24.2.06

Satira preventiva di Michele Serra
(SULL'ESPRESSO)
Quel traditore moderato di Pol Pot.Adolf Mussolini, Rosario Lo Perfido, Calogero Affiliato. Gli Impresentabili alle eleezioni si organizzano e danno vita a una lista unitaria, la Lista Impresentabile

Si è svolta a Roma la prima convention nazionale dei Candidati Impresentabili. Sono individui di entrambi gli schieramenti che, a causa delle loro posizioni politiche dissennate, e spesso anche del loro aspetto fisico ripugnante, sono stati espulsi dalle liste elettorali. Molti di loro si sono serviti al buffet mangiando con le mani e hanno molestato le hostess. Dopo una intensa giornata di discussione, interrotta da frequenti sparatorie, gli Impresentabili hanno deciso di dare vita a una lista unitaria, la Lista Impresentabile. Ecco i nomi principali.

Adolf Mussolini Parente alla lontana del Duce, è uscito dal Nuovo Msi per fondare il Nuovo Nuovo Msi, formazione così radicale che i suoi membri partecipano alle riunioni con le cuffie sulle orecchie per non spaventarsi per quello che dicono. Tra le riforme che gli stanno più a cuore, la soluzione del problema del traffico a Roma grazie a un servizio pubblico di Mas lungo il corso del Tevere. È stato ricevuto da Berlusconi e si è presentato ad Arcore in uniforme nazista, entrando nello studio del premier a bordo di un sidecar e facendosi fotografare con lui in mezzo a una muta di dobermann. Ma Berlusconi non ricorda di averlo mai incontrato.

Rosario Lo Perfido Leader dei disobbedienti di Gela, è diventato celebre riuscendo a fermare una colonna dei carabinieri mordendo le gomme del gippone di testa. Molto ghiotto di peperoncino, è in grado di bruciare le bandiere di almeno venti paesi con la sola emissione del fiato. Non potendo rovesciare i cassonetti di Gela, perché in genere sono già rovesciati per loro conto, li raddrizza in segno di sfida contro le forze dell'ordine. Il suo programma prevede la distruzione degli Stati Uniti e la riconversione dell'economia mondiale in un'associazione no-profit che produce maglioni peruviani, bongos e latte di capra. È laureato in Scienze Politiche con la tesi 'Pol Pot, gli errori di un moderato', scritta a dieci mani, su un foglio a quadretti, con gli altri componenti del suo gruppo rap, i 'Tutto e Subito!'.

Bepi Sbreganziol Leader dell'ala rupestre della Lega, abita in una capanna sugli alberi in Valpoareta, una vallata laterale delle Alpi venete famosa per non avere imbocco da nessuno dei quattro lati. Ci si arriva solo lanciandosi col paracadute o calandosi a corde doppie da altissime pareti rocciose. Sbreganziol accoglie a fucilate i pochi visitatori che sono riusciti a superare il suo pascolo minato. È l'unico abitante della valle, e si elegge da solo ormai da cinque legislature. Ha sposato una mucca dalla quale ha avuto nove figli, che educa molto severamente al culto del territorio e ai valori della tradizione. A differenza di altri leghisti, non è antiarabo perché ignora l'esistenza di altri popoli.

Generale Vito Vitaliano Vitaliani Ex capo dei servizi deviati deviati, è coinvolto in quasi tutte le stragi terroristiche, tranne una o due capitate mentre era in ferie. Esperto di timer, si presenta con un programma elettorale che prevede esplosioni mirate in tutte le principali città per disciplinare il traffico e scandire l'ordine della giornata. Giudicato pazzo furioso da un gruppo di psichiatri, è rinchiuso da anni in un carcere di massima sicurezza, condannato a una decina di ergastoli. Evaso, si è fatto ricevere ad Arcore per chiedere una candidatura, e si è presentato a Berlusconi con la divisa a righe, ammanettato e trascinando una enorme palla al piede. Ma il premier non ricorda di averlo mai incontrato.

Calogero Affiliato Ex assessore dell'Udc in Sicilia, è stato allontanato perché, a differenza di altri suoi colleghi, si vanta dei rinvii a giudizio per associazione mafiosa e li incornicia dietro la sua scrivania.

Nicoletta Passion Accesa animalista, si batte contro la costruzione della ferrovia accanto a casa sua perché il rumore del treno disturba le galline. Espulsa dai Verdi perché proponeva di abbattere le principali città italiane e sostituirle con aiuole di ranuncoli.

Gilberto Calderoli A differenza del suo più celebre cugino, anziché indossare magliette con disegni islamofobi, se li è fatti tatuare sul torace. Nel suo programma tv mangia maiale, nudo per mostrare meglio i tatuaggi, ridendo forte e facendo il gesto dell'ombrello, per manifestare il suo tenace attaccamento ai valori dell'Occidente.

21.2.06

Satira preventiva
di Michele Serra


Più o meno ogni giorno, da mesi, gli esperti ci spiegano che ci si può ammalare di aviaria solo attraverso il contatto diretto con un uccello migratore ammalato. Sono stati individuati cinque modi principali per contrarre il virus: 1. Leccare un cigno morto; 2. Andare appositamente in Asia e voltolarsi nudi nella cacca di pollo per almeno un'ora; 3. Inghiottire al volo un tordo crudo; 4. Pulire con la lingua un cornicione imbrattato dai piccioni; 5. Limonare con un barbagianni. In Asia il virus è endemico tra gli uccelli di ogni tipo da una diecina d'anni, ma sono morte solo poche decine di persone, in condizioni igieniche pessime e tutte a causa di uno dei comportamenti sopra descritti.
Statisticamente, è molto più facile morire per un incidente domestico che per l'aviaria: ciononostante la gente crede che una casa senza crocchette di pollo e con la canna fumaria intoppata sia un luogo protetto. E che tenere in giardino due rottweiler nevropatici sia molto più sicuro che avere una gallina.
È in questo clima che in Italia dilaga la psicosi del pollo assassino. Milioni di consumatori sono convinti che i petti di pollo, il brodo di cappone e le uova sode uccidano all'istante non solo chi li mangia, ma anche chi li nomina. Questa pollofobia non ha alcun interesse per i virologi, ma appassiona gli studiosi di psicologia di massa.
La domanda che è alla base di questa disciplina venne formulata, alla fine dell'Ottocento, dal medico tedesco Otto Trauber, nel suo famoso saggio 'Ma la gente, è cretina?'. Trauber aveva studiato a lungo la credenza popolare secondo la quale, se una donna con le mestruazioni tocca una pianta, la fa appassire. Fece un esperimento: chiese a cento donne mestruate di toccare un mazzo di fiori. Il mazzo, ovviamente, non appassì, ma la centesima donna, un'obesa di Düsseldorf, inciampò avvicinandosi al vaso e schiacciò i fiori. Al dottor Trauber apparve chiaro che l'esperimento aveva dimostrato empiricamente ciò che anche la logica suggerisce: e cioè che non esiste rapporto tra mestruazioni e stato di salute della flora. Ma le protagoniste dell'esperimento non furono di questo parere: vedendo i fiori schiacciati, si considerarono colpevoli collettivamente del triste epilogo, piansero a lungo e picchiarono duramente il dottor Trauber perché le aveva indotte a rovinare dei fiori così belli.
Trauber elaborò il suo postulato scientifico più celebre: 'La gente crede solo a quello in cui vuole credere', che è il titolo del suo secondo saggio. Il terzo, scritto poco prima di morire, era un malinconico testamento scientifico: 'Questi qui non la capiscono neanche se gliela ficchi in testa a martellate', accolto severamente dalla critica del tempo che giudicava l'opera di Trauber antipopolare e contraria allo spirito positivista dell'epoca.
Al di là delle controverse teorie di Trauber, non c'è dubbio che diversi accadimenti, dalla sua morte ai giorni nostri, avvalorano almeno una parte delle sue conclusioni. Comportamenti e convinzioni privi di qualunque supporto razionale (come la paura di contrarre l'aviaria mangiando pollo) hanno spesso larghissima diffusione. Dall'idea che esista davvero l'impero sommerso di Atlantide, con i tritoni, le sirene e tutto il resto, all'idea, ancora più pazzesca, che esista la Padania. Dagli avvistamenti degli Ufo soprattutto sui cieli che sovrastano le birrerie e i pub, al miracolo economico previsto dal governo italiano. Dalla convinzione che le piramidi siano state erette dagli alieni, a quella che la mafia riuscirà finalmente a costruire il ponte sullo Stretto. "La gente", scriveva Trauber nel suo diario, "crede nelle cose più assurde, e lo scienziato vedrà sempre le sue confutazioni razionali infrangersi contro il muro della credulità. Per questo lo scienziato è triste, e la gente è contenta". Fa impressione pensare che Trauber scrisse queste righe senza sapere che, dopo la sua morte, si sarebbero affermate la gemmoterapia e Berlusconi.

17.2.06

GLI IMPRESENTABILI
Gian Antonio Stella per il “Corriere della Sera”


Sorpresi come fossero sotto una nevicata a Zanzibar, Fausto Bertinotti e Silvio Berlusconi sono lì ad allargar la braccia ostentando stupore: ma come, i fanatici parlano da fanatici? E giù a spiegare agli alleati che per carità, se dicono certe cose no, se fanno simili sparate no, se sono indigeste no, quelle teste calde certo non le possono candidare... Proprio una bella scoperta.
Al segretario di Rifondazione, per risparmiarsi le polemiche di questi giorni sulle candidature del trotzkista-surfista Marco Ferrando o di Francesco Caruso, il no-global che ha subito ficcato nei guai l'Unione con le sue teorie da Bar Kefiah intorno ai kamikaze islamici, sarebbe bastato rileggere quanto questi aveva detto a "Sette" un paio di anni fa sbuffando sull'accusa di avere un linguaggio violento: «Insomma, se tu dici educatamente che contesti la presenza di chi non ha votato contro la nostra missione in Iraq mica finisci sulle agenzie!»
Due anni prima, alla vigilia del G8 a Genova, un altro gigante del pensiero rosso, Luca Casarini, aveva spiegato: «Abbiamo degli analisti esperti di comunicazione. Sappiamo che cosa dobbiamo fare perché si parli di noi. Quando un giornalista del "Giornale" mi telefona e mi chiede, implicitamente, di dargli qualcosa da prima pagina, io rispondo: "A Genova dichiariamo guerra ai grandi del mondo". E quelli lo mettono in prima pagina. Oppure tiriamo fuori la storia degli "uomini topo", che sono già al lavoro, sempre a Genova, a scavar nei sotterranei. E loro abboccano».
Esatto. Tranne un punto: non occorrono "esperti di comunicazione" per capire una cosa così ovvia. I meccanismi sono lì, alla portata di tutti. E non c'è giornale o telegiornale che, in questo contesto, possa sottrarsi più di tanto. Vuoi finire in prima pagina? Attraversa nudo il campo di Wimbledon durante la finale e ci andrai. Tira un cavalletto in testa al Cavaliere e ci andrai. Inventati un figlio con la Lecciso e ci andrai. Fai la pipì in diretta a Domenica In e ci andrai. Sfilati il reggiseno al Grande Fratello e ci andrai. Oppure butta lì, come lo storico David Irving, che «morirono più persone sui sedili posteriori dell'auto di Ted Kennedy che nelle camere a gas di Auschwitz» e ci andrai. Nulla è più facile, se hai il pelo sullo stomaco, che andare in prima pagina.
Gli unici che fanno finta di non saperlo sono loro, quelli che per un pugno di voti ammiccano alle frange estreme. E che "strabuzzano le orecchie" e sbarrano gli occhi e scuotono la testa come se le sortite dei loro potenziali candidati, così folli e autolesionistiche per i rispettivi schieramenti, li cogliessero impreparati e sbigottiti quanto una bestemmia in bocca a un chierico.
Davvero Bertinotti vuol farci credere che lui non sapeva che Ferrando, prima di difendere gli attentatori di Nassiriya, aveva accusato il "traditore" Cofferati di essere «un oggettivo alleato della Confindustria e di Berlusconi», invocato «la rottura con Prodi, Rutelli e Letta», teorizzato l'inutilità d'una vittoria ulivista auspicando il rovesciamento di Berlusconi «con i metodi della lotta di classe» e chiesto la «nazionalizzazione senza indennizzo e sotto controllo dei lavoratori delle compagnie di assicurazione»?
Davvero non sapeva che Francesco Caruso, prima di dare scandalo sui kamikaze, aveva già accusato la sinistra di «ipocrisia e ambiguità» perché si era dissociata dal corteo romano in cui erano sfilati dei fanatici vestiti da attentatori suicidi e aveva detto che «il fondamentalismo» di Bin Laden e quello di Berlusconi «è lo stesso» e salutato le irruzioni in supermarket e librerie come «riappropriazioni dal basso di beni primari» (tra i quali i cd musicali) dicendo che il vero furto «è il ricatto del carovita e del copyright» o «l'impossibilità di leggere e sentire musica»?
E sul fronte opposto, Berlusconi vuol davvero farci credere che non sapeva che Gaetano Saya (il presidente del Nuovo Msi che ha minacciato Furio Colombo: «ti piglio a calci in culo latrina tu con tutto il tuo giornale») era stato denunciato tre anni fa non dai «rossi» ma da una deputata lombarda di An perché sul suo sito c'erano «frasi folli e deliranti e di foto con messaggi agghiaccianti di esplicita propaganda nazista»? Che Roberto Fiore, latitante per anni a Londra dopo esser stato condannato in Italia, non è nuovo a frasi come quella detta l'altra sera a «Controcorrente» di Sky su Adolf Hitler giudicato come «sicuramente uno statista che ha commesso sicuramente dei crimini» o sui kamikaze islamici dove distingue (come i rifondaroli citati) tra quelli che uccidono civili e quelli che uccidono militari?
Che per Adriano Tilgher «Hitler è stato un uomo che ha lottato per il suo Popolo, incorrendo, secondo la storiografia ufficiale, in alcune storture» e che al suo convegno di Forza Nuova a Trieste Ugo Fabbri spiegò che «la Risiera di San Saba non è mai stata un lager: il processo fu illegittimo perché i giudici erano tutti slavi, comunisti o ebrei»?
Il fatto è che, proprio come dice Luca Casarini, più grossa la spari e più spazio ti vai a prendere. Quando mai Ferrando, con la sua lillipuziana frazione trotzskista, si sarebbe guadagnato altrimenti tutta una pagina del «Giornale»? E quando mai il fascista lillipuziano Saya sarebbe finito in prima sull'«Unità»? Quando mai Tilgher sarebbe stato invitato in tivù? Il guaio è che, via via che in questi anni è cresciuta la violenza e l'aggressività dello scontro politico, dall'una e dall'altra parte, gli estremisti delle due fazioni per farsi sentire nel baccano di fuochi artificiali sono passati dai petardi alle farfalle, dai razzi ai bengala e su su fino ai missili. E qual è la cosa più fastidiosa? Che gli uni e gli altri sembrano imbarazzati non per quello che i loro possibili candidati pensano, ma solo del fatto che non sanno stare zitti.

16.2.06

E Berlusconi arrivò in tv con il regista ad personam
di Sebastiano Messina (Repubblica- 31 gennaio 2006)

ROMA - Berlusconi non si accontenta più di decidere quando andare in onda, dove andare in onda e con chi andare in onda. Non si accontenta più di portarsi dietro un truccatore personale, un consigliere-suggeritore e un "curatore dell'immagine" che dà istruzioni tassative sulle inquadrature consentite e su quelle vietate. No, adesso il presidente del Consiglio arriva in studio con il suo regista personale. Che non affianca il titolare della trasmissione, ma semplicemente lo sostituisce: prende il comando dello studio, dirige la puntata e poi va via insieme al Cavaliere.

Non era mai successo, nella storia della televisione italiana, che a un intervistato - per quanto eccellente - venisse concesso un simile privilegio. Non era mai successo fino a venerdì scorso, quando Silvio Berlusconi si è presentato allo studio 3 di Cinecittà per registrare la puntata de "L'incudine", la trasmissione di Claudio Martelli. Che si trattasse di una puntata speciale, la redazione del programma l'aveva già capito: mandata in onda da Italia Uno abitualmente il giovedì dopo la mezzanotte, grazie all'arrivo del premier la trasmissione veniva eccezionalmente collocata nella prima serata di sabato, al posto del film "Men in black" (e così velocemente da non lasciare neanche il tempo a "Tv Sorrisi e Canzoni" di aggiornare i programmi).

Non solo, ma gli autori del programma - i più stretti collaboratori del conduttore nella preparazione delle interviste - erano stati insolitamente tenuti all'oscuro delle domande preparate da Martelli per il premier. "Il presidente arriverà con la sua squadra", aveva avvertito la segreteria di Berlusconi. Nessuno però aveva capito che in quella squadra ci sarebbe stato anche il regista: Maurizio Spagliardi, un professionista ingaggiato da Mediaset per "Il senso della vita" (che evidentemente deve aver conquistato la piena fiducia del premier con la puntata dedicata al suo amarcord familiare).


Il fatto è che non l'aveva capito neanche il regista della trasmissione, Sergio Colabona (lo stesso di "Affari tuoi"), il quale stava arrivando a Cinecittà quando è stato fermato da una telefonata perentoria: "Non venire, non ce n'è bisogno". Gelo negli studi, grande imbarazzo in cabina di regia, mentre Martelli - lasciando fuori dalla porta gli autori, increduli e furenti - si chiudeva nel suo camerino con Giorgio Mulè, il vice di Mauro Crippa al vertice della piramide Mediaset dell'informazione. Poi è arrivato Berlusconi, con il resto della squadra (da Paolo Bonaiuti, che faceva sì-sì o no-no da dietro le quinte, a seconda degli argomenti toccati da Martelli, a Roberto Gasparotti, il meticoloso curatore delle inquadrature presidenziali). E Spagliardi, il regista "ad personam" ha dato il via alla registrazione.

Anche stavolta, come era già successo in tutte le altre trasmissioni che avevano ospitato il Cavaliere, era tassativamente proibito il primo piano: concesso, al massimo, qualche piano americano. E naturalmente nessun cameraman s'è azzardato a puntare la telecamera sulle scarpe dell'ospite (che hanno colpito tutti i presenti per l'altezza del tacco e lo spessore del rialzo interno).

La trasmissione poi è andata come è andata. Due ore e mezzo di interminabili sermoni berlusconiani, così pesanti che alla fine Mulè e il regista si sono guardati in faccia sconsolati, domandandosi se ci fosse un modo, magari col montaggio, di rendere un po' più commestibile quel diluvio di parole. Non c'era, purtroppo. Nonostante il dimezzamento delle interruzioni pubblicitarie - altra misura "ad personam", del tutto inusuale per una rete commerciale - l'indomani l'Auditel avrebbe registrato uno share del 7 per cento, che per gli addetti ai lavori significa, in prima serata, "flop spettacolare". In fondo, al regista "titolare" è andata bene: adesso è l'unico che può dire "io non c'ero".

14.2.06

PROGETTO CASA DI VITTORIO

Il Progetto CASA DI VITTORIO è stato avviato lo scorso 3 novembre 2005 con un Protocollo dIntesa, tra Cittàdi Cerignola e le città di Andria, Margherita di Savoia, Minervino Murge, Orta Nova, San Ferdinando di Puglia, San Severo, Stornara, Stornarella, Trinitapoli. Al Protocollo aderisce la Provincia di Foggia e ha concesso il patrocinio la Regione Puglia. Partner la CGIL provinciale e nazionale.

I prossimi due anni, con il Centenario della Cgilnel 2006 e, nel 2007, il 50° anniversario della morte di Giuseppe Di Vittorio, costituiscono una irripetibile occasione per far sì che il nostro territorio assuma la responsabilitàdi una politica culturale volta al rilancio dellintero patrimonio storico, sociale e culturale che conserviamo nella nostra memoria collettiva.
Il programma per questo primo anno di attività, il 2006, èarticolato in iniziative culturali che vedranno il territorio della Puglia settentrionale (in spazi espositivi, strade, teatri e scuole) ospitare eventi culturali che hanno come focusDi Vittorio e la cultura della classe che lo ha espresso. Alcune iniziative sono organizzate in anteprima nazionale, dando così il massimo risalto, in una platea non solo locale, alla nostra realtà territoriale.
La responsabilità di guida e coordinatore del progetto è stata affidata a Giovanni Rinaldi, da ormai trentanni, studioso, ricercatore, conservatore delle storie di tanti anonimi protagonisti della memoria, ma anche instancabile animatore di moderne rielaborazioni (dal teatro, alla multimedialità, al cinema) in rapporto con artisti, operatori culturali, Istituzioni ed Enti nazionali.
Il primo partner scientifico di Casa Di Vittorio è lIstituto Pugliese per la Storia dellAntifascismo e dellItalia Democratica (diretto dal prof. V.A. Leuzzi); contatti sono in corso con la Fondazione Di Vittorio di Roma e con la Facoltà di Giurisprudenza dellUniversità degli Studi di Foggia.


La casa (obiettivo sul medio termine)


1) Allestimento centro iniziative, archivio e contenitore espositivo
  • larchivio/centro di documentazioneriferimento per singoli studiosi e gruppi sul patrimonio culturale popolare. Il Centro potrà contare sulla disponibilità del ricco patrimonio dellArchivio Di Vittorio curato da Giovanni Rinaldi.

  • iniziative di studio, conferenze, incontri, seminari su tematiche di interesse storico-antropologico, sociologico ed etnomusicale;

  • promozione editoriale, con lo sviluppo di una collana;

  • lo spazio espositivo e didattico in cui, workinprogress, andranno ad inserirsi i materiali e prodotti multimediali realizzati nelle attività del programma Casa Di Vittorio;

  • Attività culturali (mostre - convegni - pubblicazioni)

    La storia a fumetti
    PANE E LAVORO. La vita di Giuseppe Di Vittorio
    Un fumetto di Gianni Carino, scrittore, umorista, illustratore e sceneggiatore di storie disegnate. Questa sua ultima opera con cui festeggia il centenario della Cgil, racconta la vita di Giuseppe Di Vittorio. 100 tavole a colori, come una galleria di ritratti. Prefazioni di Guglielmo Epifani e Giuliano Montaldo, Ediesse 2006. Allestimento mostra dei disegni originali.
    Presentazione in anteprima nazionale dellopera alla presenza dellautore.
    Incontri con gli studenti dellIstituto dArte di Cerignola e dellAccademia di Belle Arti di Foggia.
    Marzo 2006.

    La storia nelle fotografie (la Puglia e il lavoro bracciantile)
    BRACCIANTI DI PUGLIA
    Mostra didattica itinerante foto-documentaria (250 immagini / 50 pannelli 100x140, stampa digitale).
    Un secolo di storia dei salariati agricoli, la fatica, la vita quotidiana, il lavoro e le sue tecniche, lorganizzazione e le lotte per i diritti, Giuseppe Di Vittorio, la festa del primo Maggio, i nuovi braccianti e gli immigrati. Fotografie depoca dallArchivio Di Vittorio (Studio Ieva, Studio Belviso), fotografie di reportage di Giovanni Rinaldi, Paolo Longo, Pasquale Susca.
    Marzo 2006

    La storia e la sua analisi scientifica
    GIUSEPPE DI VITTORIO: da analfabeta a maestro
    Convegno nazionale (relazioni scientifiche ed eventi culturali) copromosso con lAssociazione Centenario CGIL, la Federazione Lavoratori della Conoscenza - CGIL, la Fondazione Di Vittorio.
    Lobiettivo è quello di contribuire a una lettura diversa di Di Vittorio: lidea del lavoro, di cittadinanza che egli ci ha comunicato; limportanza del sapere, della cultura, come riscatto sociale degli umili ed ambizione verso lemancipazione, la conquista dei diritti.
    Fine ottobre 2006.

    Attività di spettacolo (cinema-musica-teatro)

    Il recupero degli archivi sonori di musica popolare
    SUONI DELLA MEMORIA. Musiche e canti popolari della Puglia settentrionale.
    Lavoro editoriale e discografico che propone lintera raccolta etnomusicologica conservata nellArchivio Rinaldi-Sobrero. Volume con saggi scientifici, testi e traduzioni in inglese dei repertori, 3 CD audio allegati con una selezione di circa 100 canti e brani strumentali dagli oltre 350 conservati. I generispaziano in diverse tipologie: canti religiosi e di pellegrinaggio, ritualità del ciclo dellanno, canti narrativi, stornelli e canti di lavoro, canti sociali.
    Cura editoriale delle Edizioni Aramirè, Lecce.
    Fine 2006.

    La nuova musica e le contaminazioni con le musiche di tradizione
    CALASOLE
    Nuovo CD musicale del compositore, musicista Umberto Sangiovanni con la sua DauniaOrchestra. Il CD è dedicato a Giuseppe Di Vittorio. Lopera segue la precedente La controra, che nel 2004 ha raccolto consensi da tutta la stampa nazionale. La controra èstato presentato al Quirinale, in vari festival italiani oltre che in Germania, Spagna e in diretta alla Radio francese. Musica jazz e dautore con influenze etniche elaborata a partire dai testi di matrice popolare bracciantile e contadina. Un dialogo sonoro tra linguaggi musicali del mediterraneo a partire dalle parole e dal dialetto del nostro territorio. Produzione DauniaOrchestra, con RAITRADE.
    Concerto di presentazione in anteprima nazionale a Roma e tour itinerante nei Comuni del Protocollo; incontri del musicista con gli studentidi alcune scuole del territorio.
    Aprile 2006.

    La storia raccontata dal cinema
    PASTANERA. Braccianti negli anni 50.
    Cortometraggio del regista Alessandro Piva basato sulla ricerca storica condotta con Giovanni Rinaldi.
    Siamo negli anni del secondo dopoguerra, in primo piano la rivolta di San Severo del 23 marzo 1950 e gli episodi di solidarietà nazionale che la seguirono.
    Le famiglie emiliano romagnole, marchigiane e toscane, dei comitati di Solidarietà Democratica, accolsero, in quegli anni, come figli adottivi i più poveri bambini del Sud, ma anche delle zone martoriate dai bombardamenti o dalle alluvioni. Unesperienza di massa che portò, nei treni della felicità, circa 70.000 bambini a vivere ladozione familiare.
    Le riprese sono effettuate, incontrando i protagonisti delle storie narrate, partendo dalla Puglia e proseguendo nelle Marche, in Emilia Romagna, nel Lazio.
    Incontri con gli studenti, del regista e di alcuni protagonisti.
    Coproduzione con la Seminal Film (con partenariato della Provincia di Ravenna e del Comune di Lugo di Romagna), presentazione in anteprima nazionale.
    Giugno 2006.



    Casa Di Vittorio - Città di Cerignola
    Resp. Giovanni Rinaldi c/o Municipio di Cerignola
    casadivittorio@comune.cerignola.fg.it

    11.2.06

    MI SEMBRA DI SOGNARE. UN INCUBO...
    di Massimo Fini, (Il gazzettino, 09/02/2006)

    Mi sembra di sognare. Un incubo. Posso sbagliare ma io scrivo quel che vedo. E quel che vedo è che Potenze con immensi arsenali atomici vogliono impedire a un Paese di sviluppare il nucleare civile, per diversificare le proprie fonti di energia, come ha sempre dichiarato il governo di Teheran e com'è dimostrato dal fatto che per tre anni gli iraniani hanno accettato le ispezioni dell'Aiea, l'Agenzia internazionale per l'energia atomica. È grottesco vedere il presidente francese Jacques Chirac dare, con la consueta prosopopea gallica, lezioni di morale nucleare all'Iran stando seduto su un arsenale atomico. È come se a noi italiani venisse impedito di riaprire la centrale di Caorso, se lo ritenessimo opportuno per la nostra politica energetica, perché ipoteticamente, in futuro, potremmo costruire, nonostante i controlli dell'Aiea, la bomba atomica.Dice: ma il presidente iraniano Amhadinejad ha negato l'Olocausto e il diritto di Israele a esistere in Palestina. Questo è un altro discorso. Nello specifico, cioè nella questione del nucleare, l'Iran si è mosso, nel pieno rispetto della legalità internazionale. E al vice ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi, che, a Monaco, faceva notare ad Angela Merkel (che aveva paragonato senza pudore la finora ipotetica ascesa dell'Iran nello scacchiere mediorentale a quella dei nazisti negli anni Trenta) che dopo il deferimento dell'Iran all'Onu il governo di Teheran sarà costretto ad applicare la legge e a interrompere la collaborazione con l'Aiea, come ha fatto in questi anni, la cancelliera tedesca ha risposto arrogantemente "allora sarà il caso di cambiare la legge". L'Iran vuole, fino a prova contraria, il nucleare civile come suo sacrosanto diritto e ha rispettato finora le legalità internazionali in materia di energia atomica. Cosa che non hanno fatto alcuni suoi vicini come Pakistan e Israele che si sono costruiti la bomba in violazione del trattato di non proliferazione delle armi nucleari. Perché l'Onu non ha mai mandato ispettori in Israele - e se avesse osato richiederlo avremmo sentito una qualche risposta sarcastica del governo di Tel Aviv a difesa della sua integrità territoriale - nel deserto del Neghev dove quello Stato ha costruito una centrale nucleare atomica bellica pienamente operativa? È evidente che questo continuo, arrogante, "doppiopesismo", questa protervia occidentale, per cui noi siamo il Bene e possiamo possedere arsenali con decine di migliaia di bombe atomiche mentre gli altri, poiché sono il Male, non possono nemmeno farsi, in base a un processo alle intenzioni, il nucleare civile, esaspera le opinioni pubbliche musulmane e arabe e favorisce, anzi, bisogna pur ammetterlo, dà buone ragioni, al loro integralismo ed estremismo. Probabilmente la vicenda delle vignette blasfeme sarebbe passata quasi inosservata se non si fosse inserita in questo contesto di arroganza occidentale. Dove vogliono arrivare gli occidentali, e in particolare gli americani, con questa politica tremendamente aggressiva? Prima c'è stato l'Iraq, accusato di possedere "armi di distruzione di massa che proprio l'Occidente gli aveva fornito perché potesse ammazzare meglio sciiti e curdi ma che non aveva più. E l'abbiamo attaccato, invaso, bombardato, occupato e, con elezioni ampiamente falsate dalla presenza di 160mila soldati stranieri, vi abbiamo messo un governo da noi controllato. Adesso nel mirino c'è l'Iran che non possiede alcuna "arma di distruzione di massa", ma che potrebbe averla in futuro. È la teoria della "guerra preventiva" di George W. Bush che significa in realtà guerra permanente contro chiunque non adempia i desiderata dell'Occidente e per scatenare la quale basta il semplice sospetto. Fanno accapponare la pelle le dichiarazioni di Marvin Cetron, consulente della Cia e dell'Fbi, che esplicitano le intenzioni dell'Amministrazione Bush: "Prevedo un attacco militare internazionale a Teheran entro qualche anno, bisogna bombardare Teheran. Un attacco non unilaterale, da parte solo di Usa o Israele, ma multilaterale, una coalizione con membri europei. E non breve e solo a titolo dimostrativo". L'unica alternativa che mr. Cetron concede è un cambio di regime a Teheran: "Come gli iraniani insorsero contro la Scià nel 1979 così potrebbero insorgere contro i fanatici religiosi che li governano. I governanti iraniani hanno enormi problemi, dalla gestione dei giovani in fermento alla povertà... Non bisogna esitare a favorire un cambiamento di regime se necessario con finanziamenti o con azioni clandestine" (Intervista al Corriere della Sera, 5/2/2006). Insomma un bel colpo di stato, nella peggiore tradizione americana. Mr. Cetron, anche se si dice reduce da una visita nei Paesi islamici, dimostra di non conoscere la realtà iraniana. Quelli contro cui gli iraniani dovrebbero ribellarsi, come nel 1979, sono esattamente gli eredi della rivoluzione khomeinista. E quindi questa volta non si tratta di abbattere un feroce dittatore, come lo Scia, sostenuto, oltre che dagli americani, da una sottilissima striscia di borghesia iraniana iper ricca, che rappresentava meno del 2% della popolazione, ma di abbattere un governo che, come hanno dimostrato le elezioni, gode di un vastissimo appoggio popolare. E sarebbe bene smetterla con la fola, con l'"illusion", con la fiaba che amiamo raccontarci in occidente che i giovani sono contro questo regime. Giovani e giovanissimi erano i pasadaran che sostenevano Khomeini e giovani e giovanissimi sono gli iraniani che appoggiano Amhadinejad, visto che in quel Paese due abitanti su tre hanno meno di trent'anni e Amhadinejad ha vinto le elezioni. Ma, a parte questo, è terrificante ciò che sta uscendo fuori dal "vizio oscuro" dell'Occidente. Un consigliere di Bush dichiara apertamente, tranquillamente, che bisogna bombardare l'Iran o organizzarvi un colpo di Stato, Donald Ramsfeld, ministro della Difesa americano, afferma che l'Iran è "il primo Stato del mondo sponsor del terrorismo", senza avere lo straccio di una prova, Angela Merkel, con una coda di paglia lunga qualche chilometro, paragona l'Iran, che finora non ha mai aggredito nessuno ma semmai è stato aggredito, da Saddam Hussein, col nostro determinante appoggio dopo il 1985, alla Germania nazista; Chirac minaccia di utilizzare la "force de frappe" nucleare francese contro l'Iran mentre i missili israeliani sono costantemente puntati contro quel Paese. E allora non bastano alcuni estremismi puramente verbali del presidente iraniano Amhadinejad per fare il gioco delle tre tavolette, per scambiare l'aggredito con l'aggressore e per mistificare su chi è che oggi sta veramente mettendo in pericolo la pace nel mondo, disposto a tutto, a bombardare, a innescare colpi di Stato e a usare persino la bombe atomica contro un Paese che non ce l'ha ma per il quale basta solo il sospetto che abbia l'intenzione di farsela per legittimare ogni violazione del diritto internazionale, ogni sordidezza, ogni violenza, anche la più estrema. Chi sono, allora, gli "Stati canaglia"?

    6.2.06

    Il Cavaliere parolaio che insegue Castro
    di GIAN ANTONIO STELLA - Corriere della Sera

    Il Berlusconi di oggi farebbe arrabbiare quello di ieri, fustigatore di «chi nella vita ha solo chiacchierato». Ora nella lunghezza dei discorsi insegue il record di Castro. Fosse un cubista da reality, un conduttore scarso o un presentatore di quiz, il politico Berlusconi prenderebbe dal Berlusconi padrone di Mediaset una lavata di capelli. Ma come: va in prima serata a Liberitutti, si porta una claque di centravanti, preti e signorine buonasera, presidia l'etere fin quasi a mezzanotte, rinuncia agli spot temendo che la gente cambi canale e cosa fa? Il 5,38% di share! La metà di Superquark!
    Umiliato da un programma di neutroni, tundre e trichechi!
    Non bastasse, la trasmissione condotta da Irene Pivetti, vispa farfalla uscita dal grinzoso bozzolo della badessa della Camera (che bacchettava allora il Cavaliere sul conflitto di interessi e ieri cinguettava: «Ma su, ce l'avrà almeno un difettino!») è finita pure nel mirino dell'Authority. La quale ha deciso di riunirsi d'urgenza per valutare se Liberitutti, oltre a far «marameo» agli appelli di Ciampi alla continenza, non abbia violato la delibera sulla par condicio. Che certo non prevedeva quel coretto di garruli osanna cui non si assisteva dai tempi del Re Sole.
    La penuria di ascolti, arrivata dopo altre trasmissioni fluviali non popolarissime quale L'incudine condotta da Claudio Martelli, dovrebbe porre al Cavaliere una domanda: è davvero vincente dilagare nel palinsesto come il Mississippi nelle pianure alluvionali? Funzionerà questo «nuovo» Berlusconi sempre più lontano ed estraneo alle tesi del Berlusconi di una volta? Non aveva dubbi, un tempo, il Cavaliere: basta coi politici parolai. Il discorso della «discesa in campo» era essenziale: 1.085 parole. Studiate per andare al cuore di elettori assetati di poche cose chiare. L'obiettivo era dichiarato: rifuggire dalle fumosità di sempre, tipo Forlani che gigioneggiava che avrebbe «potuto parlare per ore senza dire niente».
    Certo, anche per il Messia Azzurro che cerca continui richiami religiosi (gli apostoli, l'unzione, le dodici tavole, le zie suore, l'amaro calice…) non era facile seguire l'esempio sommo di rapporto diretto con la gente. Il Padre Nostro è fatto di 56 parole, l'Ave Maria di 42, il Credo di 95. Per non dire del Vangelo, dove una parabola come quella del buon samaritano (in Matteo) è concentrata in 123 parole. Ma quello era il senso: poche parole, massima chiarezza. Scrisse Michele Serra: «E' un nullatenente culturale, per metter insieme 500 parole deve riunire il consiglio d'amministrazione». Errore: non era un limite, ma una scelta. L'asciuttezza era vigore. Il rifiuto del mondo di «quelli che nella vita hanno solo chiacchierato». Lo smarcamento dai «faniguttùn».
    Quando il Cavaliere abbia cambiato idea non è facile da dire. Non c'è una data. Ma certo, via via che si lamentava di non essere abbastanza capito e apprezzato, ha cominciato ad arrotolarsi in una matassa di parole che, in bocca a chiunque altro, lo avrebbe spinto a sbuffare. Al punto che perfino l'amico Bruno Vespa arrivò a dire: «Di fronte alla domanda "che ore sono?", Parisi è uno che risponde: "Le otto". Berlusconi, invece: "In questo momento sul mio orologio una lancetta sta sulle otto e una su mezzogiorno"».
    Certo, la deriva ciacolona ha avuto rari ritorni all'antico. Come il «Contratto con gli italiani», riassunto in 288 parole secche secche: «Abbattimento della pressione fiscale con l'esenzione totale dei redditi fino a 22 milioni di lire annui; con la riduzione al 23% dell'aliquota per i redditi fino a 200 milioni; con la riduzione al 33% dell'aliquota per i redditi sopra i 200 milioni…». Ma erano eccezioni. Basti ricordare il discorso alla Camera sull'Iraq del settembre 2002: 10.866 parole. Cioè 198 in più di quelle usate da Marx ed Engels per scrivere il «Manifesto» o diecimila in più della Dichiarazione d'indipendenza americana: 1.374 parole.
    E più l'attaccano più parla, parla, parla. Due ore e mezzo da Mentana rubando palla a Rutelli, due ore e mezzo da Martelli e dalla Pivetti in solitario… Incurante dei consigli di qualche amico, degli ascolti bassini, delle battute sul suo inseguimento ai record del companero Hugo Chavez (che con la sua diretta «Alò Presidente» è andato in onda sei ore e mezzo di fila) o di Fidel Castro, che nel '98 riuscì a tenere un comizio di 7 ore e 14 minuti: «Volevo riflettere un po' con voi». Tema: cosa ne penserebbe, il Berlusconi di una volta? Gli offriamo un termine di paragone: al comizio finale per le comunali di Messina (le comunali di Messina!) parlò due mesi fa per un'ora e 36 minuti. Cinquantanove minuti più di quelli usati da Giovanni XXIII per aprire il Concilio Ecumenico Vaticano II.

    4.2.06

    NUOVE MANIE - Tutte le categorie che Silvio può odiare
    di MARIA LAURA RODOTA' (Corsera)

    Ognuno di noi detesta qualche categoria professionale: i vigili ad esempio, o i dentisti. Silvio Berlusconi non fa eccezione, come è giusto; solo che il premier, costretto a andare ogni momento in radio e tv, è diventato ipersensibile; e i mestieri da lui odiati si stanno moltiplicando.
    Ai giornalisti italiani (in maggioranza comunisti, alla Rai l'85%) e ai giudici (comunisti e mentalmente disturbati) si sono aggiunti ieri i peraltro mai amati corrispondenti stranieri dall'Italia (qui mandano i peggiori) e i sondaggisti (succubi della sinistra). Non è finita. Nel corso delle prossime settimane, B. sconfesserà molte altre figure professionali. Come:
    PARRUCCHIERI Comunisti.
    Pettinano i comunisti.
    Pettinando i non comunisti non hanno rispetto per i capelli trapiantati. Cribbio.
    CUOCHI (escluso Michele) Collateralisti. Cucinano con aglio e cipolle coltivate da cooperative agricole comuniste collegate alla camorra. Gli italiani digeriscono male, si intristiscono e votano per la sinistra.
    IDRAULICI Bugiardi come tutti i comunisti. Inventano prodezze sessuali con le clienti per scavalcare il premier come star delle barzellette.
    FOTOGRAFI Comunisti. Spesso maneggiano pericolosi treppiedi.
    FRUTTIVENDOLI Camorristi.
    Fanno prezzi troppo alti a Mamma Rosa. Vendono aglio e cipolla che poi vengono mangiati dai comunisti per appestare l'aria.
    PEDIATRI Cattocomunisti.
    Diagnosticano l'influenza ai bambini per convincere gli italiani che tutto va male.
    Impediscono ai bambini di ricoverarsi per un lifting.
    ASSICURATORI
    Criptocomunisti. Quelli delle Generali hanno convinto Antoine Bernheim a pranzare con i diessini.
    INDUSTRIALI CALZATURIERI
    Comucamorristi. Non hanno capito il potenziale del rialzo interno delle scarpe.
    DOG SITTER Comunisti.
    Lasciano sporcare le strade ai cani per danneggiare i sindaci di centrodestra.
    DERMATOLOGI Comunisti incapaci. Non prescrivono abbastanza creme per combattere le rughe.
    ANTENNISTI Succubi della sinistra. Appartengono a cooperative rosse legate alla camorra. Non riparano abbastanza velocemente gli impianti rotti. Così molti italiani non possono vedere il premier in tv né discutere a lungo delle sue dichiarazioni cruciali per il destino del Paese. Cribbio.
    LA BANDIERA ROSSA DEI SONDAGGISTI
    di GIAN ANTONIO STELLA (Corsera)

    Rimonta oggi, rimonta domani, il Cavaliere dovrebbe aver già passato Prodi piantato sui pedali ed essere in fuga nei sondaggi come l'Alfredo Binda quando rifilò 26 minuti all'Antonio Negrini. Non c'è stata settimana infatti, negli ultimi mesi, in cui non abbia annunciato tra squilli di tromba che ormai era fatta.
    Senza uno straccio di segretaria o lacchè che prendesse nota e gli ricordasse sommessamente: «Presidente, l'ha già detto...». Macché, è ancora indietro.
    Tutta colpa, chiaro, del sindacato dei sondaggisti comunisti. Che insistono a fidarsi dei loro numeri invece che delle sue parole. Eppure, dice l'Ansa, sono mesi che spiega. «Noi e la sinistra siamo al 48,3%. E quando si dice parità si dice vittoria poi per il centrodestra», tuona a settembre soddisfatto per la rincorsa.
    «In base agli ultimi sondaggi siamo sotto solo di tre punti», ribadisce a ottobre. «Pari: 48 a 48», esulta dal Mar Nero a novembre. «C'è stata una lieve flessione nei sondaggi per le polemiche sulla riforma del Tfr e i contrasti interni alla maggioranza», concede a dicembre, ma «in un quadro di sostanziale parità».
    «La Cdl è in forte rimonta. Secondo i sondaggi nelle nostre mani da ieri sera, lo scarto con l'Unione è di appena l'1,6%», sbandiera a metà gennaio. Due giorni dopo, replay: «I sondaggi ci danno ora al 48,4% contro il 49,6% dei partiti d'opposizione: siamo a meno 1,2%». Poche ore e rilancia ancora: «La Casa delle libertà è in forte crescita e ha quasi recuperato il distacco dall'Unione». «Ma sei sicuro?», gli chiede perplesso Bobo Maroni in Consiglio dei Ministri. «Tranquillo!».
    E i sondaggi che dicono invece... «Ma quelli sono i sondaggi della sinistra», spiega a Clemente Minum, «quelli di cui ci fidiamo noi ci danno praticamente alla pari». Tesi rilanciata due giorni dopo a Sky Tg24, dove spiega che a lui puzzano i «sondaggi che parteggiano per la sinistra. Quelli di cui disponiamo noi ci davano nelle scorse settimane sotto di solo 1,3 punti. E un sondaggio molto vasto che avremo oggi ci darà in pareggio se non in sorpasso».
    «Abbiamo ridotto di molto la distanza», riprende la settimana dopo. «Il distacco è di 1,8 punti percentuali a favore dell'opposizione», tranquillizza a fine gennaio. «Siamo praticamente alla pari...
    Tutti i sondaggi stranamente si discostano l'uno dall'altro di un solo punto. E' una cosa che fa pensare all'esistenza di un vero e proprio sindacato dei sondaggi per influenzare i cittadini». A proposito: e il sorpasso? Macché, quel sondaggio non è arrivato. Amen. Ma su con la vita, incoraggia a Omnibus: «Il sorpasso se non c'è già oggi ci sarà dopodomani». Al pomeriggio si appella al popolo della destra: «Non date ascolto ai sondaggi che mettono in giro. La Cdl è praticamente alla pari con l'Unione ma tra 15 giorni saremo al sorpasso».
    E allora, in queste ambasce, di chi fidarsi? Risposta berlusconiana: «Tutti i sondaggi che la sinistra ha diffuso e ci vedrebbero perdenti sono smentiti dalla organizzazione che ha sempre indovinato, Euromedia».
    La creatura di Alessandra Ghisleri, grintosa paleontologa passata dai fossili ai numeri per raccogliere il testimone lasciato dalla Diakron di Gianni Pilo (defunta) e da Datamedia di Luigi Crespi (defunta). Un altro, scoprendo dal sito di sondaggi di Palazzo Chigi che Euromedia dava vincente con 7 punti di vantaggio alle regionali pugliesi Raffaele Fitto (battuto da Vendola), vincente a quelle piemontesi Enzo Ghigo (battuto di 6 punti dalla Bresso), sconfitto di misura alle provinciali di Parma il polarolo Roberto Lisi (stracciato) avrebbe dei dubbi. Che aumenterebbero nel caso fosse sempre quella l'autorevole fonte che alla vigilia delle catastrofiche regionali spinse Berlusconi ad assicurare «una netta vittoria per la Cdl» e il Giornale
    a titolare: «Il complotto contro Storace fa crollare l'Ulivo». Titolo di ripresa: «Il listone di Prodi in picchiata nei sondaggi». Finì, com'è noto, 12 a 2.
    D'accordo, è vero che i sondaggi vanno presi con le pinze. Tanto più che tutto (tutto) dipende da come sono fatti. Al punto che un sondaggio di Liberazione sull'uomo più pericoloso del 2004 vedeva l'assenza di Bin Laden o di Al Zarkawi: ovvio, si poteva scegliere solo tra Bush, Condoleezza Rice, Rumsfeld, Berlusconi...
    Eppure, come hanno più volte ricordato «i sondaggisti del sindacato», che hanno ieri protestato per la battuta del premier anche per bocca di uomini come Nicola Piepoli che certo di sinistra non sono, le regole ci sono. Meglio: ci sarebbero, se fossero fatte rispettare. Con la pubblicazione di come, dove, quando è stato fatto quel determinato sondaggio. Cosa che il Cavaliere, ahinoi!, si dimentica distrattamente assai spesso di fare. Il che rischia di trascinare una materia serissima sul piano delle battute. Come quella di Mino Martinazzoli che un dì, stufo di sondaggi che dipingevano un'Italia traboccante di entusiasmo forzista, sbottò: «I più recenti sondaggi ci dicono che l'87% dei cinesi vorrebbero Berlusconi imperatore della Cina».

    2.2.06

    Gran Circo Silvio
    CONTRORDINE di ALESSANDRO ROBECCHI

    L'offensiva mediatica di Berlusconi di cui tutti parlano, pone i cittadini italiani di fronte a un grande dilemma: cosa fargli fare dopo il nove aprile. Dopo che Cassano ha dovuto emigrare a Madrid, sarebbe grave se un altro enorme talento italiano dovesse lasciare la patria. Ecco gli scenari più probabili.

    Animatore al Cremlino - Per l'amico Putin, Silvio era capace di superare la storia (facendogli subire l'assedio di Stalingrado, anche se è nato nel `53) e di travalicare il ridicolo ("mai stato comunista", anche se era del kgb). Ecco che ora questa politica da amicone, pacche sulle spalle, notti magggiche nella dacia o nel villone bitumato di cactus si rivela per quello che è. Il simpaticone un po' pirla, sciocchino, che tesse la sua tela di piaggerie e ruffianate e poi all'apparir del vero, resta senza gas. Uno così ci vorrebbe a tutte le feste, pensano a Gazprom. Il contratto è già pronto: animatore per le serate ufficiali al Cremlino, con contrattini stagionali per villaggi turistici in Crimea. Manca solo la firma.

    Costruttore di NewOrleans 2 - E' assolutamente indubbio che la condanna a morte di una buona metà della città di New Orleans sia soltanto una questione di tempo. Ora che neri e poveri se ne sono andati, e se tornano vengono presi a fucilate, si apre una nuova prospettiva per l'edilizia privata. New Orleans 2 sarà costruita da un dinamico imprenditore italiano che per un abbaglio collettivo ha fatto persino il capo del governo.
    Sarà una città a misura d'uomo, purché bianco e con un certo reddito. In caso di realizzazione, il governo federale si è impegnato ad alzare gli argini, ma non a modificare le rotte dei vicini aeroporti (non esageriamo, non siamo mica in Italia!). Il contratto è pronto, manca solo la firma.

    Le Cirque de Silviò - Come non disperdere per sempre la strabiliante compagnia di giro che si è formata durante la campagna elettorale? Semplice, con la creazione del grande Cirque de Silviò. Una galleria di personaggi strabilianti, da mamma Rosa a Cicchitto, e di numeri di alta scuola. Finanza creativa senza rete. Illusionismi contabili. Irresistibile il numero dei clown che scrivono la legge sulla droga e la nascondono nelle Olimpiadi. Grande suspance per il numero del tiro a segno umano: un leghista veneto ogni sera spara a un ladro albanese. Mai un errore (si useranno bersagli albanesi perché gli italiani certi lavori non vogliono più farli, anche se ora, con la crisi economica...). I contratti sono pronti, manca solo la firma.

    Predicatore televisivo - Un liberale che fa anche il monopolista, uno che dice «io non mento mai» ma è stato condannato per falsa testimonianza. Uno che lotta contro la dissoluzione della famiglia e se ne fa almeno un paio. Ecco l'uomo con la giusta coerenza per fondare un nuovo movimento religioso basato sui valori più sacri. La Chiesa dei Silvio del Settimo Giorno potrebbe contare su un canale tematico (digitale terrestre), ampi spazi sulle tivù commerciali, spot radiofonici, liturgie di tipo televisivo, persino un quotidiano di famiglia e una grande casa editrice. Funzionari di Publitalia sono già segretamente impegnati a redigere i testi sacri.

    Presidente della Repubblica - Di tutti i futuri impieghi è quello che agghiaccia di più. Ma se le cose dovessero andare proprio male per gli italiani, Silvio accetterebbe volentieri questo ripiego, magari piazzando al governo un Gianni Letta, come da settimane gli consigliano i suoi più astuti consiglieri (il fatto che il consiglio più frequente dai suoi ideologi sia quello di levarsi dalle palle è piuttosto indicativo).

    Imprenditore italiano - Ecco lo scenario più probabile, che è anche il più pericoloso. Con tutta la sua corte infinita di affari e affaristi, Silvio tornerebbe a fare il padrone, e questa volta con una potenza di fuoco inaudita, risorse finanziarie pressoché illimitate e una legislazione fatta apposta per difendere la sua posizione dominante. Non è difficile immaginarsi una sinistra di governo che tratta e viene a patti con una simile potenza economica, già definita peraltro dieci anni fa «una risorsa per il paese»: certe lungimiranze non vengono mai abbastanza ricordate.