31.5.05

Il lato cafone del potere
CONTRORDINE di ALESSANDRO ROBECCHI

Quando avete finito di elencare i declini del nostro paese, economico, politico, imprenditoriale, occupazionale, morale ecc. ecc., aggiungete, se avete tempo, anche un certo qual declino culturale. Oddio, forse "culturale" è parola grossa (e in più non saprei come mimarla a Calderoli), ma si può dire che una certa deriva trash del potere sta avvolgendo il paese come un gas esilarante. Intendiamoci, il potere è sempre un po' ridicolo di suo e lo è sempre stato, ma una volta, almeno, aveva fatto la terza media. E' talmente fitta, questa vaporizzazione di scemenze nell'aria che si fatica a distinguerne i contorni, ci si perde nel valutare caso per caso. Ma la realtà è sotto gli occhi di tutti: quando nei bar, invece che della partita, si parla delle interviste di Anna Falchi, vuol dire che l'encefalogramma collettivo sta al minimo storico. Mentre un palazzinaro ben fornito assalta il primo quotidiano italiano, la first-signorina del Corriere racconta di rose rosse e scie di profumo e precisa - ce ne fosse bisogno - che il patrimonio del suo fidanzato (alcune migliaia di milioni di euro) dipende dal fatto che ha cominciato a lavorare a 14 anni. Le regala i pagliaccetti per la notte. Le ha regalato un aspirapolvere. Lei del Corriere quel che preferisce è Alberoni. Quando giri pagina (o cambi canale) ecco invece i giovani impegnati per il sociale e la solidarietà. Sono i ragazzi e le ragazze di Milano Young, che si chiamano Tronchetti, Berlusconi, Moratti, Versace, Ligresti e altri, con l'appoggio di un young La Russa.

Li ha molto colpiti lo tsunami (in metafora, dannazione!) e vogliono tanto far del bene, loro che sono nati fortunati, e quindi lanciano una linea di abbigliamento, o qualcosa del genere. Gran clamore e speranza tra le vittime dello tsunami. Poi giri pagina (o cambi canale) e scopri che la moglie del ministro degli esteri è un po' seccata perché ci sono donne che mostrano generose scollature al marito. Niente di male (anzi, un tocco squisitamente vezzoso!) che la signora dica soavemente di essere armata come Robocop: ha tre pistole e una se la porta dietro quando esce da sola. Quelle delle scollature sono avvertite.

Quando giri pagina (o cambi canale) ti ritrovi la fabbrica di automobili nella sua fase storica di crisi più grave, che mostra orgogliosa le nuove felpe, le nuove scarpine di design, rigorosamente made in Italy. Visto com'è andata con le macchine, conviene andare a piedi: sarà questo il messaggio del marketing? Non si calcola però che chi si può permettere le nuove scarpine fighetto-oriented marchiate Fiat, nove su dieci ha la Mercedes.

Il problema, ora, è che si potrebbe continuare per ore, per giorni e per settimane, e chiunque potrebbe elencare sconsolato decine e decine di esempi di questo smottamento cultural-mediatico che è sotto gli occhi di tutti. Il fatto è certo: il declino di una classe dirigente si vede anche da queste cose. La distanza di tutto ciò dal paese reale è ormai più che siderale. La sensazione è che ricchi e potenti - storici o dell'ultim'ora - non stiano nemmeno sulla luna, da dove almeno vedrebbero la terra da lontano, ma in qualche sperduta galassia fatta di gioielli, scarpette, borsine, felpe griffate, collezioni esclusive, feste di beneficenza. Si ripete spesso che (da anni) in questo paese i ricchi sono più ricchi e i poveri sono più poveri. Non è un luogo comune, cifre e statistiche lo confermano. E da qualche tempo, lo conferma anche questa spudoratezza miliardaria, questa ostentazione volgarissima che si colloca a metà strada tra il neoburino e il finto-tonto danaroso. Che comprende il pettegolezzo e l'ammiccamento sessuale, la vanità sfrenata, l'esibizionismo economico più assurdo, lo spreco e lo schiaffo alla miseria. Tutto questo mentre i centri statistici della grande distribuzione alimentare (quelli che ci schedano quando facciamo la spesa in cambio di piccoli sconti) dicono che non già alla quarta, ma già alla terza settimana del mese i consumi frenano, i portafogli sono leggeri. Mi aspetto da un momento all'altro, girando pagina o cambiando canale, che qualcuno di questi ricchi e potenti sbotti nell'intervista di copertina: «Il popolo non ha più pane? Che mangi delle brioches!». Segue intervista, seduta fotografica, galà di beneficenza, calendario pornosoft, scorribanda in Piazza Affari e servizio televisivo. Contadini furibondi armati di forcone che urlano Liberté! Egalité! niente, nemmeno all'orizzonte. Peccato.

29.5.05

Codice fiscale alle staminali
Satira preventiva di Michele Serra

Le diverse anime del centrosinistra sono in cerca di un accordo in vista delle prossime elezioni poltiche. I contrasti sono innumerevoli: dal programma al giorno del voto. Prodi, però, è sempre ottimista.

Come si presenterà il centrosinistra alle prossime elezioni politiche? Intanto bisogna vedere se si presenterà: non tutto lo schieramento è d'accordo sull'ipotesi di partecipare alle elezioni, ritenute un impegno troppo costrittivo perché obbliga tutti gli elettori a votare lo stesso giorno, contravvenendo alla pluralità di abitudini delle diverse anime della sinistra italiana. Il problema potrebbe essere risolto da un'ipotesi di compromesso: votare ognuno nel week-end a lui più favorevole, in un periodo compreso tra marzo e luglio del 2006.

Ammesso che la soluzione sia praticabile, è comunque escluso che una stessa scheda elettorale possa validamente riassumere la grande ricchezza di posizioni politiche in campo. Ogni elettore del centrosinistra avrà modo di presentarsi con una scheda personalizzata, ottenuta con il sistema dei bollini autoadesivi. Nei prossimi mesi tutte le correnti di tutti i partiti dell'Ulivo (e apparentati) invierà per posta i propri bollini e una scheda intonsa in omaggio. L'elettore potrà così scegliere, anche in base all'effetto cromatico più suggestivo, quali bollini attaccare, componendo una coalizione di suo gusto. Il presidente di seggio consegnerà una simpatica borsa da viaggio oppure, a scelta, l'ombrello dell'Ulivo (è composto da 39 spicchi di diverso materiale e pesa 16 chili), a quegli elettori che riusciranno a completare la scheda con tutti i bollini del centrosinistra, compresi quelli, rarissimi, dei repubblicani della Sbarbati, molto contesi dai collezionisti.

Ricercatissimi anche il prezioso 'Ronchi rosa', un bollino di Edo Ronchi con lo sfondo rosato per un errore tipografico, e il 'Rutellone', di mezzo metro di diametro per riuscire ad occupare tutta la scheda, ritirato per le proteste dei prodiani.

Risolta così, una volta per tutte, la questione dello schieramento, rimane aperto il dibattito sul programma di governo. Secondo indiscrezioni una brutta copia, scritta a matita dallo staff di Prodi su un quinterno a quadretti, starebbe già circolando tra i vari leader, ma è di difficile lettura. Oltre alle centinaia di correzioni e cancellazioni, aggiunte da chiunque ne entri in possesso (pare che il pony che l'ha trasportata dalla sede dei diesse a quella dei Verdi abbia aggiunto di suo pugno un emendamento che abolisce il bollo sui motorini), il documento è molto sgualcito, pieno di orecchie sugli angoli, e per giunta si è definitivamente deteriorato nel corso dell'ultima assemblea della Margherita, perché i convenuti se lo strappavano di mano gridando "lo leggo prima io, caro il mio stronzo!".

Quali i contenuti? Pare che Prodi abbia tentato una mediazione tra posizioni politiche anche molto difformi, che vanno dall'occupazione delle banche con distribuzione dei contanti ai passanti (Casarini) alla privatizzazione della presidenza della Repubblica (riformisti dei diesse), dalla presa in armi del Vaticano (Vattimo) alla concessione del codice fiscale anche alle cellule staminali (Rosy Bindi), dalla patrimoniale estesa anche al possesso di gerani e posate da pesce (Bertinotti) all'abolizione delle tasse per gli imprenditori laziali (Rutelli), dall'introduzione delle centrali elettriche a pedali o a elastico (Paolo Cento) alla diffusione capillare dell'energia nucleare con un reattore in ogni condominio (manicomio criminale di Castiglione delle Stiviere).

Prodi si è detto comunque ottimista: "Lo spirito di queste proposte rivela una forte ed evidente spinta unitaria". La dichiarazione, resa nel corso di una sparatoria tra prodiani antiprodiani e prodiani filoprodiani, sembra tendere a un clima più sereno, anche se le difficoltà rimangono.

Pare irresolubile, per esempio, lo scontro tra comunisti italiani e Rifondazione comunista, in totale disaccordo circa metodo e sostanza delle nuove scissioni in preparazione tra le componenti trotzkiste, quelle bukariniane, quelle luxemburghiste e la nuovissima corrente 'Lotta moderna', che si ispira al tumulto dei Ciompi e propone l'intifada come metodo di democrazia partecipata.

Animato dibattito anche tra le donne di sinistra, seguito con palpitante interesse dall'opinione pubblica dopo la pubblicazione su 'Liberazione' di una lettera di Luisa Muraro che contesta la definizione di 'percepibilità identitaria' usata da un collettivo romano sul 'Manifesto', proponendo 'identità percepita' come migliore maniera per definire la preoccupante impasse del dibattito femminista.

Il programma dell'Ulivo, comunque, sta per arrivare al suo nuovo stadio di elaborazione: un'assemblea nazionale di tutte le componenti, i partiti, i movimenti e gli indipendenti, nel corso della quale si metterà ai voti ogni singola parola del documento. Si comincia il 3 di giugno, alle otto di mattina, votando sulla data del giorno: favorevoli, contrari e astenuti.
Il candore dei cronisti italici
CUBA di GIANNI MINÀ (Il Manifesto)

Uno spirito caustico come Daniel Chavarría, scrittore e rivoluzionario uruguayano, ha liquidato l'episodio dell'espulsione da Cuba di Francesco Battistini del Corriere della Sera e di Francesca Caferri de la Repubblica, insieme a due o tre politici polacchi, con una battuta crudele «Meno male! A Cuba i giornalisti li espellono, in Iraq invece la truppa d'occupazione nordamericana spara loro addosso». La battuta feroce si basa su una constatazione incontrovertibile e scabrosa: anche Cuba vive da tempo una guerra, quella che gli Stati uniti le hanno dichiarato 45 anni fa con l'embargo economico e mediatico (recentemente inasprito) e che ora, nell'epoca di Bush jr., ha ripreso vigore, come confermano le 450 inquietanti pagine del progetto «Cuba libre», disponibili da maggio 2004 sul sito del dipartimento di stato Usa. E' un progetto politico ben preciso che, con tanti saluti al diritto di autodeterminazione dei popoli, punta ad un cambio «rapido e drastico» nell'isola. Così, senza voler giustificare le inutili espulsioni dei giornalisti, si intende come Cuba possa vivere in una sindrome di «castello assediato» che le fa commettere errori. Una condizione in cui la nazione più poderosa del mondo stanzia pubblicamente 53 milioni di dollari l'anno (più 5 per le campagne di propaganda) per costruire una opposizione alla revolución e cambiarne il destino (per ora meno drammatico del resto dell'America latina).

Perché nel documento della «Commissione per sostenere una Cuba libera» si dichiara senza mezzi termini l'intenzione del governo di Washington di designare fin da ora, per l'isola che si presume sarà liberata, un coordinatore del dipartimento di stato, che si occuperebbe della transizione. Insomma un Paul Bremer che successivamente dovrebbe passare il potere ad un altro Allawi, anche lui, verosimilmente, proveniente dalla Cia. E questo, è ovvio, per ristabilire la democrazia.

«L'assemblea per la promozione della società civile a Cuba», organizzata da Marta Beatriz Roque venerdì 20 e sabato 21 maggio, con un budget di 130 mila dollari, forniti da James Cason, esperto di «guerre sporche» e responsabile dell'ufficio di interessi degli Stati uniti all'Avana, è una delle tappe di questa strategia della tensione. Una politica tesa alla destabilizzazione interna e inaugurata, due anni fa, con i dirottamenti di tre aerei passeggeri e il sequestro fallito del ferry boat di Regla.

La strategia è proseguita quest'anno in occasione della 61° sessione della Commissione diritti umani dell'Onu, nella quale il governo di Washington è riuscito a bloccare la presentazione di una denuncia sulle violenze, gli abusi e le torture compiute dai suoi funzionari, ufficiali e soldati in Afghanistan, nelle carceri irachene e a Guantanamo, ma ha ottenuto di imporre di stretta misura, col voto determinante di alcune nazioni europee come l'Italia, una censura a Cuba, dove non ci sono mai stati desaparecidos, torture ed esecuzioni extra giudiziarie.

L'iniziativa di Beatriz Roque e di René de Jesus Gomez e Felix Antonio Bonne, che, bisogna ricordare, si è svolta regolarmente, con il disappunto di tutti quei politici mestatori e giornalisti che si aspettavano una repressione, è stata però un'iniziativa alla fine autolesionistica.

Perché non solo ha costretto alcuni dissidenti storici come Osvaldo Payá, Cuesta Morua ed Elizardo Sanchez a dissociarsi da una manifestazione organizzata da chi «incontestabilmente prende ordini e soldi dal governo degli Stati uniti», ma perché ha ribadito le divisioni e la possibilità di manipolare l'opposizione alla revolución.

Chi potrebbe fidarsi, infatti, di un progetto di cambio politico che afferma: «Bisognerà processare i funzionari e i membri del governo, del partito, delle forze di sicurezza, delle organizzazioni di massa e anche quelle di cittadini favorevoli al governo rivoluzionario (e quindi ufficialmente tutti) e forse pure di molti membri dei Comitati di difesa della rivoluzione»? Perché, sia chiaro «la lista potrebbe essere molto ampia». Questa sarebbe la strategia per restituire Cuba alla libertà e alla democrazia? E i cronisti dei nostri più prestigiosi giornali invece di informarsi e di allarmarsi per questa guerra sotterranea in corso, vanno, in zona di operazione, con visti da turisti. Lo farebbero in Iraq o anche solo in Palestina? E perché insieme ai candidi partiti «democratici» italiani dimenticano per esempio che, proprio in questi giorni, George W. Bush ha, come ospite a Miami, il famigerato terrorista Luis Posada Carriles, al quale potrebbe concedere «asilo politico»?

Ma in Italia queste inquietanti realtà, che spiegano la «sindrome da assedio» in cui talvolta cade Cuba, non interessano a molti esponenti di partiti che si dichiarano ancora di sinistra. Figuriamoci ai giornalisti, che certamente non hanno pensato di andare in Florida (consiglierei con un visto giornalistico ufficiale) per fare un reportage negli ambienti da cui parte il terrorismo verso Cuba.

Ma l'informazione embedded che trionfa attualmente ignora queste quisquilie. La guerra mediatica cara al dipartimento di stato si fa con le provocazioni, magari come quelle familiari ai Reporter sans frontières, il cui fondatore, Robert Menard, recentemente ha dovuto ammettere di essere stato sovvenzionato dal National Endovement for Democracy, l'agenzia della Cia che sovrintende a queste operazioni di discredito delle nazioni non allineate agli interessi del governo degli Stati uniti.

25.5.05

Mangiacicoria and friends
CONTRORDINE di ALESSANDRO ROBECCHI

Immagino che la sconvolgente svolta della Margherita abbia per sempre segnato le vostre vite, che abbia lasciato una ferita mai più rimarginabile, che non vi abbia fatto chiudere occhio tutta la notte. So di gente che ha pensato ai barbiturici. Finalmente dei motivi nuovi per non dormire... non quelle solite menate sulla rata del mutuo, sul contrattino in scadenza, quei piccoli egoismi che vi riempiono la vita. Finalmente politica! Può la Margherita perdere la sua identità di Margherita senza farsi fagocitare dall'Unione e senza farsi egemonizzare dai Ds come in un filmino sado-maso giapponese? No che non può! E del resto, come potrebbe una Margherita succube di Fassino (maddài!) intercettare sul territorio i voti della destra, cioè di quella buona e brava gente della nazione che fino a ieri si spellava le mani per il capocomico Silvio? Tre anni di pane e cicoria, ha detto Rutelli, ma forse la cicoria era lisergica, o era quell'erbetta che viene dall'Albania, insomma roba buona, visti gli effetti. Senza contare che la metafora è infelice, in un paese dove molti pane e cicoria lo mangiano per davvero, e dove i soldi finiscono prima dei giorni del mese. Visti dall'esterno - dal pendolare sul suo carro bestiame, dal lavoratore interinal-sfigato, persino dall'ex ceto medio proletarizzato - i prossimi presunti vincitori delle elezioni politiche sembrano un esercito che, in sincrono, come un sol uomo, prende la mira e si spara in un piede.

Accuratamente. Non è un incidente: voleva proprio spararsi in un piede. Eppure, cari miei, la mia terribile sensazione è che rimpiangeremo questo momento. Quel che oggi ci sembra un disastro ci farà sorridere quando si profileranno all'orizzonte altri disastri e massimamente quando questo esercito dei mangiacicoria and friends riuscirà in un modo o nell'altro a governare il paese. Con i conti pubblici sfasciati dalla banda di Silvio, sarà urgente porre pesantemente mano alla questione economica. Che significa una bella stretta, perché i mercati... e il rating... e il sistema paese... eccetera eccetera e quindi se pensate che l'economia riguarderà i vostri soldi, o le tariffe, o i servizi, è probabile che vi sbagliate. Scusate l'ottimismo, ma ecco lo scenario.

Quando qualcuno dirà che bisogna cambiare la legge 30 (legge Biagi/Brigate Rosse/Maroni) si alzerà qualcun altro a dire che non si può danneggiare così le imprese e che dopotutto la flessibilità ha permesso al mercato del lavoro di muoversi almeno un po'*. Quando si chiederà conto della riforma Moratti qualcuno dirà che la scuola non può subire il trauma di una riforma ogni cinque minuti e quindi... con qualche lieve aggiustamento...**. Quando si parlerà di nuovi diritti per nuove famiglie faranno il diavolo a quattro i cattolici, facendo sponda naturalmente con i cattolici della futura opposizione, che sono del resto i cattolici attualmente al governo che fanno lo stesso con quelli attualmente all'opposizione. Altra cicoria, insomma***. Quando si porranno problemi sociali urgenti, si dirà che essi si risolvono con la ripresa dell'economia e dunque prima di tutto aiutando le imprese. Solo con imprese più felici si diventerà (in prospettiva lunga, temo) più felici pure noi. E in ogni caso, per placare i nostri bollenti spiriti, si agiterà davanti al nostro naso lo spettro dell'operaio cinese, dicendoci chiaro e tondo che dobbiamo star calmi con le rivendicazioni e le richieste****. Infine, qualora George faccia un fischio per andare ad ammazzare qualcuno in Oriente, consegnando poi al cadavere la democrazia in pacco anonimo, si alzerà qualcuno dei «nostri» a dire che insomma, l'uso della forza non è poi questa gran brutta cosa che si dice in giro.*****

Note:

* Gia fatto.

* * Fatto!

*** Fatto pure questo.

**** Fatto. Tutti i giorni.

***** Fatto Mission accomplished

24.5.05

Le unioni che non pagano
di Giovanni Sartori (Corriere della Sera, 24 maggio 2005)

Berlusconi chiede il partito unico, Prodi il listone unico.A Berlusconi la Lega ha subito risposto di no, e giovedì Fini gli ha risposto che ci vorrà tempo (un no larvato). Eppure Berlusconi sorride, non se la prende, e gronda fiducia. A Prodi, sempre giovedì, Rutelli ha fatto un modesto «strappo» (chiede di andare da solo, fuori dal listone, una volta su dieci, o poco più) e Prodi fa la faccia feroce e grida al «suicidio ». Se lui lo dice, suicidio è (per l’opinione pubblica).
Ma lo è davvero? Prodi è tornato da Bruxelles con due idee fisse in testa. La prima è che «uniti si vince» (se no, si perde); la seconda è che per durare al governo per cinque anni occorre «Bertinotti al governo» (se no Bertinotti lo fa cascare). La prima formula si vende bene. Gli italiani sono arcistufi di un gioco politico danzato tra una quindicina di partiti, e quindi ne chiedono una drastica semplificazione. Invece la seconda formula è difficile da vendere. Ma lo vedremo in altra occasione.
Uniti si vince. Sì, ma uniti male forse non si vince. Qui stiamo parlando di una unione elettorale nel contesto di un particolare sistema elettorale «misto»—il Mattarellum— che prevede per un quarto (che diventa un ottavo, i l 12,5%, nel contesto complessivo delle due Camere) un sistema proporzionale. Volendo fare le cose bene, occorreva cominciare dal rifare il sistema elettorale. Ma Prodi ha apoditticamente decretato che il Mattarellum «non si tocca». E allora se lo goda. Scenda dal piedistallo delle sue idee fisse e si degni di fare i conti su come conviene gestire il voto proporzionale.
Prodi non può non sapere — tutti gli addetti ai lavori lo sanno—che in aritmetica elettorale 1+1 di solito non fa 2 e tantomeno 3. Qui, di solito, l’unione non fa la forza ma semmai fa perdere voti. E questa regola è oggi confermata dalle recenti elezioni regionali. Cito Rutelli: «Le liste distinte dei partiti che formano la Federazione dell’Ulivo possono raccogliere più voti che non la lista "Uniti nell’Ulivo". Nelle 9 regioni con liste unitarie l’Ulivo ha raccolto 640 mila voti proporzionali in meno rispetto alle Europee di un anno fa e un milione e 930 mila voti in meno rispetto alle politiche del 2001.
I partiti dell’Ulivo (Ds, Margherita, Sdi) hanno invece raccolto con simboli distinti 425 mila voti in più rispetto alla lista unitaria delle Europee». Il sondaggista Nando Pagnoncelli conferma: «I dati parlano chiaro. La somma delle singole forze politiche nelle cinque regioni dove non c’è stata la lista della Fed dà il 35,9%. Nelle stesse zone alle Europee il Listone prese il 29,5%. Più 6,4%. Invece nelle regioni con Listone unitario, l’aumento è stato soltanto dell’1%... Le unioni non pagano». (Corriere del 18 maggio).
Su questi dati si può sottilizzare, ma soprattutto si può controbattere che il valore aggiunto, il «valore in sé» dell’appello unitario, prevale su queste minuzie contabili. Però, però. L’altra faccia della medaglia è che lo smottamento del voto berlusconiano è in atto, che al centro i voti in palio e in possibile uscita sono al minimissimo un 10%, e che questi voti li intercetta meglio una Margherita votabile a sé che non una Margherita annegata nel mare reso rossiccio da Bertinotti.
Al momento quasi tutti bacchettano Rutelli. Ma Prodi se l’è chiamata. Da sempre «bulleggia » la Margherita e ora il suo smisurato orgoglio ferito trasforma una tempesta in un bicchiere d’acqua (torno a ricordare che stiamo parlando solo del 12,5% del voto complessivo) in uno tsunami. Lo strappo di Rutelli è suicida se viene preso male e lo si dichiara tale. Ma altrimenti può essere utile.
A QUELLI DI SINISTRA BASTEREBBE STAR FERMI
di Massimo Fini (Il Gazzettino, 23/05/05)

Il problema della democrazia italiana è che se perde la destra vince la sinistra. Perché sono una banda di idioti. Gli basterebbe star fermi per vincere le elezioni politiche del 2006. E non certo per meriti loro, perché in questi anni di opposizione non hanno partorito alcun progetto alternativo minimamente comprensibile e hanno lasciato la battaglia su alcuni nodi di fondo posti dal berlusconismo (il trust, il conflitto di interessi, le "leggi ad personam" vale a dire la violazione del principio cardine di una democrazia liberale: l'uguaglianza almeno formale, l'uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge) ai "girotondini", salvo poi affossare anche quelli per timore che un movimento che nasceva dalla base potesse minare le loro personali posizioni di potere, ma per l'obiettivo fallimento del governo Berlusconi che dopo tante promesse miracolistiche e "patti con gli italiani" firmati in quella terza Camera del Parlamento che è il salotto dell'onorevole Bruno Vespa, ha lasciato il Paese sul lastrico economico e dietro di sè una politica interna fallimentare di cui si ricordano solo le leggi "pro domo sua" che, per salvarlo da quelli che, eufemisticamente, vengono chiamati i suoi "problemi giudiziari", hanno devastato i Codici penali e delegittimato completamente la Magistratura, e una politica internazionale che, a botte dell'"amico Bush" e dell'"amico Putin", ci ha infilato in una guerra senza senso da cui ora sarà difficile tirar fuori i piedi e ci ha messi, noi soci fondatori, mezzo fuori dall'Europa che conta, scavalcati anche dalla Spagna di Zapatero.
Che Berlusconi fosse al lumicino lo certificava, in modo inequivocabile, il fatto che molti topi avevano abbandonato o stavano abbandonando la nave in avaria, dall'apripista Cirino Pomicino ai vari Giorgini-La Rosa all'ineffabile Vittorio Sgarbi che, dopo anni di servaggio al Cavaliere, si è scoperto, improvvisamente, di sinistra, vanta amicizie di sinistra e che la sinistra accoglie come se nulla fosse senza rendersi conto, tanto è distaccata dalla realtà e dai suoi stessi seguaci, che se c'è uno che il suo elettorato odia senza riserve è proprio il sedicente critico d'arte considerato la parte peggiore e più detestabile - il killeraggio teppista e mediatico - del berlusconismo.

A quelli di sinistra, dunque, basterebbe star fermi. E invece si muovono. La possibilità di tornare, senza merito, al potere gli ha messo addosso una fregola irresistibile.
Già hanno emanato organigrammi Rai dove rimettere tutti i loro sgherri e aggiungerne dei nuovi. Ma questo sarebbe ancora il meno. Pur di conquistare una microfettina di visibilità, e quindi di futuro potere, non fanno che litigare, dividersi e cambiar nome.
Io, che pur sono un addetto ai lavori, sia pur, lo ammetto, distratto perché la politica italiana mi dà il voltastomaco, non so nemmeno come si chiamano. Unione? Ulivo? Fed? Gad? Listone? Adesso poi, dopo il cosiddetto "strappo" di Rutelli è comparsa una sigla del tutto nuova, "Dl". Rutelli, un fulmine di intelligenza che fa il paio con sua moglie, Barbara Palombelli, si è giustificato dicendo: «Sono convinto che molti dei nostri non abbiano capito cosa abbiamo deciso». Ma se non l'hanno capito i suoi, che cosa ne può capire l'elettore?
E costoro pensano sul serio che al cittadino italiano possano interessare le loro manovre da Basso Impero (chiedo scusa al Basso Impero) e le loro Fed o Dl o che altro? Credono davvero che il cittadino cosiddetto comune sia così stupido da non capire che quella che si sta svolgendo a sinistra è una lotta sordida per il potere, per giunta ancora supposto che nulla ha a che vedere con il "bene comune" e con gli interessi del Paese? Intanto, a furia di dilaniarsi e di dividersi in microfettine, sono riusciti a togliere al loro presunto leader, Romano Prodi, la sedia di sotto al culo. È un leader virtuale, senza una base, senza un partito.
Se c'è ancora qualcuno, a sinistra, che ha una testa dovrebbe prendere tutti questi esponenti dell'Unione, dell'Ulivo, della Fed, della Gad, del Listone, del Correntone, del Dl, portarli nelle Isole Andamane e ripresentarli in Italia solo il giorno prima delle elezioni, quando è d'obbligo star zitti e fuori dalla scena.
Perché quando uno vede le facce di costoro gli viene una gran voglia di votare Berlusconi. E con questo è detto tutto.

23.5.05

Il condom arriva in gondola
Satira preventiva di Michele Serra

Si riaccende il dibattito sui quartieri a luci rosse dopo l'idea del prefetto di Roma

Riaprire, dopo 50 anni, le case chiuse? La proposta suscita molte perplessità: in che stato usciranno i clienti e le ragazze colti sul fatto dalla legge Merlin e rimasti rinchiusi per mezzo secolo nelle case d'appuntamento? Riuscirebbero a reinserirsi nella società uomini con la brillantina e la Seicento, e donne con i capelli cotonati che non hanno mai visto la tv?
Sociologi e psicologi avvertono: l'istruzione e l'educazione di una puttana anni '50 non potrebbe reggere l'impatto con il linguaggio di una concorrente di 'Music Farm'. Lo choc potrebbe esserle fatale.

L'idea del prefetto di Roma di aprire un quartiere a luci rosse nella capitale ha comunque riacceso il dibattito. Vediamo le principali posizioni in campo.

1 La sinistra punta tutto sullo zoning, già sperimentato da anni a Venezia. Squadre speciali di medici e psicologi assistono le prostitute e i loro clienti pattugliando la città in motoscafo e in gondola, lanciando preservativi dalle imbarcazioni e gridando con il megafono raccomandazioni di corretta profilassi. Lo zoning è solo parzialmente efficace, perché la maggior parte dei profilattici cade nei canali o viene divorata dai piccioni, e poi è un metodo molto rumoroso. Per giunta i sindaci italiani lamentano la difficoltà logistica del metodo-Venezia: come far circolare i natanti in una città senza canali?

2 Quanto alla destra, riconosce che la prostituzione è una vera e propria piaga sociale, perché costringe moltissimi onesti padri di famiglia a saltare la partita di calcetto o di biliardo. In un convegno al Gilda, affollatissimo di oratori per il grande interesse del tema e per la presenza di una delegazione di prostitute slave e thailandesi, sono state presentate due mozioni contrapposte: una, di Ignazio La Russa, proponeva di rimanere tutti al Gilda per un supplemento di dibattito, l'altra, di Giulio Tremonti, suggeriva di utilizzare le prostitute per mettere in vendita beni demaniali come marciapiedi, tangenziali, pinete e brughiere, risanando i conti pubblici. Alla domanda: "Quant'è?", le prostitute presentano un modulo: si va dai 50 euro per un rapporto semplice a 10 mila se si vuole acquistare anche il tratto di marciapiede. Con 100 mila il marciapiede diventa edificabile e la prostituta cucina qualcosa per festeggiare.

3 Gli ambientalisti propongono di sostituire i preservativi in materia plastica, non biodegradabili, con profilattici di carta riciclata. In un solo week-end nelle pinete romagnole Legambiente ha raccolto 9 quintali di vecchi preservativi in latice, alcuni ancora indossati dai turisti, e li ha avviati a uno speciale centro di smaltimento dove verranno lavati, stirati, cuciti cinque a cinque e rimessi in commercio come guanti da cucina.

4 Il mondo cattolico è contrario al sesso a pagamento ma ammette un'eccezione: che il rapporto venga consumato senza preservativo, che il cliente sia vestito da guardia svizzera e durante l'amplesso schiaffeggi la partner gridandole: "Péntiti, baldracca!". La situazione è considerata assai eccitante nel mondo delle luci rosse, e stanno nascendo numerosi siti porno specializzati in rapporti sessuali tra redenti.

5 Confindustria e Confcommercio lanciano l'allarme: la concorrenza asiatica sta per sbancare il mercato. I cinesi costruiscono una metropoli in sei mesi, se ne deduce che un quartiere a luci rosse sarebbe pronto in una settimana. Già disponibili Pigalle e Soho contraffatti, con citofoni in madrelingua, e un quartiere Flaminio riadattato, con i caseggiati ingentiliti da carta da parati fiorata anche all'esterno, e altre simpatiche citazioni degli anni ruggenti, dal profumo di mughetto in ogni pianerottolo ai fasci littori negli androni. Tre tipi di arredamento: D'Annunzio, Pitigrilli e Petacci.

6 Sul 'Foglio' Giuliano Ferrara, molto influente e anticonformista come sempre, prende una posizione radicale: la prostituzione non è che uno degli aspetti dell'eros, dunque tanto vale recidere la questione alla radice abolendo l'eros e sostituendolo con l'ascesi, lo studio dei tomisti e il gioco degli scacchi.

17.5.05

CONTRORDINE
Tolleranza zero
ALESSANDRO ROBECCHI PER IL MANIFESTO

Ormai è emergenza immigrazione. Una vera e propria invasione, quasi un assalto, che la cronaca impietosa registra sbarco per sbarco. Anche ieri quattro grossi natanti gremiti all'inverosimile sono approdati sulle coste della Margherita. Impauriti e infreddoliti, disperati che vengono da partiti lontani dove non c'è più da mangiare e non esiste democrazia. Qualche imbarcazione si perde nell'andar per mare e sbaglia approdo, o finisce in minuscole isolette, tipo i Repubblicani della Sbarbati. Molti passano interi mesi di disperazione e speranza in alcuni centri di prima accoglienza, come il gruppo misto della Camera. Altri, più astuti, chiedono asilo politico presso la Pia Opera Mastella, che, avendo le porte girevoli, garantisce un'uscita rapida e indolore quanto l'entrata. Altri ancora, appena messo piede a terra dalla traballante scialuppa, fanno gli amiconi e cominciano a vantare amicizie: ehi! Io sono amcio di Minoli! Ehi! Io ho bevuto un caffè con Freccero! E' una nuova ondata di immigrazione, gente che farebbe di tutto per avere un permesso di soggiorno nel centrosinistra. Peggio ancora: questi nuovi immigrati da Forza Italia, da An, non vengono a fare lavori "che gli italiani non vogliono più fare". Anzi: vogliono fare l'assessore, il deputato. Quello che è sbarcato dalla Sbarbati vuol fare il sottosegretario. E' chiaro a tutti che occorre una legge. Ma forse basta adottare la Bossi-Fini. Aiutiamoli a casa loro. Sono istituiti speciali campi profughi in Forza Italia. Il leader di quel grande Paese si impegna a recintare e attrezzare alcuni spazi sul suo territorio per impedire ai suoi cittadini - o a quelli in transito - di lasciare Forza Italia verso le coste della Margherita, dei Ds o dell'Udeur.

Pene severe per gli scafisti. Chi in qualche modo sfrutta i poveri immigrati che rischiano di perdere la trasmissione in tivù o il collegio elettorale, è condannato a pene severissime e raccapriccianti (abbonarsi alla rivista Area, per esempio, o sostenere Scapagnini a Catania).

Impronte digitali. Pur rendendoci conto che si tratta di una pratica antipatica, adottare riconoscimenti biometrici sarà inevitabile. Come ci ha insegnato il loro leader, questi immigrati da Forza Italia cambiano connotati. Possono tirarsi gli occhietti, eliminare le rughe e persino trapiantarsi i capelli, quindi la foto sul passaporto non basta.

Contratto di lavoro. Per sbarcare senza problemi sulle coste della Margherita l'immigrato di Forza Italia dovrà dimostrare di avere una chiamata diretta, un contratto di lavoro (minimo: portaborse, massimo: sottosegretario) e un mazzetto di voti (minimo 5.000, massimo 25.000). Per i presidenti di enti, authority, commissioni parlamentari è istituito un apposito sportello.

Ricongiungimenti familiari. Prima di chiamare la moglie, i figli, i nipoti e tutti i parenti, l'immigrato da Forza Italia alla Margherita dovrà restare cinque anni all'interno del partito, senza mai uscire, preferibilmente destinato ai lavori più umili.

Compatibilità culturali. L'ondata di immigrazione riguarda culture molto diverse dalle nostre, come Forza Italia e An. Oppure minuscole minoranze etniche, i repubblicani di La Malfa, o scherzi del destino, i socialisti di De Michelis. E' bene che questi immigrati capiscano bene i fondamenti culturali, seppur vaghi, di chi li ospita. Si promuovono dunque esami di idoneità con piccoli test mirati. Dov'era quando si votava la Cirami? E la Gasparri? Come si dichiarò al momento di votare la legge 30 sul lavoro sfigato? Qual è la sua posizione sulla devolution? Si raccomanda massimo rigore in queste prove scritte.

Ordine pubblico. Queste righe sono molto delicate, e addirittura rischiose per un giornale di sinistra come questo (addirittura comunista!). Eppure bisogna affrontare il problema senza timori. Sia chiaro a tutti che questa ondata di immigrazione non porta brave persone in cerca di un futuro migliore. Moltissimi di quelli che sbarcano oggi, apparentemente affranti e spaventati, sulle coste della Margherita hanno per quattro lunghi anni impoverito il Paese, gestito la cosa pubblica come un affaruccio privato, orchestrato ed eseguito la propaganda. Hanno applaudito le peggiori stupidaggini e partecipato alle convention. Hanno rilasciato dichiarazioni a favore della riforma Moratti e sputato su tutto ciò che è pubblico. Dunque, attenzione. Le nostre ben note posizioni umanitarie non devono farci abbassare la guardia. La politica dell'accoglienza non deve rivelarsi un'amnistia generalizzata.

(alessandro robecchi)

15.5.05

Fisichella: sto per lasciare An, grande idea senza più guida
«Fini voti come vuole, ma prima di dirlo doveva consultarci. Dove andrò? Vedremo. I partiti sono mezzi, il fine è il bene del Paese»

intervista di Monica Guerzoni per il Corriere della Sera - 15 maggio 2005

ROMA - Meditava di abbandonare la politica, invece lascerà Alleanza nazionale. Nulla di ufficiale, ma ormai l’addio di Domenico Fisichella a Via della Scrofa è maturo. Il partito è «senza una leadership» e il vicepresidente del Senato, che insegna Dottrina dello Stato e Scienza della politica e che An l’ha ideata e tenuta a battesimo, è stufo di fare la voce critica della destra e il bastian contrario della Cdl. «Ho insistito per almeno due anni sulla necessità che la coalizione e An al suo interno si concentrassero sulla qualità dei problemi, avendo il coraggio di porre in secondo piano questioni come la riforma costituzionale...». E invece?
«Invece il governo Berlusconi si è concentrato su argomenti che gli hanno alienato settori importanti della società, dalla magistratura all’università».
Pensa di dedicarsi solo all’insegnamento?
«Io posso lasciare in qualunque momento, ma sento il dovere di continuare a impegnarmi perché il Paese attraversa un momento molto difficile».
Anche per An non è un buon momento. Lei ha rifiutato l’invito di Fini a entrare nell’ufficio di presidenza.
«Non mi sono sentito di condividere responsabilità che non avevo contribuito a creare e non ho voluto fornire un alibi a scelte che non ho condiviso. Provo un forte rammarico nel vedere una grande idea, quale An è stata, così vulnerata dalle scelte di po chi».
Ce l’ha col presidente o con i capicorrente?
«Fini pensava di controllare il partito facendo entrare i capi delle correnti nel governo, invece ne è rimasto prigioniero. Se anche cambiasse il leader, il quadro non cambierebbe».
È ancora furioso per l’ outing di Fini sulla fecondazione?
«Ha creato un grande problema di metodo. Come cittadino può decidere quel che ritiene, ma come leader del secondo partito della coalizione di governo, prima di rendere pubbliche certe valutazioni dovrebbe consultare il partito. Come diceva Platone, l’eccesso si trasforma nel suo contrario e l’eccesso di guida solitaria è diventato assenza di guida».
Pensa che Fini debba lasciare il timone?
«Un piccolo gruppo di persone ha orientato il partito in una logica sostanzialmente oligarchica e non credo che sostituire Fini con Matteoli, Gasparri o La Russa modifichi il quadro».
Il quadro del governo- bis si può modificare?
«Le difficoltà del governo hanno un fondamento sia nella situazione preoccupante dell’economia, sia nei pessimi risultati elettorali. La combinazione di questi elementi non aiuta a diminuire le tensioni, alimentate dalle strategie ormai confliggenti di alcuni partiti».
Il governo istituzionale è una via di uscita?
«Non scioglierebbe i nodi critici e si limiterebbe a gestire l’anticamera delle Politiche, forse persino anticipate. L’unico aspetto positivo potrebbe essere un rapporto meno conflittuale con l’opposizione, anche se a più riprese Prodi ha manifestato contrarietà a governi istituzionali».
È il tramonto di Berlusconi?
«L’eventuale accantonamento di Berlusconi provocherebbe contraccolpi robusti in Forza Italia e forse anche in altri partiti della Cdl, facendo aumentare i problemi per quantità e qualità».
Giudizi severi, presidente. Nella Cdl si è fatto terra bruciata intorno, se ne deduce che sta per lasciare An e forse anche la coalizione...
«Non posso impedirle di fare deduzioni. Quando avrò una notizia la comunicherò, nel frattempo state ai fatti».
Che cos’ha in mente, senatore? L’Udc o addirittura la Margherita? Magari ha già parlato con Prodi...
«Ci sono tante ipotesi per continuare a compiere il proprio dovere pubblico. Ma un dato è sicuro, prima viene l’Italia».
Perdoni l’insistenza...
«Sto riflettendo. Le dico solo che i partiti sono mezzi e il bene del Paese è il fine».
Vittorio Sgarbi ha scelto l’Ulivo.
«Ho letto sul Corriere . Ma io, a differenza di Sgarbi, non ho un problema di sopravvivenza, sono un apprezzato professore universitario e un apprezzato scrittore politico. Sull’interesse dei partiti deve prevalere l’interesse della nazione: in questo senso, il partito, qualunque partito, è uno strumento».
Contatti? Offerte?
«Non sono un prodotto, non sono sul mercato. Le mie decisioni le prendo in serena responsabilità individuale».
Monica Guerzoni


14.5.05

Satira preventiva di Michele Serra
da Repubblica

Banche scalabili solo d'estate


Dopo la scalata ad Antonveneta, molti clienti della Banca Popolare di Lodi sono costretti a recarsi a Padova per fare il bancomat

Cosa sta succedendo nel sistema bancario italiano? È vero che l'ops di Bbva valorizza Bnl oltre il rank che Consob fissa per Bpl? E soprattutto, cosa cazzo vuol dire? E dove sono scomparsi gli articoli, da quando la Bnl è diventata Bnl e la Consob è diventata Consob? Si tratta forse di un'abile mossa per disorientare gli ispettori di Bankitalia (della Banca d'Italia, ndr), che recatisi a Lodi hanno domandato ai passanti dove si trovasse, per cortesia, la Banca Popolare di Lodi e si sono sentiti rispondere: "Bpl semaforo destra rondò sinistra palazzo racchio ficus plastica impiegata fighissima", e hanno dovuto rientrare a Roma senza essere riusciti a trovarla?

I correntisti sono disorientati. Molti clienti della Banca Popolare di Lodi, da quando il loro istituto di credito ha scalato Antonveneta, sono costretti a recarsi a Padova per fare il bancomat. Il sindacato dei rapinatori ha inviato una protesta formale a Bankitalia: nelle casse delle filiali è ormai impossibile trovare un solo euro perché tutti i contanti, appena versati, sono rastrellati per scalare la banca di fianco, costringendo gli operatori della rapina a penosi e continui spostamenti da un isolato all'altro.

Ma l'aspetto più sconcertante è il gioco di scatole cinesi, sempre più raffinato e sfuggente. Il giorno stesso che la Popolare di Lodi è riuscita a controllare Antonveneta, i suoi dirigenti si sono accorti che erano stati a loro volta scalati, nottetempo, dalla Cassa Rurale di Codogno che li aveva già licenziati. Codogno si è così trovata a controllare, a sua insaputa, Antonveneta, della quale non sa che farsene. Sarà probabilmente trasformata in una catena di pub.

Altro caso-limite allo studio del governatore Fazio: un'anziana correntista di Viterbo, versando 150 euro allo sportello, ha portato inconsapevolmente al 50,000001 per cento l'offerta della cordata Viterbo-Anversa-Caltagirone-Unipol-Ricucci-Bonolis-Pooh per il controllo della Banca di Francia. È stata eletta presidente del cda e vive a Parigi in un lussuoso attico alla Villette, dove ha deciso d'investire tutti i risparmi dei francesi in broccoli e presine da forno.

Ma Fazio è preoccupato soprattutto dalle crescenti pressioni dei capitali esteri. Dopo Bilbao e Anversa anche altri stranieri sono in movimento, per non sfigurare di fronte a finanze, come quella basca, che si fondano su economie di secondo piano come l'indotto della pelota e le oscillazioni di borsa del tritolo. Le banche italiane, specie quelle sulle colline toscane e umbre, sono molto appetite dagli stranieri per la vista straordinaria che si può godere dagli sportelli, il buon cibo e il clima mite. A Gubbio, Assisi, Spoleto, Orvieto, tutti gli sportelli sono stati acquistati da tedeschi e inglesi e trasformati in agriturismi o mescite di vino.

Quali contromisure? Tramontata l'ipotesi di un posto di blocco al Brennero, fermando tutti gli stranieri in giacca e cravatta, prende corpo un compromesso: gli stranieri potranno controllare le nostre banche ma solo nel periodo delle ferie estive. Con l'obbligo di lasciare pulite le filiali, le piante annaffiate e il bancomat con la stessa quantità di valuta trovata all'arrivo, con il sistema dei frigobar.

Altra piaga da affrontare, quella dei prestanome che compongono buona parte delle cordate. In molte di esse, ad esempio, compare un certo Ricucci, nomignolo spiritoso che corrisponde, con ogni evidenza, a interessi coperti. A molte riunioni si presenta in effetti un figurante che parla con spiccato accento di Frascati, sostenendo di essere Ricucci e rifiutandosi di dire a quale titolo, e per conto di chi, opera da prestanome.

Infine: è imminente, al ministero degli Interni, una riunione di prefetti e questori per esaminare alcuni problemi di ordine pubblico indotti dalla mania delle scalate bancarie. In piccole filiali con impiegati particolarmente fedeli alla vecchia proprietà, i nuovi acquirenti sono stati accolti da lancio di olio bollente. In altri casi i clienti hanno dovuto effettuare i versamenti a due impiegati di istituti concorrenti, che si strappavano di mano il denaro gridando "è mio" e strattonavano il cliente per impedirgli di parlare con l'impiegato rivale. Alcuni anziani sono stati colti da malore.
Sgarbi: mi butto a sinistra, Prodi è d’accordo
(Aldo Cazzullo per il Corriere della Sera)


ROMA - La signora del check-in gli sorride: «Lei è simpatico ma preferirei fare la carta d’imbarco a Fassino. Sono di sinistra, io». Vittorio Sgarbi si ribella: «Perché, io no? Aspetti e vedrà». Onorevole, non è banale saltare sul carro del vincitore?
«Non ci sono due carri. Ce n’è uno solo. Il centrodestra sarà spazzato via. I rapporti di forza nel prossimo Parlamento saranno 500 a 130».
E il suo collegio?
«Non ci sono più collegi. Nessun collegio è sicuro. Neppure quello di Bossi».
Così si butta a sinistra?
«Con la Sbarbati. Ho esplorato tre possibilità. La prima: Mastella».
Un uomo votato all'ideale.
«Con il maggioritario ognuno sta dove gli conviene. Ha senso che Ugo Palmiro Intini stia a sinistra e Bobo Craxi a destra? Il sistema è talmente corrotto che tanto vale trarne vantaggio. L'alleanza Mastella-Sgarbi ha avuto la benedizione di Cossiga e di D'Alema, ma alla fine non si è fatta: lui non aveva garanzie dalla sinistra, e io non le avevo da lui. Sono passato alla seconda possibilità: la Margherita. Ne ho parlato con Marini, De Mita, Franceschini, Maccanico. Alla fine ho deciso di puntare sulla Sbarbati, che è stata la mia vice quando nel '94 presiedevo la commissione Cultura. Bravissima, ma inchiodata allo 0,2%. Con me può salire all'uno e pesare di più. Guardi La Malfa, che grazie ai miei voti e a quelli dei repubblicani romagnoli di sinistra è diventato ministro della destra. E dire che per le europee aveva speso 15 mila euro. Io, un milione».
Risulta che lei abbia cercato più volte Prodi.
«Non solo l'ho cercato; l'ho trovato. Ci siamo parlati, e lui mi ha detto che è d'accordo».
Prodi condivide il suo approccio estetico alla vita? Ha il senso del bello?
«Non saprei. Comunque lo conosco da decenni, da quando frequentavo gli ambienti bolognesi del nostro amico comune Dino Gavina, il mecenate di Man Ray, Carlo Scarpa, Caccia Dominioni, Sebastian Matta. Prodi è un professionista della politica; quel che Berlusconi non è mai diventato».
E lei lo tradisce.
«No. È stato lui a tradire me. Come fece con Dini. Ero accanto a Berlusconi il giorno dell'insediamento: al mattino aveva pronto un discorso di quattro pagine per motivare la fiducia. Poi si arrabbiò perché Dini non l'aveva citato, e al pomeriggio Biondi e Previti lo convinsero a votare no. Alla sera scelse il ni: si astenne. E gettò Dini nelle braccia della sinistra. Con me ha fatto lo stesso. L'unico a difendermi è stato Ghedini; Berlusconi non gli ha dato retta. Prima mi ha cacciato, poi non mi ha ascoltato».
Quando gli ha parlato l'ultima volta?
«Poco fa, per la salvezza di Piazza Armerina, dove sono commissario straordinario. Mi guardava senza dare segni di vita. Pensare che io gli avevo gettato l'ultima ancora di salvataggio».
Quale?
«L'idea di andare dalla Fallaci e convincerla a mettersi, per amor di patria, alla testa di un movimento radicale, "La forza della ragione", che riunisca i duri, forti e delusi, da Feltri a Ferrara. Ne ho parlato con il suo entourage: Crosetto, Bonaiuti, che era d'accordo».
Perché non direttamente con Berlusconi?
«Non mi piace chiamare. Preferisco essere chiamato. Non l'ha fatto».
Ha colpito il suo elogio delle radici cattoliche in coincidenza con la nomina di Buttiglione alla Cultura. Un'estrema richiesta di ripescaggio?
«Ma no. Entrare in un governo come questo significa bruciarsi il futuro. Siccome il nostro patrimonio è composto per tre quarti di chiese, Buttiglione è l'uomo giusto. Gli ho subito segnalato lo scempio di Torino, dove Chiamparino vuole distruggere mille metri di villa e muri romani per fare garage. Buttiglione mi ha detto che affiderà la cosa ad Adriano La Regina. Sono sollevato. La Regina è uno che se scopre un gabinetto del 1899 blocca tutto».
Vorrebbe fare il ministro del centrosinistra?
«Magari. Siccome loro non vorranno, mi basta fare il sottosegretario tecnico. Il custode. Il pronto soccorso dei monumenti».
Qualche politico o intellettuale di sinistra le ha già mandato segnali?
«Dialogo con Veltroni e persino con la Melandri, che ho rivalutato: come ministro è stata migliore di Urbani; anche perché qualunque cosa è meglio del Nulla. Furio Colombo mi chiese di scrivere sull' Unità . Ho rifiutato: chissà quanto pagano... Ci ripenserò se mi cacceranno dal Giornale . Quando si fa la lista degli epurati di Berlusconi si dimentica che prima di Biagi e Santoro ci sono io: la mia trasmissione fu soppressa nel '99. Non era abbastanza moderata».
Dove lo vorrebbe il collegio?
«Dispongo di numerose nicchie. Luoghi sgarbiani».
Enclave.
«La Valsesia, dove ho il sindaco di Varallo. Le Marche, dove sono ancora assessore, a San Severino, mentre ho rifiutato la proposta di Del Turco che mi voleva in Abruzzo. A Bari ho preso il 4%. Nel Bellunese ho un gruppo che vale il 2 pronto a passare a sinistra. In Calabria c'è il partito dei diritti civili - che potrebbe diventare il logo nazionale del movimento - di Franco Corbelli...».
Quello dei quadri falsi?
«Quello era Giorgio, e i quadri erano veri. Ma preferirei candidarmi in Sicilia. Portare in dote uno dei 61 collegi, quello di Piazza Armerina. Decidano. O mi candido con il centrosinistra, o non mi candido».
Onorevole Sgarbi, senza l'immunità parlamentare lei rischia di finire in galera. I magistrati non la amano.
«Ma non mi fanno paura. Vinco una causa al giorno. Finora, 190 su 270; le altre sono in corso. Caselli poi lo batto sempre. Ho anche pronto un libro: Le mie querele. L'editore non lo pubblica per paura di altre querele».
A Venezia l'hanno condannata per assenteismo.
«Ma se ero in aspettativa senza stipendio!».
Bianco o Scapagnini?
«Ho simpatia per Scapagnini: la sua fidanzata brasiliana Surama è una mia scoperta giovanile. Ma Bianco è un vecchio repubblicano di sinistra. Quindi?».
Dicono che lei sia cambiato.
«Mi sono un po' addolcito. Sono meno polemico».
Al referendum come voterà?
«Tre sì e un no, sull'eterologa. Come fecondatore eterologo riconosco solo me stesso».
È sicuro di essere bene accolto a sinistra?
«Di sinistre ce ne sono almeno tre o quattro. O forse sono dieci. Con la sinistra garantista mi troverò benissimo. Ho un rapporto fraterno con l'ex sindaco diessino di Novara, Correnti, che ha proposto la separazione delle carriere e la riforma del Csm. Che poi è quanto pensa D'Alema».
Che ne faranno, anzi farete di Berlusconi?
«Sento dire che qualcuno intende farne il nuovo Craxi. Lo vuole in galera. Allora, e solo allora, mi toccherà difenderlo un'altra volta. Adesso la saluto. Ci vediamo al Komintern».
Che entusiasmo.
«Be', al contrario di D'Annunzio che andava "verso la vita", io vado più modestamente verso la sopravvivenza».
E la Sbarbati.
«Chiedo scusa, chiamano per l'imbarco».
Aldo Cazzullo

12.5.05

Una crociata ci seppellirà
CONTRORDINE di ALESSANDRO ROBECCHI

Noi non discendiamo dalla scimmia. La scimmia, intendo, discende per i cazzi suoi. Noi fummo creati eccetera eccetera da un disegno superiore: le grandi opere durarono sei giorni e il settimo, vacanza. A Topeka (Kansas) una commissione di repubblicani bushisti, eletta dai cittadini, sta decidendo se continuare a raccontare le vecchie frottole di Darwin o fidarsi di più della Bibbia. Nella stessa America si nomina Dio in ogni discorso mentre si fa la guerra, che è la solita vecchia variante del «Dio è con noi» che ogni guerra tende a sventolare. Va bene l'uso della forza e i cannoni (e pure D'Alema), ma se c'è anche Dio è meglio, è un po' come avere l'arbitro dalla tua parte. Il nuovo papa tuona contro la dittatura del relativismo, la cosa non stupisce e lui fa il suo mestiere. Stupisce un po' di più che tuonino contro il relativismo certi intellettuali italiani che sono stati comunisti, craxiani, berlusconiani e ora teo-con, gente che senza relativismo non apriva nemmeno una pizzeria. Il manifesto fa un titolo sul «pastore tedesco» ed ecco che arriva l'esposto alla magistratura. Il Diario fa una copertina con la Madonna che dice sì all'eterologa e, apriti cielo, il signor Volonté dell'Udc chiama le guardie e chiede l'intervento dei giudici.

Mi aspetto da un momento all'altro retate tra chi si ostina a mangiare la carne al venerdì e rastrellamenti per portare la gente a messa. Al cinema spopolano Le Crociate e la propaganda ci mostra i marines che leggono la Bibbia, presumibilmente prima di sparare al ferito disarmato in una moschea ed essere assolti per aver rispettato le regole d'ingaggio. Una poveretta ridotta a vegetale viene rimpallata tra corti di giustizia e manifestazioni di piazza per settimane, con la sua vita (e la sua morte) ridotte a macchietta dai sostenitori della «vita», gli stessi peraltro che sparavano ai medici abortisti (dimostrando così di essere favorevoli all'aborto ben oltre i quarant'anni del feto, ormai laureato in medicina). Qui, nell'imminenza del referendum, si parla di embrioni come se fossero già maggiorenni, con la patente e il telefonino. Insomma, anche per non continuare con l'elenco, che sarebbe lungo, la sensazione è che siamo finiti nella macchina del tempo e stiamo tornando indietro di decine se non centinaia di anni. Ora, fermo restando l'amore per la discussione teorica, non vorrei che si perdesse troppo tempo. Se bisogna tornare indietro conviene farlo senza indugi, non è serio impiegare cinquant'anni per tornare indietro di cinquecento. Potremmo, che so, decidere fin da subito, che il sole gira intorno alla terra, e magari dare fuoco, nel corso di una toccante cerimonia, agli astronauti in missione, appena tornano. Oppure decidere (con un referendum?) che le ragazze non hanno l'anima, il che spiegherebbe molte cose, oltre alle veline della tivù.

Abbandonare la dittatura del relativismo non è poi così difficile: basta diventare fessi tutti in un botto e vedrete che si risolve ogni cosa. Una volta ripristinato il senso dell'assoluto e rispolverata l'estetica del dogma, oggi tanto à la page, si risolveranno un sacco di problemi. Ad esempio quello della ricerca, che costa soldi ed è una seccatura: perché diavolo farsi delle domande scientifiche quando ci sono risposte già confezionate sugli scaffali dei neo-teo-con? Ad esempio quello della guerra: perché scandalizzarsi se andiamo ad ammazzare gente che prega un altro Dio e persino che nel nome di un altro Dio si schianta con l'aereo contro i grattacieli?

Date retta, cercate il lato positivo della faccenda: pensate a quanti problemi in meno si avrebbero se fossimo tutti, all'improvviso, liberati dal nostro ottuso relativismo. Se fossimo tutti convinti che c'è un'intelligenza superiore che tutto decide e sovrintende - dall'evoluzione dell'umanità al risultato delle partite di pallone - faremmo molta meno fatica e ci accapiglieremmo molto meno. Persino le grandi questioni del presente ci sembrerebbero meno urgenti e vergognose e, se capita il peggio, tipo la peste, o la guerra, o Storace alla sanità, potremmo sempre sederci lì a dire che è stata una punizione divina, nel contempo però aspettando la provvidenza e la giustizia nell'aldilà, visto che l'aldiquà fa un po' schifo.

Dunque, nella ben nota ottica che fare un cazzo è meglio che lavorare, perché sforzarci tanto con i nostri cervellini quando c'è chi si offre di consegnarci a casa, in pacco anonimo, le Grandi Verità della Vita? Dopotutto lo fanno per il nostro bene, per sottrarci alla dittatura del relativismo. Non sarebbe male, no? Cosa ci costa? Almeno sarebbe un buon modo per non vedere più prelati, vescovi e teologi dell'ultim'ora in tivù a parlare di ovuli e embrioni. Che - diciamocelo - fuori da matrimonio sono pur sempre una gran zozzeria.

11.5.05

Il Foglio sarà scritto al contrarioù
Satira preventiva di Michele Serra

Giuliano Ferrara e il suo giornale non smettono di stupire. Dopo il bushismo, il berlusconismo è il momento del papismo ratzingeriano. Aperte le scommesse per l'ennesima conversione

La svolta ratzingeriana di Giuliano Ferrara ha ancora una volta sbalordito tutti. I bookmaker la quotavano uno a dieci, contro l'uno a sette del rilancio dell'anabattismo e l'uno a quattro del ritorno al marxismo ortodosso. Ma il dinamismo intellettuale del 'Foglio' e del suo direttore sono ormai proverbiali, e dunque dobbiamo mettere in preventivo, entro breve, un nuovo sodalizio con ulteriori discipline di pensiero, succedenti, in ordine di apparizione, il comunismo, il craxismo, il berlusconismo, il bushismo e il papismo. Gli allibratori, secondo indiscrezioni, puntano su quattro possibilità prevalenti.

1. Satanismo Ferrara, deluso dalla troppo tiepida predicazione di Benedetto XVI, sostiene in un primo tempo che l'inferno esiste veramente, e in un secondo tempo che è bellissimo, unico per severità e potenza etica. Prendendo in contropiede la redazione, appena abituata a recarsi al lavoro con il breviario, costringe i giornalisti ad adorare le capre e a lavorare immersi nella pece bollente. Manifestazione di orgoglio luciferino in piazza del Popolo, con concerto heavy metal dei Black Sabbath seduti da Canova. Aderiscono i radicali e Gennaro Malgieri. Rivalutazione della bestemmia, dell'orgia e di Cesare Previti. Tutti gli articoli del 'Foglio' scritti al contrario. Le celebri 'Elegie di Astarotte' della poetessa eretica Gustava di Luino, diffamata dall'egemonia culturale comunista e per questo bruciata sul rogo nel 1553, diventano il caso letterario dell'anno.

2. Svolta egizia Ferrara riscopre quell'antichissima civiltà e propone il faraonico secco come alternativa al maggioritario. Sostiene di essere la reincarnazione di Tutmosi II e costringe la redazione a presentarsi sempre di profilo e a scrivere gli articoli imprimendo geroglifici su tavolette di argilla. 'Il Foglio' indice una manifestazione di orgoglio egizio in piazza del Popolo, tutti seduti da Canova sventolando festosamente fusti di papiro. Aderiscono i radicali e Gennaro Malgieri. Rivalutazione del sacrificio umano e della mummificazione. Culto del sole e del Dio Gatto. Dura confutazione del falso culto del Dio Falco. Le memorie di Omar Sharif, fin qui boicottate dall'egemonia culturale comunista, indicate come caso letterario del secolo.

3. Ufologia Ferrara sostiene di essere stato rapito in via Margutta da un'astronave della galassia di Muuuurk, e di essere stato incaricato dagli alieni, e in specie dal loro saggio re Yooool, di diffondere i crismi della loro civiltà superiore. La redazione del 'Foglio' convinta a recarsi in redazione in tuta squamata e con il naso a trombetta.
Il giornale non esce più in edicola perché viene inviato telepaticamente ai lettori. Manifestazione di amicizia intergalattica in piazza del Popolo: seduti ai tavolini di Canova, Ferrara e i suoi compagni invitano amichevolmente i passanti a inghiottire topi vivi. Aderiscono anche i radicali e Gennaro Malgieri. Rivalutazione dell'ermafroditismo e dello skate-board sugli anelli di Saturno. Libro dell'anno, riscoperto nonostante l'ostilità dell'egemonia culturale comunista, è il 'Codice Binario' dello scienziato muuuurkese Aaaapo 453, una lunghissima successione di 1 e di 2 che contiene spiritosissime considerazioni sulla vita.

4. Mito asburgico Durante un week-end a Vienna Ferrara incontra l'anziano scrittore Otto Von Novembrini e viene sedotto dai suoi modi aristocratici e dalla sua malinconica rassegnazione alla morte della società borghese, della cultura umanistica, della civiltà occidentale e della sorella Katina. 'Il Foglio' cambia completamente stile, e adotta un sottotono mesto e coltissimo. Ferrara dichiara priva di qualunque interesse la politica, e in un memorabile editoriale sostiene che dopo la prematura scomparsa della principessa Sissi la storia è solo un inutile inganno. La redazione del 'Foglio' costretta a vestirsi da impiegatino asburgico e a rovinarsi al casinò. Rivalutazione del suicidio e dei sanatori di montagna. Cautissima manifestazione di distinzione asburgica in piazza del Popolo, tutti seduti da Canova a leggere Joseph Roth fischiettando mentalmente la 'Marcia di Radetzsky'. Caso letterario dell'anno è 'Pioviggine', memoriale di un direttore di banda carinziano famoso per avere scoperto nei walzer di Strauss i primi elementi di dodecafonia, e di averli valorizzati prima di togliersi la vita nel Danubio.
INTERVISTA DOPPIA DELLE IENE A DON BENZI E DON BARBERO
da Pasquale Quaranta

Avete presente le "interviste doppie" de "Le Iene"? Quelle in cui il video si divide in due e una linea verticale separa i primi piani dei due intervistati? Che sono sottoposti a una raffica di domande, "fuori campo", "montate" ad arte, in modo da trasmettere le risposte, fedeli e originali, a ritmo quasi frenetico? Bene, sono la parte più seguita del programma. Mercoledì 4 maggio, su Italia 1, il tema dell'intervista doppia riguardava "Preti e Matrimoni gay". Favorevole: don Franco Barbero. Contrario: don Oreste Benzi


Cosa sai di don Barbero? - chiede la Iena ai due.
«Sono? molto contento di essere prete», risponde don Barbero.
«Ha promesso obbedienza e rispetto? e non ha mantenuto la promessa», accusa Don Benzi.

Cosa ti piace della Chiesa?
Don Barbero: «La libertà delle figlie e dei figli di Dio? quando sanno ribellarsi al potere».

Cosa non ti piace?
Don Barbero: «L'imperialismo, il patriarcalismo, l'emarginazione dei gay e delle lesbiche».

Don Barbero ha mai avuto problemi con le gerarchie vaticane?
Don Barbero: «Da sempre?».
Don Benzi: «No, è lui che li ha fatti avere? Ha detto varie eresie: ha messo in dubbio la Santissima Trinità, ha benedetto le nozze dei gay».
Ancora Don Barbero: «Continuiamo a raccontare alla gente un sacco di frottole e le vendiamo come Parola di Dio».

Cosa pensa la Chiesa cattolica dell'omosessualità?
Don Barbero: «Pensa molto male?».
Don Benzi (d'ora in poi in sintesi): «Le relazioni omosessuali sono contro natura e sono nocive al Bene della società? L'omosessualità è una deviazione. Se uno non lo cura è un vizio... La Chiesa accetta che qualcuno si consideri omosessuale però non deve praticarla».
Don Barbero (d'ora in poi in sintesi): «E questa è la suprema ipocrisia? Ma per la carità! L'omosessualità è una natura da viversi? Gay e lesbiche: "Fate l'amore sotto il sorriso di Dio!"? Non c'è peccato dove c'è amore. Una coppia omosessuale non deve astenersi dall'amore».
Don Benzi: «L'omosessualità non praticata diventa virtù? [L'omosessualità ] è una crescita irregolare della sessualità». Zapatero? «Una sciagura della Spagna... Lo Stato non può regolarizzare ciò che è Male? L'omosessualità praticata è peccato».
Don Barbero: «L'omosessualità è una natura da viversi... Farei cardinale Zapatero. In Italia abbiamo la disgrazia del Vaticano... Lo Stato dovrebbe riconoscere [alle unioni omosessuali] la reversibilità della pensione, diritto all'assistenza, il diritto all'eredità?».

Una coppia omosessuale può andare in Chiesa? - continua la Jena.
Don Barbero: «Fa benissimo ad andare... ».
Don Benzi: «Certamente, per chiedere perdono e poi separarsi».

Può ricevere la comunione?
Don Barbero: «Fa benissimo?».
Don Benzi: «Non è in comunione con Dio e va a fare la comunione con Dio?».

Può confessarsi?
Don Benzi: «Senz'altro. Per chiedere perdono e poi separarsi».
Don Barbero: «Si guardi bene dall'andarsi a confessare! Può trovarsi un prete che gli schiaffa addosso una maledizione?».

[Una coppia omosessuale] deve vergognarsi?
Don Benzi: «Un bel po'?».
Don Barbero: «Di che? Si vergogni chi ruba!».

Cosa hai suggerito di fare [a una coppia omosessuale]?
Don Barbero: «Di stabilire delle relazioni stabili».
Don Benzi [ridendo]: «Di curarsi».

Conosci preti omosessuali?
Don Benzi: «Certo».
Don Barbero: «Conoscono molto bene l'indirizzo di casa mia».

Cosa deve fare un prete omosessuale?
Don Benzi: «Quello che fanno questi miei fratelli amici: son dei santi».
Don Barbero: «Se sente di vivere un amore, lo viva! Abbiamo sempre detto che l'amore è un dono di Dio. Quando ministero e amore si congiungono, li sbattiamo fuori. Queste sono le leggi cri-mi-na-li della Chiesa cattolica».

Favorevole al matrimonio per i preti?
Don Barbero: «Io sono perché i preti possano scegliere».
Don Benzi: «La Chiesa latina non ritiene opportuno che i preti siano sposati. E io altrettanto».

Un prete può fare sesso?
Don Barbero: «Nella dimensione? dell'amore».
Don Benzi: «Neanche per sogno!»

Fai un appello a una coppia gay.
Don Benzi: «Lasciatevi. Sarete meravigliosi».
Don Barbero: «Abbiate fiducia in voi. Amatevi».

4.5.05

Il sud non si muove
CONTRORDINE di ALESSANDRO ROBECCHI

Annunci in pompa magna e grandi segnali di ottimismo. Il governo Patacca bis si occuperà di imprese, Sud e famiglie. Se fossi un'impresa o una famiglia me la svignerei in fretta. L'unico che non può scappare è il Sud, che si ostina a stare lì, piazzato sotto il Centro, che a sua volta sta sotto il Nord. Mettetela come volete ma la Calabria non può prendere il treno ed emigrare (come invece hanno ricominciato a fare i calabresi): la Storia, ma soprattutto la Geografia, costringono il Sud a stare al Sud, non si scappa, e forse è questo il famoso immobilismo del Mezzogiorno.

Al meridione italiano, comunque, sono dedicate le principali attenzioni dei neo-pataccari. Ha cominciato Tremonti, come tutti sanno, suggerendo di vendere le spiagge, subito subissato da pernacchioni e risatacce dei suoi stessi alleati. Il famigerato commercialista di Sondrio, esperto meridionalista della Valtellina, prefigurava uno scenario da turismo di massa, con cinesi e indiani spaparanzati sulle spiagge del nostro Sud, scaricati in futuribili aeroporti a quattro piste. Lo ha contraddetto persino Micciché, che invece di vendere le spiagge vorrebbe fare campi da golf e casinò, cioè non piegarsi all'idea del turismo-straccione di massa (indiano, poi! cinese, poi!) ma alle sorti progressive del fighettismo. Secondo lui i bon vivant di tutta Europa sarebbero disposti a farsi dodici ore di coda sulla Salerno-Reggio Calabria, oppure sei ore di binario unico su archeologici trenini, pur di buttare soldi nelle slot machines. Supponendo insomma di avere un casinò a Crotone e di abitare, che so, in Francia, il vero bingo sarebbe arrivare vivi e in salute al tavolo verde dopo un viaggio epico, non diverso per comfort a quei gran tour che facevano Goethe e Stendhal in tempi lontani. Quanto ai campi da golf, l'idea è suggestiva, ma in un posto in cui il disastro idrico rimane pauroso temo che il golfismo meridionalista resterebbe un sogno. E addio anche ai 53 posti da caddy che ne sarebbero usciti, una caparra versata per la grande rinascita del Sud avviata dal governo patacca bis.

La trovata migliore, comunque, resta l'istituzione del ministero della coesione territoriale, in un paese unito da un secolo e mezzo. Si tratta di una mossa ad effetto per bilanciare lo strapotere della Lega, gente di Bergamo o di Varese che quando parla dei problemi del Sud pensa al massimo a Milano.

Del resto, il dentista a cui sono affidate le riforme istituzionali del Paese (Sud compreso) aveva fatto il diavolo a quattro e battuto i piedi e strepitato fino alla crisi di nervi per occuparsi in prima persona della grossa grana dei forestali calabresi. Bravo. Con il risultato che il Calderoli in Calabria non mise mai nemmeno piede, forse incredulo e basito che ci fossero foreste: lui pensava alla savana, suppongo, con antilopi e gazzelle inseguite da disoccupati che - va da sé - non hanno voglia di lavorare. Il tutto naturalmente condito da strali e scenate contro il famoso assistenzialismo sudista delle sinistre, recitati a mo' di rosario da gente che andava in giro con le ampolle del dio Po.

Se i meridionali vogliono protezione e aiuti a perdere dallo stato - l'odiato assistenzialismo - che vengano al Nord a produrre latte oltre le quote, e allora vedrete che la Lega aiuterà anche loro: coesione territoriale.

In attesa che qualche miliardario si compri le spiagge e che la mafia si compri i casinò, comunque, l'astuto Silvio ha avviato un suo diabolico piano per risolvere la crisi meridionale, almeno la sua. Si accinge infatti a comprare An e Udc. Una mega fusione che, come tutte le fusioni aziendali, creerà qualche disoccupato, ma che consentirà un'economia di scala e soprattutto maggiore coesione tra quei geni dei neo-meridionalisti (Tremonti e Micciché) e quegli altri geni dei neo-druidi come il ministro delle riforme e il suo capo.

Tutto questo dovrebbe avvenire in pochi mesi, addirittura in poche settimane, dopodiché si potrà mettere mano alla rinascita del Sud, con aeroporti a quattro piste, tavoli verdi, cinesi e indiani che si abbronzano durante l'ora di acqua-gym, campi da golf a 18 buche. Assisteremo al boom del noleggio Bentley in paesi che stanno franando per dissesto idrogeologico. Aprirà una succursale del Billionaire in mezzo alle discariche abusive. Sarà una pacchia.

Intanto i giovani del Sud che eroicamente si sono laureati a Roma, a Bologna, a Milano, cercheranno di farsi una vita precaria al Nord, dimostrando ancora una volta coi fatti che «meridionalismo» significa soprattutto farsi un culo così, da centinaia di anni.
“INTOCCABILI”
Il nuovo libro di Saverio Lodato e Marco Travaglio
Oggi esce nelle librerie “Intoccabili” di Saverio Lodato e Marco Travaglio, che ricostruisce gli ultimi 15 anni di inchieste e processi su mafia e politica, dal pool di Falcone e Borsellino a quello di Caselli a quello di Grasso. Sottotitolo: “Perchè la mafia è al potere. Dai processi Andreotti e Dell’Utri alla normalizzazione. Le verità occultate su
“INTOCCABILI”
Il nuovo libro di Saverio Lodato e Marco Travaglio
Oggi esce nelle librerie “Intoccabili” di Saverio Lodato e Marco Travaglio, che ricostruisce gli ultimi 15 anni di inchieste e processi su mafia e politica, dal pool di Falcone e Borsellino a quello di Caselli a quello di Grasso. Sottotitolo: “Perchè la mafia è al potere. Dai processi Andreotti e Dell’Utri alla normalizzazione. Le verità occultate sui complici di Cosa nostra nella politica e nello Stato” (ed. Rizzoli-Bur, 10 euro).
Per chi volesse approfondire il processo Dell’Utri, è in libreria da un mese “L’amico degli amici” (ed. Rizzoli-Bur, 11.50 euro) curato da Peter Gomez e Marco Travaglio, che contiene gli atti più interessanti e inquietanti del caso che ha portato alla condanna in primo grado del braccio destro di Berlusconi a 9 anni di reclusione per mafia.
Per gentile concessione dell’editore, pubblichiamo alcuni stralci di “Intoccabili”, dedicati ad alcuni fra i più clamorosi casi di disinformazione sui processi e di aggressione ai magistrati antimafia.
Anonima Sgarbi
Se qualche remora, per via di alleati come la Lega e An ancora sensibili ai temi della legalità, aveva indotto finora il Cavaliere a una certa prudenza formale, più le elezioni del 21 aprile ’96 si avvicinano, più i freni inibitori cedono. E la guerra alle «toghe rosse» di Milano e Palermo diventa il cavallo di battaglia della lunga campagna elettorale berlusconiana. Complici i continui assalti alla magistratura del ministro della Giustizia Filippo Mancuso (governo Dini), che sguinzaglia l’ennesima ispezione contro il pool di Milano e ne minaccia ripetutamente una contro quello di Palermo. Una politica che entusiasma il Polo (per ilpan>


This is not who I am
This is not who Christina is
I drop my swords
I drop these weapons
Here GOd, take this shield and take this sword of mine
Take on this battle for me......


5/3/05 11:20pm
style="color: rgb(0, 102, 0
“INTOCCABILI”
Il nuovo libro di Saverio Lodato e Marco Travaglio
Oggi esce nelle librerie “Intoccabili” di Saverio Lodato e Marco Travaglio, che ricostruisce gli ultimi 15 anni di inchieste e processi su mafia e politica, dal pool di Falcone e Borsellino a quello di Caselli a quello di Grasso. Sottotitolo: “Perchè la mafia è al potere. Dai processi Andreotti e Dell’Utri alla normalizzazione. Le verità occultate sui complici di Cosa nostra nella politica e nello Stato” (ed. Rizzoli-Bur, 10 euro).
Per chi volesse approfondire il processo Dell’Utri, è in libreria da un mese “L’amico degli amici” (ed. Rizzoli-Bur, 11.50 euro) curato da Peter Gomez e Marco Travaglio, che contiene gli atti più interessanti e inquietanti del caso che ha portato alla condanna in primo grado del braccio destro di Berlusconi a 9 anni di reclusione per mafia.
Per gentile concessione dell’editore, pubblichiamo alcuni stralci di “Intoccabili”, dedicati ad alcuni fra i più clamorosi casi di disinformazione sui processi e di aggressione ai magistrati antimafia.
Anonima Sgarbi
Se qualche remora, per via di alleati come la Lega e An ancora sensibili ai temi della legalità, aveva indotto finora il Cavaliere a una certa prudenza formale, più le elezioni del 21 aprile ’96 si avvicinano, più i freni inibitori cedono. E la guerra alle «toghe rosse» di Milano e Palermo diventa il cavallo di battaglia della lunga campagna elettorale berlusconiana. Complici i continui assalti alla magistratura del ministro della Giustizia Filippo Mancuso (governo Dini), che sguinzaglia l’ennesima ispezione contro il pool di Milano e ne minaccia ripetutamente una contro quello di Palermo. Una politica che entusiasma il Polo (per il resto ostile al governo) e imbarazza vieppiù la maggioranza (centrosinistra più Lega) fino a indurla a sfiduciare il bizzoso Guardasigilli.
Più si proclamano «garantisti», più i pasdaràn dell’orchestrina anti-giudici usano metodi infami. Senza tralasciare neppure le lettere anonime. Vittorio Sgarbi, dalla tribuna quotidiana che generosamente il Cavaliere gli mette a disposizione sulle sue reti, ne legge una il 7 aprile 1995 a proposito dell’assassinio di don Giuseppe Puglisi (ucciso dalla%

1.5.05

Calderoli ha abolito il presepe
Satira preventiva di Michele Serra

Rimpiazzare la festa dei lavoratori con quella degli imprenditori , riformare il Natale e ridimesnionare l'importanza della Pasqua. Il calendario secondo il bis-ministro delle Riforme

Se il 25 aprile, come insegna il revisionismo storico, non è la festa della Liberazione, ma un'adunata di stalinisti ottuagenari che oliano il mitra con la pasta per la dentiera, quale nuovo significato verrà attribuito alle altre feste nazionali? Il bis-ministro delle bis-riforme, Roberto Calderoli, sta valutando una radicale risistemazione del calendario.

4 novembre La festa delle Forze Armate, per non essere solo celebrativa e avvicinarsi alla società italiana, prevede una solenne sfilata lungo i Fori Imperiali, di capifamiglia del Nord-Est armati di pistole Beretta, degli applauditissimi Addestratori della Camorra con rottweiler al guinzaglio, dei gloriosi reduci del Corpo Artificieri dei servizi deviati, con il loro inno (l'orario ferroviario cantato a memoria), dei radaristi non-vedenti di Ustica, dei pittoreschi e abili Mazzieri del G8 di Genova, capaci di far roteare in aria i manganelli fino a colpire il pubblico affacciato alle finestre, e infine, graditissimi ospiti, delle nuove Guardie Svizzere, armate di bazooka e abilissime nello smascherare in mezzo alla folla i divorziati. Presente anche, in segno di pacificazione nazionale, una delegazione di Ragazzi di Salò, che fucileranno simbolicamente gruppi familiari al completo estratti a sorte tra i passanti.

Primo maggio Giudicato irriformabile a causa della sua conclamata matrice comunista, sarà abolito. Verrà rimpiazzato, il 2 maggio, dalla Festa degli imprenditori, che daranno vita, in ogni città, a una suggestiva sfilata in station-wagon o in fuoristrada, sventolando dai finestrini le carte di credito. Qualche timore per l'ordine pubblico solo per il paventato arrivo dei White-Block, bocconiani fuori corso che sfasciano i Bancomat quando appare la scritta 'credito insufficiente'. Sarà mantenuto il tradizionale concerto in piazza, in diretta su Rete 4: esclusi i cantanti e le canzoni di sinistra, rimarranno in repertorio solo Andrea Bocelli che canterà 'Casetta in Canadà', e il coro dei concorrenti del 'Grande Fratello' che interpreterà un medley delle sigle Mediaset. Le restanti otto ore del concerto saranno di interruzione pubblicitaria. Presenta Elisabetta Gardini.

Natale Resta in vigore, ma riformato. Festa delle radici cristiane, nella quale si celebra la decisione di Maria di portare a termine la gravidanza, è stata via via distorta lungo i secoli dalla propaganda di sinistra, che ci ha aggiunto la stucchevole retorica pauperista della miserabile capanna. Nella realtà storica, Gesù nacque in una confortevole capanna a schiera condonata (con angolo di cottura e posto-asino, a soli dieci minuti da Betlemme centro) e la sua famiglia non era affatto povera, solo vessata dall'Irap. Bene l'albero, indiscusso simbolo celtico, purché si evitino gli orribili abeti di plastica made in China. Male il bue e l'asinello che alludono alle unioni di fatto, malissimo il presepe napoletano, con tutti quegli sfaccendati che stazionano per due settimane nel muschio e nella bambagia senza produrre reddito.

Pasqua Eccessivo il peso dato fin qui alla Resurrezione, è la crocefissione che va messa in primo piano. Per Forza Italia il supplizio di Cristo è il simbolo della politicizzazione della magistratura. Per la Lega e i suoi intellettuali di riferimento, Borghezio e Mel Gibson, la pena di morte, a parte l'indubitabile valore estetico, è un valido deterrente contro la criminalità, e quel Gesù qualcosa dovrà pure aver fatto per finire nei guai.

14 febbraio Festa di nuova istituzione. È il Natale della Padania: fu il 14 febbraio del 1992 che il geometra di Lissone Gino Perego, durante il pranzo domenicale, decise che era nata la Padania e lo comunicò per iscritto a un avvocato suo vicino di casa, modificando per sempre il corso della storia. Altre feste nazionali allo studio dello staff di Calderoli: la Festa della Polenta, molto sentita nel Sud, e il Natale di Odino, per celebrare la nascita della popolare divinità nordica, avvenuta nel 7.453 a. C. in una tana d'orso nella brughiera scandinava, su una umile lettiera di licheni, tra gnomi festanti e renne parlanti, con Nonno Gelo e la fata Yukkulampe che lo adottarono nonostante fosse figlio.
Ma quale fecondazione l'Italia è concentrata sul lifting...
Intervista a Paolo Hendel a cura di Valentina Grazzini dall' Unità

FIRENZE «La legge sulla fecondazione assistita sta creando problemi per la ricerca scientifica sulle cellule staminali? D'altronde, si sa, in Italia la ricerca scientifica è impegnata da tempo su altri fronti, dal lifting al trapianto dei capelli. Sono questi i temi drammatici che interessano il nostro governo, le uniche vere grandi opere realizzate». Paolo Hendel parla a ruota libera della fecondazione assistita, di quanto sia necessario votare il 12 e il 13 giugno per l'abrogazione di una legge definita dalla stampa estera medievale. Lo fa a suo modo, usando la satira e la battuta tagliente e dissacratoria.
Satira e la battuta tagliente e dissacratoria che da sempre sono la sua arma ma che nascondono, dietro le risate provocate apparentemente a cuor leggero, una condanna davvero profonda. Non a caso nel suo ultimo spettacolo, Non ho parole!, il comico fiorentino ha condannato la novella legge in materia di fecondazione assistita fin dal debutto dello scorso novembre con battute al vetriolo, nella sua cifra surreale ed esilarante. Oggi, a distanza di qualche mese, ci racconta il suo punto di vista con una lama fatta affilata di fresco. E si prepara al primo maggio, che lo vedrà sul palco di Bologna all'interno di una serata in piazza Maggiore, organizzata dai sindacati. Accanto a lui, oltre a dei gruppi musicali, due storici "compagni di censura", Paolo Rossi e Daniele Luttazzi.
Hendel, cosa ne pensa della legge sulla fecondazione assistita attualmente in vigore?
Vorrei intanto riassumerla, per chi ancora non la conosce. Art. 1: «Dicesi fecondazione assistita quel rapporto fra un uomo e una donna finalizzato alla procreazione a cui, per garantirne la correttezza, assista l'onorevole Rocco Buttiglione in persona». Con accanto qualcuno un po' più vispo di lui che gli spieghi cosa succede, altrimenti chissà che cosa capisce... A parte gli scherzi, io francamente nella fecondazione eterologa non ci vedo niente di male: ma perché deve essere proibito per legge ricorrere al seme di un donatore? Un donatore, poi! Di questi tempi, che non ti regala niente nessuno, è anche maleducazione, no? Uno ti regala un pochinin di seme e fai il prezioso? Casomai il discorso dovrebbe essere un altro, garantire un donatore di qualità. Nella fecondazione eterologa, si sa, il donatore è segreto, lì sta il rischio: una coppia sterile ricorre al seme di un donatore e gli nasce un figlio con la bandana che a due anni si vuol fare il lifting... «Caro, quel donatore non veniva mica dalla zona di Arcore per caso?».
Hendel, cerchiamo per una volta di essere seri, lasciamo stare Berlusconi e torniamo alla legge...
Giusto. Proviamo a fare un discorso serio. Qualcuno di noi dice che la fecondazione eterologa è peccato: capisco, ma siamo su un altro piano. Ciò che per la Chiesa è peccato non può per lo Stato diventare automaticamente reato, perché se i peccati diventano reati si rischia tutti quanti la galera per un nonnulla. Uno va in chiesa a confessarsi «Padre ho commesso atti impuri da solo». «Io t'assolvo, figliolo, però bisogna fare il verbale per i Carabinieri. Documenti...». Eh no! Una cosa è il peccato e una cosa è il reato. Un altro esempio? Volentieri: tirare un cavalletto in testa a Silvio Berlusconi è senz'altro un reato, ma un peccato direi proprio di no. Sbaglio?
A proposito di peccati e di Chiesa, cosa c'è da aspettarsi in materia di fecondazione dal nuovo Papa?
Su temi come il rifiuto della guerra, la condanna della guerra preventiva ovunque essa sia, mi pare proprio che il Papa precedente abbia detto e fatto cose importanti. Su altri temi che riguardano la morale sessuale, le coppie di fatto, l'omosessualità, il celibato fra i sacerdoti, il problema drammaticamente necessario del controllo delle nascite, e la fecondazione assistita naturalmente, mi sembra che la Chiesa segni dei ritardi.
Scendendo nel dettaglio degli articoli, quale le sembra più censurabile?
Molte cose di questa legge sembrano frutto di una grande ignoranza e di una grande arretratezza anche culturale, come per esempio il divieto della diagnosi preimpianto. Non ti fanno fare l'analisi dell'embrione e se poi ci sono malformazioni nel feto sei obbligata ad abortire... Ma chi l'ha ideato un capolavoro del genere, Baget Bozzo in coppia col Mago Otelma? Il tutto, poi, viene fatto sulla pelle della donna, come sempre considerata una macchina atta alla riproduzione. Nessuno si preoccupa della sua libertà di scelta e della sua salute.
Il 12 di giugno lei andrà a votare, naturalmente...
Sì, certamente, andrò a votare e voterò per l'abrogazione di questa schifezza di legge, che purtroppo qualcuno, anche nel centro-sinistra, senza far nomi, ha a suo tempo votato.