchieste a cui il giornalista aveva lavorato nel recente passato; inchieste che riguardavano la dilagante corruzione locale.



FILIPPINE


14 maggio - Il 33enne Edgar Damalerio - che lavorava per l’emittente radiofonica statale Radio Philippines Network (Dxkp) a Pagadian (isola di Mindanao, Filippine meridionali) – viene ucciso da due uomini in motocicletta. Gli armati si sono accostati alla sua automobile, mentre stava rientrando a casa, e gli hanno sparato al petto, uccidendolo sul colpo. Fonti di stampa sottolineano come Damalerio - che era anche uno dei responsabili del Zamboanga Scribe, settimanale di Pagadian – avesse più volte denunciato episodi di corruzione di cui erano protagonisti politici e poliziotti. Al momento, tuttavia, restano ignote le cause dell’omicidio. Si calcola che dal 1986, anno in cui il dittatore Ferdinand Marcos fu destituito in conseguenza di una pacifica rivoluzione popolare, oltre 50 giornalisti sono stati assassinati nelle Filippine. In particolare nel sud del Paese, negli ultimi tre anni, almeno cinque operatori dell’informazione sono stati ammazzati, ma i casi rimangono tuttora irrisolti.



RUssia


7 maggio - Valery Ivanov, caporedattore del settimanale Toliaitinskoie Obosrenie e direttore della televisione Lada-TV, viene trovato crivellato di proiettili nella sua vettura parcheggiata davanti al suo domicilio nella città di Togliattigrad (Urali). I suoi colleghi sono certi che l’omicidio è legato ad una serie di articoli sulla corruzione di funzionari locali, fra cui il sindaco, Serguei Jilkine, e a delle inchieste circa le attività di gruppi criminali legati alla fabbrica automobilistica Avtovaz, che produce veicoli di marca Lada. Il giornale aveva partecipato inoltre attivamente alla campagna elettorale per l’elezione della Duma municipale. Nel 2001 e nel 2001, due altri responsabili di Lada-TV, Serguei Ivanov, direttore generale, e Serguei Loguinov, caporedattore della TV, erano anch’essi stati uccisi. Oggi la Russia è diventata il paese europeo più pericoloso per i giornalisti. Condurre inchieste in Russia sulla corruzione dilagante vuole dire rischiare quotidianamente la vita.



INDIA


14 aprile: Paritosh Pandey, cronista 32enne del quotidiano in lingua hindù Jansatta Express, viene ucciso da sconosciuti mentre guardava la televisione in casa propria a Lucnow, nella regione di Uttar Pradesh. Pandey viene colpito da cinque proiettili e muore all’istante. Secondo alcune fonti mandante dell'omicidio è il racket locale.



COLOMBIA


11 aprile: Hector Sandoval, cameraman di TV RCN, e l’autista della redazione vengono uccisi mentre riprendevano un combattimento fra l’esercito e i guerriglieri delle FARC nei dintorni di Cali. Un elicottero ha aperto il fuoco contro la loro auto nonostante il chiaro contrassegno RCN TV sul tetto e le portiere dell’auto, come hanno confermato alcuni testimoni. Lopez è morto all’istante mentre Sandoval è deceduto il giorno seguente.



VENEZUELA


11 aprile: Jorge Tortosa, reporter del quotidiano “2001”, viene ucciso mentre seguiva le manifestazioni a sostegno di Chavez nella capitale Caracas. Secondo alcuni testimoni il giornalista sarebbe stato colpito da un militare che sparava dal tetto del palazzo municipale.



BOLIVIA


10 aprile: Maria Terza Guzman De Carrasco, responsabile esecutivo del quotidiano El Diario e moglie del direttore del quotidiano, Jorge Carrasco Jahnsen, è uccisa da una bomba esplosa sulla sua auto mentre tornava a casa dal lavoro.Anche l’autista di famiglia è rimasto ferito. Si sospetta che l’attentato sia stato diretto al marito che invece era rimasto in ufficio a rivedere la copia in stampa. Il quotidiano El Diario è stato più volte preso di mira a causa delle inchieste giornalistiche.



FILIPPINE


5 aprile: Benjamine Hernandez, giornalista e attivista dei diritti umani, sembra esser stato ucciso dai militari mentre seguiva il processo di pace in corso ad Arakan, nella provincia di Cotabato. Secondo alcune testimonianze, Hernandez, che lavorava per alcune università e faceva ricerche per un organizzazione umanitaria a Davao, nell’isola di Mindanao, è stato colpito alla testa, petto, collo e alla mano. L’esercito ha detto che il giornalista si è ritrovato sulla linea di fuoco fra l’esercito ed i ribelli, testimonianza che i suoi amici hanno controbattuto dicendo che la giornalista sarebbe stata prima ferita e poi uccisa dall’esercito.



COLOMBIA


3 aprile: Juan Carlos Gomez Diaz, radiocronista 23ene impiegato nella radio La voz de Aguachica, nel dipartimento di Cezar, viene ritrovato morto nel fiume Magdalena nel nord del paese; era stato spogliato e malmenato. L’omicidio è stato attribuito ai gruppi di estrema destra.



RUSSIA


2 aprile: Sergei Kalinovsky, 26enne editore capo del quotidiano Moskovsky Kosmolomets, viene ritrovato morto sulle rive di un lago nei dintorni di Smolensk. Kalinovsky, che seguiva la cronaca politica per il suo giornale e per la TV SCS, era sparito il 14 dicembre 2001. Secondo i colleghi sarebbe stato ucciso a causa del suo lavoro.



PALESTINA


13 marzo: Raffaele Ciriello, fotografo free lance del Corriere della Sera, viene ucciso a Ramallah, nelle West Bank da una raffica di mitra sparata da un carro armato israeliano. Ciriello è stato il primo giornalista straniero a rimanere ucciso mentre seguiva l’intifada cominciata nel nettembre 2000.



RUSSIA


8 marzo: Natalya Skryl, reporter di Nashe Vremia, viene uccisa vicino alla sua casa a Rostov nel sud ovest della Russia. Skryl è morta dopo esser stata trasportata in ospedale. Secondo l’editore del giornale la giornalista è stata uccisa per l’inchiesta effettuata su alcune società per azioni della regione.



BANGLADESH


2 marzo: Haroonur Rashid, giornalista quarantacinquenne del quotidiano Purbanchal, è stato colpito a morte da un proiettile mentre si recava a lavoro con la moto nella redazione di Khulna, a 340 km da Dhaka. La polizia ha dichiarato di aver arrestato tre sospetti per quest’omicidio. Rashid si occupava spesso di gruppi estremisti nelle regioni meridionali di Khulna e Jessore. Tutti i lavoratori di Khulna, compreso i commercianti, hanno indetto mezza giornata di sciopero per l’uccisione del giornalista.



PAKISTAN


21 febbraio: Daniel Pearl, responsabile dell’ufficio del Wall Street Journal nell’Asia meridionale, viene sequestrato il 23 gennaio a Karachi dove si era recato per intervistare i leader dei gruppi islamici più radicali. Un video che riprendeva la sua esecuzione è stato ricevuto dalle autorità pakistane e statunitensi. Il corpo non è stato ritrovato e non è dato sapere quando esattamente è stato assassinato. Il Movimento nazionale per la restaurazione della sovranità pakistana, che ha rivendicato l’omicidio, lo accusava di lavorare per la C.I.A. e per i servizi segreti israeliani. Il movimento ho dichiarato che sarebbe stata una protesta contro il trattamento riservato ai prigionieri della base militare di Guantanamano. Le autorità competenti, sia pakistane che americane ritengono di aver ormai quasi identificato gli assassini.



MAROCCO


12 febbraio: Josè Luis Percebal, reporter spagnolo, viene trovato morto nella sua abitazione a Rabat, nella capitale. Percebal, per lungo tempo inviato in Marocco per la Radio libera spagnola Cadena Cope, viene accoltellato alla schiena. Non c’erano segni di forzatura sulla porta e mancava il cellulare del giornalista. Il motivo dell’omicidio è ancora sconosciuto.



COLOMBIA


1 febbraio: Orlando Sierra Hernandez, redattore del quotidiano La Patria della cittadina di Manizales, muore in seguito alle ferite da arma da fuoco procuratogli il 30 gennaio da due sicari. Sierra è colpito alla testa e all’addome appena entrato nel palazzo che ospita la redazione del giornale. Il giornalista era noto per gli ironici editoriali sulla corruzione dei politici locali, ed aveva ricevuto più volte minacce anonime di morte.



MESSICO


1 febbraio: Julio Samuel Morales Ferron, 79enne editorialista del quotidiano El sol de medio dia, viene ucciso a Città del Messico da uno sconosciuto che lo ha aggredito e gli ha tagliato la gola. Morales, i cui articoli uscivano con la firma “Severo Mìron” era presidente dell’Associazione delle Radio e Televisioni Messicane. Il movente dell’omicidio è tuttora sconosciuto.



COLOMBIA


23 gennaio: Marco Antonio Ayala Cardenas, fotoreporter del quotidiano El Caleno, è colpito a morte all’uscita del suo ufficio a Cali da due individui a bordo di una motocicletta. Il movente dell’omicidio è rimasto sconosciuto.



MESSICO


18 gennaio: Felix Alonso Fernandez Garcìa, editore del settimanale Nueva Opcio”, viene trovato morto nella cittadina di frontiera di Miguel Aleman, nello stato di Tamaulipas. Due sconosciuti gli sparano addosso con un AK-47 mentre usciva da un ristorante in compagnia di due amici. Poco prima del suo omicidio Garcìa aveva scritto un pezzo su presunti collegamenti mafiosi fra l’ex sindaco ed alcuni cartelli mafiosi, e recentemente aveva ricevuto minacce anonime di morte.



20.7.02

LE BARZELLETTE DER PUPONE



Tommaso Pellizzari per “Sette”




Ora che è diventato presidente della Lega calcio, sarà interessante vedere come Adriano Galliani interverrà sulla profonda spaccatura che divide le squadre del Nord da quelle del Centro-sud. Perché non ci sono solo la questione del conflitto d'interessi più discusso d'Italia (quello del vicepresidente del Milan a capo della Lega, naturalmente), l'accusa di strapotere dell'asse Milano-Torino a danno di Roma e le pesanti questioni economiche.





Per Galliani si profila infatti una nuova grana, sotto forma di inquietante domanda: perché Totti sì e Vieri no? Perché Francesco Totti è diventato lo zimbello d'Italia, bersaglio di un numero sempre più elevato di barzellette e Vieri, fuoriclasse un po' più di lui ma non certo brillant e dialettico, viene risparmiato? Insomma, perché proprio Totti, divino dispensatore di genio calcistico, è il carabiniere del Terzo millennio, il nuovo simbolo di una certa, come dire, durezza di comprendonio?



La più celebre su di lui è quella sui gerundi: «La Federcalcio ritiene che il livello culturale dei calciatori italiani sia una vergogna, pertanto prima dei Mondiali comunica che per essere convocati è necessario superare un esamino di cultura generale. Totti riesce a scoprire che gli chiederanno il gerundio dei verbi essere e avere. Il giorno dell'esame, il commissario gli chiede: "Potrebbe farmi una frase che contiene essendo e avendo?" Risposta: "Essendo che er presidente mà reggalato na Ferari gialla, e a me er giallo nun me piace, 'a vendo"».





Poi c'è quella del cruciverba: «Per elevare il suo grado di istruzione, Totti decide di acquistare regolarmente La Settimana Enigmistica. Subito cerca di fare il cruciverba in copertina: 1 orizzontale: "Boh!". 12 orizzontale: "Boh!". 2 verticale: "Boh!". Il giovanotto inizia a deprimersi, ma arrivato verso il fondo ha un sussulto: "35 orizzontale, due lettere, Sei romano". Totti si apre in un radioso sorriso e scrive: "Sì"». Non male quella dei nani: «Un gruppo di nani si ritrova per una partita di calcio. Avendo dimenticato la chiave dello spogliatoio, decidono di cambiarsi nel bagno di un bar vicino al campo. Nel frattempo arriva Totti che si siede, ordina da bere e intanto vede passare gli undici nanetti con la divisa da calcio tutta rossa. Si stupisce ma non dice nulla. Poco dopo, vede passare undici nanetti in divisa blu. A quel punto, si avvicina al barista e dice: "A Mario, te se stanno a sfila' gli ometti dal bijardino!"».



Per chi preferisce le freddure, si consigliano: 1) «Quali sono stati i tre anni più duri per Totti? Quelli della prima elementare». Oppure: 2) «Il comandante dei vigili urbani convoca d'urgenza la nuova recluta e gli dice: "Si rende conto che ha rimosso Francesco Totti col carro attrezzi?". Risposta: "Ma comandante, c'era scritto Rimozione coatta!"».


Infine l'ultima in ordine di tempo, in cui si racconta del capitano della Roma convinto che il marmo più pregiato sia quello «di Carraro», il presidente della Federcalcio. Appartiene invece alle leggende metropolitane la faccenda dell'intervista in cui Totti alla domanda «Allora, Francesco, carpe diem?» rispose di non sapere l'inglese. (Diciamolo però una volta per tutte: cari colleghi, ma se è vero, che razza di domande fate?).





Tuttavia, la barzelletta più comica è quella dello spot (autentico) in cui Totti fa la telecronaca di un suo gol giocando da solo in giardino. L'azione nasce da Vieri, che colpisce il palo e il Pupone (ma guai a chiamarlo così, si arrabbia moltissimo) segna su ribattuta. Peccato che poi, una volta salito in macchina, lo stesso Vieri gli mandi un messaggio che dice «Peccato, eri in fuorigioco». Visto com'è andata ai Mondiali, è quella che fa più ridere di tutti. Ma, di nuovo, perché tutti prendono in giro lui e non Bobogol? «Boh», risponderebbero loro, all'unisono.

RICORDATE LA SANTACROCE? ARIO CI HA FINALMENTE RISPOSTO



Caro Claudio, mi trascini per i capelli (che non ho) in un ginepraio senza sbocco, perché la tua domanda conduce lontano, al senso e alla funzione della poesia nel nostro tempo, al perché si presenti in tali e tali modi, e via discorrendo. E allora occorre risalire al solito Mallarmé e ai Simbolisti, passare per Rimbaud, i Futuristi, Dada e i Surrealisti, considerare le implicazioni che politiche e guerre, filosofia e semiotica, psicanalisi e scoperte scientifiche, mass-media e consumismo, alfabetismo e straripante informazione hanno apportato al nostro ricco/povero mondo globalizzato e individualistico, violentemente concreto e virtuale, eccetera, eccetera. E allora? Tu mi presenti questi pochi versi, e da buon giornalista miri al sodo, chiedi un giudizio perentorio, e ti/mi domandi "stron-zate?". Dopo la premessa che ho fatto, sarei più cauto e rispettoso verso un’attività che, se non altro, non reca male a nessuno. Tuttavia non voglio essere elusivo e ti dirò con franchezza ciò che penso: li trovo inconsistenti, ossia privi di personalità (testi del genere si possono confezionare a metri), senza struttura e senza una vera e impellente necessità. Li leggi e passano via; di essi forse non rimane che quell’accenno al capolavoro di Carroll, ma a ben vedere il merito è di questi, certo non dell’autrice.. .



Un breve codicillo. Oggi si scrive e si pubblica molta poesia (abbondano i piccoli editori, i piccoli premi con tassa di partecipazione): è un segnale che di poesia c’è bisogno, ed in qualche misura è anche l‘indizio di una ribellione a un mondo che non piace. Ma questo induce purtroppo a un livellamento dei valori verso il basso, come quando si cerca di additare come esempi certi prodotti dell’industria discografica. Colpe le hanno anche gli autori seri, se qualche volta fossero un poco meno oscuri (magari fornendo al lettore qualche nota in fondo ai loro volumi) le cose forse andrebbero meglio.



Giacché mi hai fatto uscire allo scoperto, ne approfitto per segnalare il mio libro: Ariodante Marianni, "Stato d’Allerta", editore Piero Manni (finalista al ‘Viareggio’ 2002), e a fornire nell’allegato brevi notizie sul mio lavoro. Ciao a presto. Ario



Ariodante Mariani, oltre che essere mio amico, anche se molto più vecchio di me visto che ha ben ottant’anni (ed è calvo), è un poeta di valore (De l'amour ,1953-54, Biblioteca Cominiana, 1987; Viaggio in incognito,1955-61, Biblioteca Cominiana, 1988; Brindisi di San Silvestro, 1982-89, Biblioteca Cominiana, 1990; Confiteor: Il fiume, frammenti 1952, Poesia in piego, Roma 1992; Stato d’allerta,1948-1962, Piero Manni, 2002).Oltre a scrivere poesie, ha dipinto, ha lavorato in un ministero, è stato redattore di una rivista letteraria, ha fatto parte dell’Ufficio Stampa del Festival dei Due Mondi, è stato segretario di Giuseppe Ungaretti, ha tradotto fra i maggiori poeti del mondo tra i quali Dylan Thomas e Yeats. Vi dico queste cose per sottolineare che il suo parere è autorevole.

Viaggio intorno al mondo in difesa della libertà di stampa.


ROBERTO DI NUNZIO


4/COME TROVARE I SOLDI

Non so bene perchè mi sono trasferito in campagna. Certo la decisione è stata analizzata da ogni angolazione da tutti e 4 noi: Barbara, i nostri figli Niccolò e Marta ed io. I figli sono stati ben lieti del trasloco, se non altro per la loro età (13 e 9 anni) e per il senso di avventura che questo passaggio ispira. Mia moglie è una di quelle persone che possiedono il "politicamente corretto" nel Dna: cibi naturali, marmellate fatte in casa, sacchetti di lavanda tra la biancheria. Insomma il genere "oddio è caduto un uccellino dal nido!". Cose queste che non le impediscono di essere una valorosa segretaria di redazione ed una perfetta organizzatrice della nostra vita.


Io, di contro, sono profondamente cittadino, adoro le chiassose file alle casse dei supermercati, non posso fare a meno di avere qualche pacchetto di "sottilette" in frigorifero (che preferisco di gran lunga al "sapore di una volta" di qualche formaggio locale)e sono allergico alle punture di insetti. Il secondo giorno che siamo arrivati in campagna sono finito al pronto soccorso per due iniezioni di antistaminico e cortisone per arginare il progressivo gonfiore ad una coscia causato da una vespa (o qualcosa di simile) che mi ha attaccato e colpito mentre leggevo sul letto.


Comunque, una leggera forma di asma del nostro primogenito, dovuta all'inquinamento atmosferico (benzene, piombo e simili), ha fatto la differenza ed eccoci quì. Con un gallo che urla inascoltato (eccetto che da noi) a tutte le albe, con il fragore di un trattore che non più tardi delle sette, ogni mattina, sferraglia sulla stradina a pochi metri dalla finestra della camera da letto, e con la sindrome del "ginocchio della lavandaia", che ha colpito tanto me quanto mia moglie a furia di lavare nella vasca da bagno montagne di bucato perchè ancora non siamo stati capaci di trovare nessuno che venisse ad "attaccarci" la lavatrice. In compenso siamo pieni di profumate piantine di basilico, di prezzemolo e di erbetta cipollina (credo si chiami così), che attirano sciami di insetti.


Risolti i problemi dell'itinerario, per il viaggio intorno al mondo che partirà il prossimo 28 luglio, e che via via descrivo nelle pagine quotidiane di diario, risolti i problemi sul genere di bagaglio, dell'incubo visti-permessi-ambasciate-consolati, rimane la madre di tutti i problemi. I soldi, il denaro, i quattrini. Quadrare il famigerato budget, per intenderci. Una impresa nell'impresa.


Scartati sponsors (perchè non saprei da dove cominciare), raccolte porta a porta (per la vergogna), appelli pubblici (per un minimo di decenza), non mi è restata che la strada dell'autofinanziamento. Il che vuol dire partire con un pò di dollari in tasca (alla faccia dell'euro) e cercare, nel più breve tempo possibile, di vendere articoli, foto, interviste e reportages che realizzerò in gran numero durante tutto il viaggio e che saranno disponibili sul sito internet che a giorni sarà pronto. Il tutto gestito da Roma (anzi dalla campagna) dalla migliore segretaria di redazione/amministratrice/organizzatrice generale che io conosca: (mia moglie) Barbara.


Certo non avrei rifiutato denaro, se offerto con gentile insistenza, ma cosa mai potevo dare in cambio? Visibilità e ringraziamenti (a pagine intere) sul sito web, dediche personalizzate (anche scritte a mano) sui due libri che scriverò al mio ritorno (ne parliamo domani), qualche souvenir da paesi lontani, un bel mucchio di cartoline scritte in bella calligrafia.


In fondo si tratta "solo" di un viaggio intorno al mondo in difesa della libertà di stampa e dell'articolo 19 della Dichiarazione Universale dei Dirittio dell'Uomo: 5 continenti, 80 paesi, 400 giorni........... .

A domani.
Ah, dimenticavo: dal Nepal, alla Birmania passando per il BanglaDesh, quindi la Thailandia, Laos, Vietnam e Cambogia, poi ancora Singapore, Timor e Indonesia. Frazione, questa, lunga e "complicata" del viaggio.


Scusate se sono stato un pò "lungo", ma questo diario mi appassiona.


Claudio mi perdonerà (spero). Non capiterà più.

18.7.02

Viaggio intorno al mondo in difesa della libertà di stampa.


ROBERTO DI NUNZIO

3/PRIMO:VIAGGIARE FRA LE BUROCRAZIE DEI CONSOLATI


"Ci siamo lasciati ieri in Turchia, tappa finale del primo tratto del giro del mondo che state seguendo attraverso queste pagine di diario. Tappa "virtuale" poichè siamo ancora nella descrizione delle fasi di organizzazione del viaggio.


Finalmente abbiamo scelto il tipo di bagaglio: zaino medio sulle spalle, borsone capiente di cotone grosso a 4 manici e borsa porta pc portatile a "spallaccio". Odio i marsupi e quindi ne faccio volentieri a meno.


Nello zaino troveranno posto anche due macchine fotografiche, i 4 obiettivi fondamentali, un maxi coltellino svizzero, occhiali da lettura e da sole di riserva, block notes e agenda tipo Moleskine, un miniregistratore (con relative pile e cassettine audio di ricambio), un telefono portatile gsm/triband nuovo di zecca con tanto di carica batteria ed una superbatteria che, a detta del venditore, dovrebbe durare settimane intere, un paio di confezioni di Post-it (sono una mia fissazione), una manciata di pennarelli a punta sottile neri e rossi.


Ma questo non è che l'inizio della selezione e della scelta delle cose da portare. Il punto è che si è sempre sicuri di portare solo cose utili ed indispensabili, allontando con fastidio tutto quanto reputiamo inutile. Il problema è che spesso (o quasi sempre) una volta partiti ci rendiamo conto che ciò che eravamo convinti fosse utile si dimostra totalmente inadeguato o peggio inutile, e quanto abbiamo lasciato a casa lo rimpiangiamo amaramente.
Un problema da risolvere nella preparazione di un viaggio intorno al mondo, anche se per nobili scopi, è quello burocratico. Mi spiego: visti e permessi per attraversare tutti quei paesi che li richiedono.


Uno pensa: grazie a Dio vivo a Roma, che tra ambasciate presso lo stato italiano, la santa sede, la fao, un numero imprecisato di consolati, uffici del turismo, consiglieri stampa, agenzie di promozione di qualsiasi cosa, in un paio di giorni sbrigo queste fastidiose formalità e via si parte.


Allora: i visti si possono chiedere (a costo variabile da 20 a 100 euro) e con relativa compilazione di moduli, fototessere, documenti, biglietti aerei (che io non possiedo) solo nelle ambasciate o negli uffici consolari delle ambasciate stesse. Tutte le ambasciate, sottolineo tutte, hanno un orario di aperura identico, restrittivo e contemporaneo: dalle 9 alle 11, assai raramente dal lunerdì al venerdì e più spesso solo due giorni la settimana.


Con mia moglie Barbara, ormai calata sempre più (e sempre più controvoglia) nella parte di organizzatrice generale del viaggio, calcoliamo che ci vorranno tre mesi tra informazioni, scelta e richiesta del tipo di visto, presentazione dei moduli (alcuni con domande bizzarre: 1.Titolo di studio con il quale è conosciuto, 2.Titolo di studio reale. Che vorrà mai dire? Non cito l'ambasciata ed il relativo paese per evitare "rappresaglie" alla frontiera. Ma, mi domando, la frontiera sarà quella conosciuta o quella reale?).


Per non parlare di quando ci siamo presentati in alcune ambasciate parlando esplicitamente del motivo e degli scopi del viaggio (libertà di stampa....articolo 19 della Dichirazione Universale dei Diritti dell'Uomo......giornalista.....reportages....fotografie).


Ma quì devo invocare un "top secret" per evitarmi davvero problemi seri in alcuni paesi. Sappiate però che con mia moglie (astutissima) siamo riusciti ad ottenere i visti, naturalmente turistici. E non dico di più.


Seconda fase del viaggio: dalla Turchia verso l'Iraq, (sempre che gli americani non decidano nel frattempo di raderlo al suolo), l'Iran, l'Afghanistan, il Pakistan, l'India ed il Nepal.


Incontrerò molti problemi di trasporto, di sicurezza personale e di comunicazione.


Ma di questo parleremo domani, cercando di finire il mio bagaglio e, come dire, facendo due conti sui costi complessivi.

17.7.02

Viaggio intorno al mondo in difesa della libertà di stampa.


ROBERTO DI NUNZIO

2/UN PROBLEMA: CON QUALE BAGAGLIO?


"Organizzare un viaggio intorno al mondo che abbia un senso, oltre che uno scopo, è una impresa molto più facile a dirsi che a farsi. Ne so qualcosa io che sono tre mesi che mi barcameno con carte geografiche, indirizzi di ambasciate, consigli di amici in perenne contraddizione tra loro.


Prima cosa è studiare un itinerario, una rotta, insomma da dove partire e attraverso quali paesi tornare. Avendo ben in mente quali sono i paesi che assolutamente devono essere attraversati per rimanere fedeli allo spirito del viaggio. Quindi prevedere la durata del viaggio (cosa complicata perchè attraversare l'India, per esempio, non è esattamente come spostarsi tra i cantoni svizzeri)..



Dopo aver stilato una prima lista di paesi ci si accorge che un continente intero rimane sempre fuori. Non un paese, magari importante, proprio un continente. Quelli più a rischio sono il SudAmerica e l'Africa. E si rischia di entrare in un blocco da panico. Un silenzio profondo cala improvvisamente mentre si sfogliano per l'ennesima volta le carte e si aprono persino gli atlanti della scuola dei figli. Ma non c'è nulla da fare: SudAmerica e Africa rimangono maledettamente ancorati lì dove sono.
Superata questa fase (anche con qualche litigio) si decide di procedere per fasi, per tappe successive, con una logica convincente che passa anche per i climi che si incontreranno..



Si decide per una rotta sud/sud-est.
Quindi da Roma si partirà alla volta della Tunisia (prima tappa) per poi raggiungere la Libia, l'Egitto ed i paesi mediorientali: Giordania, Siria, Libano, Israele e la Palestina e concludere il primo "step" in Turchia. E già di materiale da raccogliere, in tema di limitazione della libertà di stampa, ce ne sarebbe da riempire una decina di volumi.
Altro problema da risolvere nella organizzazione generale del viaggio sono i mezzi di trasporto. Esclusi passaggi aerei (se non in tre o quattro punti irrisolvibili in altro modo dell'itinerario) rimangono i treni, i pullmann, i ferry, i traghetti, l'occasionale noleggio di un auto o di una moto. Infine i piedi. Quindi si manifesta immediatamente un altro problema: il bagaglio ed il suo peso..



Escluso il "baule del vero viaggiatore" genere "Thè nel deserto", ed anche le valige rigide con le rotelline perchè scomode e vagamente ridicole per un viaggio del genere (mi penso alla stazione degli autobus di Katmandù con una bella Samsonite rossa fiammante da 30 chili), la scelta cade su di un pratico zaino di media taglia ed un borsone di cotone coriaceo. O forse un sacco. O forse tutti e due. Anzi tutti e tre compreso lo zaino. Sarà troppo? Troppo ingombrante? Quale "set" scegliere?
Ne parliamo domani, con la seconda parte dell'itinerario, e con l'incubo "Ambasciate". Roba da levare il sonno.

MA LO SAPETE CHE POTETE SMETTERE DI PAGARE IL NOLEGGIO DEI TELEFONI E DELLE PRESE TELECOM?



Ecco la mail che ci ha mandato la lobbista Anna Palomba che a sua volta ha ricevuto da Silvano Emmi che a sua volta ha ricevuto da Massimiliano Ruggeri che a sua volta ha ricevuto da Michele Tamietto che a sua volta ha ricevuto da Michele Richichi (funziona così Internet).



"...Analizzando l'ultima bolletta del telefono che mi è arrivata, ho notato che pago, oltre all'abbonamento e al costo delle Telefonate, anche il NOLEGGIO ACCESSORI, il NOLEGGIO APPARECCHI TELEFONICI. Non volendo più pagare il noleggio apparecchi telefonici, non sapendo in che cosa consistesse il noleggio accessori e non sapendo in che cosa consistessero i servizi telefonici supplementari, ho chiamato il 187 per avere ulteriori informazioni, e ho scoperto che: IL NOLEGGIO ACCESSORI è una quota che si paga per LE PRESE TELEFONICHE installate in casa; IL NOLEGGIO APPARECCHI TELEFONICI è una quota che si paga per noleggiare il telefono, così ho domandato all'operatrice se potevo restituire il telefono, comprarne un altro e non pagare più il noleggio, e l'operatrice mi ha risposto che si poteva restituire il telefono alla sede Telecom scritta sulla mia bolletta e non pagare così più il noleggio. Finita questa chiamata ho pensato a quali telefoni (ne ho 2 fissi)appartenessero alla Telecom, e non ricordandomi se erano entrambi o solo uno di loro proprietà, ho richiamato il 187 e qui viene la PARTE PIÙ' INTERESSANTE: Un'ALTRA operatrice mi ha chiesto se gli apparecchi avessero più di tre anni, ho risposto di sì, mi ha chiesto il mio numero di telefono, mi ha chiesto a chi fosse intestatala linea e ha confermato che gli apparecchi AVEVANO PIÙ' DI TRE ANNI E MI HA DETTO CHE LA TELECOM NON LI ACCETTA PIÙ' E CHE QUINDI SAREBBERO DIVENTATI DI MIA PROPRIETÀ' E CHE DALLA BOLLETTA SUCCESSIVA IO NON AVREI PIÙ' PAGATO IL NOLEGGIO! A questo punto, sorge spontanea la domanda: "Scusi, ma tutti i soldi che ho pagato per il noleggio negli anni precedenti, come faccio a recuperarli?". L'operatrice mi ha risposto che NON ERA POSSIBILE EFFETTUARE UNO STORNO E RESTITUIRMI I SOLDI! Allora io ho chiesto conferma del fatto che IL NOLEGGIO NON VIENE PIÙ' PAGATO SOLO SE E' IL CLIENTE A TELEFONARE AL 187 E AVVISARE CHE I SUOI APPARECCHI HANNO PIÙ' DI TRE ANNI e l'operatrice mi ha risposto che non essendo un'operazione automatica ERA PROPRIO COSI'! QUESTO E' UN VERO FURTO! PROPRIO LA TELECOM CHE HA INSTALLATE CHISSÀ' QUANTE CENTRALI TELEFONICHE AUTOMATIZZATE, NON E' IN GRADO DI TOGLIERE AUTOMATICAMENTE IL COSTO DEL NOLEGGIO APPARECCHI TELEFONICI AI PROPRI CLIENTI CHE HANNO UN TELEFONO DA PIÙ' DI TRE ANNI???!! DICIAMO PIUTTOSTO CHE LE CONVIENE NON FARLO PERCHÉ' COSI' GUADAGNA UN MUCCHIO DI SOLDI ALLE SPALLE DEI CLIENTI MENO ATTENTI, E CHISSÀ' QUANTI SONO! Non ci crederete, ma non è ancora finita qui: Dopo aver disabilitato il servizio ho chiesto se il discorso del noleggio che scade dopo tre anni valesse anche per IL NOLEGGIO ACCESSORI (cioè le banali prese telefoniche di plastica) e mi ha risposto di sì e mi ha chiesto se volevo togliere ANCHE IL NOLEGGIO ACCESSORI! E ME LO CHIEDE PURE, CERTO CHE SI'! PERCHÉ' DOVREI PAGARE PER DUE PEZZI DI PLASTICA SE HO IL DIRITTO A NON PAGARE IL LORO NOLEGGIO! POVERA TELECOM, SE NON VUOI PROPRIO DISABILITARE AUTOMATICAMENTE TUTTI I COSTI INUTILI E INGIUSTI CHE I TUOI CLIENTI SOSTENGONO, AVVISALI ALMENO CHE SE HANNO UN TELEFONO E DELLE PRESE DA PIÙ'DI TRE ANNI DEVONO CHIAMARE IL 187 PER NON PAGARNE PIU'IL NOLEGGIO! ALTRIMENTI TOCCHERÀ' SEMPRE AL POVERO CLIENTE FARE IL PASSAPAROLA! E METTI D'ACCORDO TUTTI GLI OPERATORI DEL 187 PER FAR SI' CHE RISPONDANO TUTTI ALLO STESSO MODO, SENZA CONTRADDIZIONI (FINO A UN MESE FA NON RISPONDEVANO NEANCHE ALLE SEGNALAZIONI DI GUASTI SULLA LINEA)! POVERA TELECOM, HAI SOLAMENTE 4.022.941.728,30 Euro di Capitale Sociale! E'scritto IN CARATTERI MINUSCOLI nell'intestazione della bolletta, sotto il marchio Telecom!).

DIVULGATE IL PIÙ' POSSIBILE QUESTA E-MAIL, PROVATE ANCHE VOI CHIAMARE IL 187..."

Viaggio intorno al mondo in difesa della libertà di stampa.


ROBERTO DI NUNZIO


1/PRESENTAZIONE



"Da oggi questo sito mi offre l'opportunità di scrivere un diario quotidiano del viaggio intorno al mondo che ho deciso di intraprendere in difesa della libertà di stampa e di informazione. Un'impresa enorme per me, giornalista e fotografo freelance di 48 anni: 400 giorni, 5 continenti, 80 paesi e 350 città attraversate.


Come giornalista e fotografo ho girato molti paesi in tanti anni di lavoro, dall'Africa all'America Latina all'Europa e mi è capitato di vedere di tutto, redazioni di giornali indipendenti nei retrobottega dei bar, stazioni radio montate su camion, in Madagascar persino un giornale interamente scritto a mano: 4 fogli a calligrafia minuta "tirati" in 70/80 copie, quanti erano coloro in grado di copiare a mano la "prima copia".


La prima a conoscere il progetto del mio viaggio è stata mia moglie Barbara. Non l'ha presa bene. Ci siamo da poco trasferiti da Roma in campagna e dopo aver girato con me mezzo mondo (e negli anni con due figli) sognava di vivere normali problemi quotidiani.


Ma l'idea del viaggio ormai era partita e cominciavano ad arrivare apprezzamenti e sostegni (morali) da un sacco di persone: Corrado Augias, Giovanni Valentini, Giovanna Melandri, Paolo Cento, Cinzia Gubbini, Enza Panebianco, Paolo Serventi Longhi. Ed un grazie particolare a Claudio Sabelli Fioretti.


L'idea si è perfezionata ed ho deciso che il 15% degli articoli, delle foto e dei reportages che venderò durante il viaggio sarà destinato alle attività di "Informazione senza Frontiere", che mi ha offerto ogni collaborazione.


La data della partenza è fissata per domenica 28 luglio 2002, direzione sud-sud/est.


Il viaggio è al momento autofinanziato (uno dei motivi per cui mia moglie era prosaicamente contraria), ma questo è un altro discorso.


Intanto mi farebbe piacere ricevere consigli, suggerimenti, qualche in bocca al lupo, qualsiasi cosa vi vada di scrivermi.


Terrò ben aperta questa finestra ogni giorno, descrivendovi tutte le fasi dei preparazione fino alla partenza, poi, come pagine di un diario di viaggio quotidiano ricche di informazioni e notizie di tutto quanto mi accadrà e delle persone che incontrerò.

14.7.02

modernizzazioni

AVANZI SAVOIA


di Alessandro Robecchi per il Manifesto



Non dovranno dimostrare di avere un lavoro regolare, cosa che peraltro non hanno mai avuto. Non dovranno essere chiamati nominalmente dal datore di lavoro. Non dovranno nemmeno lasciare le impronte digitali. Eppure, come ha deciso ieri la Camera dei deputati, i Savoia potranno rientrare in Italia: una sanatoria in piena regola per questi bellimbusti extracomunitari che, arrivando dalla Svizzera, non rischieranno nemmeno di farsi intercettare dalla Marina italiana con licenza di affondarli in mezzo al mare. Certo il loro rientro sarà un viaggio terribile: in yacht dall'isola di Cavallo a Nizza, poi in limousine fino a Ginevra, poi in Ferrari fino a Saint Moritz e poi, finalmente si affacceranno ai nostri confini. Un'odissea spaventosa, resa ancora più ardua dal fatto che parlano l'italiano un po' meno di Biscardi e che lo parlano con l'accento del Tartufòn dei panettoni. Ma in questo modo - assicurano le più svariegate forze politiche di centro, di destra e di sinistra che ieri hanno votato per la sanatoria-Savoia alla Camera - si fa un immenso servizio alla Repubblica. Non si sa esattamente quale servizio, ma è bello dirlo.Fa fine e soprattutto fa tanto "bipartisan", una cosa che fa sempre la sua figura, specie col caviale. Mentre alla Camera si faceva un "servizio alla Repubblica" riaprendo le porte ai monarchi (bizzarra equazione), al Senato si faceva un regalo ai padani fingendo di chiudere fuori gli immigrati. Per questi, povera gente che lavora, ci vogliono la chiamata nominale, un lavoro in regola (una cosa che con il Patto per l'Italia tra poco non avrà nessuno), e le impronte digitali. E questo nonostante nessuno di loro abbia mai preso a fucilate un turista all'isola di Cavallo, né venduto armi all''ingrosso, né aperto le porte alla dittatura fascista. In compenso il loro viaggio sarà di tutto relax: un container piombato dal Kurdistan a Istanbul, poi una carretta del mare fino a Durazzo, poi un gommone, poi un rigenerante bagno a tre o quattro miglia dalla costa. Educativo: così se non sanno nuotare imparano. E divertente: sempre con il brivido che una motovedetta italiana li affondi, come peraltro è già successo senza che i settimanali di cronaca rosa se ne siano occupati. A prima vista viene da pensare che sia tutto un quiproquo, uno scambio di persone. Forse in un altro mondo (possibile?) si sarebbe dovuti prendere le impronte ai Savoia e accogliere gli stranieri che vengono qui a lavorare. Forse, chissà, i deputati sono andati per sbaglio al Senato e i senatori si sono recati per errore alla Camera e così è nato questo incredibile equivoco.


O forse no. Forse rimangono aperte alcune questioni, come per esempio il ricongiungimento familiare. E' risaputo che uno straniero che lavora qui da anni e cerca di far venire moglie e figli, in modo da integrarsi meglio, non potrà farlo. I tempi si allungano, la burocrazia è più stronza di un doganiere a mano armata, più feroce dei fari di una motovedetta (ma molto più lenta). E' la famosa politica della famiglia tanta cara al Polo: vieni qui, ti fai un culo così, la moglie non la puoi portare, e se vai via ti freghiamo i contributi Inps. Tutto in regola, insomma. Per i Savoia, invece, i ricongiungimenti famigliari saranno una bazzecola, una pura formalità. Il che significa che nel giro di qualche mese avremo tra i maroni contessine, principessine, arciduchi di primo, secondo, terzo grado, marchesini di primo e secondo pelo, cicisbei di ogni risma, fancazzisti blasonati, tutti ovviamente con le loro omologhe femminili, per la gioia delle trasmissioni tivù del pomeriggio e dei rotocalchi per famiglie, un po' stufi di doversi pagare l'albergo in Svizzera per raccontare le scemenze di casa Savoia.


Naturalmente si tratta della solita finzione mediatica. Già: nonostante non potessero mettere piede sul Sacro Suolo, i Savoia ci ammorbano ormai da decenni. Sdoganati per far ridere in tivù, usati per commentare le partite, per decantare le bellezze turistiche della Corsica, per recensire le piste da sci, essi sono diventati in pochi anni un segno distintivo dell'immaginario italiano: un Savoia un parere, una cazzata, un gossip non lo nega a nessuno, con regale generosità.E d'altro canto suona finzione anche la legge razzista votata al Senato, quella Bossi-Fini che teoricamente, secondo i suoi firmatari, dovrebbe evitare l'invasione di "stranieri delinquenti". Macchè: i delinquenti verranno lo stesso (se si fanno fermare da una legge, che delinquenti sono?) e in compenso gli stranieri regolari saranno più ricattabili, costeranno meno, verranno licenziati (e quindi espulsi) al primo accenno di sindacalizzazione. La nemesi storica finisce qui, dunque. Il cerchio si chiude: l'Italia modernizzata da Silvio e dai fascisti suoi soci prevede ampio uso di una mano d'opera senza garanzie, senza salvagenti, senza ammortizzatori sociali. Braccia da importare se ce n'è bisogno e da espellere a lavoro fatto. Ed è giusto, dunque, che con la reintroduzione della schiavitù e del lavoro servile senza garanzie, torni in auge pure la più sfaccendata, perniciosa e parassita nobiltà, con i suoi birignao, le sue fastose residenze, le sue feste, i suoi commerci poco chiari. In una giornata sola (quella di ieri), un balzo indietro di oltre un secolo. Complimenti per la modernizzazione.

12.7.02

Editoriale da Mosaico di pace - rivista mensile promossa da Pax Christi Italia - Luglio 2002




UNA LEGGE CONTRO IL VANGELO


di Alex Zanotelli



Non mi sarei mai aspettato di ritornare in Italia dopo 12 anni spesi nei sotterranei della vita e della storia, nella baraccopoli di Korogocho nella periferia di Nairobi (Kenya), ed essere accolto con una legge come la Bossi-Fini. Ma cos’è successo? Ho chiesto a eminenti studiosi in pubblici dibattiti in Puglia (quali Antonio Brusa o Franco Cassano). Balbettavano, balbettiamo tutti. Una cosa è certa: in un ventennio il popolo italiano ha fatto una virata antropologica incredibile (una volta mandavamo schiere di antropologi a studiare le "tribù" africane, forse è giunta l’ora che gli antropologi africani vengano a studiare la "tribù" italiana e a spiegarci cosa stia avvenendo proprio in un paese di migranti come l’Italia).



Noi italiani in questi ultimi due secoli siamo stati un popolo di migranti (oltre 60 milioni di italiani vivono oggi all’estero!)In barba a tutta una storia di migrazioni, in barba a tutte le campagne di difesa dei diritti umani, culturali, religiosi, dei nostri connazionali all’estero, in barba a tutto e tutti…siamo arrivati ora alla Bossi-Fini.



Mi vergogno di essere italiano, ma mi vergogno soprattutto di essere cristiano (se cristiani sono coloro che hanno votato o approvato questa legge!). L’immagine più ripugnante è senza dubbio quella della raccolta di impronte digitali degli immigrati (basterebbe ricordare quello che questo significa nell’immaginario popolare!). Ma quello che preoccupa di più della Bossi-Fini è che mette fra parentesi la persona (quello che interessa è che l’immigrato lavori, non che esista come essere umano con una propria cultura o come cittadino. In questo senso la legge Fini-Bossi avalla una mentalità secondo la quale l’immigrato deve essere una merce da utilizzare. L’immigrato è legalmente riconosciuto fintanto che serve al capitale e poi può essere respinto al mittente. E se l’immigrato non esiste come soggetto di diritti, allora non esisterà neanche il rispetto per la sua cultura, per la sua esperienza religiosa. E se questa è la mentalità che regge questa legislazione, è chiaro che ignorerà anche le cause strutturali che spingono tanta gente a cercare una possibilità di vita qui da noi (gli squilibri internazionali, la geopolitica delle guerre, i sempre più marcati divari tra straricchi e impoveriti).



Non risolveremo mai il problema delle immigrazioni se non risolveremo la profonda sperequazione economico-finanziaria che regge questo mondo dove il 20% si pappa l’83% delle risorse di questo mondo e questo per lo strapotere militare che serve a difendere lo stile di vita di pochi a spese di molti morti di fame. Anche in questo, la legge Bossi-Fini introduce misure di polizia e di ordine pubblico, di sicurezza per incassare facili consensi, agitando lo spauracchio dell’immigrato come delinquente.



È penoso constatare come questa politica si tenga sempre più al largo non solo dai valori cristiani, ma anche da una qualsiasi idea di società accogliente e dialogante. Penso che come credenti e come uomini non ci rimanga che il rifiuto di una tale legislazione. È un insulto sia alla nostra umanità come alla fede cristiana. Per questo spero che al più presto la chiesa ufficiale italiana possa esprimere il proprio rifiuto sdegnato per questo pezzo di legislazione. Ma soprattutto possa far partire un processo educativo di base per le comunità cristiane che le porti a vedere nell’altro, nell’immigrato, nel diverso, una ricchezza e non un problema. Solo un prolungato impegno educativo alla base che rimetta in discussione l’ideologia della sicurezza, della tolleranza-zero, l’ideologia della nostra superiorità potrà permetterci di sperare che un domani come popolo potremo esprimere qualcosa d’altro della legislazione Bossi-Fini .



Ed infine vorrei chiedere a questa nostra Chiesa italiana il coraggio di far partire un movimento come il sanctuary movement (il movimento per il diritto di asilo). Questa esperienza nasce negli USA negli anni ’80 per aiutare gli immigrati provenienti dal Salvador, Guatemala, Nicaragua, che restituiti ai loro governi avrebbero dovuto affrontare o la prigione o la morte. Le comunità ecumeniche di resistenza forti della tradizione biblica del diritto di asilo(santuario) si facevano carico di determinati soggetti a rischio. Se la polizia minacciava di arrestarli, tutta la comunità faceva quadrato attorno ad essi ed iniziava il cammino di difesa in corte. È solo un suggerimento.



Dobbiamo però tutti intraprendere la resistenza dal basso se diciamo di credere, come Tonino Bello, alla "convivialità delle differenze".



Alex Zanotelli
LA COPPIA SCOPPIATA


da Grazia Sampietro



Torno dalle ferie e dalle cure termali e scopro che, tra le altre cose, impazza ancora il dibattito CIRRI/FERRENTINO Mamma mia, che dibattito. E' iniziato quando si erasparsa la voce che sarebbe nato Catersport, due anni fa quindi. Tutti gli ascoltatori storici hanno detto la loro, discutendo, litigando, scaldandosi, sono partite mail di fuoco all'indirizzo sia di Cirri che di Ferrentino, per chiedere spiegazioni, chiarimenti, lumi, scuse. Ho persino, in un eccesso di faccia di palta, telefonato a Sergio che, gentilmente ma fermamente, mi ha ribadito che le due trasmissoni sarebbero state separate. E allora? Voglio dire, ognuno di noi ha avuto modo ormai di apprezzare sia il nuovo Caterpillar che Catersport. Personalmente posso dire che a Caterpillar manca qualcosa mentre Catersport fila che è una meraviglia, ma era un formula già ben collaudata a Radio Popolare e comunque non mi perdo un Caterstadio, diventato ormai piacevole luogo di incontro, di scambio, di enogastronomia al di là della partita che viene trasmessa. Sono fermamente convinta che, anche se la nostra
'coppia scoppiata' decidesse di mettere in piazza i
motivi che hanno indotto la loro separazione, le cose
non cambierebbero, continueremmo a preferire uno o
l'altro e loro non tornerebbero insieme.
Noi comunque andiamo avanti lo stesso, ho avuto
comunque modo, tramite il dibattito di cui sopra, di
conoscere un sacco di gente e, devo dire che si è
costituito un solido gruppo di amici sparsi per lo
stivale tutto che, permettetemi di dirlo, in questi
tempi di idee secessionistiche e impronte digitali,
non è poco! Passione per due trasmissioni (anzi tre perchè Fuorigiri ne è il degno complemento), che hanno innestato un CATERMOVIMENTO che vive con siti internet (Caterpavesi, Catersardegna, Caterasti, la Caterhostaria veneta per citare quelli che so), raduni vari, cene, contatti, etc etc. E Cervia (o quel che sarà l'anno prossimo) rimane comunque un punto fermo per trovarsi, almeno una volta l'anno, andando oltre divisioni e critiche varie, persino Panorama ne ha tessuto le lodi (ho l'articolo a casa con tanto di intervista a Ceresa). Noi ci siamo comunque e, per dirla alla Sabelli o meglio alla Modena City Ramblers (Claudio hai 'rubato' il ritornello della loro canzone) a la meta llegamos cantando o non llega ninguno.

...pronto, chi parla?





--------------------------------------
Segreteria telefonica automatica di un istituto psichiatrico
--------------------------------------





"Grazie per aver chiamato l'Istituto Psichiatrico di Salute Mentale:






...Se lei è ossesso-convulsivo, prema ripetutamente fino allo spasmo il
tasto 1.






... Se lei è affetto di personalità multipla, prema i tasti 2, 3, 4, 5 e 6.






... Se lei è paranoico, sappiamo già chi è lei, cosa fa nella vita e
sappiamo cosa vuole, quindi rimanga in linea, finché non rintracciamo la sua
chiamata.






... Se lei soffre di allucinazioni, prema il tasto 7 nel telefono rosa
gigantesco che lei vede alla sua destra.






... Se lei è schizofrenico, chieda al suo amico immaginario di premere il
tasto 8 per lei.






... Se lei soffre di depressione, non importa quale numero prema, tanto non
c'è niente da fare, il suo caso è disperato e non ha cura.






... Se lei soffre di amnesia, prema 9 e ripeta a voce alta il suo nome,
cognome, numero di telefono di casa e del cellulare, indirizzo e-mail,
numero di conto corrente, codice bancomat, data di nascita, luogo di
nascita, stato civile e cognome da nubile di sua madre.






... Se lei soffre di indecisione, lasci il messaggio dopo il bip ... oppure
prima del bip ... o durante il bip, insomma scelga lei, basta che si sbrughi.






... Se lei soffre di amnesie temporanee di breve durata, prema 0.






... Se lei soffre di amnesie temporanee di breve durata, prema 0.






... Se lei soffre di amnesie temporanee di breve durata, prema 0.






... Se lei soffre di avarizia ossessiva, attenzione, riattacchi subito,
questa telefonata è a pagamento a 500 euro al secondo.






... Se lei soffre di autostima bassa, per favore riagganci, poiché tutti i
nostri operatori sono impegnati a parlare con persone molto più importanti
di lei.






... Se lei è uno degli italiani che votò Berlusconi alle ultime elezioni,
riagganci, si fotta e aspetti il 2005. Qui curiamo pazzi e non coglioni.







E.... grazie per aver chiamato.

11.7.02

Laggiù nel Near West


DI STEFANO BENNI PER IL MANIFESTO


Laggiù nel Near West, nel cinquantaduesimo stato degli Usa chiamato Italia, l'unica legge sopravvissuta era quella del più forte. E laggiù nel Near West c'era la famigerata città di Mount Citory, dove spadroneggiava un piccolo boss megalomane, El Nano Silvio. El Nano era un ex-pianista di saloon, costruttore di ranch prefabbricati, riciclatore di pepite false, proprietario di tutti i telegrafi della zona. Era sfuggito a taglie, debiti e galere e ora, ricco sfondato, andava in giro con un sombrero a parabola, sette telecomandi nelle fondine e stivali con la zeppa. Ma anche se si dava tante arie, non era lui a comandare in quel paese. Più di tutti comandava il governatore Melamarcia Bush, petroliere, spacciatore d'armi e falsificatore di bilanci pentito. Poi c'erano i pistoleri globali della Cia e i loro potenti alleati, il Pi Two Klan, loggia di incappucciati che da anni terrorizzava i villaggi dei peones. E il potente Scrooge D'Amato, boss dei costruttori di ferrovie, degli allevatori di bestiame e degli evasori fiscali. Per tutti costoro El Nano Silvio era il folcloristico rappresentante, e quando c'erano da fare lavori sporchi, ci si rivolgeva a lui e alla sua maggioranza.



Come ogni sera, la banda del Nano si ritrovava in un saloon, un vecchio bordello democristiano rimodernato alla meglio, a cui avevano messo il nome di Las Reformas. Insieme a El Nano Silvio, che sfoggiava un sombrero gigantesco con pista ciclabile, c'era l'intero manipolo di ruffiani, aguadores, voltagabanas e indagati .



C'era "Smile " Fini, l'uomo che aveva massacrato gli apaches di Genova ordinando ai carabinieri di travestirsi con le piume di guerra, ma era stato smascherato da due errori. Uno, metà degli agenti si era travestito da gallina, due, sulle molotov finte fatte trovare nel covo apache c'era scritto: Amaro del Carabiniere. Al suo fianco erano schierati i fedeli Garcia Gasparri, Matafrocios Storace e Ignacio La Russa, un tempo temuti bounty-killer e ora attivissimi frau-killer, ovverossia ex cacciatori di taglie riciclati in cacciatori di poltrone.



Poi, con gran sventolare di bandane e fazzoletti verdi, entrò al Las Reformas la banda di Stoneball Bossi, proveniente dalla leggendaria Mesa Padana, dove sul Grand Canyon era stato messo il cartello segnaletico Gran Crepùn de l'Ostia. Stoneball buttò giù un doppio whisky con soda del Po e borbottò roco:



- E' pieno di sporchi indiani qua intorno. Colpa di quei maledetti sudisti amici dei negri.


Il suo vice Mac Maroni non osò correggerlo.

Entrarono anche "Capestro" Castelli, guardaspalle del Nano e nemico giurato della legge, insieme a Dinamite Lunardi, che stava lavorando a un grande progetto: un ponte tra Messina e Brooklyn. Poi entrarono El Riciclado Pisanu, che aveva combattuto contro gli Incas, Stranamore Martino, lo stalliere Mark Dell'Utri e gli Useless Brothers, Baby Face Casini e Frankenstein Pera, le mascotte del gruppo.



Tutti attorniarono il capo che sembrava furibondo.



- Così non va, ragazzi - ringhiò El Nano- abbiamo dovuto sacrificare Al Scajola alla propaganda sioux-stalinista. Tra poco dovrò lasciare il mio interim preferito e nominare il nuovo ministro per i rapporti con le civiltà inferiori Il governatore Bush ancora non mi ha comunicato il nome, ma giuro che il soprannome lo sceglierò io. In quanto a te, Mike Cichè, avevi promesso l'acqua nei canyon siciliani e non ce n'è una goccia. Tu, Blackhole Tremonti, tutte le volte che fai un conto apri delle voragini che in confronto il Gran Canyon è una buca da golf. In quanto a te, Joe Fighetto Urbani, dovevi vendere un miliardo di bisonti ai giapponesi e ancora non ho visto un dollaro. Avevo detto che i giudici dello Sme dovevano sparire e sono ancora lì. I burocrati di Washington ladrona delirano che il falso in bilancio è reato. Devo fare tutto da solo, nessuno mi dà una mano. Era meglio quando c'era D'Alema.



Un educato colpo di tosse segnalò che a un tavolo d'angolo c'erano Max D'Alema e Fix Fassino, che giocavano a domino e facevan finta di niente.



-Ma adesso basta - tuonò El Nano - qua la legge siamo noi, e dobbiamo combinare qualcosa di buono, anzi di perfido e malvagio, se no che legge del west è?



-Veramente una perfidia l'abbiamo fatta - disse Mac Maroni -seguendo le direttive di Scrooge d'Amato, ho fatto firmare il patto per l'Italia.



- Non mi convince - disse el Nano - i capi indiani Cisleros e gli Uillos hanno fumato la pipa della pace, ma le loro tribù sono in rivolta, e sono ancora in libertà gli apaches Cigiellos. Quelli sono pericolosi, antropofagi, irriducibili.



Proprio in quel momento si aprì la porta. Erano Piccola Pezza e Angeletto Spiumato, capi dei cisleros e degli uillos. Si inchinarono con imbarazzo.



- Abbiamo lavato i suoi cavalli - dissero - adesso possiamo andare?



- No - disse El Nano - adesso portateli a bere e poi dal truccatore.



- Ma veramente i patti erano diversi ...



- Non conoscete Snake Marzano e il detto "viso pallido parla con lingua biforcuta"? Ma che indiani siete? Avete firmato e adesso obbedite, fuori dai coglioni - intimò El Nano Silvio - Insomma qua nel Near West c'è metà dei cittadini che ancora non rispetta la mia legge. E soprattutto, siamo sicuri che Lui sia sistemato?



A quel Lui un brivido percorse le schiene dei presenti. Uomini duri e avidi, che avevano affrontato processi e bancarotte, scontri in aula e code al buffet, avvisi di garanzia e duelli per una dirigenza, non riuscirono a nascondere un moto di paura. Anche quelli del Pi Two Klan, sotto il cappuccio, impallidirono.



- Lui è sistemato, isolato, circondato - disse Pegleg Previti - gli scateneremo contro tutti i cacciatori di taglie, le gazzette e le televisioni del paese. Dovrà emigrare nello Yukon.



Ma in quel momento un coyote ululò, una cavallo nitrì e si sentirono, in lontananza, le note di Casta Diva suonate da un'armonica a bocca. La porta si spalancò e il vento rovente della prateria scompigliò le carte sui tavoli. Sulla soglia, avvolto in un poncho indiano, il sigaro all'angolo della bocca, apparve Lui.



Chinatown Cofferati, l'apache cinturato, il meticcio sindacal-politico, il più wanted dei wanted , l'uomo che voleva seminare panico sciopero e distruzione nel tranquillo mondo fuorilegge del Near West.



Guardò tutti con aria beffarda. Sul poncho ostentava un badge di Lenin, uno della Callas e un osso, forse di industriale. Sul capo, un diadema di pennarelli rossi.



Con un gesto deciso, sollevò il poncho. Tutti balzarono all'indietro, poiché Chinatown Cofferati era una della pistole più veloci del West. Ma il bieco pellerossa non era armato: puntò un dito e gridò:



- Costituzione!



A quella vile e bassa provocazione, tutti arretrarono. Fini e Gasparri misero mano al revolver, Pera saltò sul lampadario, Bossi fece un gesto scaramantico torcendo le balle a Mac Maroni.



-Vigliacco sanguemisto! - disse El Nano - guai a te se pronunci ancora questa parola qua dentro!



E tutti si misero a sparare, ma il diabolico Cofferati, saltando qua e là come un cartoon, evitò i proiettili e sparì ghignando della prateria.



- Non una parola di quello che avete appena visto - disse cupo El Nano, versandosi due dita di whisky, vale a dire metà della sua altezza in alcool.



Tutti annuirono.



- Questo vale anche per voi due, nascosti dietro al piano - gridò El Nano.



- Non siamo nascosti, siamo defilati - disse la vocina di Fix Fassino.



- Non mi sembra un dramma - disse Max D'Alema.



- Ci vuole un piano, e subito - disse El Nano - allora, per prima cosa bisognerà che da qualche parte saltino fuori dei ragazzi a bruciare dei ranch e far fuori qualcuno, magari dipingendo su tutto la stella delle Bierre, ancora meglio se lasciano tessere della Cgil sul posto.



- Sarà fatto - disse un incappucciato, lo sciamano Castelli , che osservando il volo dei puma ha già previsto guai nel Northeast.



- Benissimo. Poi telegrafate al governatore Bush che abbiamo bisogno di una guerra ad alto livello per questo autunno.



- Già in preventivo - disse un altro incappucciato.



- E in quanto alla stampa, giù botte sul maledetto meticcio, e guai a chi dà troppa pubblicità agli scioperi, esclusi quelli dei trasporti. E per finire...



- E per finire? - fecero eco i presenti.



- Per finire brindiamo, aguardiente per tutti, paga il contribuente.



E tutti si precipitarono al bancone dove erano stati allestiti a tempo record uno stand per le autorità, un premio al Regime giornalistico, un Telecoyote e un raduno Vip. La festa si scatenò e il clima si rilassò. Ma accadde l'imponderabile. Si aprì la porta del saloon ed entrò un mezzosangue, per metà pellerossa e per metà coreano, con nonna marxista e nonno arbitro dell'Ecuador.



- Scusate - disse cortesemente - qualcuno ha posteggiato il suo cavallo davanti alla mia Porsche e non riesco a uscire.



Scoppiò una regolare rissa western, durante la quale Frattini, Montezemolo, Benetton, Borghezio e tutti quelli che volevano fare il ministro degli esteri si spararono addosso. Poi, per divertirsi un po', la banda uscì per strada sparando all'impazzata, furono catturati e rispediti a Nuova Delhi centocinquanta indiani Pellerossa di varie tribù. Da una strada laterale uscì un gruppo di Apaches Cigiellos scioperanti, e una decina di red collars, i terribili preti-predicatori rossi. Per ultimo un giudice schedato. Volarono pallottole e premolari.



In quel momento uscì dal suo ufficio lo sceriffo Karl Azelius Ciampi, in bombetta, con consorte al fianco. Sorrise a un cavallo, scavalcò un acciaccato esanime, schivò una freccia e nella baraonda sussurrò:



- Questo paese non è mai stato così unito.



E si dileguò. Tutto intorno, i coyote ululavano, come ululeranno ogni notte.