28.5.03

Bombe intelligenti


Sul New York Times leggemmo che Saddam
a buon diritto viene detto infam.
Non soltanto si batte con Osama
con lui tessendo del terror la trama,

non solo rende vane le ispezioni
nascondendo velen, razzi e cannoni,
non sol sta organizzando la difesa
contro la guerra che verrà intrapresa,

ma ha procurato qualche tempo fa
alla Fallaci grave infermità:
Oriana s'ammalò per un tumore
pei pozzi che bruciò quel dittatore.

Pensammo che per Bush, ma fummo audaci,
la rabbia con l'orgoglio e la Fallaci
potevan esser bomba intelligente
per far fuori Saddam ma non la gente.

Ora che Oriana ha scritto 'sta cazzata,
pensiam che la Fallaci, se sganciata,
una bomba sarebbe assai normale,
intelligente no, ma micidiale.

Carlo Cornaglia

2 febbraio 2003

Che lavoro brutale



New York Times che lo intervista:
"Certo in mano comunista
ricadrebbe la nazione
non ci fosse il Berluscone.

Nessun altro all'orizzonte
che a 'sti rossi faccia fronte.
Mi domando: 'sto cilicio,
questo lungo sacrificio

quanto tempo durerà?
Senza me la libertà
finirebbe in un disastro,
perché i rossi son per Castro,

per Milosevic, Saddam?
sol per me noi ci salviam!
C'è il dovere che mi chiama,
ma è una vita molto grama.

Ho una bella barca a vela,
tutta muffa e ragnatela:
in due anni, disgraziato,
una volta ho regatato.

La mia casa alla Bermuda
l'ho tradita come un Giuda,
da tre anni non ci vo',
quando mai me la godrò?

E la casa a Portofino?
Anche lì, porco belino,
una volta in un baleno
in un anno o poco meno.

Proprio pessima è la vita,
ma non vedo via d'uscita.
Questo scriva sul giornale:
il lavoro mio è brutale."

Per favore, Cavaliere,
non ci prenda pel sedere.
Cartellon pubblicitario:
Presidente missionario!

Carlo Cornaglia

10 maggio 2003

HABERMAS E L’ETICA SMARRITA


da Piergiorgio Welby

Parliamo fuor di metafora! Si, insomma, facendo i conti della serva. Dopo le 'grandi etiche' cattolica e protestante che erano accettate anche dai laici, quale riferimento ideale ha guidato e guida le scelte o le priorità nell’era della tecnologia? La scienza è ancora una ancella o vive in solitudine? Il controverso dibattito sull’embrione è lo spartiacque tra civiltà e barbarie o una zavorra da gettare in mare? È una coperta troppo corta per coprire la nostra cattiva coscienza o un ultimatum rivolto alla scienza? La sacralità della vita umana ed il principio di precauzione sono le insuperabili Colonne d’Ercole o queste colonne le abbiamo superate da tempo e da tempo navighiamo nel gurgite vasto circondati da mostri e sirene? Ogni weekend centinaia di ?sistemi nervosi? vengono spalmati sui guardrail delle autostrade, gli addetti ai lavori ci spiegano che il 65% degli incidenti mortali è causato dall’alta velocità, e noi invece di costruire automobili che non superino i km/h 50 disponiamo di auto da km/h 250. Nei laboratori militari si perfezionano ceppi virali potenziati in grado di scatenare pandemie letali, in grado di selezionare le vittime colpendo unicamente alcuni gruppi etnici, ma prima di questo era stata la volta degli agenti chimici, dall’iprite al sarin, ed abbiamo convissuto e conviviamo con un arsenale atomico in grado di distruggere due/tre volte l’intera popolazione del pianeta. Chernobyl, Bopal, Seveso, dov’era il principio di precauzione? incubi o realtà? Cosa c’è nella manipolazione dell’embrione e nella bioingegneria che ci sgomenta e atterrisce? L’aborto accompagna l’uomo dalla notte dei tempi, prima era infanticidio per superare una carestia, poi è diventato una scelta della donna: è ineliminabile perché la natura affida alla donna l’ultima parola. La bioingegneria potrà intervenire sui geni portatori di patologie gravi eradicandole. Chi accetterebbe di nascere con la celiachia, la mucoviscidosi, la distrofia ecc. Chi, potendolo, non vorrebbe evitare una predisposizione per le malattie cardiocircolatorie o di alcune forme tumorali o dell’Alzheimer? Credo che nessuno di noi, se in buona fede, accetterebbe il martirio per sé o per la propria discendenza. Allora il timore è quello di uno slippery slope edonistico che snaturando la causalità pieghi a dei principi estetici fatui e falsamente migliorativi il genere umano? Nei centri di chirurgia estetica di tutto il mondo?questo già avviene. Si accorciano nasi, si allungano peni, si aumentano i seni, si diminuiscono le pance. Il lifting, la blefaroplastica, la liposozione? quello che è lecito a quarant’anni è illecito prima della nascita? Immagino l’obiezione: ?a quarant’anni è una libera scelta??come può essere libera una scelta indotta da modelli mediati dalla pubblicità? Qualcuno dirà di essere disposto ad accettare qualsiasi corpo il caso gli voglia destinare. Ma il prof. Brunetta avrebbe scelto il suo o il corpo di Sean Connery? Gli Schifani, i Fassino, gli Andreotti?potendo scegliere si sarebbero accontentati di toracini carenati e muscolatura rachitica o avrebbero optato per un fisicone alla Tomba? Il vaso di Pandora è stato socchiuso e quello che abbiamo intravisto ci affascina e spaventa, ma niente e nessuno potrà impedire che il vaso venga aperto..è solo questione di tempo e non di etica.

27.5.03

Dedicato a chi ancora è capace di indignarsi

Lettera degli sceneggiatori di "La meglio gioventù", Sandro Petraglia e Stefano Rulli, 25 maggio 2003

La meglio gioventu' - che ieri ha vinto a Cannes, miglior film di Un ceratin regard - l'abbiamo scritta per Carlo e Gioia, per Stefano, per Giovanna, per Rico e Romeo, per Ely e Piero, per Sergio che non c'e' piu' ma c'e' sempre, e per tanti altri che avevano vent'anni nel 1968. Sono i nostri amici di strada di allora: non fanno chiacchiere non vanno in tv, non li conosce nessuno. Erano all'alluvione di Firenze, viaggiavano in autostop verso Capo Nord, leggevano furiosamente e furiosamente discutevano, s'innamoravano e andavano al cinema. S'indignavano e lo dicevano. Qualche volta lo gridavano. Perche' - qualche volta - bisogna gridare per farsi sentire. Lo fanno ancora. Lavorano nelle scuole, nei consultori, nei tribunali, nelle biblioteche, negli ospedali, in fabbrica. Tengono in piedi il meglio di questo paese, a maniche rimboccate, salvando dal fango - oggi come nel '66 a Firenze - le cose belle: lealta', coerenza, coraggio, e schiena dritta. L'abbiamo scritta per loro, La meglio gioventu'. E per noi, tra loro.

Per farlo ci sono voluti altri amici: Angelo, Marco Tullio ... e c'e' voluto il tempo, la distanza , il dolore e la pieta'. Con molti non ci si vede piu'. Ma sappiamo che ci sono: sono i professori dell'ultimo della classe, i ricercatori senza fondi, i magistrati che applicano la legge e che non fanno leggi per se stessi, gli urbanisti di citta' pensate e fatte meglio, i medici senza le frontiere delle nazionalita' che se ne vanno in paesi lontani, i sacerdoti che ci salutano a una certa ora della notte perche' di mattina presto hanno la loro piccola fila di fedeli da confessare. Sono quelli che pensano l'esatto contrario di cio' che pensava Hegel: non tutto cio' che e' reale e' razionale, ma tutto cio' che e' reale fa spesso schifo e bisogna cambiarlo. Ma cambiarlo bene, cambiarlo come si deve: non a chiacchiere e a promesse, non a parole e a bugie. Sono quelli che sanno che la vita e' breve, ma che ci sono certe giornate - quelle della guerra, quelle della sopraffazione, quelle della prepotenza, quelle della menzogna sbandierata - che non passano mai.

Insieme a loro - spalla a spalla, anonimi l'uno all'altro - abbiamo percorso mezzo secolo della nostra vita. I piu' fragili se ne sono andati, qualcuno tanto tempo fa, qualcuno piu' di recente. E ne sono venuti altri, continuamente: si chiamano Gaia, Nicola, Sara, Filippo, Matilde, Pietro, Matteo, Giulia, Francesco: i figli della nostra generazione. Eccoli. Nella sala buia della proiezione siedono in mezzo al pubblico e guardano sullo schermo quel po' di noi che abbiamo cercato di raccontare - le allegrie, le vitalita' le canzoni, le cazzate, le sconfitte, le tragedie: insomma, le ragazze e i ragazzi che eravamo. Hanno anche loro, da qualche parte, un sacco a pelo per andare e un libro spappolato da tirar su dalla melma e passare al secondo e poi al terzo e poi all'ultimo della catena. Un sacco a pelo e una catena di mani. Non una valigetta per far carriera.

26.5.03

Il signore che rubo' una televisione, anzi due


"Romanzo di fantascienza" da Dario Fo & Franca Rame News

Dopo l'incredibile scoop della settimana scorsa (la truffa della corrente elettrica) siamo qui ancora una volta per stupirvi con una notizia che dire che e' una bomba e' un vezzeggiativo! Il superscoop alla settimana! Questo si' che e' ritmo!!! Leggete, maniaci dell'occulto!!! Siamo ai confini della realta'. Oggi, maggio 2003, pianeta Italia. Quel che succede e' che c'e' un signore che ha diritto a un bene e un altro signore che lo detiene e che riesce a non consegnarglielo e che lo fa grazie a una legge scritta apposta per lui.
C'e' una decisione ufficiale dello stato, una sentenza del Consiglio di Stato, una sentenza della Corte Costituzionale che danno ragione al legittimo concessionario di questo bene conteso ma non c'e' niente da fare.
E guardate che una sentenza della Corte Costituzionale non e' un giochino tanto per ridere, e' la cosa piu' seria che ti puo' succedere. In un pianeta di media moralita' quando la Corte Costituzionale dice una cosa parte la polizia a metterla in pratica, e se ci sono problemi intervengono istantaneamente l'Aviazione e la cavalleria pesante. Cioe', la Costituzione e' la base del nostro ordinamento democratico, mica ciccioli.
Ma il fatto ancor piu' incredibile e' che da un'inchiesta che noi abbiamo realizzato su di un campione di 100 italiani con licenza media superiore solo uno (UNO!!!) era a conoscenza di questa storia.
E, in effetti, tutti i mezzi di informazione hanno brillato per aver totalmente censurato qualunque notizia sul caso oppure le hanno riportate in modo stitico affinche' passassero il piu' possibile inosservate.
E, ancora una volta, la sinistra ci fa la sua bella figura.

Ma per capire bene questa vergogna nazionale nascosta dobbiamo fare un passo indietro e partire dall'inizio. Berlusconi nel 1985 aveva solo una rete di televisioni locali che trasmettevano non contemporaneamente gli stessi programmi, era una furbata che permetteva di violare la legge, visto che al tempo era vietato a soggetti privati di possedere televisioni nazionali. Ma Berlusconi si mette d'accordo con Craxi che gli fa un decreto legge apposta. Cosi' Berlusconi ha finalmente tre televisioni nazionali vere. Ma molti storcono il naso perche', essendo possibili solo 11 reti nazionali, e' un po' anomalo che un solo imprenditore se ne prenda tre; le frequenze televisive sono un bene dello stato e lo stato dovrebbe assegnarle permettendo ai cittadini di concorrere in modo paritario. Non siamo nel Far West che il primo che arriva si prende tutto. Inoltre, possedere tre reti contemporaneamente sembrava un po' esagerato...
Cosi' nel 1994 la Corte Costituzionale con la sentenza 420, stabiliva in difesa del pluralismo, che un unico soggetto privato non potesse detenere tre reti nazionali concedendo un periodo di transizione e rimettendo il problema al legislatore per una sollecita soluzione definitiva entro e non oltre l'agosto 1996.
A questo punto la classe politica si trova in un bel pasticcio. Come si fa a dirlo a Berlusconi?
La sinistra non poteva agire perche', come ha ricordato l'on. Luciano Violante a Montecitorio, il 2 marzo 2002, parlando di quel periodo: "A Berlusconi nel '94 offrimmo delle garanzie sulle sue televisioni: non sarebbero state toccate. Lo sa Berlusconi e lo sa anche Letta".
Cosi' arriva il 1996, scade nell'indifferenza generale la decisione della Corte Costituzionale e Berlusconi continua ad avere tre tv.
Nel 1997 la legge Maccanico, pur con un anno di ritardo rispetto alle raccomandazioni della Corte Costituzionale, stabiliva che un soggetto non potesse detenere piu' di due reti, e che, finche' non ci fosse stato un "congruo sviluppo" via satellite e cavo (oggi superiore al 1000% rispetto a quella data), Rete4 avrebbe potuto continuare a trasmettere via etere, quest'ultima decisione in palese contrasto con le decisioni della Corte Costituzionale che aveva deciso per un termine definitivo entro l'agosto 1996.

Poi D'Alema, una volta diventato capo del governo, decide di risolvere la questione e indice una gara per l'assegnazione delle concessioni delle reti nazionali.
La commissione nominata dal Ministero, e' presieduta da un avvocato di Mediaset. Berlusconi si aspetta che finalmente possa detenere legittimamente, con un regolare mandato dello Stato, e non perche' se le e' prese e basta, le sue tre reti e relative frequenze.
Nel luglio 1999 si svolge questa gara d'appalto, per partecipare si richiedono requisiti spaventosi e sembra chiaro che nessuno riuscira' a scombinare i giochi.
Invece, colpo di scena, arriva un tipo con uno scatolone enorme pieno di documenti e dice: "Buon giorno sono Francesco Di Stefano di Europa 7, vorrei due RAI nazionali, grazie."
Panico! E chi e' questo? E' pazzo?
No, non e' pazzo, e' il loro peggior incubo.
Un signor Nessuno, spuntato dal nulla, che ha tutte le carte in regola. Cavolo non ci avevano pensato! E adesso cosa facciamo?
Iniziano a mettergli i bastoni tra le ruote: "Le manca il certificato 3457!"
"No e' qui!"
"Il modulo 13 bis compilato in 8 lingue?"
"Ne ho due, bastano?"
Ma poi trovano la furbata: "Il bando di gara richiede di avere 12 miliardi di capitale interamente versato lei ne ha solo 12 puo' chiedere una sola tv."
"Balle!" Risponde il signor Di Stefano, "dodici miliardi sono per concorrere non per ognuna delle due frequenze". Ricorre al Tar e poi al Consiglio di Stato e vince.
Insomma alla fine gli devono dare UNA concessione per una rete nazionale e presto anche una seconda perche' ne ha diritto e a Berlusconi ne tolgono una, non che la debba chiudere, deve traslocarla sul satellite che ormai e' ricevuto da 18 milioni di italiani. Ma in effetti, volendo potevano lasciare anche tre reti a Berlusconi e darne comunque due a Di Stefano, visto che a tutt'oggi due sono le reti di Tele+ (che Murdock deve mollare, questo e' stato stabilito chiaramente quando gli e' stato concesso di inglobare Tele+ e Stream).
Ma a questo Di Stefano non gli vogliono dare proprio niente.
Evidentemente lui deve essere uno che da piccolo lo allenavano ad abbattere i muri con la cerbottana perche' avvia una serie di procedimenti giudiziari spaventosa. Ingiunzioni, diffide, cause penali, civili, regionali, Commissione Europea. E vince tutti i ricorsi, tutti gli appelli, tutte le perizie. E alla fine arriva alla Corte Costituzionale che nel novembre 2002, sentenza numero 466-2002, ha stabilito inequivocabilmente che Retequattro, dal 1 Gennaio 2004 dovra' emigrare sul satellite, e ha stabilito che le frequenze resesi disponibili, dovranno essere assegnate al legittimo possessore nella persona di Di Stefano!
L'avete sentito dire al telegiornale?
Abbiamo chiesto a Di Stefano come si sentisse in questa storia e ci ha risposto in modo lapidario ma con un lieve sorriso:
"Nonostante siano trascorsi ben nove anni dalla decisione della Corte Costituzionale e quattro anni dal mancato rilascio della Concessione, Retequattro continua a trasmettere, mentre Europa 7, pur avendo ottenuto la Concessione, non e' stata messa in condizione di trasmettere perche' non le sono state assegnate le frequenze di cui aveva e ha diritto.
Attualmente Mediaset continua a detenere e utilizzare appieno tre reti nazionali su un totale di sette concessioni assegnate sulle undici assegnabili (comprese quelle Rai).
Il fatto che un soggetto, a cui e' stata data una concessione (in concessione si da' un bene pubblico, in questo caso le frequenze), non riceva poi materialmente il bene e' un avvenimento che non ha precedenti al mondo.
Nel luglio 1999 Centro Europa 7 aveva fatto richiesta di due concessioni, una (Europa 7) l'ha ottenuta, per l'altra (7 Plus) c'e' stato un diniego, in quanto non ritenuta idonea per la mancanza del requisito del capitale sociale.
Una sentenza del Consiglio di Stato ha riconosciuto esistente il requisito del capitale sociale, per cui siamo in attesa di una seconda concessione, anche se il Ministro Gasparri prende tempo.
Nel frattempo Centro Europa 7 per iniziare le trasmissioni, si e' dotata di una struttura di oltre 20.000 mq, di otto grandi studi di registrazione per le proprie eventuali produzioni, di una library di oltre 3000 ore di programmi e di tutto cio' che e' necessario per esercire una rete televisiva nazionale che prevede circa 700 dipendenti.
Questa preparazione e' stata necessaria poiche' la legge stabilisce che, entro sei mesi dall'ottenimento della concessione, la neo-emittente ha l'obbligo di iniziare le trasmissioni.
Attualmente Centro Europa 7, e' una societa' praticamente ferma, non ha alcun introito, poiche' non e' stata messa in condizione di operare, ma ha avuto, e continua ad avere, pesanti oneri per la gestione della struttura, l'adeguamento della library, l'adeguamento tecnologico, le ingenti spese legali, i costi dei dipendenti, ecc, pur avendo nel frattempo chiuso gli uffici di Milano ed altre infrastrutture per cercare di ridurre i costi.
Centro Europa 7 si trova in questa situazione a causa di gravi inadempienze e omissioni da parte del Ministero per le Comunicazioni e soprattutto da parte dell'Autorita' per le Comunicazioni nei confronti dei quali sono stati sviluppati numerosi ricorsi e numerose diffide."
Ma ora (diciottesimo colpo di scena!) la situazione diventa esplosiva perche' Gasparri si sta muovendo per salvare Rete 4 dalla retrocessione.

Il D.D.L. Gasparri, art. 20 comma 5 e art. 23 comma 1, realizza in pratica un condono, riconoscendo il diritto di trasmettere a "soggetti privi di titolo" che occupano frequenze in virtu' di provvedimenti temporanei, come le sentenze sospensive dei TAR, discriminando cosi' le imprese come Europa 7 che hanno legittima concessione, il tutto sempre al fine di salvaguardare Retequattro.
Infatti, quest'ultima potra' continuare a trasmettere, in barba alla sentenza del '94 e del 2002 della Corte Costituzionale e della legge 249/97, pur non avendo ormai da quasi quattro anni la concessione, mentre Europa 7 non potra' mai trasmettere, dimenticando che nel luglio 1999 c'e' stata una regolare gara dello Stato per assegnare le concessioni, gara persa da Retequattro e vinta da Europa 7.
Si realizza quindi un ennesimo gravissimo stravolgimento del diritto. In pratica, chi ha perso la gara (Retequattro) puo' continuare tranquillamente a trasmettere, e chi l'ha vinta (Europa 7), perde definitivamente tale diritto.
Non vi sembra straordinario?
Ma qui viene il bello: la cosa e' talmente sporca che fa vomitare, ma la sinistra non reputa sia il caso di incatenarsi ai banchi e darsi fuoco davanti al Palazzo. E allora tocca ai deputati del Polo fare una cosa sensata!!! Travolti da un miracoloso afflato civico bocciano alla Camera dei Deputati il decreto Gasparri proprio laddove vuol tagliare la gola a Europa 7.
E a questo punto vien da pensare che Dio esiste.
Certo bisogna vedere come va al Senato.
E' chiaro che le urla di Berlusconi di questi giorni sono per ricompattare i suoi, che se lo mollano adesso... Che lui in fondo potrebbe vivere anche solo con due televisioni, che un cristiano normale si deve accontentare di due palle... Ma e' l'idea che una sua frequenza finisca a Di Stefano che lo fa impazzire. Che oltretutto Di Stefano e' piu' bello di Cacciari...
Comunque, non tutto e' perduto. Bisogna vedere cosa fa il Senato... E poi la legge deve tornare alla Camera... E poi bisogna vedere se Ciampi la firma una legge del genere. Sarebbe proprio abnorme. Si tratta di una questione sostanziale per la legalita' e il pluralismo dell'informazione nel nostro paese, gia' piu' volte schiaffeggiata. Ma qui saremmo all'oltraggio definitivo del concetto stesso di stato di diritto.
Gravita' nella gravita', un conto e' fare una legge per non finire in galera, un conto e' fare una legge per prendersi qualche cosa che appartiene a un altro. Si comincia cosi' e poi si pretende il Jus Primae Noctis.
Quindi, cara cittadina, caro cittadino, sappi che in questo momento si sta giocando una partita incredibile. Se questa legge passa quel che e' tuo e' suo.
E medita pure, se vuoi, su questa sinistra bolsa che non vede neppure il Re quando appare nudo fino in fondo e non lo attacca mai veramente dove gli da' fastidio.
E, visto che i leader della sinistra non sembrano interessati a occuparsi dei fatti della vita (sono troppo impegnati a fare a gara a chi ce l'ha piu' lungo), sara' il caso di guardarci in faccia e dirci la verita'.
Il signor Di Stefano, qui, chi lo difende?
Ci scrivete due righe che cosi' va a letto piu' contento la sera?
Cioe', sarebbe utile mandare due righe al presidente. Al tuo presidente. Sai il presidente di quella cosa che si chiama Repubblica democratica fondata sul lavoro... e' una cosa che tra averla e non averla e' meglio sempre averla, cosi' per scaramanzia, casomai ti servisse.
Vedi un po' tu ma a noi sembra giusto firmarla una letterina al tuo presidente della Repubblica e magari anche a Pera e Casini.
E vedi tu se riesci a far girare questa mail. Che secondo me anche solo se si sa in internet un po' li rende nervosi... Che poi casomai gli viene di fare un altro passo falso... Che internet non conta niente in borsa ma siamo comunque una decina di milioni...

A sua Eccellenza il Presidente della Repubblica Italiana Carlo Azeglio Ciampi
A sua Eccellenza il Presidente della Camera Pier Ferdinando Casini
A sua Eccellenza il Presidente del Senato Marcello Pera

Noi sottoscritti cittadini italiani ci rivolgiamo a Voi e alle Vostre cariche istituzionali perche' siamo scandalizzati e profondamente offesi in quanto una decisione dello Stato Italiano non viene applicata e si tenta di legiferare in modo tale che chi possiede un bene per diritto non ne possa usufruire.
Esattamente quanto e' accaduto all'azienda Centro Europa 7 Spa, che e' legittimamente in diritto di utilizzare due frequenze televisive nazionali assegnatele tramite una gara ufficiale dello Stato Italiano ma che, al momento, a piu' di tre anni di distanza, non ha nessuna frequenza sulla quale trasmettere.
Al contrario, Rete 4 non ha nessun diritto di trasmettere ma continua a occupare abusivamente una frequenza che e' stata assegnata a Centro Europa 7.
Non capiamo proprio come sia possibile tollerare un simile stravolgimento del diritto all'interno di una democrazia costituzionale.

In Fede

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(Inviare ai seguenti indirizzi: presidenza.repubblica@quirinale.it , casini_p@camera.it, m.pera@senato.it e per conoscenza a europa7@quipo.it)

22.5.03

LETTERA DI SOLIDARIETA' ALL'ASSOCIAZIONE CASA PER LA PACE


casapace@tiscali.it

Da inviare a:
sindaco.albertini@comune.milano.it,
Assessore.predolin@comune.milano.it,
redazione@libero-news.it

* Al Sindaco di Milano Gabriele Albertini
* All'assessore al commercio Roberto Predolin
* Al direttore responsabile del quotidiano "Libero" Vittorio Feltri

I gruppi le associazioni e i singoli cittadini che sottoscrivono questa lettera ritengono estremamente gravi e diffamatorie le accuse formulate dall'Assessore al Commercio Roberto Predolin nel corso di un'intervista, pubblicata sul quotidiano "Libero" (n. 98, pag. 26 del 20 aprile 03), nei confronti della Associazione Casa per la Pace di Milano ed esprimono la loro piena solidarietà a questa realtà associativa che svolge un ruolo fondamentale per la promozione della cultura della nonviolenza e della pace nel capoluogo lombardo.

Si ritiene che queste accuse siano infamanti e calunniose perché:

a) gli strumenti di iniziativa politica non violenta come i sit-in, le manifestazioni, lo sciopero della fame sono modalità di partecipazione civile, che rientrano nel diritto di espressione di ogni cittadino e non sono affatto "classiche tecniche di guerriglia urbana";

b) le campagne di boicottaggio sono forme democratiche, che si fondano sulla libertà di scelta del cittadino - consumatore, e il loro obiettivo è quello di spingere le multinazionali coinvolte a rivedere le proprie scelte aziendali di supporto alle politiche militariste e alle guerre. Non si vede come tali campagne possano mettere "in luce complicità con il dittatore e con un sistema criminale";

c) risulta inoltre inquietante l'affermazione dell'Assessore: "Questo sia di monito (?!) al mondo cattolico, che ha coperto queste organizzazioni e continua a sfilare con loro in nome di una pace astratta". E' addirittura pleonastico ricordare all'Assessore che il mondo cattolico, a partire dal Papa e dal Cardinale di Milano, non ha mai offerto coperture ad organizzazioni violente, ma coerentemente ha sempre cercato di affermare i propri principi etici al fianco di tutti coloro che hanno scelto la nonviolenza come forma di una concreta trasformazione sociale.

A questo punto non si può che restare indignati e stupefatti per la richiesta rivolta dall'Assessore alle forze dell'ordine: "Gli organi di polizia devono fare indagini serie e approfondite sui maestri: non dimentichiamo che in passato, all'interno delle BR, sono stati proprio "maestri" come questi a indurre molti ragazzi a uccidere, celandosi dietro una facciata falsa e ipocrita".

Non esistono reati per i quali intraprendere delle indagini. Tale richiesta, con le scandalose insinuazioni che la supportano, criminalizza indebitamente questa realtà democratica e nonviolenta, e suscita pericolose tensioni ed inutili allarmismi.

Attaccare la Casa per la Pace su questi punti significa attaccare il diritto al dissenso e alla libera associazione tra cittadini che intendono organizzarsi per partecipare alla vita sociale e politica. Qualsiasi azione volta ad impedire il normale svolgersi delle attività di Casa per la Pace sarebbe una violazione dei diritti costituzionali e dunque della democrazia nella città di Milano.

Noi associazioni, gruppi e movimenti della società civile ci sentiamo direttamente e responsabilmente coinvolti e con fermezza chiediamo:

*All'Assessore al commercio Roberto Predolin di ritrattare pubblicamente le proprie dichiarazioni.

* Al Sindaco di Milano Gabriele Albertini e alla sua Giunta di dissociarsi dalle dichiarazione del suddetto Assessore e, in caso di una mancata ritrattazione pubblica, di rimuoverlo dal suo incarico.

* Al quotidiano "Libero" di fornire una corretta informazione ai cittadini dando all'interno del proprio giornale tutto lo spazio necessario all'Associazione Casa per la pace di Milano perché essa possa illustrare le numerose attività non lucrative di utilità sociale che svolge, smontando in tal modo una per una tutte le accuse infamanti e calunniose ad essa rivolte.
Da "Libero" di Domenica 20/04/03 pag 26 Milano.

L'Assessore Predolin: Le scuole di pacifismo spesso sono officine di vera e propria violenza:

"BISOGNA TENERE SOTTO CONTROLLO L'EDIFICIO"


Intervista di PAMELA Dell'Orto.

A Milano c'è un centro, la "Casa per la pace", dove si insegnano più di 100 tecniche di "disobbedienza". E che insegna a combattere Bush e l'America boicottando prodotti di largo consumo (dalla Coca Cola al tonno in scatola). Tutto è nel segno anti - USA. Si proiettano film e documentari contro multinazionali, si vendono gadget pacifisti. Infine si può trovare l'elenco delle imprese che hanno finanziato la campagna elettorale del presidente americano. E che quindi vanno fermate. Abbiamo chiesto all'assessore al Commercio del Comune Roberto Predolin se questi insegnamenti "pacifisti" possano considerarsi davvero tali.

D. Assessore, qui insegnano come fare sit - in, manifestazioni, scioperi della fame e anche quali prodotti boicottare: sono mezzi pacifisti secondo lei?

R. Sono le classiche tecniche di guerriglia urbana, che non hanno niente a che fare con il pacifismo.

D. E cosa ne pensa della propaganda contro i prodotti americani?

R. I 200 prodotti nel listone dei nuovi guerriglieri mettono in luce la loro complicità con il dittatore e con un sistema criminale, che è diventata tale da boicottare prodotti americani di cui fruiscono anche loro. E' un'idea ridicola, ma deve far riflettere su cosa si celi veramente dietro la bandiera della pace.

D. Non è assurdo che esista una scuola del genere?

R. Le scuole di guerriglia si sono già viste dal '68 e negli anni '70. Sappiamo tutti dove hanno portato.

D. La Casa per la pace, dunque, può rappresentare un pericolo?

R. La scuola in sé va ridicolizzata. Non bisogna darle troppo peso. Si corre il rischio di darle un importanza immeritata. Ma il pericolo c'è. Anche negli anni '70 è iniziato tutto così, con pacche sulle spalle. E poi abbiamo visto cosa è successo. Quando ci si è resi conto che le sedute di amicizia e fratellanza hanno lasciato sangue sul selciatodelle strade, ormai era troppo tardi.

D. Come intervenire, allora, per evitare che la storia si ripeta?

R. Gli organi di polizia devono fare indagini serie e approfondite sui maestri: non dimentichiamo che in passato , all'interno delle BR, sono stati proprio "maestri" come questi a indurre molti ragazzi a uccidere, celandosi dietro una facciata falsa e ipocrita. E questo sia anche di monito al mondo cattolico, che ha coperto queste organizzazioni e continua a sfilare con loro in nome di una pace astratta.

14.5.03

LO PSICOPOMPO AMOREVOLE


intervista di Stefano Lorenzetto per “Il Giornale” al divino Otelma


Il tiranno si ucciderà? «In risposta ai quesiti pervenuti da svariate agenzie di stampa di ogni parte del mondo - al riguardo le supposte intenzioni suicide del dittatore irakeno - Sua Divina Grazia il Venerabile Maestro Otelma, Fonte di Vita e di Salvezza, Dispensatore di Verità Archetipa, Luce dei Viventi, Psicopompo Amorevole, così risponde ex cathedra, col vincolo della infallibilità: “È escluso che il signor Saddam possa uccidersi”. Il Divino Maestro ha parlato: la questione è chiusa».


(Il Divino Otelma)


Tra il riguardo e le supposte sarà anche risultata zoppicante la sintassi, ma se non state lì a formalizzarvi dovete convenire che quel demonio del Divino Otelma ci ha pigliato in pieno con la sua profezia alla vigilia della guerra Usa-Irak. La questione, però, non è per niente chiusa perché adesso il Primo Teurgo della Chiesa dei Viventi, Gran Maestro dell’Ordine Teurgico di Elios, presidente dell’Ordre des occultistes d’Europe, e dell’Ordine degli occultisti d’Italia, e del Centro di studi astrologici, e dell’Unione astrologico-occultista, ha deciso di umiliare Sergio Romano con questo pronostico: «Il signor Saddam, ferito ma vivo, sarà ininfluente nei destini del suo Paese, dove invece, sorprendentemente, tornerà a svolgere un ruolo centrale, col consenso degli Stati Uniti, il partito Baath. Tuttavia noi non crediamo che la situazione in Medio Oriente si normalizzerà e prevediamo che il conflitto tra palestinesi e israeliani durerà per altri vent’anni».

Quando dice noi, il Divino Otelma (guai a chiamarlo mago) intende dire io, anzi dio. Se pensate che non abbia titolo per discettare su questi temi, vi sbagliate di grosso. Molto tempo fa - a quell’epoca dio parlava in prima persona singolare e si faceva ancora chiamare Marco Belelli - Sua Divina Grazia frequentava, con una borsa di studio del ministero degli Esteri, le austere stanze di Palazzo Clerici, a Milano, sede dell’Ispi, l’Istituto per gli studi di politica internazionale. Poi, inspiegabilmente, Belelli gettò alle ortiche la laurea in scienze politiche, «conseguita a pieni voti nel 1975 presso l’Università di Genova», con tesi di storia contemporanea su, nientemeno, «i problemi posti dall’armistizio italo-francese del 1940», s’accorse che il suo secondo nome di battesimo, Amleto, poteva diventare un palindromo, Otelma, e decise di trasformarsi in Psicopompo Amorevole.

Da allora usa soltanto il pluralis maiestatis, anche se deve ordinare un caffè al bar, ma la sua vita è diventata un inferno, altro che balle, almeno a giudicare dalla travolgente agenda tenuta dalla sua Cancelleria Privata. Prendiamo una settimana a caso dello scorso anno. 20 ottobre: «Il Divino Maestro Otelma, Fonte di Vita e di Salvezza, reduce dagli straordinari risultati di ascolto di Chiambretti c’è, ha benignamente concesso l’Alto Privilegio della Sua Immaginifica Presenza a Buona domenica». 21 ottobre: «Sua Divina Grazia il Venerabile Maestro Otelma, Fonte di Vita e di Salvezza, ha benignamente concesso l’Alto Privilegio della Sua Voce Melodiosa a Lattemiele». 22 ottobre: divino riposo. 23 ottobre: «Sua Divina Grazia ha benignamente accolto le suppliche pervenuteGli e concederà nuovamente l’Alto Privilegio della Sua Gaudiosa Presenza a Porta a porta». 24 ottobre: «Il Divino Signore ha benignamente concesso l’Alto Privilegio della Sua Gioiosa Presenza a Rai Uno, Emittente di Stato in Italia. La Solenne Epifania avrà luogo in diretta dagli Studi Dear di Roma, nella fascia oraria 14-16 (circa)». 25 ottobre: divina sosta. 26 ottobre: «Sua Divina Grazia ha graziosamente accondisceso a presenziare a C’è posta per te». Per poi ricominciare il 31 ottobre con Sì sì è proprio lui al fianco di Luisa Corna: meglio di un cornetto di corallo per tirarsi un po’ su.


(Con la sola impostazione della mano posso ungerti la giacca e la cravatta Ahhé!!!)



Per munifica concessione di Sua Divina Grazia la presente intervista si svolge nella semioscurità dello studio-abitazione di vico San Pancrazio, un umido carrugio della vecchia Genova, due stanzoni ingombri di libri, carte, foto, manifesti, amuleti, candelabri, simboli esoterici, un pulviscolo cosmico di oggetti coperti da terrestrissima polvere. Io sistemo il taccuino fra i grani di polenta sulla scrivania mentre dio, più prudente degli umani, registra la conversazione con un cigolante mangiacassette Philips.



Come la devo chiamare?

«Normalmente noi siamo chiamati Divino Otelma».

E da chi promana la sua divinità?

«Noi siamo dio. Quindi non può che promanare da noi stessi. Noi siamo parte della grande anima dell’universo. I prodigi che compiamo, le guarigioni, si spiegano con l’attivazione di forze latenti in tutti gli esseri umani. Come accade a Lourdes o a Fatima. La fede è il presupposto indefettibile di ogni prodigio».

Compiere miracoli è la sua unica attività?

«In questo periodo noi stiamo scrivendo la nostra seconda tesi di laurea, che discuteremo col professor Paolo Aldo Rossi, docente di storia del pensiero scientifico presso il dipartimento di filosofia dell’Università di Genova, dal titolo Teorie millenaristiche relative alla fine del mondo. Partiremo dal Vetero Testamento per arrivare a Codice Genesi, il libro di Michael Drosnin che ipotizza la fine del mondo per il 2006».



Lei per che anno la ipotizza?

«Noi riteniamo che la fine del mondo avverrà molto dopo. Certamente oltre il 2050».

Fiiiuuu...

«Ma se parliamo di conflitti in grado di compromettere gli equilibri biofisici del pianeta, prevediamo spiacevoli novità dal 2025 al 2030».

Perché non vuol essere chiamato mago?

«Riteniamo che questa definizione riferita alla nostra persona terrena non sia esaustiva. Noi siamo qualcosa di più. Abbiamo fondato la Chiesa dei Viventi, che già raccoglie 20mila fedeli e farà sparire o ridimensionerà tutti gli altri culti. È una chiesa simbiotica, che riunisce i principî della magia e della religione».

Quali sono i suoi comandamenti?

«Il principale è recare la felicità agli umani su questa terra, nella vita presente e in quelle che verranno. Diamo per scontata la reincarnazione. Anche su altri pianeti».

Lei s’è già reincarnato?

«Sicuramente sì. In epoca augustea facevamo parte dei quindecemviri sacris faciundis, i quindici sacerdoti custodi dei Libri sibillini».

E prima?

«Fummo sacerdote in Atlantide. E poi faraona».

Finì arrosto?

«Molti ignorano che vi furono nell’antico Egitto faraoni femmina».

Fu l’unica volta che si ritrovò donna?

«No, ci è capitato anche in altre circostanze».



(Il Divino e la divina Fenix - da www.divinotelma.com)



Il Papa, rispetto a lei, come va considerato?

«Egli è persuaso di essere il Vicario di Dio. A noi non risulta, perché, se lo fosse, ovviamente lo sapremmo. Noi non abbiamo nulla in contrario a che egli illustri il suo credo. Ma constatiamo che l’Italia è l’unico Paese al mondo dove si sta svolgendo una campagna di persecuzione contro la magia che vede la collusione tra il sistema mediatico e alcuni partiti politici legati allo stregone polacco».

Moderi il linguaggio. Per questo epiteto irriguardoso è già stato denunciato da un avvocato di Bologna.

«Denuncia archiviata. Solo una mente sprovveduta o incolta può ravvisare un insulto in questa espressione, che non ha alcunché di diffamatorio, ma è puramente descrittiva di un dato fattuale: il dottor Wojtyla è polacco ed è evidente, dal punto di vista degli occultisti, che egli opera in maniera similare ad altre esperienze di tipo magico».

Ci sono patologie che non riesce a guarire?

«Noi siamo dell’opinione che non esistano malattie inguaribili, bensì solo malattie che la scienza ufficiale non è ancora in grado di curare. Ci riuscirà quando arriverà dove la magia è già arrivata da secoli».



Nel frattempo, che mi dice della polmonite atipica?

«La Sars è destinata a condizionare gli avvenimenti mondiali fino ad agosto. La situazione tornerà sotto controllo solo in ottobre. Ma non vediamo particolari motivi di allarme per l’Italia».

La sua salute come va?

«Siamo in ottima forma. Non abbiamo mai subito interventi operatori. Ci autocuriamo con rituali magici collettivi e individuali».

Anche Vanna Marchi e il maestro Do Nascimento promettevano rituali magici per la salute e guardi come sono finiti.

«La signora Marchi è una venditrice di alghe. Il signor Do Nascimento, per quel che a noi risulta, è un ex cameriere».

Che differenza c’è fra lei e monsignor Milingo?

«Sul piano dei risultati probabilmente nessuna. Il signor Milingo, a quanto si dice, riuscirebbe con rituali religiosi a produrre guarigioni che egli attribuisce alla misericordia divina. L’unica differenza è che il Divino Otelma guarisce facendo riferimento a se stesso».



E fra lei e Giucas Casella?

«A noi non risulta che la persona da lei citata si consideri un taumaturgo o un dio».

Che cosa pensa di Rosemarie Althea, che dice di parlare con i defunti?

«Noi non possiamo né affermare né escludere che sia in grado di contattare i cosiddetti defunti. Qualora lo fosse, la cosa non ci sorprenderebbe visto che migliaia di persone prima di lei, noi compresi, hanno fatto lo stesso. Quel che si può dire è che la signora Althea beneficia dei servigi di un buon ufficio stampa».

Quando s’è accorto di possedere poteri soprannaturali?

«Fin dall’età di 6-7 anni formulavamo previsioni e guarivamo appoggiando una mano sulle parti doloranti di un corpo».

Può descrivermi quali sono questi poteri?

«Illimitati».

Se io adesso le dicessi che sto male, lei riuscirebbe a dirmi di che patologia soffro e a curarmi?

«No, il rituale va preparato».

Poteri illimitati, tranne quello di resuscitare i morti.

«In verità, in verità, la risurrezione da morte non avvenne solo nel caso di Gesù Cristo. Nell’Antico Testamento anche Elia risvegliò un defunto e il corpo di Eliseo profetizzò mentre era nel sepolcro. Altri esempi si trovano nella tradizione orientale. La morte è solo una malattia».



Secondo lei per quale motivo una persona dotata di così ampie facoltà non viene nominata presidente del Consiglio?

«Non vi sono dubbi sul fatto che noi sapremmo gestire il Paese in maniera ottimale. Esercizio peraltro non difficile considerato il livello della classe politica. Ma ciascuno ha il suo destino».

Che mestiere facevano i suoi?

«Papà era amministratore di immobili. Mamma aveva frequentato una scuola di taglio e cucito, era una bravissima sarta. I nostri primi abiti per i riti magici li fece lei».

Posso sapere la sua età?

«Abbiamo moltissimi anni. Migliaia e migliaia. Abbiamo perso il conto». (L’ho tenuto io: ne ha 54, compiuti pochi giorni fa).

Nella vita attuale, intendevo.

«Non possiamo dirlo con precisione per ragioni prudenziali. Per danneggiare una persona la via maestra è il controllo di giorno, mese, anno e ora di nascita. E noi abbiamo moltissimi amici, ma anche qualche nemico».

Che cos’ha da temere? È dio.

«Noi non temiamo i nemici, ma non vi è motivo di favorire le loro iniziative malefiche».



(Al Gilda di Roma con il Divino Otelma e l'avvenente Fenix indovinate chi c'è... - da www.divinotelma.com)



Dov’è nato?

«A Genova».

Credevo a Quistello, provincia di Mantova.

«Quella è la nostra contea. Come si può leggere nel nostro sacro sito, il titolo di conte ci spetta da un migliaio d’anni».

È sposato?

«Noi abbiamo celebrato due matrimoni in India, a Udaipur, secondo il rituale della Chiesa dei Viventi. Dopo qualche tempo, abbiamo ripudiato entrambe le mogli. L’ultima, nel 2000, è stata Carlinha, brasiliana».

Da piccolo ha avuto rapporti con la religione cattolica?

«Sì, sì. Abbiamo frequentato il catechismo».

E magari fatto anche il chierichetto.

«Anche. Nutriamo grande rispetto per don Luigi Traverso, parroco di San Siro, un sant’uomo che ci conosce fin da quando eravamo bambini».

Ma che non riesce a convertirla.

«Quando ci capita d’incontrarlo, don Luigi ha sempre una parola buona e ci pone anche qualche domanda. Forse egli ipotizza una possibilità di salvezza anche per la nostra persona. Se tutti fossero come questo sacerdote, il mondo sarebbe migliore».



Prima di darsi alla magia, che mestieri ha esercitato?

«Noi siamo l’unico mago d’Italia che ha fatto sempre e solo quello. A differenza degli altri, che sono riciclati, studenti falliti, cassintegrati ed ex prostitute».

Chi le ha spalancato le porte della Tv di Stato?

«La prima a ospitarci fu Enza Sampò».

Quale conduttore la mette più a suo agio?

«Il livello medio mentale e culturale è piuttosto basso. Si tratta per lo più di individui di modesta levatura».

Credevo si trovasse bene nel salotto di Maurizio Costanzo.

«Con Costanzo i rapporti sono ambigui. Egli segue il vento, come tutti sanno. Quando è nata l’ondata di isteria persecutoria contro la magia, s’è subito allineato».

Si fa sempre pagare per andare in Tv?

«Noi andiamo solo dove siamo pagati. Ci mancherebbe... Un Pippo Baudo qualsiasi guadagna cifre astronomiche. Per inciso, noi sapremmo condurre il Festival di Sanremo molto meglio».

Guardando il mio oroscopo nel suo sacro sito, ho scoperto che avrei bisogno di due «sussidi teurgici», uno dei quali è il pentacolo del gioco, che costa 250 euro più spese postali. A che serve?

«Come tutti i pentacoli, è in formato cartaceo e contiene un disegno magico, connesso a un rituale da celebrarsi a casa propria».

Mi fa vincere al gioco sì o no?

«Dev’essere personalizzato con dati anagrafici e foto. Normalmente dà buoni risultati. Non sempre, è ovvio».



Lei vende anche i «numeri segreti» da mettere al lotto. Ma la relativa pubblicità, apparsa sul mensile Astra, è stata ritenuta ingannevole dall’Antitrust.

«Un nostro ricorso è pendente da anni al Consiglio di Stato. È vergognoso».

Sempre dal sacro sito: «Mentre tutt’intorno infuria la battaglia, e Genova è sconvolta da gravi disordini in occasione del G8, Sua Divina Grazia celebra un possente Rituale Magico Propiziatorio nella centralissima piazza De Ferrari, Cuore della Superba». Non sembra che abbia avuto successo: un morto e danni per miliardi.

«Noi abbiamo fatto il rituale con le foto dei premier per il buon esito politico del vertice. Non era possibile impedire gli incidenti perché ciò avrebbe presupposto un contatto con sterminate moltitudini».

Nel luglio ’95 ha compiuto un rituale intrecciando le candele con Walter Veltroni, Fausto Bertinotti e Romano Prodi per la vittoria dell’Ulivo.

«E l’Ulivo ha vinto le elezioni».

Tifa per il centrosinistra?

«No, no, assolutamente. Siamo super partes. Abbiamo previsto anche la vittoria del Polo alle ultime elezioni. Colgo l’occasione per confermare che Berlusconi giungerà sino alla fine della legislatura. Il decremento di voti che il centrodestra registrerà alle prossime elezioni amministrative non influirà sulle sorti del governo».



Ma Veltroni, Bertinotti e Prodi l’hanno pagata?

«Eravamo ospiti ufficiali con uno stand alla festa del settimanale satirico Cuore, a Montecchio Emilia. Quindi a spese loro, non nostre».

Ma come? Ha lavorato per Michele Serra, sempre così attento a non confondersi con le pacchianerie? Proprio lei che era iscritto al movimento giovanile del Msi.

«Questo chi gliel’ha detto?».

Il mio divino archivio.

«Effettivamente, poiché siamo sempre stati anticomunisti, mentre frequentavamo il liceo classico militammo nella Giovane Italia».

E subito dopo non s’iscrisse alla Dc?

«Effettivamente fummo delegato giovanile della Dc e anche consigliere nel quartiere Pré-Molo-Maddalena. Credevamo di poter fare politica. Invece incontrammo solo gente interessata a raccomandazioni e prebende».

Così tentò la scalata ai vertici del partito radicale.

«La nostra mozione al congresso del novembre ’86, avversa alla decisione di Marco Pannella di chiudere il partito, fu votata dal 10 per cento dei delegati».




(Il magone Otelma e... - da www.divinotelma.com)


Quindi fondò un partito tutto suo, Europa 2000.

«Per chiedere l’abolizione della legge Merlin».

Mi risulta che fu denunciato dalla Guardia di finanza per evasione fiscale e condannato con sentenza definitiva della Cassazione nell’86.

«La nostra attività, secondo la normativa allora vigente, era illegale. Sarebbe stato ben curioso che tenessimo i registri contabili e pagassimo l’Iva per un’attività illecita. Questa nostra impostazione fu accolta dalla Cassazione».

La Corte d’appello di Trieste l’ha condannata a due anni di reclusione per circonvenzione d’incapace. Tra l’87 e l’88 lei indusse P.P., 35 anni, a pagare parecchi milioni di lire per avvalersi delle sue arti magiche.

«Ci è del tutto indifferente quello che la Corte di Trieste ha deciso. Trattasi di sentenza aberrante, assurda sotto ogni profilo. Ne citiamo uno solo: i fatti si svolsero qui a Genova. La persona venne da noi ricevuta, una sola volta, accompagnata dalla madre. Perché non siamo stati processati dal nostro giudice naturale? Inoltre noi chiediamo di non rispondere a giudici di fede cattolica, che ci sono pregiudizialmente ostili. Solo a laici o atei».



Indossa sempre caffettano e turbante?

«Questa è la nostra tenuta informale. Noi non utilizziamo giacche e cravatte, abbigliamento che implica un condizionamento sociale e la soggezione ai poteri costituiti. Per le occasioni ufficiali o cerimoniali abbiamo un abito d’argento in esemplare unico con copricapo particolare».

Una mitria vescovile, mi par di ricordare.

«Un copricapo preesistente al cristianesimo e che raffigura il concetto di luce».

Nel tempo libero come si rilassa?

«A noi piace molto viaggiare. Ci rechiamo spesso in India, in Marocco, a Cuba. Tra un viaggio negli Usa e uno nel Rajasthan, preferiamo quest’ultimo. Detestiamo il Giappone e la Cina, scimmiottature del modello occidentale».

Scusi l’impertinenza, Divino, ma perché vive in questo caos?

«Se attorno a noi vi sono tante cose, significa che nel corso del tempo le abbiamo ritenute funzionali al nostro modo di vivere».

Sono funzionali anche quei vetri della finestra così sporchi?

«Noi non facciamo lavare le finestre per tutelare la nostra privacy. Abbiamo trovato efficace questa soluzione. La polvere ci protegge da sguardi indiscreti».

SALINA 33 ANNI FA


da Giorgio Secchi

Non so se vale ancora l'invito a parlare di salina. Scrivo lo stesso
qualcosa, ringraziandola per l'occasione che mi ha dato per ricordare.
Sono stato, sarebbe meglio dire, fui a Lingua ben 33 anni. Fresco di
licenza liceale avevo deciso con degli amici del Nord (allora abitavo a
bergamo, nessuno è perfetto) di andare a salina, dove c'era una casa di
amici siciliani, messinesi per la precisione, in cui si poteva stare
qualche giorno. Erano i tempi delle comuni, delle case aperte...
Prendemmo la nave a Napoli - concordo con lei,i tempi lenti di
avvicinamento contano molto in questo viaggio - e arrivammo a salina il
mattino dopo. La casa stava a metà collina, una vecchia casa con la cucina
in mattone e un po' di letti sparsi per le stanze. Fuori, in faccia al
mare, una larga terrazza. A casa si arrivava lungo un sentiero dissestato,
coperto di fiori di cappero. Si stava bene, in tanti, in quella casa.
Alcuni nomi, alcuni volti. C'era l'avvocato Saja, ancora non era avvocato
ma già si comportava come se fosse. Col pizzetto e la chitarra incantava le
ragazze pallide del nord con le canzoni siciliane e le poesie in dialetto
di Ignazio Buttitta. Incantava anche le ragazze del posto, un'Angelica
bionda e messinese, una bellezza normanna che non sopportava che l'avvocato
si occupasse così meticolosamente di una ragazza del Nord, bresciana per la
precisione. A me piaceva Angelica ma lei non si concesse, in quella lunga,
dolce estate, salvo qualche messa in scena per provare a ingelosire il suo
vero oggetto del desiderio.
Lingua, le partite di pallone nella salina, gli involtini di pesce con i
pomodorini, cipolla tritata e capperi, le sere sulla terrazza di un signore
elegante e simpatico, un architetto del Nord, Carlo Hauner che stava
decidendo di fare il vino e che c'è riuscito realizzando in particolare un
magnifico passito. Purtroppo lui è morto tre anni fa, se non sbaglio, e mi
è molto dispiaciuto perchè lo ricordavo così piacevole, mentre raccontava
il suo sogno davanti al mare di salina.
Un'altra persona ricordo con affetto, Don Ciccio. Era pescatore e bazzicava
alla trattoria vicino alla spiaggia della salina. Aveva un piccolo orto e
un barcone. Gli piaceva che lo accompagnassi a guardare i frutti o a tirare
le reti, la sera. Ricordo che aveva un bellissimo albero di melograno e i
frutti non erano ancora pronti. Don Ciccio diceva che aveva cominciato a
volermi bene come un figlio e i suoi occhi azzurri erano sinceri. Gli dissi
che amavo il melograno, perchè mi ricordava l'inizio dell'inverno, l'ultimo
colore prima del buio.
Prima di tornare a casa Don Ciccio mi baciò e mi abbracciò, poi mi chiese
l'indirizzo "così ci facciamo gli auguri", disse.
Tre mesi dopo mi arrivò a casa un pacchetto, con due melograni e un
biglietto scritto a mano "c'è dentro il mio sapore, baci don ciccio".
Mi fermo qui ma se lei avesse qualche notizia sui nipoti di Don Ciccio li
ringrazi per me.

Un ritratto vi sopravviverà



Il Paese Reale di Piermaria Romani raccontato da Gianluca Neri su Gnueconomy

Non vi chiedo neanche se a voi è capitato, perché so che è impossibile. Da qualche giorno in ufficio tutti mi guardavano strano, tipo "hai un biglietto con scritto ‘prendimi a calci’ attaccato sulla schiena". Invece ho scoperto - ma dopo un po' - che la causa era una busta a me indirizzata che faceva bella mostra di sè sul tavolo della reception. "Embè? È una normale busta!", mi son detto, proprio nel momento in cui la giravo e mi accorgevo che no, non era affatto normale. C'era appiccicato sopra un ritratto di Buttiglione in formato A4 e, accanto, un'esortazione. La busta si rivolgeva a me. Personalmente. E siccome non sono maleducato, leggo: "Considerami e vincilo! Prima super riffa per onesti faticatori dei media. C'è un paese e un'opera artistica sul sociale che lo contempla: bella, potente, scriteriata. Un lavoro a cui serve qualcuno che ne parli sui media. Se sarai tu parteciperai all'estrazione del ritratto a pastello a fianco e un week-end per con escursione sul delta del Po. Se l'incipit ti ha preso, apri la busta, e leggi cosa. Buona vita". Beh, io l'ho aperta, scoprendo non so se con sollievo o terrore, che il mittente era Piermaria Romani, geniale collaboratore del "fu" Cuore, inarrivabile in quanto folle. Per chi non lo ricordasse, sto parlando dell'autore di varie pepatissime interviste e delle rubriche "Niente resterà impunito - Rassegna dei crimini del dopoguerra", "Mai più senza", "Paese Reale".
"Paese Reale" era, in particolare, una delle idee di Cuore che ho più apprezzato, da lettore prima e da redattore poi: aveva, alternativamente, l'effetto di un pugno nello stomaco o di un sorso d'acqua fresca. Tutto dipendeva dal soggetto che Romani aveva ritratto quella settimana (già: "Paese Reale" era il disegno di un volto, a tutta pagina) e dalle poche righe di didascalia: chi era; qual era stato il giorno più bello della sua vita; quale il più brutto; che lavoro faceva; quanto guadagnava. Mi sono armato di scanner per potervi presentare qualche esempio:


Una volta chiuso Cuore, Romani ha continuato a portare avanti "Paese Reale", immaginandosi come l'ideatore di un'opera d'arte che non avrà mai fine. Dal 1991 ad oggi ha iniziato a ritrarre 367 concittadini con l'obiettivo di tratteggiare i visi di tutti (tutti!) gli abitanti di Stienta, il suo paese di nascita nel comune sul Po, in provincia di Rovigo ma a 16 chilometri da Ferrara. Quando non potrà più occuparsene, a lui subentrerà qualcun altro, perchè far sopravvivere questa iniziativa ai volti e ai visi immortalati, alle nascite e alle morti, significa dare uno scacco al tempo.
Ora i ritratti fino ad oggi realizzati sono in esposizione permanente presso il municipio di Stienta.
Vale la pena vederli ma, prima di passare la parola direttamente a Piermaria, desidero assicurarvi una cosa: io, da allora, non ho più visto tanta poesia scaturire da un gesso o un pastello.


PAESE REALE / DA QUI ALL'ETERNITÀ

di Piermaria Romani

Cormac McCarthy - Questo mondo che ci pare una cosa fatta di pietra, vegetazione e sangue, non è affatto una cosa, ma semplicemente una storia. E tutto ciò che questa storia contiene è la somma di tutte le storie minori, che sono quindi la stessa storia e contengono in sé tutto il resto. Quindi tutto è necessario. Ogni minimo particolare. Non si può fare a meno di nulla. Nulla può venire disprezzato. Perché non sappiamo dove stanno i fili. I collegamenti. Il modo in cui è fatto il mondo.
Come tutti noi, dato che sappiamo qualcosa sull'aldiquà ma sull'aldilà le informazioni risultano ancora parecchio lacunose, questo lavoro tende all'infinito.
Nel corso della vita infatti, buona sorte permettendo, e anche magari un mecenate, una banca o, una fondazione che mi consenta di occuparmi solo di questo, ho intenzione di ritrarre tutti gli abitanti di Stienta, ossia del mio paese di nascita abitato da circa 3000 persone, finchè morte non mi separi.
E sarebbe bello che come nei fumetti dell'Uomo Mascherato dove "L'ombra che cammina" trasmetteva all'erede i suoi poteri con il compito di far trionfare il bene nella giungla, anch'io trovassi un'artista che voglia continuare questo progetto dopo la mia fine, perché ovviamente il ritratto degli abitanti di un paese non si conclude mai, continuando la gente sempre a nascere. E lui a sua volta un altro che prosegua il gioco, e via così fino all'infinito, dando scacco al tempo e ai limiti dell'umano. Cercasi pertanto i eredi, continuatori, il mio telefono è 0425-757756.
Dal 1991 a tutt'oggi tra residenti, ospiti e fedeli amici dell'uomo ho realizzato 367 ritratti. E sono in esposizione permanente nel municipio di Stienta, comune sul Po in provincia di Rovigo ma a 16 km. Da Ferrara. Sotto l'immagine compare ricavato da un intervista: il giorno più bello della loro vita, o quello più brutto, o il grande sogno dei soggetti ritratti, o il rapporto fra l'uomo e le bestie in questione. Questo per evidenzìare che non esiste un paese reale, che la realtà è una convenzione e perciò ognuno ha diritto ai propri voli, alle proprie fantasie, ai propri orizzonti, per quanto dementi, brutti, belli o banali che siano. Visto che viviamo dentro un grande racconto che ci sovrasta e nessuno può razionalmente pensare che si sviluppi per gli altri con gli stessi processi esistenziali che sono toccati a lui.
Tolleranza dunque per tutte le diversità, ma pure per qualsiasi debolezza, infigardia, dispotismo, errore o sciocchezza, perché siamo agiti molto, molto di più di quanto riteniamo agire, e dunque "tana libera per tutti".

13.5.03

L'IN-GIURIA POPOLARE



DAL MANIFESTO

Siamo sommersi dai codici fiscali. Dopo la vignetta di Vauro la corsa a dare le generalità di chi si associa all'insulto a Berlusconi è frenetica. Una lettrice chiede a qualcuno di farsi carico della raccolta («non possiamo chiedere al manifesto di diventare un elenco telefonico», scrive: sottoscriviamo), il circolo della sinistra giovanile di san Giovanni a Teduccio (Napoli) provvederà a volantinare oggi il quartiere, altri con vena federalista aggiungono insulti dialettali. Luigi Ceretti dice che Vauro è riuscito a far diventare «adorabile» quell'antipaticissimo numero del codice fiscale. Ok. Ma che ne facciamo ora di tutti questi codici fiscali? Condoniamo?

LA VIGNETTA DI VAURO



Ve l'avevo detto che la vignetta di Vauro aveva avuto un sacco di adesioni. Ecco quelle pubblicate dal manifesto

POSTA & PROPOSTA
Scriveteci ai seguenti indirizzi: via Tomacelli, 146 00186 Roma o lettere@ilmanifesto.it
Un vero successo di pubblico, la vignetta di Vauro che raffigura il medesimo nell'atto di sfidare l'ultima minaccia del presidente del consiglio: quella di denunciare chiunque osi ingiuriarlo - il privato cittadino che strilla «buffone» nel corridoio di un tribunale come il pubblico giornalista che si azzardi a raccontarlo in un servizio televisivo. Un successo oltraggioso, si potrebbe dire. L'omino nell'atto di proferire il sostantivo fatidico e qualificarsi con nome, cognome e codice fiscale ha incendiato la fantasia di una quantità di lettori. Ci avete mandato valanghe di adesioni (graditissime anche se non è una campagna) e un certo numero di variazioni sul tema-base di "stronzo" (e contenetevi un po', che diavolo, non siamo mica la segreteria telefonica di Radio Radicale). Quelle che seguono sono un po' delle vostre lettere. Continuate pure a mandarne ma attenti, Vauro si sta già montando la testa.

Aderiamo anche noi

Felici di associarci a Vauro:
Stefania Mazzoni

MZZ SFN 53A57 H501N

Tina Lima, LMI NNZ 55C43 H501R

Chiara Robiony, RBN CHR 72T42 J839

Roberta Bussi, BSS RRT 66C54 Z404B

Anna Zippel, ZPP NSL 71D4H 501D

Anna Spinaci, SPN NNA 62S65 D488L

Rosaria Pezzini, PZZ RSR 52A62 H192P

Carla Capra, CPR CRL 65S42 L570S

Donatella Grandi

GRN DTL 48C47 B157Q

Maria Luisa Mazzoni

MZZ MLS 43E59 H501L

Cristian Saleari, SLRCST74D24H264A

Ughetta Tona, TNO GTT 75R44 F258Y

Dal Messico con amore

Caro Vauro, hum nulla...solo che sono molto felice e grata di leggerti. Insomma sono tra le prime lettrici a godere della buona novella grafica (sono immigrata in Messico, così che più o meno alle 5.30 del pomeriggio mi ritrovo bella e pronta la pappa buona di domani!)...yeah, insomma muchas gracias.

Cristina
Ho diffuso la vignetta

Vi leggo ogni giorno, perché credo che siate rimasti l'unico quotidiano intelligente che valga ancora la pena di leggere. Vi ringrazio per questo, perché in questi tempi così oscuri è bello poter scoprire che ci sono tante persone che hanno gli stessi tuoi pensieri, le stesse preoccupazioni, gli stessi ideali. Da diverso tempo ho deciso di ascoltare sempre meno i telegiornali che manda in onda la televisione perché li ritengo offensivi nei confronti dell'intelligenza di noi cittadini.

Plauso a Vauro. La vignetta di giovedì è un capolavoro. L'ho scansionata e l'ho inviata a tanta gente, perché credo che sia un atto di grande coraggio. La mia è solo una lettera di ringraziamento perché ci siete e spero con il mio piccolissimo contributo di far sì che continuiate ad esserci anche domani, dopodomani e dopodomani ancora! Un abbraccio a tutta la redazione.

Tiziana, Roma
All'inizio della giornata

Vi ringrazio per darmi ogni giorno, tranne il lunedì, il buongiorno. Siete la prima «cosa» che leggo quando arrivo al mattino in ufficio. Non è sempre un buongiorno in effetti viste le notizie che dovete dare. Siete meravigliosi. Adoro Vauro, è un genio, le vostre prime pagine, il commento di Jena che trovo sempre eccezionale. Spero tanto che si celi una donna dietro cotanta intelligenza.

E' una grande soddisfazione sapere che ci siete, Grazie di vero cuore.

Stefania, Torino
Come le bandiere della pace

Caro manifesto, cara Jena, caro Vauro, sulla forza, la presenza, la coerenza e la continuità dei movimenti il dibattito sarebbe troppo lungo e ovviamente non lo apriamo adesso. Propongo invece di cavalcare l'onda dell'attivismo (moda?) che abbiamo visto in occasione dell'esposizione delle bandiere di pace. Propongo di invitare tutti a: - copiarsi la vignetta di Vauro di giovedì - mettere la propria anagrafica al posto di quella di Vauro - stampare il foglio e appenderlo ovunque Io lo sto già facendo. Ciao, grazie.

Michele Mondolfo
Foto con autografo

Premetto che sono un grande estimatore di Vauro, da quando leggo il manifesto, praticamente da una vita, ma quest'ultima vignetta le supera tutte. Uahuahuahuahuahuahuah...scusate, mi sono sbellicato! E' un grande. Posso chiedergli, oltre che un abbraccio in quanto compagno, una sua foto con autografo?

Saluti e grazie.

Luigi, Napoli
Io, berlusconiano

Non sono comunista...ho votato per Berlusconi...ma con Vauro sono in sintonia già dall'inizio della guerra con l'Iraq.

Luciano Cairati, CRT LCN 31P12C003O
Lo stesso sorriso

Vorrei chiedere al signor Vauro... una vignetta. «Per favore, mi disegni una vignetta identica alla sua di giovedì, in cui però sia raffigurata io (sono alta, magra e con i capelli che arrivano alle spalle) che dico «stronzo!» e accanto ci può scrivere: Brunetti Lisa, nata a Firenze l'11 02 74, residente a Firenze, codice fiscale: BRNLSI74B51D612O. Voglio lo stesso sorriso che ha lei nella vignetta».

Lisa
Tra Socrate e Schopenhauer

Con lo sproloquio recitato dinanzi al Tribunale di Milano, Berlusconi, crede di aggirare accuse, documenti, rogatorie tirando in ballo morti che non possono confermare o smentire. Peccato che non si sia dato la cura di leggersi prima L'arte di ottenere ragione di Schopenhauer, forse si sarebbe barcamenato meglio. Successivamente, con un colpo di scena ritorna in ballo l'immunità parlamentare, querele per i giornalisti che oseranno nominarlo, giudici sotto inchiesta, il tg3 commissariato insomma una vera vergogna averlo come capo del governo.

Non posso non pensare a Socrate che giudicava con queste parole: «chiunque si sottrae alla legge smette di essere cittadino ponendosi al di fuori del rapporto dialettico con gli altri e quindi della stessa città».

Maria Antonietta CentaroFrancavilla Fontana (Brindisi)
Io, insultato da Emilio Fede

Cari compagni, sono colui che ha osato contrastare gli insulti di Emilio Fede contro il movimento no global, durante i giorni del G8 di Genova.

Il direttore del tg4 si è vendicato in diretta, rendendo noto il mio recapito telefonico, l'indirizzo di posta elettronica e le mie generalità. Ho ricevuto alcune minacce di morte ma soprattutto tanta, tanta simpatia. Anche da parte di Paolo Serventi Longhi.

Non ho cambiato il numero di telefono perché non ho nulla da nascondere.

Fede è indagato per istigazione alla violenza contro la mia modesta persona.

Mi associo volentieri all'iniziativa di Vauro... complimenti per il coraggio!

Sergio Falcone, Roma
Anche per l'articolo 18

Mi associo alla vignetta di Vauro pubblicata giovedì.

Aggiungo che, un anno addietro, etichettai come venditore di fumo/tappeti, in una lettera pubblicata su La Repubblica nelle sue pagine baresi, l'attuale Presidente del consiglio italiano a proposito di alcune sue considerazioni sull'articolo 18 della legge 300/1970.

Beniamino Noya

LETTERA

Le mie dimissioni


di STEFANO BENNI per il Manifesto

Dal cavalier Berlusconiriceviamo e pubblichiamo:

Gentile direttore, le scrivo in circostanze a dir poco drammatiche, non per il paese, di cui non mi frega nulla, ma per la mia persona e i miei affari.

Sono in preda a crisi di persecuzione, isteria, vittimismo, sete di vendetta e onnipotenza frustrata. Sono esaurito, stressato, ho perso sei chili, per fortuna cinque erano di cerone. Il regime si accanisce contro di me, pensi che per andare in Rai devo avvertire tre ore prima mentre Ceausescu aveva lo studio televisivo in casa. Urlo, strepito, scaìno e insulto in ogni luogo, dagli spogliatoi calcistici alle aule di tribunali. Non sarei in grado di guidare una Panda e devo guidare l'Italia e l'Europa. Eppure resto al mio posto. Ma c'è un perché.

Le dico subito direttore che ci sono tre casi nei quali, in ogni paese democratico, un premier deve dimettersi all'istante, anche se ha il novanta per cento dei suffragi (e io non ho più neanche il cinquantuno).

Uno: quando il premier è plurinquisito e il suo avvocato principe, braccio destro, portaborse ungitore è stato condannato, anche se in primo grado. Fortunatamente questo fa parte del senso di dignità, che io mi son fatto togliere insieme a un premolare.

Due: quando un premier non è più in grado di assicurare la convivenza civile nel suo paese, condizione che travalica ogni maggioranza e mandato elettorale ed è fondamento di ogni legalità e democrazia, e in questo io ho già abbondantemente fallito.

Tre: quando manca l'equilibrio mentale e tricologico necessario.

Riguardo al primo problema, con l'immunità parlamentare cancelleremo ogni sospetto e persecuzione.

Il golpe delle toghe rosse non si ripeterà, certi tempi non torneranno. Tutti si ricordano quando a Milano dovevi presentarti negli uffici con un assegno in bocca per ottenere qualcosa. Guardi la bocca di Previti e Dell'Utri e capirà quanto hanno dovuto soffrire, tenga lei dodici libretti di assegni tra i denti. Riguardo alla convivenza civile, chi se ne frega? Io non voglio convivere con una marmaglia che non merita la cittadinanza italiana. Parlo dei giudici politicizzati, dei comunisti, dei giornalisti diffamatori, delle massaie coopdipendenti, di quelli che leggono l'Economist, dei sostenitori papalini, dei pacifisti con le bandiere insanguinate, dei sindacalisti brigatisti, degli sterili e numericamente esigui milioni di manifestanti. La società civile è troppo complicata, un'azienda che funziona non può avere troppi azionisti. Alla società civile io preferisco la società segreta. Se fosse per me, la Statua della libertà dovrebbe avere il cappuccio. L'ho detto a Bush e lui mi ha risposto sottovoce che era d'accordo, ma non si può fare per ragioni estetiche. Comunque per me la convivenza civile si riassume in una frase: tu compri, io vendo e tutto va bene.

Basta con le ingiurie. Non sono aggressivo né vittimista né isterico né megalomane né intollerante né vendicativo né paranoico, ogni giorno passo ore al telefono minacciando oppure lamentandomi con tutti, e mordo le unghie di mio fratello pensando che uno statista di valore mondiale come me deve lottare contro le fastidiose opinioni altrui, ma la pagheranno cara perché c'è un regime contro di me e so benissimo che Prodi è esperto di voodoo, ogni notte resuscita le mortadelle. Pur perseguitato mantengo uno stile invidiabile e un sano rispetto delle istituzioni. Se poi quale miserabile ignorante giornalista inglese o qualche giudice che si ispira a una costituzione sovietica aizzato da una magistratura giacobina e da una stampa molotovista mi attacca io democraticamente rispondo. Tre anni di galera a chi scrive il contrario. Non ho niente contro i pacifisti, ma se mi fanno calare nei sondaggi e sfilano contro il mio amico Bush, si ricordino cos'è successo a Genova, e sappiano che da oggi si può sparare ai manifestanti in via preventiva. E se Ancelotti non sostituisce Costacurta con Serginho e io faccio zero a zero con quel comunista fottuto di Moratti, non ho il diritto di entrare nello spogliatoio e far casino, visto che è roba mia? E se qualcuno mi contesta in tribunale e la Rai e Mediaset amplificano l'episodio con le loro troupe prezzolate, non ho diritto di incazzarmi, visto che è roba mia? Io comunque mi inchino alla sovranità dell'informazione, e cioè a Me.

Questa è la prima parte, direttore, ma adesso viene il bello. Io posso fare tutto questo e anche di più perché mi sono dimesso. Ho fatto quello che l'opposizione avrebbe dovuto fare da tempo: ho chiesto le mie dimissioni e le ho accettate. Non sono più il premier degli italiani, ma un tirannello bugiardo, astioso e inferocito che se ne frega di democrazia, costituzione e regole. Non sono ciò per cui si è votato, ho inventato un nuovo ruolo politico, il neuropremier. Tutti lo sanno e abbozzano, da Ciampi a Fassino. Ho dovuto dimettermi perché la mia incapacità di governare è evidente, il conflitto tra i miei interessi e quelli del paese è quotidiano, il rifiuto di rappresentare tutti è ribadito, la mia incapacità alla democrazia è cronica ed esibita. Se dovessi rispettare le regole della lealtà politica dovrei dire: sono proprio io che ho diffamato il ruolo di presidente del consiglio e me ne devo andare, come in ogni democrazia, senza vittimismi e ricatti.

Invece resto e faccio tutto quello che mi pare da dimissionario: è più facile e comodo. E la sinistra istituzionale me lo permette. Avete mai sentito da loro la parola «dimissioni»? Avete visto come sono cauti su piazze e referendum? Da quanto non li sentite più parlare del conflitto di interessi e della pidue? Fan finta di niente. Aspettano nuove elezioni, un nuovo governo di destra o di sinistra, la possibilità di qualche inciucio, la provvidenza, qualche posto di ministro, che ne so. E questo mi rende ancora più furioso. Io, la bandiera dell'anticomunismo, mi sono dovuto dimettere da solo, senza la gioia di essere sfidato dall'opposizione. Dimettersi da se stessi è un atto disturbante e mi ha reso nervoso. E sarò sempre più nervoso e vendicativo, e manderò questo paese in malora, perché non sono riuscito non dico a unirlo, ma neanche a governarlo: macché riforme e gran lavoro, ho perso più tempo per salvare Cesarone e ingoiare la Rai e far regali a Bossi che per occuparmi di scuole lavoro e ospedali, ho tradito lo spirito democratico di ogni elezione, e allora tanto vale spaccare tutto, ma quale Milano capitale o Roma capitale, il mio sogno è Genova, tutta l'Italia in mano al battaglione Tuscania e ai reduci della Somalia.

Pubblichi la lettera, se non vuole che le mandi gli ispettori, e i miei non sono quelli dell'Onu. Sostituisca Vauro con Maldini, venda le mie videocassette invece di quelle musiche da extracomunitari, smetta di attaccarmi e si tagli quella barba da talebano. E se lei sostiene ancora una volta che io voglio spaccare il paese in due, si sbaglia, voglio spaccarlo almeno in quindici pezzi, così quando li rivendo ci guadagno di più. E adesso mi scusi ma devo andare a fare le sole due cose che mi danno ancora gioia: regalare orologi a Bush e farmi nutellare la testa. Sono un grande statista, un grande stilista, un grande allenatore, sono unto da Dio, sono il re degli affari, sono un gran figo, sono il Bush del Mediterraneo e il Saddam della cristianità, sono un uomo senza coda, sono una pagoda, sono il re dei vittimisti, sono l'unico al mondo che vive in un paese con due regimi. Ma non sono più il premier di tutti gli italiani, rappresento solo me stesso.

Distruggerò questo paese che non ha saputo amarmi al cento per cento. Apparirò in televisione ogni giorno. Modificherò la costituzione sovietica sostituendola con la mia biografia. Non chiamatemi più premier. Chiamatemi Vendicatore Nero! Ceausescu, Bokassa, Amin Dada, Nixon, Peron, Leone, Cossiga, e tu D'Alema, non finirò come voi, andrò fino in fondo. Aaaargh! Adesso che mi sono sfogato sto meglio, ma sento che sta per arrivare una nuova crisi. In televisione c'è Topo Gigio, sento che mi sta diffamando. Pubblichi questa lettera senza cambiare una virgola, odio le virgole, pendono tutte a sinistra. Aaaargh!

Scusi lo scatto, torno al mio solito inimitabile stile. Allego alla lettera un regalo: un orologio d'oro a cucù. Farà un figurone nella sua cella.

Cordiali saluti,

il neuropremier Silvio Berlusconi





8.5.03

TRAVAGLIO CONTRO GUZZANTI



Quando Guzzanti trattava male Berlusconi e difendeva De Benedetti

da un articolo per l'Unità



In uno degli articoli che ogni tanto il Giornale gli pubblica per pietà cristiana, il senatore italoforzuto Paolo Guzzanti se la prende con l’autore di questa rubrica, reo di avergli ricordato “di essere stato un giornalista di Repubblica ai tempi delle vicende Sme e Lodo Mondadori, dunque un dipendente di De Benedetti”. Circostanza a suo dire falsa, in quanto “io all’epoca di quei fatti non ero affatto a Repubblica, ma alla Stampa, apertamente schierato con il presidente Cossiga, bersaglio dell’attacco dei giornali di De Benedetti”. Dunque, chi scrive sarebbe “un esemplare perfetto della scuola del nuovo giornalismo che usa la bugia come mazza ferrata”. Come dubitare della parola di Guzzanti, a proposito della carriera di Guzzanti? Se lui giura che non stava più a Repubblica, c’è da credergli, salvo immaginare che menta anche sulla propria biografia o non ricordi più quel che fa.

Prima di scusarci per l’errore, però, abbiamo controllato. E abbiamo tragicamente scoperto che: il caso Sme risale al 1985-86; il Lodo Mondadori è del 20 giugno ’90; Guzzanti ha lasciato Repubblica il 31 agosto 1990. Cioè dopo. Uno dirà: magari non se ne occupava direttamente, e se n’è scordato. Purtroppo non è così. A meno che il Paolo Guzzanti che il 30 maggio 1985 firmò su Repubblica l’articolo “Arriva la cordata dell’ultima ora” fosse un omonimo, o uno pseudonimo, o un apocrifo, magari un figlio burlone o una spia del Comintern (vedi dossier Mitrokhin) mandata a screditare con 18 anni di anticipo il futuro senatore Guzzanti. Dai salamelecchi riservati al principale del momento, si direbbe la stessa persona (De Benedetti “arriva da Ivrea nella Capitale a bordo del suo jet-executive” per “andare a dormire nel suo elegante appartamento romano”).

Dalla ricostruzione del caso Sme, si direbbe che fosse un altro. Guzzanti modello ’85 denuncia l’”incursione di disturbo dell’avvocato Scalera, venuto ad annunciare l’arrivo di un’armata di compratori” (era il compagno di scuola di Previti, che offriva 550 miliardi a nome di Berlusconi, ma senza dirlo”), salvo poi “sparire”: “le sue armate non erano mai state schierate sul campo” e “l’accordo fra Iri e De Benedetti era ancora valido, per di più certificato, in linea di principio, dai ministri del Cipi. Dunque che si stava aspettando?”. Già, che aspettavano quei tiratardi del governo Craxi a ratificare quella che lui e il suo nuovo principale, oggi, chiamano “la svendita della Sme” a De Benedetti?

“Darida non firmava, le ore passavano”, e “la Ferrero, nel giro di una notte, cambiava linea”: prima “non pensava affatto di imbarcarsi nell’impresa”, poi il suo avvocato Grande Stevens “fu costretto a smentire se stesso”. Insomma, “improvvisamente le armate dei Nuovi Acquirenti erano comparse all’alba dalle brume, dopo tanti giorni e notti in attesa di un esercito fantasma”. Provocando, fra l’altro, “sonni agitati e interrotti” al povero Ingegnere, il che non è mai carino. E poi quel Berlusconi, davvero insopportabile. Guzzanti lo sbeffeggiava da par suo: “Che ci fa tra i panettoni un impresario di networks (con la s, ndr) televisivi, per di più in liquidità languida?”.

Svendita? Tangenti? Nemmeno per sogno. Il Guzzanti di allora sentiva puzza di bruciato, ma a tutt’altro proposito. C’erano “pressioni” politiche contro l’accordo, minacce di Amato a Darida (“passato al campo anti-debenedettiano”, fornendo “agli avversari di De Benedetti ciò che non avevano: il tempo”). E chissà quali “argomenti efficaci” avranno usato Craxi e Altissimo per convincere Ferrero e Barilla a imbarcarsi nell’affare. Meglio non approfondire. Ma “l’idea che all’origine della “terza cordata” ci fosse il partito socialista era, più che diffusa, banale. Era noto il fastidio con cui Craxi aveva appreso dell’operazione Prodi-De Benedetti”. Enrico Manca tentava di sostenere la cordata Berlusconi, che offriva 600 miliardi, ma Guzzanti lo stroncava: “I nuovi acquirenti siano notoriamente inclini a smembrare la Sme, un pezzo a Berlusconi e due pezzi agli altri, senza avere obblighi occupazionali, meridionali e di protezione all’ingresso di società straniere”. Chiare le intenzioni del Cavaliere Nero? Comprare la Sme, smembrarle, gettare sulla strada migliaia di famiglie, per giunta meridionali, e poi mandare tutto all’estero. Fortuna che “De Benedetti non si è affatto ritirato dalla competizione”.

Questo il Guzzanti annata 1985, molto diverso dall’odierno. Come convivono nella stessa persona? Due le risposte possibili. 1) Guzzanti, nonostante l’età, s’è iscritto alla “scuola del nuovo giornalismo che usa la bugia come mazza ferrata”. 2) Guzzanti è un po’ come Picasso: dal periodo rosa, durato una ventina d’anni, è passato disinvoltamente al periodo azzurro, in concomitanza con la “discesa in campo” del Cavaliere. Ma senza traumi interiori: a ogni reincarnazione, infatti, rimuove la precedente. Dal 1994, festeggia i compleanni insieme a Forza Italia. E crede di avere 9 anni.


7.5.03

Sme, nell´85 Berlusconi disse cose diverse

Silenzi, ricordi e doppie verità del Cavaliere


La testimonianza del premier davanti al giudice romano Infelisi

MARCO TRAVAGLIO per Repubblica



da Repubblica - 7 maggio 2003

Nelle «dichiarazioni spontanee» di Silvio Berlusconi sul caso Sme molti conti non tornano. Dagli atti, processuali e non, alcuni fatti risultano diversamente. Altri non risultano proprio. Nemmeno dalla testimonianza resa il 30 ottobre 1985 dallo stesso Berlusconi davanti al pm romano Luciano Infelisi, che indagava su Prodi e altri per la presunta «svendita» Sme (l´inchiesta fu archiviata per totale mancanza di elementi di reato). La testimonianza occupa quattro paginette di verbale e, diversamente dalle dichiarazioni dell´altroieri in veste di imputato (con facoltà di mentire), fu resa sotto giuramento. Con l´obbligo di dire «tutta la verità» .
Il Craxi occultato. Oggi Berlusconi sostiene di essere sceso in campo per l´affare Sme solo per «l´affettuoso ma pressante invito» di Bettino Craxi. Nel 1985 il Cavaliere non fece mai, nemmeno una volta, il nome di Craxi. Disse soltanto di aver «parlato con il ministro Altissimo» e non citò altri politici.
Le tangenti dimenticate. Nemmeno Pomicino e Amato, tirati in ballo insieme Craxi come fonti di presunte «tangenti a una corrente Dc», figurano mai in quel verbale. Se davvero Craxi e Amato gli avevano appena confidato (nel maggio '85) quel giro di mazzette, quale occasione migliore per denunciare tutto alla magistratura, a brevissima distanza dai fatti? Invece Berlusconi inspiegabilmente tacque, contribuendo all´archiviazione dell´inchiesta, per ricordarsi di quelle presunte confidenze solo 18 anni dopo: a tre anni dalla morte di Craxi (che mai nei suoi memoriali aveva parlato o alluso a quelle mazzette) e dall´inizio del processo Sme.
L´offerta mascherata. Secondo il pool, il movente della corruzione di due giudici romani per le sentenze Sme sta nell´ordine di Craxi a Berlusconi di mettersi di traverso con un´offerta alternativa, appena superiore ai 500 miliardi offerti da De Benedetti. Il cavaliere, ad abundantiam, ne presentò due: una per 550 miliardi, ma a volto coperto e per puro disturbo, tramite un ex compagno di scuola di Previti (Italo Scalera); l´altra ufficialmente, tramite il faccendiere craxiano Pompeo Locatelli, per conto della Iar (consorzio Fininvest-Barilla-Ferrero). Ecco come Berlusconi liquida la faccenda dinanzi a Infelisi: «La Fininvest, dopo che il ministero delle Partecipazioni statali aveva imposto una pausa alle trattative, decise insieme con i sigg. Ferrero e Barilla di presentare una propria offerta offrendo 600 miliardi» . E la prima offerta, quella «mascherata»? Dimenticata. Fino a quando Scalera, sentito dal pool nel '97, rivelerà che il mandante era Berlusconi.
Perché la Sme. Berlusconi oggi assicura: «Mai avuto alcun interesse alla Sme». Lo fece solo per Craxi e per la patria: «per evitare la spoliazione di un bene dello Stato» , che a suo dire valeva già allora 2000-2500 miliardi. Eppure, all´indomani dei fatti, davanti al pm Infelisi, a quella missione non fece alcun accenno: anzi rivelò di aver chiesto «l´intero pacchetto azionario» della Sme ai manager Iri Rasero e Viezzoli (circostanza smentita due giorni fa da Prodi). Poi, quando seppe dell´offerta Buitoni per 500 miliardi, ne offrì 550 e poi 600. Non 2000-2500. L´altroieri ha aggiunto che De Benedetti avrebbe forse «ceduto la Sme all´estero» , e lui glielo impedì. Eppure risulta che già allora i suoi soci Ferrero e Barilla fossero controllati da società estere.
Disinteressato interesse. Sventata la cessione Sme all´Ingegnere – giura Berlusconi - «io non me ne interessai più». Eppure cinque anni dopo, il 14 gennaio 1990, la Iar perde Ferrero e Barilla, ma i componenti superstiti Fininvest e Conserva Italia (coop bianche) non si sciolgono: anzi, rinnovano gli organi societari – scrive il Sole 24 ore - «per proseguire il giudizio contro l´Iri sull´asta per la Sme» . Ancora nel 1990 Berlusconi chiedeva ai giudici a condannare l´Iri a cedergli la Sme per 600 miliardi. Ma non ne valeva più di 2000?
Giudici per lanterne. A parte la gaffe del caso Mondadori (1989-90) datato da Berlusconi prima del caso Sme (1985-86), c´è la difesa d´ufficio del giudice Verde, autore – secondo il cavaliere – di una sentenza «inappuntabile», confermata in Cassazione da Giovanni Tamburino di Magistratura democratica. A parte il fatto che la corruzione scatta quando un giudice prende soldi collegati a sentenze (indipendentemente dalla bontà delle medesime), Giovanni Tamburino non è mai stato in Cassazione, non s´è mai occupato di Sme e non è mai stato iscritto a Md.


LA LETTERA DI SILVIO BERLUSCONI AL CORRIERE DELLA SERA


Egregio direttore, il carattere di noi italiani è notoriamente solare, ma non sempre nelle questioni della vita pubblica e politica si accetta il linguaggio della chiarezza. A testimonianze chiare, che vertono su fatti incontrovertibili, si oppongono dei «non ricordo» zoppicanti e dei tondi «io non c’entro». E se un presidente del Consiglio, parlando di storia e di politica e non di suoi fatti personali, afferma una linea e impegna su questa linea la maggioranza che lo sostiene e che è legata da un patto di coalizione, nasce subito il partito dei distinguo. Tuttavia continuerò a parlare nel linguaggio più chiaro possibile del vero e preminente problema di questo Paese, dopo una storia di dieci anni (1993-2003) in cui questo problema è stato negato in vari modi e da varie lobby, politiche, economiche e para-giudiziarie: il diritto assoluto degli elettori di scegliersi il governo che desiderano, il diritto di chi governa a esercitare senza impedimenti anomali quella parte di sovranità che la Costituzione attribuisce al potere legislativo (nella dialettica non ostruttiva maggioranza-opposizione) e al potere esecutivo.
Con il suo consueto garbo, e criticandomi com'è giusto senza incertezze e sul filo della sua libera opinione, Piero Ostellino mi rimprovera disattenzione per l'etica della responsabilità. Agendo come agisco per il ripristino della Costituzione del '48, nel testo varato dai padri costituenti, dell'articolo sulle immunità parlamentari, io non terrei conto delle conseguenze delle mie azioni (questo è poi il succo dell'etica responsabile). Altri commentatori meno sorvegliati, su giornali meno autorevoli del Suo, mi hanno perfino accusato di voler «governare contro l'opposizione», il che naturalmente è alquanto bizzarro in qualunque democrazia, tanto più in una democrazia maggioritaria come la nostra.
Il dialogo, che auspico solo e soltanto quando non preveda diritti di veto e di paralisi del Paese, si fa tra parti parlamentari opposte, e la decisione è di responsabilità, anche sul piano etico, di chi ha la maggioranza, cioè il mandato degli elettori a governare nel più assoluto rispetto delle regole. Se un premier non potesse governare «contro l'opposizione», specie una opposizione irragionevole, non avrebbe più senso andare a votare per contare maggioranze e minoranze.
Ma torniamo all'editoriale del dottor Ostellino. La sua tesi è esposta con stile, ripeto, ma è vero esattamente il contrario. E' in nome non dei miei presunti interessi personali, ma di quelli del Paese, che agisco come agisco in tema di immunità parlamentari e di ritorno alla Costituzione, dieci anni dopo la frettolosa abrogazione del contenuto più importante dell'articolo 68.
Per fare un esempio che non mi riguarda: se dieci anni fa non fosse stato messo sotto accusa quell'articolo costituzionale che faceva barriera contro il sospetto di persecuzione a scopi politici, a colpi di demagogia e di monetine, avremmo evitato alcune conseguenze. Prima conseguenza, la scomparsa traumatica e in forme non democratiche del partito di maggioranza relativa del Paese, la Dc. Seconda conseguenza, la gogna giudiziaria a cui è stato sottoposto in tutto il mondo, con l'inverosimile accusa di essere parte dell'associazione per delinquere di stampo mafioso rivoltagli temerariamente da magistrati che hanno dimostrato in varie forme la loro accesa politicizzazione, un uomo che era stato sette volte presidente del Consiglio dei ministri, il senatore a vita Giulio Andreotti.
Per fare invece un esempio di cui fui testimone diretto, insieme a milioni di italiani, è noto a tutti che il mio primo governo fu ribaltato con il contributo decisivo di una campagna giudiziaria sulle tangenti alla Guardia di Finanza, risolta infine, «a babbo morto» come dicono i toscani, da un'assoluzione per non aver commesso il fatto. Quando un potere tecnicamente irresponsabile, che dovrebbe obbedire soltanto alla legge, conduce investigazioni e processi e in pari tempo definisce la commissione Bicamerale per la riforma della Costituzione come «figlia del ricatto» (intervista al Suo giornale del dottor Gherardo Colombo, pm nel mio processo, e successiva conferma della sua collega dottoressa Ilda Boccassini su altro giornale), qualcosa di molto serio non funziona nell'equilibrio e nella divisione costituzionale dei poteri.
Dunque bisogna intervenire. Non per dare una mano al presidente del Consiglio a «passare l'esame» del semestre, ché a quello sono in grado di pensarci da solo, ma per restituire a tutto il Parlamento il suo primato costituzionale e la sua vera centralità politica. Il ritorno alla Costituzione è dunque nell'interesse dell'Italia e degli elettori, non nel mio personale interesse. Ben venga il primo passo del «lodo Maccanico», definito con sapida malizia «lodo Chirac» su un autorevole quotidiano finanziario, ma sapendo che bisogna chiudere con il ripristino della Costituzione quel che si iniziò, dieci anni fa, con la sua manomissione in «tempi da lupi».

5.5.03

SALINA AMARCORD N.1


da Renata Uboldi

Caro Claudio ho letto la descrizione del tuo viaggio di ritorno a Salina e non ho potuto che avere un attimo di struggente nostalgia per un mio analogo viaggio. L'anno era il 1962 io avevo 19 anni...era la prima volta che potevo andare in vacanza ed ero arrivata a Salina con mio fratello e mia sorella perché una gentile Signora che abitava nel nostro condominio ,per sdebitarsi di un favore che mia mamma le aveva fatto ci offrì la casa di famiglia a Leni per il mese di Agosto.
I ragazzi che trovammo a Salina erano parenti di isolani che passavano le vacanze dai parenti,noi eravamo i primi veri villeggianti , e per giunta del Nord Italia e all'inizio fummo guardati con un po' di diffidenza.
Mi ricordo del "parrino" che, vedendo passare me e mia sorella con dei pantaloni corti commentò dicendo" i continentali u' diavolo portarono nell'isola". E forse fu proprio lui a consigliare i nostri padroni di casa di suggerirci di vestire in modo piu castigato. Fummo invitate con cortesia, io e mia sorella, a vestire in modo decoroso ,invito che ci costrinse ad evitare pantaloni corti e top e soffrire caldi atroci per scendere al mare a Rinella, lungo un sentiero al sole fra capperi e fichi d'india.
Allora Rinella aveva una grande spiaggia ad arco, le donne per rinfrescarsi durante la raccolta dei capperi facevano il bagno vestite e uscivano dall'acqua con quelle vesti nere attaccate alla pelle che parevano più nude di noi ;Vulcano non aveva nè alberghi ne porto nè luce elettrica; Panarea era ancora un'isola bellissima e arrivare a Filicudi e Alicudi ,come facemmo noi facendoci portare da un vecchio pescatore , di cui non ricordo il nome ma del quale ho ancora una splendida fotografia ,era un'impresa. Era un'uomo molto taciturno che, quando ci portò a Vulcano e vide il nostro entusiasmo per quell' isola ci offrì timidamente, scusandosi per la povertà del posto ,un suo " monolocale " che usava quando, per ragioni di pesca, doveva trattenersi fuori la notte. E così ci lasciò a Vulcano al tramonto , in una spiaggia deserta con una lampada a petrolio . Una notte strana ed emozionante. A Salina ci sono tornata due anni fa in barca, ma non ho voluto scendere ...mi è bastato vedere come era ridotta la spiaggia di Rinella per ritenere fosse meglio mantenere intatti i miei fantastici ricordi.
I ricordi più belli sono comunque legati alla popolazione e alla vita dell'isola.
Un sabato sera la sagrestia di Leni divenne "cinema": ognuno si doveva portare da casa la sedia e il film proiettato fu (mi creda) " La montagna" con S. Tracy ; la storia di un eroico salvataggio dell'unica superstite, indiana per giunta, di un aereo caduto sulle alpi.
Tutto il film , oltre alla contrapposizione fra Tracy, fratello buono e il fratello cinico che morirà sulla montagna, si dipana fra tecniche di scalate ,valanghe e neve, neve, neve.
Ebbene, dopo molti pianti ,a furor di popolo il prete fu costretto a riproiettare il primo tempo!
Tornammo a Salina per diversi anni, e ogni volta fu un'esperienza bellissima .
Si informi se ancora in Agosto si festeggia la "Madonna del Terzito" alla cui sagra allora vidi ancora persone partecipare scalze perché non possedevano neppure le scarpe "della festa".

4.5.03

IL TESTO INTEGRALE DELLE LETTERA DI SILVIO BERLUSCONI AL FOGLIO


"Caro direttore, scrivo a lei perché il suo giornale è stato l'unico a ricordare i due giorni terribili della democrazia italiana, il 29 e il 30 aprile del 1993. Il 29 aprile di dieci anni fa un uomo di Stato inviso agli ex comunisti del Pds e al loro 'partito giudiziario', Bettino Craxi, fu sottoposto al voto segreto della Camera dei deputati. Bisognava decidere se la richiesta di indagare su di lui e di processarlo, da parte del notorio pool milanese, fosse o no viziata dal sospetto di persecuzione politica. Nella libertà della loro coscienza, dunque a voto segreto, i deputati dissero che quel sospetto c'era e che Craxi andava sottratto a un'azione giudiziaria non onesta né imparziale.
Con procedura straordinaria ed emergenziale, per responsabilità politiche e istituzionali che sono ancor oggi sotto gli occhi di tutti coloro che non dimenticano le offese alle istituzioni democratiche, il voto segreto, da sempre l'ultimo scudo della libertà parlamentare nei voti su casi personali e di coscienza, fu abolito in pochi giorni. E fu incardinata con brutalità decisionale la riforma costituzionale che portò di lì a qualche mese all'abolizione dell'immunità parlamentare varata con la Costituzione repubblicana dai padri fondatori dell'Italia moderna. Il 30 aprile, esattamente dieci anni prima del giorno in cui le scrivo, fu aizzata dalla sinistra forcaiola, sotto la residenza privata di Craxi a Roma, una piazza urlante che, a colpi di insulti e monetine, rinverdì con altri mezzi il cupo ricordo di altri linciaggi.
Eugenio Scalfari, sul giornale dell'ingegner Carlo De Benedetti, scrisse il 30 aprile un articolo ispirato alla più devastante demagogia reazionaria, associandosi alla marmaglia e alle sue grida e lanciando la sua monetina: i parlamentari avrebbero dovuto secondo lui vergognarsi di quel voto libero e segreto, e un'opinione pubblica montata sugli scudi del gruppo editoriale debenedettiano e dei suoi amici avrebbe dovuto rovesciare quel voto per aprire a colpi d'ariete la porta alla reazione giustizialista, per distruggere la sovranità del Parlamento e instaurare la Repubblica delle procure.
Nei mesi successivi questo e non altro accadde in Italia, e solo la reazione democratica messa in campo dalla nascita di Forza Italia impedì provvisoriamente il trionfo della barbarie giustizialista, restituendo nell'anno del nostro primo governo di resistenza liberale la parola al popolo.

Le stesse forze procedettero poi al ribaltone, cacciando dal governo gli eletti del popolo, impedendo con alte complicità istituzionali che si tenessero nuove, libere elezioni, e instaurando per sei anni governi di minoranza, salvati da mille espedienti e inganni, contro i quali esercitammo come fu possibile la più ferma e leale delle opposizioni. E' da notare che il grilletto giudiziario del ribaltone fu un'inchiesta per tangenti dalla quale chi le scrive fu assolto per non aver commesso il fatto anni dopo. Ma fu uno scippo di sovranità senza riparazione, tanto è vero che alla prima occasione una maggioranza vera di italiani onesti ci ridiede, nel maggio del 2001, quel che con questi metodi ci era e gli era stato rubato: una vera democrazia dell'alternanza.
Dieci anni dopo ci riprovano. La sentenza Previti, ancora sub judice per la mancata attesa della pronuncia della Corte di cassazione sulla ricusazione del collegio giudicante, è caduta esattamente nel decimo anniversario della giornata più nera della democrazia italiana. Il suo obiettivo non è fare giustizia, come dimostra tutto l'andamento del dibattimento e la violenza con cui è stata costruita la gogna per un deputato di Forza Italia, ma quella di colpire le forze che hanno avuto il mandato di governare e rinnovare l'Italia secondo principi di democrazia liberale corrosi in quegli anni di faziosità che tanti danni hanno fatto a questo nostro paese. Il nostro dovere è dunque quello di reagire, e di reagire per tempo.

Confermo, caro direttore. In una democrazia liberale i magistrati politicizzati non possono scegliersi, con una logica golpista, il governo che preferiscono. Questo diritto spetta agli elettori. E gli eletti devono essere in grado, secondo la lezione costituzionalistica del '48, di discernere tra le inchieste giudiziarie valide, che riguardano un deputato o un senatore alla stregua di qualsiasi altro cittadino, e quelle frutto di prevenzione, parzialità ideologico-politica e sospette di spirito persecutorio. Questo è il nostro caso, e se il caso è questo suonano ipocriti gli appelli ad abbassare i toni. Bisogna alzare il tono della nostra democrazia, bloccare il nuovo ordito a maglie larghe del giustizialismo e impedire che si consumi per la terza volta un furto di sovranità. Ripristinando subito le immunità violate, battendosi per la libertà e la decenza. Cordialmente. Silvio Berlusconi".