28.1.04

Tutti Goebbels? Politici, fermatevi.

di Gian Antonio Stella - Corriere della Sera

Idiota, mona, minchione, cretino, pirla, babbaluci: hanno a disposizione una stiva di insulti, se proprio amano il linguaggio becero, quei gentiluomini dei nostri politici. Ma tirare in mezzo la croce uncinata, il Führer, i Lager, i camini e tutte quelle cose spaventosamente serie nelle baruffe da pollaio nostrane è davvero indecente. Basta. C'è qualcuno che, in tutta onestà, può affermare che Berlusconi o Fassino, Prodi o Follini abbiano mai detto o pensato come Joseph Goebbels che l'Olocausto è stato «una questione di vita o di morte tra la razza ariana e il bacillo ebraico»? Eppure anche ieri, nel Giorno della Memoria, del dolore, del lutto, degli omaggi ai sei milioni di ebrei assassinati, c'era lo strascico dell'ultima rissa scatenata usando, dall'una e dall'altra parte, sempre la stessa invettiva: il paragone con l'infame ministro della propaganda nazista. Eppure lo sanno, i nostri, che quella è materia che scotta. Che a distanza di oltre mezzo secolo la ferita butta ancora fiotti di sangue.
Lo sa perfino Umberto Bossi che, pur vantandosi d'essere barbaro, fu costretto a intervenire contro il suo Cesare Rizzi il quale a una Festa del Carroccio aveva detto: «Vedo Gad Lerner e capisco Hitler». Lo stangò: «Certe affermazioni non si fanno neppure per scherzo, perché la Lega è innanzitutto amica degli Ebrei. Se Rizzi intendeva dire che Lerner al Tg1 non dà spazio all'opposizione, poteva farlo in un altro modo: con battute del genere si corre sempre il rischio di trovare lo stupido che le ripete».
Raccomandazione saggia: le parole sono pietre. Peccato che per primo se ne scordi lui: «Questi del centrosinistra sono i nuovi nazisti. Peggio di quelli di prima perché vogliono a tutti i costi annullare le differenze. Un nero per loro è un bianco colorato e un bianco è un nero scolorito. Ma noi non ci stiamo. Per noi le differenze esistono». «Hanno in testa di fare come Hitler o peggio. Hitler sterminò gli ebrei, i comunisti massoni vogliono sterminare tutti i popoli dell'Europa con l'immigrazione. Sono loro i veri nazisti, i nazisti rossi». «Questo nazismo rosso, proprio come Hitler ma con strumenti moderni, intende cancellare l'identità dei popoli e le religioni, e distruggere l'istituzione della famiglia». «Amato? E' un nano nazista».
Visti i toni del capo, i suoi non sono da meno. «Non è più tollerabile il persistere di una situazione che potrebbe sfociare in un fenomeno alla Goebbels», tuona Luciano Gasparini invocando contro Berlusconi una legge sul conflitto d'interessi un attimo prima di mettersi d'accordo. «Sapete com'è soprannominato Mussi in Parlamento? Adolfo, perché assomiglia a Hitler. Quello decise di far fuori 8 milioni di ebrei, e questo vuole far fuori 30 milioni di padani», barrisce Roberto Maroni prefigurando lager per bellunesi e varesotti. «La legge sul federalismo dell'Ulivo è all'insegna della migliore dottrina di Goebbels», strilla Roberto Castelli. Per non parlare del senatore trevisano Piergiorgio Stiffoni che, beatamente digiuno di tutto, se n'è uscito qualche settimana fa col seguente conato: «Gli immigrati? Peccato che il forno crematorio del cimitero di Santa Bona non sia ancora pronto».
Reazioni indignate e stupore: «Era solo una battuta!». Che ne sa, lui, che i nomi di Auschwitz e Treblinka fermano ancora il respiro a milioni di persone? Non si può più scherzare? Sono anni che fanno «battute» sul tema, a destra, al centro e a sinistra. Basti dire che, nell'archivio Ansa della politica italiana, il nome di Goebbels è citato 11 volte nella noiosa ma meno incivile Prima repubblica e 77 da quando hanno fatto irruzione i nuovi protagonisti della politica dove si dice «pane al pane, merda alla merda». Con una deriva che, a sentire ancora Bossi, è inconsapevole: «Veltroni si lamenta perché gli dà fastidio la definizione "nazisti rossi". Preferiva che i miei militanti parlassero di una sinistra bugiarda, tangentista, oltre che anti-democratica?». Ma per carità, senatùr, l'è tut i stess : le bugie alla Camera e gli esperimenti per vedere in quanto tempo muore un uomo tagliandogli senza anestesia una gamba o due braccia, le bustarelle e le camere a gas coi giocattoli per i bambini, le forzature nel regolamento del Senato e i denti d'oro strappati ai cadaveri. Tutto «dibattito».
Ed ecco che ti ritrovi alla manifestazione a Montecitorio contro la par condicio i cartelli della destra con «D'Alema = Hitler» e alla manifestazione dei pacifisti a San Giovanni i cartelli con «Berlusconi = Hitler». E il sondaggio Doxa sui personaggi più odiati che vede il Cavaliere, Vittorio Sgarbi e Alba Parietti battere il Führer. E il senatore Riccardo Pedrizzi, di An, che dà battaglia sulla fecondazione assistita perché sarebbe «un ritorno di logiche degne di Hitler e del dottor Mengele». E l'ex sondaggista azzurro Gianni Pilo che bolla «Tempo reale» di Michele Santoro «una trasmissione da Goebbels». E il senatore ulivista Stefano Passigli che ricambia: «Certe reti televisive di Berlusconi usano i media in maniera assai più cinica e sfrontata dello stesso ministro della propaganda Goebbels». E il comunista Marco Rizzo che urla: «L'idea di far eleggere direttamente i giudici dalla collettività sono idee care a Mussolini e a Goebbels». E il diessino Piero Fassino che, in attesa di far replay tirando in ballo l'altro giorno Gasparri e Mimum, sentenzia: «Sulla vicenda Telekom Serbia è in atto da parte della destra una aggressione politica che tende a non riconoscer l'avversario ma a demonizzarlo. E' la logica di Goebbels»...
Un delirio. Sono anni che andiamo avanti con Berlusconi che prima accusa Lucia Annunziata di «insistere nella menzogna come Goebbels» e poi, non ammonito dal capitombolo sul «kapò» a Strasburgo, paragona a Goebbels «i giornali che si dicono indipendenti scrivono che il governo vuol far morire il tempo pieno nella scuola pubblica». E Romano Prodi che sostiene: «In confronto a Berlusconi anche Joseph Goebbels era un bambino». E Fabio Mussi che dà del Goebbels a Francesco Storace e Sandro Fontana che dà del Goebbels a Sandro Curzi e Maurizio Gasparri che dà dei «Goebbels» ai cronisti colpevoli di avere raccontato gli scontri a una manifestazione gay a Torre del Lago e l'aennino Nicola Bono che dà del «Goebbels» a Vincenzo Visco e Carlo Giovanardi che dà del «Goebbels» a Giovanni Floris di «Ballarò» e perfino Marco Follini che, sia pure obliquamente, dà del «Goebbels» a Pierluigi Castagnetti.
Ma lo sanno, chi era Joseph Goebbels, il ministro della propaganda che verso la fine divenne il plenipotenziario del regime nazista? Sanno della sua responsabilità nell'organizzazione della Notte dei Cristalli? Conoscono il suo giudizio («Non si deve essere sentimentali in queste faccende») sullo sterminio degli ebrei? Hanno mai letto qualcosa sulla sua idea di come si progetta la creazione dell'odio? O parlano così, per sentito dire? Per favore: si diano una ripassata. C'è sempre qualche stupido, come ricorda il Bossi pompiere al Bossi incendiario, che ti prende sul serio. E certo non ne abbiamo bisogno.

26.1.04

SATIRA PREVENTIVA DI MICHELE SERRA

Perché sono così importanti le primarie nello Iowa?

Per orientarsi nel complicato meccanismo delle elezioni presidenziali americane, bisogna prima di tutto capire la differenza tra il caucus e la convention. Il regolamento parla chiaro: nel caucus i candidati possono fare uso solo dei palloncini colorati e dei cappellini, nelle convention possono anche suonare il banjo, preparare la torta di mele e proiettare filmini sui barbecue familiari.
Chi riesce a suonare il banjo impugnando contemporaneamente i palloncini colorati (il primo fu Abramo Lincoln) diventa automaticamente il favorito alle nevralgiche primarie dello Iowa.
Ma perché le primarie dello Iowa sono nevralgiche? Se lo chiedono, da due secoli, i 5 mila abitanti di questo singolare Stato, grande come la Francia ma importante come il Gargano, formato da sterminate praterie e attraversato dalla famosa statale 254 (un desolato rettilineo di 3 mila chilometri arroventato dal sole e reso celebre dal film di Wim Wenders 'La sofferenza del radiatore').
Nello Iowa l'attività economica più importante, oltre alla vendita di radiatori di ricambio, è il flusso di turisti in visita all'immenso cimitero indiano, dove riposano circa mezzo milione di Piedi Neri sterminati dai coloni nell'Ottocento, e dai colpi di sonno al volante nel Novecento.
Vanno a votare solo un centinaio di persone (gli altri 4.900 impiegherebbero due settimane per raggiungere il seggio). Si tratta per lo più di anziani farmers tiratori scelti con la camicia a quadretti che abitano nei dintorni del seggio, il cui candidato ideale alla Casa Bianca è un anziano farmer tiratore scelto con la camicia a quadretti che abiti nei dintorni della Casa Bianca. La sola lobby influente è quella dei cavalli da tiro, tradizionalmente democratici.
Quando Thomas Jefferson, rimasto in panne col suo calesse lungo la 254, per ingannare il tempo decise di istituire le primarie dello Iowa, capì subito che quel candidato che fosse riuscito a resistere alle domande idiote degli abitanti avrebbe avuto l'America in pugno.
Anche Roosevelt, rimasto in panne con la sua Ford per una settimana lungo la 254, in attesa dei soccorsi definì lo Iowa "un posto che non dimenticherò facilmente". Per risolvere la piaga della sonnolenza al volante promise che avrebbe fatto introdurre una chicane e due o tre curve a gomito sulla Statale 254.
Bush junior, rimasto in panne con il suo elicottero lungo la 254 (il pilota, ipnotizzato dal lungo rettilineo, non riusciva più a virare e rimase senza benzina), per ingraziarsi la popolazione decise di aumentare le spese militari dotando di scudo spaziale i cavalli da tiro.
Tra gli otto candidati democratici in lizza nel caucus dello Iowa, si distinguono il falco J. H. Lee, un miliardario che produce portaerei e ha finanziamenti elettorali per circa 300 mila milioni di dollari, e la colomba J. H. Poborsky, un venditore di hot-dogs che può investire nella competizione elettorale 1.500 dollari, alcuni vasetti di senape e una figlia molto fica. Gli analisti danno per favorito il falco Lee.
Su Internet va forte anche la moglie di un deputato del Wyoming, Sarah Loopeck, morta da sei anni, ma titolare di un sito porno ancora visitatissimo.
È certo, comunque, che chi va bene nello Iowa, ma arriva secondo o terzo nel Dakota, qualora il vincitore delle primarie del Texas si ritiri al secondo turno e il caucus della California si concluda in parità, è svantaggiato rispetto a quel candidato che si aggiudichi il caucus del Nebraska senza perdere con uno scarto superiore al 15 per cento la convention di Chattanooga.
Allo stato delle cose, Lee è in vantaggio su Poborsky di 600 mila palloncini colorati.

25.1.04

ADORNATO
di Alessandro Robecchi (Manifesto)

Siccome la satira del premio nobel italiano per la letteratura andava in onda senza audio (siamo il paese delle libertà, la libertà di fare a meno delle orecchie), ho dedicato la serata a un altro testo satirico, pomposamente intitolato Carta dei valori. Si tratta di un agile libretto azzurro che dovrebbe contenere la filosofia politico-sociale-umana di Forza Italia, distribuito in migliaia di copie in occasione del decimo genetliaco del duce. Dico "dovrebbe", perché si conosce l'avidità degli attuali reggenti: partito per illustrare la filosofia loro, il testo si allarga, esonda e tracima. Ridisegna l'Italia, l'Europa, il mondo, l'universo, la storia, le categorie politiche e morali (in qualche caso pure la sintassi non ne esce indenne). Insomma, in quarantasette paginette si spreme un concentrato di filosofie in una fialetta di pensierini: dai dinosauri a oggi il mondo era una discreta merda, ma poi, per fortuna, è arrivata Forza Italia e tutto è cambiato. Interessante prospettiva, un po' come mettere tutto Kant e tutto Hegel in un sms e spedirlo a tutti.
Autori del nuovo sistema filosofico: Adornato, Biondi, Bondi, Cicchitto, Melograni. Mathieu e Baget-Bozzo, che ha portato il barbera. Rileggete bene l'elenco e fate il gioco del "chi manca". E il petomane? E il giocoliere monco? Anche Timothy Leary, negli anni Sessanta, faceva esperimenti con le droghe chimiche, ma almeno li faceva da solo.
Il testo, comunque, non è male. Considerato che dovrebbe porre le basi della convivenza civile e del progresso del paese nei prossimi dieci anni, è bello sapere che si veleggia in uno spazio indefinito e mobile, una specie di quarta dimensione olistica che va da Lao-Tse a Malagodi. Saremo liberal-popolari, ma anche liberal-socialisti, un po' zen e un po' laici, ma anche cattolici e naturalmente liberal-liberali, e però anche liberal-solidali eccetera, eccetera. Entusiasmante il passaggio in cui gli autori affrontano in nove righe (pag. 29) gli ultimi tre secoli di storia: la Rivoluzione Francese, la Dea Ragione, il Novecento, finché (finalmente!) arriva Forza Italia e tutti sono più felici. Illuminante invece il capitolo dedicato all'ecologismo che non dev'essere più "verde", bensì "blu", essendo "ecologismo-liberale", e dunque positivo e col sorriso sulle labbra. Insomma: molti giovani si ostinano a predicare un "fondamentalismo ecologista" che mette al centro di tutto la natura. Si chiedono angosciati gli autori: se in mezzo a tutto c'è la natura, io dove passo con la Mercedes? E dunque teorizzano una "società ecologica" che permetta "una nuova rivoluzione industriale", anziché un ritorno alla candela e alla pastorizia (roba da ecologisti illiberali).
Stesso discorso per la globalizzazione: perché demonizzare una cosa che, alla fin fine, ci fa fare tanti soldi? Trasformati in blu i verdi, in azzurro i rossi, sconfitti tutti gli estremismi, ammaestrate le opposizioni e placata l'arroganza sindacale, la lezione giunge al suo fine: nella carta dei valori c'è esattamente tutto quanto sia vagamente compatibile e non rompa i coglioni a Silvio.
Gli autori, dopo il caffè e l'amaro, si fermano a contemplare il loro lavoro, a rileggere la loro Opera che ridisegna il mondo. E sospirano nell'ultima pagina: "Questi sono i nostri valori comuni (?) valori che pensiamo possano essere condivisi da tutti gli uomini della Terra". Quando si dice la modestia. In più, non mancano tonanti ammonimenti: "Non è purtroppo affatto detto che, per trasmetterli ai nostri figli, non si sia anche noi costretti a combattere ancora". Perbacco, l'idea di Adornato e Baget-Bozzo che lottano strenuamente contro le forze del male che tentano di impedire la diffusione del libretto azzurro di Silvio è agghiacciante, e apre nuovi scenari. Dunque non tutti i verdi saranno diventati blu? Non tutti i rossi azzurri? Di certo c'è questo: l'intreccio mesmerico che parte da Tocqueville e arriva a Lao Tse per interposto Cicchitto sarà la nostra filosofia prossima ventura. Obbligatoria o soltanto caldamente consigliata, questo si vedrà.
DOMANI PARTONO LE PRIMARIE ONLINE
SUL SITO WWW.IGIROTONDI.IT



Per rispondere alle esigenze di trasparenza nella scelta delle candidature, apertura alla società civile ed inizio di democrazia partecipata, abbiamo deciso di proporre sul nostro sito www.igirotondi.it le Primarie Online.
Il presupposto è che si tratta del primo esperimento di Primarie Online per verificare quanto sia sentito il problema della scelta democratica delle candidature alle elezione, dal popolo internet.
E' un primo tentativo, mai provato in Italia, di raccogliere migliaia di pareri in pochi giorni su questo problema.
Per fare ciò abbiamo sviluppato un nostro software (il Pro.pri.) che ci permetterà di raggiungere dei risultati di certo significativi e sicuramente rappresentativi.
Per evitare "inghippi" e rendere trasparente e democratica l'iniziativa, abbiamo diviso la consultazione in due fasi.

PRIMA FASE

Da lunedì 26 gennaio a lunedì 2 febbraio
Chi vorrà proporre delle candidature, lo potrà fare liberamente sul sito www.igirotondi.it .
Ciascuno potrà inserire fino a 5 nomi di candidati da proporre per la fase due, ma lo potrà fare solo una volta (controlleremo gli indirizzi IP dei proponenti).
Questo serirà solamente a raccogliere i nomi di coloro che parteciperanno alla seconda fase: quella del vero voto online.
La lista dei candidati da votare online nella seconda fase comprenderà (in ordine strettamente alfabetico) TUTTI COLORO CHE SONO STATI NOMINATI.

SECONDA FASE

Da mercoledì 4 febbraio alla mezzanotte di mercoledì 11 febbraio
Qui inizia la vera fase di voto online.
Ciascuno potrà dare cinque preferenze, in ordine di gradimento, tra i nomi presenti nella lista raccolta nella prima fase ma, PER CONFERMARE IL PROPRIO VOTO, sarà necessario lasciare il proprio numero di cellulare (che verrà usato SOLO per il controllo e poi immediatamente cancellato dagli archivi).
Si riceverà IMMEDIATAMENTE (via sms) una password che rappresenterà la vera e propria SCHEDA ELETTORALE.
Con tale password si dovrà confermare online (sempre sul sito www.igirotondi.it) le proprie preferenze che, solo da quel momento, entreranno nella classifica.
La classifica verrà aggiornata automaticamente.
Questa procedura è stata pensata per evitare che una singola persona possa votare più volte
I risultati finali saranno tanto significativi, quanto diffusa sarà l'iniziativa e numerosi saranno i voti raggiunti.
Lo scopo è quello di riuscire a compilare una lista dei 100 nomi che il "popolo di Internet" vorrebbe candidati per le elezioni europee.
La lista rimarrà a disposizione dei partiti del centrosinistra con un consiglio: farne buon uso può essere molto utile per conquistare porzioni importanti di elettorato molto sensibile nei confronti di questi metodi di scelta delle candidature democratici e trasparenti

Gianfranco Mascia Responsabile sito www.igirotondi.it cell. 347 0384944

23.1.04

IL PARADISO (FISCALE) E' IN AMERICA

di Marco Magrini - Il Sole 24 Ore 21/01/04

Potevano Kenneth Lay e Calisto Tanzi - i due ex padri-padroni di Enron e di Parmalat - fare quel che hanno fatto senza usare i molti nascondigli della finanza globalizzata? No, non potevano. E possono le autorità di controllo dei mercati finanziari, nazionali o sovranazionali che siano, riuscire a scoprire le prossime Enron e Parmalat prima che danneggino la fiducia nel mercato e i portafogli dei risparmiatori? No, non possono.
Nelle molte legislazioni del mondo, abbondano le opportunità per celare conti correnti, proprietà e attività illegali: non solo nei Paesi offshore, ma anche (e soprattutto) nei Paesi Ocse, ovvero i più industrializzati e ricchi del mondo. A cominciare da Stati Uniti, Svizzera e Regno Unito. Questa osservazione - che com'è facile intuire assume i contorni di uno stato d'accusa - viene da un rapporto intitolato «Towards a level playing field», condotto dallo studio legale internazionale Stikeman Eliott su commissione della Society of trust and estate practitioners (Step). In poche parole, come lascia intendere il titolo dello studio, gli autori auspicano che le regole societarie e fiscali del pianeta diventino più omogenee, a tutto beneficio della trasparenza. «Il guaio - commenta Richard Hay, partner di Stikeman Elliot, copresidente del comitato internazionale di Step e coautore del rapporto - è che molte legislazioni offshore hanno fatto ragguardevoli passi verso la trasparenza. Ma altrettanto non si può dire dello Stato americano del Delaware o della Svizzera, le cui legislazioni consentono ai malfattori di fare operazioni che ormai alle Bahamas o alle Cayman non sono più così facili». Per spiegare, occorre fare un passo indietro. L'Ocse, ma anche il Fatf (il suo "braccio armato" contro il riciclaggio), già a fine anni 90 hanno fatto notevoli pressioni sui Paesi offshore per strappare loro l'impegno ufficiale - e scritto - di accompagnare le singole legislazioni verso i lidi della trasparenza. Pressioni che sono anche aumentate dopo l'11 settembre, quando la Casa Bianca ha lanciato la sua guerra santa contro le fonti di finanziamento del terrorismo. «Ma adesso - osserva Hay - ci troviamo addirittura in una situazione opposta: mentre i Paesi offshore hanno aumentato i controlli e la trasparenza, innescando di conseguenza un calo nella registrazione di nuove società, in alcuni Paesi Ocse come la Svizzera, il Regno Unito e lo Stato americano del Delaware nulla è praticamente cambiato». Nel website dello Stato incorniciato fra il Maryland e l'Oceano Atlantico (www.state.de.us), si reclamizza uno straordinario successo: «Oltre la metà di tutte le società quotate a Wall Street ha sede qui, insieme a un altro mezzo milione di società da tutto il mondo». Delle duemila aziende che componevano il delirante mosaico di Enron, ben 675 erano incorporate nel Delaware. Potevano gli "architetti" del mosaico Parmalat non accorgersene? Il Delaware ricava 400 milioni di dollari all'anno dalle registrazioni e dalle spese di mantenimento delle limited liability companies (Llc) incorporate nel suo territorio. «In due ore e con meno di cento dollari - commenta Hay - si può registrare una società anonima, dove di fatto sarà impossibile risalire al beneficiario. E gli uffici del Registro del Delaware sono particolarmente efficienti: sono aperti fino a mezzanotte!». Se si aggiunge che la Svizzera non intende sentir parlare di un allentamento del suo segreto bancario e che il Regno Unito - nonostante l'atteggiamento più restrittivo del ministro Gordon Brown - ha i suoi trust e i suoi protettorati offshore (le isole di Man, Jersey, Guernsey, le Cayman e altre ancora), il concetto stesso di «paradiso fiscale» cambia sensibilmente connotati. Non è più qualcosa che appartiene al mondo onirico delle isolette sul Pacifico. Ma è parte integrante del sistema finanziario internazionale: Londra, New York e Tokyo controllano il 60% del mercato dei servizi offshore. Una quota che, sale all'80% se si considerano tutti i Paesi Ocse. E certo non si può dire che gli Stati Uniti non ne siano consapevoli. Un rapporto commissionato dal Senato di Washington nel 2000 e intitolato «Il riciclaggio russo attraverso società americane» ha accertato che, nei due anni precedenti, un miliardo di dollari provenienti dall'Est europeo era stato riciclato nel sistema bancario americano attraverso 2mila società del Delaware costituite all'ingrosso - ovvero venti alla volta - con capitali russi. «Ora - prosegue Hay - il Delaware è un caso-limite. Ma non bisogna dimenticare che le Llc sono previste da quasi tutti gli altri Stati della federazione americana». Il fatto curioso, secondo Hay, «è che gli Stati Uniti vanno giustamente fieri del sistema di controllo sulle società domestiche. Ma sembrano dimenticarsi completamente del ruolo delle società straniere registrate in America». Dopo la diagnosi, il rapporto di Stikeman Elliot prescrive anche la cura: tutti i Paesi dovrebbero essere soggetti alle stesse regole in ogni campo di attività, con identiche conseguenze in caso di non rispetto delle norme. Ma è assai più facile a dirsi che a farsi. «Le aree a bassa fiscalità - commenta Ernesto Savona, direttore di Transcrime, Istituto di ricerca dell'Università di Trento - sono giudicate necessarie dalle multinazionali, nel disperato e teoricamente lecito tentativo di pagare meno tasse. Ma non ci si può attendere che il sistema finanziario diventi all'improvviso trasparente: al contrario, nonostante i risultati degli ultimi anni, è ancora molto opaco». Non foss'altro perché i centri della finanza offshore non vanno più associati con luoghi esotici o lontani. I paradisi fiscali, lo sapevano bene gli uomini di Collecchio, stanno anche a Ovest.

22.1.04

Le centraline Asl non rilevano il Torio 234

La Nuova Sardegna, 21 gennaio 2004

Denuncia del sardista Giacomo Sanna sul possibile inquinamento radioattivo
La Maddalena, si riaccende la polemica dopo le smentite del presidente Italo Masala
PIERO MANNIRONI

LA MADDALENA. "In questo arcipelago l'impossibile è semplicemente un'eventualità". La battuta è di Salvatore Sanna, maddalenino, per moltissimi anni membro del comitato partitetico misto per le servitù militari. E non ha certo tutti i torti, Sanna. Perché in queste isole con le stellette, che da alcuni anni dovrebbero essere anche un parco naturale, non è possibile avere alcuna certezza. Gli interessi e le logiche dei militari, soprattutto quelli dello "Zio Sam", fanno della realtà solo una "versione ufficiale".
Per questo motivo, qui alla Maddalena, il primo errore è quello di ritenere un evento come un qualcosa di scontato. La prova arriva proprio dalla furiosa polemica che si è scatenata in questi giorni sulla notizia, rimbalzata dalla Francia, che nel mare dell'arcipelago sarebbe stata rilevata una presenza di Torio 234 in una misura addirittura 400 volte superiore alla media.
Il presidente della giunta regionale Italo Masala, che con una decisone discutibile ha firmato a Roma il "placet" per l'ampliamento della base della Us Navy a Santo Stefano, crede ai rilievi effettuati dal presidio multizonale della Asl di Sassari: nelle acque della Maddalena non è stata rilevata una presenza preoccupante di Torio 234, elemento radioattivo della catena dell'Uranio.
E con lui è certissima che non esista alcun pericolo di inquinamento radioattivo il sindaco Rosanna Giudice che usa parole durissime, spingendosi addirittura a parlare di "campagna denigratoria nei confronti dell'arcipelago, per il suo presunto inquinamento ambientale da Torio". Ma il sindaco della Maddalena non nega la presenza di Torio: riferendosi a una ricerca effettuata alcuni anni fa, dice infatti che l'elemento è presente nel particolare granito che si trova nell'arcipelago, la pegmatite. Ma proprio perché, come diceva appunto Salvatore Sanna, in questo arcipelago non ci sono certezze, ecco ieri arrivare la "bomba" politica innescata dal sardista Giacomo Sanna: le centraline per il monitoraggio radioattivo sono inadeguate e non rilevano la presenza di molti elementi radioattivi. Come il Torio 234.
"Escludere, come fa il presidente della giunta regionale, Italo Masala, il pericolo di inquinamento nucleare del Parco naturale della Maddalena, sulla base delle analisi Asl - dice il leader sardista -, è un grave errore. Denota superficialità e pressappochismo. Infatti le centraline per il monitoraggio dell'aria e dell'acqua nell'arcipelago risalgono all'inizio degli anni Ottanta. Installate dall'amministrazione provinciale di Sassari, sono poi passate, a partire dal 1987, alla Regione Sarda che ne ha affidato la gestione alla Asl numero 1".
"Le analisi - prosegue Sanna - sono eseguite su prelievi di acqua e di aria, nonché su prelievi fatti in punti prestabiliti su alghe, sedimenti e biota. Nessuna di queste analisi può rilevare la presenza di un elemento radioattivo, quale il Torio 234. Infatti le centraline della Asl sono obsolete e tecnologicamente superate. Non è un caso che in tutti i rapporti dell'Asl il Torio 234, non sia mai stato inserito fra i parametri rilevati normalmente dalla rete. Dovrebbe saperlo il presidente della Regione, così come la cosa dovrebbe esser nota al sindaco della Maddalena, i quali, prima di minimizzare e di smentire un fisico nucleare, farebbero bene a documentarsi. Ancor meglio sarebbe se si adoperassero per garantire mezzi, risorse e strumenti adeguati per un più efficace monitoraggio dell'aria e dell'acqua nell'arcipelago".
La denuncia di Sanna è arrivata fino al Parlamento, dove è stata rilanciata, dal Verde Mauro Bulgarelli. "Come denunciato da Giacomo Sanna, presidente del Partito Sardo d'Azione - ha spiegato Bulgarelli presentando un'interrogazione -, esistono sull'isola solo cinque centraline adibite al rilevamento della radioattività ma, a causa della loro vetustà, non sono in grado di riscontrare la presenza di Torio 234, l'elemento che l'istituto di ricerca francese Criirad ha rintracciato in alcune alghe prelevate in prossimità del luogo dell'incidente occorso al sommergibile statunitense Hartford il 25 ottobre scorso.

21.1.04

DALLA CALIFORNIA COL BISTURI: ?L'ESPRESSO? RIVELA IL PREMIER-LIFTING
COSSIGA SULLA BIGA: ?LE PROSSIME ELEZIONI EUROPEE SARANNO DI FATTO UN
REFERENDUM SUL QUESITO: ?STAVA MEGLIO PRIMA O STA MEGLIO ADESSO???
(da Dagospia)




(Fonte ASCA) Col titolo ''California lifting'' il settimanale 'L'Espresso' rivela i particolari dell'operazione di lifting a cui si e' sottoposto Silvio Berlusconi. Operazione che non avrebbe riguardato solo il ritocco alle palpebrema l'intero volto e il collo per togliere le rughe. ''L'intervento -scrive 'L'Espresso'- era stato fissato per il 27 dicembre, alla clinica privata Ars Medica di Gravesano, paese di bassa collina pochi chilometri a nord di Lugano, dove il Cavaliere aveva prenotato piu' di meta' del secondo piano per garantirsi la massima privacy ed evitare imbarazzi. Poi c'e' stato un ripensamento. Forse un dubbio dell'ultimo momento, altre 24 ore per considerare se era davvero il caso di rischiare di essere percepito - sono parole del 'New York Times' - non piu' come un 'self-made man' ma come un 'remade man', un uomo rifatto.

Forse e' stato il timore di una possibile fuga di notizie. Ma il 28, una mattinata di pioggia, il presidente del Consiglio si e' detto pronto a occupare la stanza ovattata dalle grandi finestre con vista sulle cime imbiancate di neve''. ''E adesso, dopo tante ipotesi fantasiose, 'L'espresso' -prosegue il settimanale- e' in grado di confermare: Silvio Berlusconi si e' sottoposto poco prima di Capodanno a un'operazione di chirurgia estetica che e' andata ben al di la' di un ritocco alle palpebre degli occhi. Gia' che c'era, infatti, il premier ha fatto una scelta radicale e ha chiesto anche il lifting al volto e un bel ritocco alle rughe del collo.

A fare l'operazione non sono stati ne' Angelo Villa, il chirurgo milanese che prima se ne era attribuito il merito e poi aveva smentito tutto, ne' Daniel Marchac, il luminare parigino che ha una certa dimestichezza con l'entourage del Cavaliere. E' stato invece un team arrivato dalla California, guidato da Bryant Toth, che per l'occasione si e' portato dietro un secondo chirurgo, un anestesista, un'infermiera e una ferrista convenuti apposta a Lugano. Dove li attendeva, nella massima riservatezza, il ticinese Giorgio Bronz, specialista di chirurgia plastica e ricostruttiva dell'Ars Medica Clinic.

La clinica di Gravesano, specializzata in ortopedia (ha curato nazionali di sci e calciatori di serie A) e con un qualificato reparto di chirurgia plastica (si sono sottoposti a ritocchi personaggi dello spettacolo come Michelle Hunziker, Luca Barbareschi e Rita Pavone) e' di proprieta' italiana, come la vicina Clinica Sant'Anna di Sorengo. Il Gruppo ospedaliero Ars Medica, amministratore delegato Ermanno Sarra, figlio del fondatore (i Sarra sono romani) controlla, oltre ai due gioielli della sanita' privata ticinese che occupano 400 dipendenti, altre tre cliniche private a Roma, Formia e nelle Marche''.

''Toth, che non ha risposto alla nostra richiesta di un commento -prosegue il racconto dell'Espresso-, non e' noto nel suo ambiente come uno che si occupa di lifting e liposuzioni di persone celebri. Piu' che in quella estetica e' specializzato in chirurgia ricostruttiva cranio-facciale e oltre che nel suo studio privato opera all'ospedale dei bambini di Oakland, al di la' della baia di San Francisco. Di recente ha partecipato a vari convegni medici in Italia ed e' stato in una di queste occasioni che sarebbe entrato in contatto con Berlusconi. Assieme, come e' consuetudine in questi casi, hanno discusso vari particolari del volto. Ci sono stati elettrocardiogrammi, analisi di laboratorio. Quindi, verificato che la tempra del primo ministro era in grado di affrontare l'intervento stabilito, e' stata fissata la data''.

''Il 27 dicembre -scrive il settimanale- c'e' stato appunto l'incontro a Lugano, dove Toth si e' presentato, oltre che con il suo team tecnico, con un secondo chirurgo, Renato Calabria (che interpellato risponde: 'No comment'). Nato a Bolzano, studi alla Ucla e una pratica a Beverly Hills, il nome di Calabria e' stato riportato su vari giornali per essere il chirurgo che avrebbe messo le mani su personaggi come Rod Stewart, Sharon Stone e Lilly Tomlin. Il giorno dopo, quello dell'operazione, il team californiano ha segnato con le matite i punti dove eseguire i tagli e il premier italiano si e' sottoposto a cinque ore di bisturi, aghi e suture.

All'intervento sono seguiti due giorni di degenza. O tre, secondo un'altra fonte svizzera (la direzione dell'Ars Medica 'non smentisce e non conferma'). Poi, a bordo di un convoglio di auto, Berlusconi e' partito alla volta di Milano da dove dopo una breve tappa e' salito sul suo jet privato con destinazione la villa di Porto Rotondo, convinto che si sarebbe ripresentato in pubblico a breve. Per un uomo noto a tutti e con i capelli radi nascondere i punti e altre tracce di un intervento come il suo non e' facile. Inoltre, a complicare la convalescenza di Berlusconi ci sarebbe stato un rigonfiamento dei muscoli che avrebbe ridotto la mobilita' di uno dei due occhi ritoccati''.


?STAVA MEGLIO PRIMA O STA MEGLIO ADESSO??
Ritornando da Barcellona, il senatore a vita Francesco Cossiga, tutto allegro per le eccezionali accoglienze riservategli, non solo dai suoi amici democristiani della CIU, la potente federazione nazionalista della Catalogna, ma anche da esponenti delle nuove coalizioni della sinistra catalana, vedendo quanto l’opposizione di centro-sinistra si interessi ai tempi, forme e modalità del lifting del Cavaliere, abbia scherzosamente osservato con Dagospia: ?Se continuano così sta a vedere che le prossime elezioni europee saranno di fatto un referendum sul quesito: ?Stava meglio prima o sta meglio adesso??. E con questo l’Italia sarà salva?

17.1.04

I «DECRETI SU MISURA» DEI LOBBISTI

Ricordate l'iniziativa partita da Articolo21 nello scorso dicembre? Forse a farsi decreti su misura i lobbisti non sono molto abili, servono doti che, fortunatemente, non possiedono. Segnalano però, tra serietà e risata a denti stretti, problemi concreti.

Marco Trellini (http://www.saltodelcanale.it)

Decreto Inesistente: "Chi non esiste può firmare un qualsiasi decreto, purché ad esclusivo interesse della propria inesistenza." Come si vede è un decreto democratico e pluralista: infatti, non riguarda solo me, che notoriamente non esisto, ma tutti, proprio tutti gli "inesistenti". Inoltre, fatto tecnicamente rilevante, si tratterebbe di una banale evoluzione della recentissima prassi: dalla non presenza alla discussione del decreto da firmare, all'inesistenza dei destinatari dello stesso e, da ultimo, persino della stessa firma! Mi aspetterei ora una larghissima (non)adesione di incoraggiamento a tale mia proposta.

Vincenzo Rocchino
1.. Devono ritenersi abrogate tutte le leggi e i decreti, promulgati negli ultimi 700 giorni, a fare data da oggi.
2.. Con effetto immediato e retroattivo, sono dichiarati ineleggibili i politici a mè antipatici.
3.. I politici della legislatura corrente non hanno diritto ad alcuno dei trattamenti economici sin'ora previsti, non escluso il trattamento pensionistico. Tale norma non si applica ai politici dello schieramento di minoranza.
4.. Si dispone che l'attuale maggioranza di governo, in segno di riconoscimento per il duro lavoro sin quì svolto, e per far fronte al desiderio di tanti italiani, sia trasferita sull'isola di Pianosa a trascorrere una vacanza obbligatoria, per una durata non inferiore ad anni cinque.
5.. Si dichiara l'inutilità della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del presente Decreto, che sarà Legge a partire dalla mezzanotte di oggi 19 dicembre 2003.

Pio, maestro senza pensione
Art. 1 - E' abolito ogni decreto precedente riguardante le vacanze di Natale nelle scuole della regione
Art. 2 - E' licenziato l'assessore che ha stabilito scuole aperte il 23 dicembre, giorno che solitamente è antivigilia di natale.
Art. 3 - Il 23 dicembre, antivigilia di natale sarà per sempre vacanza per tutte le scuole della regione in oggetto
Art. 4 - E' abolita la mensa delle scuole aperte nella settimana precedente le vacanze di natale. Sono abolite così le lezioni pomeridiane che bambini urlanti al pensiero dei regali e desiderosi di stare a casa ad aspettare il Babbo di noi tutti, Babbo Natale, rischiavano di frequentare martedi 23 dicembre 2003.

Giancarlo Albanesi
1° Sono un ufficiale nella riserva. Cinque o sei anni or sono il Parlamento emanò una legge che riconosceva pensionabile, con relativa retroattività, l' Indennità Operativa percepita in servizio. Chi ne venne fortunosamente a conoscenza fece subito domanda e percepì svariati milioni di arretrati. Dopo poco tempo, quando, secondo me, gli amici e i parenti dei parlamentari erano stati soddisfatti, la legge fu abrogata e io, che non ero stato fortunato di venirne a conoscenza per tempo, feci lostesso domanda ma senza averne seguito.
2° Mia moglie, ex insegnante, ebbe più fortuna di me: una carissima amica, che aveva a sua volta un amico in Provveditorato agli Studi a Treviso, ci comunicò che era stata emanata una legge che sanciva la riliquidazione della buonuscita per gli insegnanti che avevano lasciato il servizio negli anni precedenti al 1983. Questa volta ci andò bene perché fortunosamente ne venimmo a conoscenza: mia moglie fece domanda e arrivarono gli arretrati del caso.

Aurelia Cantuti
1°Decreto (forse un pò qualunquista ma molto efficace per l'inflazione reale): per 1 anno non ci devono essere più aumenti di nessun tipo, e non dico solo delle tariffe pubbliche ma anche dei prodotti al consumo pena multe salatissime. A proposito, perchè il cibo aumenta per Natale?
2°Decreto: perchè non devono essermi restituiti i contributi INPS da me versati per 10 anni, che non mi consentono di aver raggiunto il minimo per la pensione?

Carmelo Schifano.
Medico psichiatra dei servizi territoriali (CSM), sempre in trincea e sempre in carenza di organico. Propongo un decreto che aumenti del 50% i nostri stipendi , tenuto conto del lavoro di alta responsabilità che conduciamo. Senza contare lo stress, che è veramente assicurato.

16.1.04

L'AFGHANISTAN VIOLENTATO

(Il Gazzettino, 16/01/2004)

Sul Corriere della Sera di qualche giorno fa il corrispondente dagli Stati Uniti, Gianni Riotta squittiva di soddisfazione perché in Afghanistan, con la nuova Costituzione, è finalmente iniziata la democrazia.
Ci sarà una Camera e ci sarà un Senato, ci sarà una Corte dei Conti, regolari elezioni e un terzo dei posti in Parlamento riservato alle donne. Ma che quadretto commovente. Che cos'è questo se non l'imposizione, violenta, di un modello occidentale, nato dalla speculazione di pensatori inglesi e francesi (Locke, Montesquieu, Mill) a una realtà che è totalmente "altra"?

Finora in Afghanistan la legittimazione al comando si era conquistata per la valentia guerriera (Massud, Omar, Meckmatyar, Dostum, Ismail Khan, Pacha Khan), il coraggio, la forza fisica, l'appartenenza a una famiglia, a un clan, a una tribù, a una tradizione, tutti valori che non c'entrano nulla con la democrazia perché fanno parte, per dirla con Max Weber, di quel "potere carismatico" che in certe realtà del mondo e in certi periodi della Storia ha molto più senso di quello democratico.

Io nego nel modo più assoluto che il mullah Omar fosse meno rappresentativo della sua gente di Renato Schifani, o chi per lui, solo perché qui qualcuno ha messo una scheda in un'urna. Sono uomini e modi diversi per realtà diverse.

La democrazia in Afghanistan è, quindi, oltre che una violenza, una finzione. Una doppia finzione perché, oltretutto, nasce a carte truccate per mantenere al potere Karzai, il Quisling degli americani, consulente da dieci anni della statunitense Unocal che dovrebbe costruire il gigantesco gasdotto che partendo dal Turkmenistan arriverà al Pakistan e al mare attraverso tutto l'Afghanistan. Progetto cui è economicamente interessata mezza Amministrazione Bush, da Dick Cheeney a Condoleeza Rice, e che è uno dei motivi per cui gli americani, col pretesto di dare la caccia al fantasma di Bin Laden, mantengono le loro truppe in quel Paese. Se le forze di occupazione se ne andassero la vita di Karzai varrebbe meno di un dollaro bucato a meno che non si affrettasse a seguirle. Se l'Afghanistan è infatti relativamente tranquillo, rispetto per esempio all'Iraq, è perché le truppe occupanti controllano a malapena Kabul e qualche città. In tutto l'Afghanistan rurale, vale a dire nel 90 per cento del Paese, il potere è rimasto, grazie a Dio, nelle mani delle tribù.

Epperò, dai e ridai, la tabe occidentale farà sicuramente dei profondi guasti in quel Paese, meraviglioso per chi, come me, ha potuto conoscerlo negli anni Sessanta, prima che fosse vittima di un'altra violenza occidentale, quella sovietica (Marx è nato a Treviri mica a Kabul o a Kandahar), dove una realtà tradizionale si sposava bene, senza le forzature talebane, con quel tanto di modernità che è oggi necessaria.

E a me viene da piangere al pensiero che a questi uomini, fieri, audaci, coraggiosi, feroci e crudeli anche, certo ma, perdio, uomini vivi, e a queste donne, dignitose e misteriose nei loro corpi reclusi, finalmente donne e non isteriche replicanti del modello maschile, noi offriamo come tutto e luminoso futuro che fra qualche tempo potranno anche loro, la sera, sedersi davanti alla Tv e vedere "L'eredità".

L' ALBANIA È LO SPECCHIO DEI PAESI POVERI AGGREDITI DAL MERCATO GLOBALE

di MASSIMO FINI (Il Gazzettino, 13/01/2004)

Su nessun organo di informazione vedo formulare una domanda che a me viene spontanea: perché oggi gli albanesi fuggono dalla loro terra mentre non lo facevano ai tempi della dittatura di Hoxa e del comunismo? Si dice che la tragedia dell'altro giorno, che ha visto venti clandestini morire a bordo di un gommone di disperati in avaria nel mare in burrasca, è un "fatto episodico" e che in tutto l'anno 2003 sono stati solo 137 quelli che hanno cercato di fuggire dall'Albania attraversando il canale d'Otranto. Vero. Ma questo è dovuto al progressivo miglioramento delle misure repressive.
Ciò non significa che moltissimi albanesi non sentano il bisogno, anzi la necessità, visto che sono disposti a rischiare la vita, di abbandonare la loro terra. Erano stati 3.372 nel 2002, 8.546 nel 2001, 18.990 nel 2000.

E allora perché si fugge dall'Albania democratica mentre si restava a casa in quella comunista? Come mai ai tempi di Hoxa non si è visto nemmeno un albanese approdare, costi quel che costi, sui nostri litorali? Perché il controllo della polizia comunista era ferreo? Per quanto ferrea nessuna polizia riesce a impedire un certo numero di fughe. Si fuggiva da Berlino Est, col muro e con i vopos che potevano sparare in tutta tranquillità dall'alto, si sarebbe potuto fuggire assai facilmente via mare da un Paese che ha centinaia di chilometri di costa praticamente incontrollabili dalla polizia locale senza l'aiuto, come invece è ora, della Marina italiana.

Il fatto è un altro. Ed è a bella posta sottaciuto dagli organi di informazione. L'Albania è oggi un Paese disgregato, distrutto, in preda a una profondissima crisi economica, dove il popolo è alla fame. La fame non c'era ai tempi di Hoxa.

Li abbiamo visti tutti in Tv, i primi albanesi che approdarono in Italia, quelli sì spinti dal gusto della ritrovata libertà, dopo la caduta del regime, e dalla curiosità (quelli che poi, con un provvedimento alla Pinochet, furono rinchiusi in 80 mila nello stadio di Bari). Erano contadini e pastori ben nutriti, poveri ma dignitosi. Ciò non era, in sè, un merito del regime comunista, ma ne era però una conseguenza, nel senso che l'autarchia imposta da Hoxa aveva preservato la società albanese, agropastorale, dalla aggressione del mondo occidentale. Dal punto di vista delle libertà civili gli albanesi vivevano in un regime poliziesco fra i più ottusi, ma da quello economico e sociale vivevano come sempre avevano vissuto, di autoproduzione, di autoconsumo che assicuravano l'essenziale anche se negavano il superfluo.

L'errore, non innocente, è stato quello solito: confondere la democrazia con il libero mercato. È il libero mercato ad aver distrutto la società albanese. Sono le imprese occidentali, italiane in testa, piombate come avvoltoi per "aiutare lo sviluppo" ad aver portato una fame generalizzata che prima non c'era. Perché per i pochi che si sono arricchiti, tutti gli altri si sono immiseriti. Erano dei contadini e dei pastori dignitosi, la disgregazione portata dall'economia di mercato ne ha fatto dei miserabili, li ha costretti a diventare dei ladri, dei delinquenti, dei mercanti di carne umana.

Oggi l'Albania è un Paese profondamente corrotto, a tutti i livelli. Il padre di uno degli scafisti arrestati dopo la tragedia dell'altro giorno è il capo del nucleo antiterrorismo della città di Scutari ed è fratello del comandante della polizia stradale di Valona. Il fratello del direttore del porto di Valona è un imprenditore ricercato perché ritenuto uno dei proprietari del tragico gommone e quindi uno degli organizzatori del mercato dei clandestini. L'Albania è diventata la base di smistamento del traffico delle armi e della droga. Molta droga giunge dall'Afghanistan dove, dopo la caduta del mullah Omar che nel 2000, un anno prima di essere spazzato via dagli americani col pretesto di dare la caccia al fantasma di Bin Laden, era riuscito nell'impresa, quasi impossibile, di proibire ai suoi contadini la coltivazione del papavero, la produzione e il traffico sono ripresi in grande stile con la connivenza delle truppe occupanti. Sull'Albania ha messo le mani anche il famigerato "cartello di Medellin" e "il Paese delle aquile" è diventato terra privilegiata di tutte le possibili mafie ed organizzazioni criminali.

Questa è l'Albania, oggi. C'è qualcuno che osa sostenere che il popolo albanese sta meglio che ai tempi di Hoxa? E ciò che accade, in piccolo, in Albania è quello che avviene, in grande, in tutti i paesi del Terzo Mondo aggrediti dall'economia di mercato globale.

Ed è quello che è accaduto anche in Russia dove, come in Albania, la ritrovata libertà è stata confusa col libero mercato all'occidentale, perché così conveniva alle oligarchie locali e al capitalismo internazionale, sottoponendo la popolazione al massacro. Oggi in una città come Mosca, al di fuori della cerchia dei profittatori, non c'è chi, uomo o donna, non sia costretto a prostituirsi o a diventare un delinquente. Perché oggi, in Russia, con la pensione di un professore universitario si compra un mezzo pollo. Ma mentre il popolo albanese continuerà a morire o a fuggire nella disperazione, con la beffa di sentirsi dire che questa è la civiltà, in Russia, che non è l'Albania, ci sarà, prima o poi, una deflagrazione devastante, rispetto alla quale le convulsioni della Rivoluzione d'ottobre sembreranno un ballo delle debuttanti.

15.1.04

E LE STELLE STANNO A SBAGLIARE:

Il CICAP controlla le previsioni degli astrologi per il 2003

Con l'arrivo del nuovo anno e' tempo di oroscopi e previsioni; ma quanto sono attendibili? Come e' ormai tradizione ''Scienza & Paranormale'', la rivista del CICAP (Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sul Paranormale)*, e' andata a fare le pulci alle previsioni degli astrologi per il 2003, raccolte per noi quest'anno da Ivana Taverni. Anticipiamo i risultati che saranno pubblicati sul prossimo numero di ''Scienza & Paranormale'', la rivista del CICAP, e gia' da oggi sul sito del Comitato: http://www.cicap.org.
***
LA GUERRA IN IRAQ
Dopo l'incapacita' dimostrata di prevedere un evento tanto sconvolgente e clamoroso come quello degli attentati terroristici dell'11 settembre 2001 (ricordiamo che nessuno dei tanti che vantano facolta' paranormali era riuscito nemmeno ad accennare al disastro prima che si verificasse e che, poi, nessuno ha previsto l'attacco al regime talebano in Afganistan), astrologi e veggenti ci hanno riprovato pronunciandosi sugli sviluppi della crisi mondiale nel 2003. Ambigua l'astrologa Maria Carla Canta (Corriere della Sera, 17.12.02): ''Scoppierà o no il conflitto tra Usa e Iraq? La scadenza astrologica drammatica e disgregante per Baghdad e' il 2004, con Saturno in transito sul Sole. Puo' voler dire che la guerra, data per imminente, slittera' o piu' probabilmente che si concludera' solo nel 2004''. Piu' sicura, invece, Horus (Il Venerdi', 27.12.02) che si chiedeva: ''E la guerra? Sento la domanda incalzare da tutte le parti", ma si rispondeva rassicurante: ''No, la guerra non ci sara' ''.
Sul fronte mediorientale, Barbanera si dimostrava (come gia' nel passato) ottimista: ''Le tensioni religiose e politiche dovrebbero scemare con l'estate riportando nella gente il desiderio di viaggiare... Luglio sara' caldo dal punto di vista ''socio politico'' portando anche ad atti di violenza... L'estate dovrebbe portare finalmente buone notizie sul fronte palestino-israeliano.. sara' la volta buona per un accordo tra i due?" Lo stesso ottimismo dimostrava anche l'astrologo Massimo Giannone che vedeva: ''Un accordo imprevisto di Fatara (anagramma di Arafat) allentera' la morsa della Guerra. Il giudizio di due uomini potenti segnera' il cessate il fuoco''. L'accordo tra i due paesi, pero', non c'e' stato e, anzi, le tensioni sono salite dopo la riconferma a premier israeliano di Ariel Sharon, le dimissioni del premier palestinese Abu Mazen e i continui attentati kamikaze e le conseguenti ritorsioni militari.
C'e' poi chi cerca di mettere le mani avanti e, come Branko (Calendario astrologico 2003), prevede un 2003 nel quale ''appariranno nuovi dittatori e sorgeranno nuovi fantasmi religiosi''. Per nulla difficile prevedere di questi tempi inquietudini relative a ''fantasmi religiosi'' (lo si puo' gia' prevedere anche per il 2004), ma per fortuna non sono comparsi nuovi dittatori.
Infine, c'e' sempre qualcuno che esagera, come il francese Jean-Pierre Petit (Nexus, marzo-aprile 2003) che, alla domanda: ''Crede che i visitatori da UMMO o altre entita' extraterrestri potrebbero intervenire in questa catastrofica situazione che pesa sul nostro pianeta?'', rispondeva: ''Sicuramente si'. Credo proprio che questo 2003 sara' un anno decisivo. Sono convinto che tra breve accadranno fatti importanti''. Ma se davvero gli extraterrestri ci osservano evidentemente hanno preferito starsene alla larga dal nostro pianeta.

GRANDE OTTIMISMO TRA LE STELLE
Ma gli astrologi, si sa, non amano dare brutte notizie e preferiscono dispensare belle parole e rassicurazioni. Horus (Il venerdi', 27.12.02): ''Il 2003 si preannuncia come un anno di passi in avanti. Progredira' lo sviluppo del pensiero e la ricerca''. Emma Pereira, astrologa (Sette, gennaio 2003): ''Per l'Italia il primo trimestre 2003 si sviluppera' all'insegna di ripresa unita a distensione politica ed economica. Cambiamenti in TV. Si abbandoneranno le trasmissioni virtuali, per dare spazio a quelle con contenuti piu' concreti, dettati dalla necessità di dare peso ai sentimenti''. Sirio, astrologa (Sette, gennaio 2003): ''Nel 2003 i sentimenti torneranno a dominare la nostra esistenza, si sorridera' di piu' e le relazioni con gli altri assumeranno un carattere più umano, dettato dal cuore''.
Barbanera: ''Marte e Plutone non saranno certo di buon auspicio per il primo mese del 2003. Venere invece portera' dei benifici a marzo creando una migliore collaborazione in politica tra il Governo e i partiti di opposizione. Nello stesso mese migliorera' anche la situazione occupazionale''. Parole incoraggianti e piacevoli ma, purtroppo, del tutto slegate dalla realta': la ripresa auspicata e' sparita, di distensione politica non ce n'e' stata granche' e nemmeno si sono visti grandi cambiamenti positivi in TV.
Franco Copes, astrosensitivo (Sette, gennaio 2003), aveva anche azzardato: ''Nel settore della finanza gli investitori potranno tirare un sospiro di sollievo: gia' dalla fine della primavera 2003 e definitivamente da settembre".
Parole che certamente avranno tranquillizzato tutti coloro che avevano investito in azioni Parmalat.

INTANTO IN ITALIA...
Sirio immaginava che: ''A Milano continueranno a manifestarsi problemi legati all'acqua, si dara' inizio ad alcune opere idriche, sia relative al depuratore che ai Navigli''. Ma a Milano di opere idriche di questo tipo non se ne sono viste.
Piera Sindel, cartomante e astrologa (Sette, gennaio 2003) prevedeva: ''Per quanto riguarda la sfera politica, il presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni nel 2003 vivra' un momento magico, mentre Ombretta Colli, presidente della Provincia, da settembre cavalcherà la tigre''. Il momento magico di Formigoni se c'e' stato ha certo avuto natura privata, mentre Ombretta Colli piu' che cavalcare la tigre, quest'anno ha cavalcato le polemiche quando ha voluto per se' oltre alla presidenza della Provincia anche quella della Milano Mare, ma l'anno si e' chiuso male per lei quando e' finita sotto inchiesta per abuso d?ufficio, proprio nell'ambito dei lavori sulla Milano Mare.
Per Barbanera: ''A settembre si accenderano i riflettori sui grandi ospedali che saranno al centro dell'attenzione per grandi scandali''. I grandi scandali ci sono stati anche quest'anno nel nostro paese (come del resto ci sono sempre e ovunque), ma non hanno riguardato i grandi ospedali.

COSTUME
Gli astrologi non hanno avuto fortuna nemmeno nel campo del pettegolezzo, dove talvolta riescono a mettere a centro qualche risultato anche solo tirando a indovinare. Piera Sindel, cartomante e astrologa, diceva a proposito di Valeria Marini ''per lei il futuro prevede figli e, da settembre, un nuovo ingaggio televisivo'', non solo i figli non sono arrivati nel 2003 ma si e' anche lasciata con il fidanzato Vittorio Cecchi Gori. Sempre la Sindel prevedeva per Raffaella Carra': "beneficera' dell'uscita di Saturno con una nuova trasmissione, anche se dovra' destreggiarsi con problemi legati a investimenti sbagliati''. Di investimenti sbagliati non si sa, ma la nuova trasmissione non c'e' stata nel 2003, mentre ci sara' nel 2004. Per Franco Copes: ''Maria De Filippi lascera' tutti a bocca aperta in primavera''. Non sembra essere successo nulla del genere. Sempre lui: ''Simona Ventura sara' presto in dolce attesa'', non nel 2003 pero'. E infine, ancora Copes: ''Nel 2003 potrebbe esserci il tanto sospirato Si' tra Carlo d'Inghiltera e Camilla Parker Bowles''. Potrebbe... ma non c'e' stato.

''Sono ormai una decina d'anni che realizziamo questo tipo di verifiche sulle previsioni degli astrologi", dice Massimo Polidoro (Segretario Nazionale del CICAP), "e ogni volta si ripete la stessa scena: nessuna delle previsioni fatte si e' realizzata, mentre nessuno e' riuscito a prevedere gli eventi davvero sorprendenti dell'anno. Nessuno, per esempio, ha previsto la guerra in Iraq e la cattura di Saddam Hussein; la scomparsa di Gianni Agnelli, Giorgio Gaber e Alberto Sordi; la tragedia dello Shuttle e la cattura delle nuove BR; il rientro dei Savoia; l'assoluzione di Andreotti nel caso Pecorelli e la condanna di Previti; la strage di Nassiriya e l'elezione di Schwarzenegger a governatore della California; il calcio paralizzato e "acquabomber"; i trasporti paralizzati e lo stop alla legge Gasparri; Fini a Gerusalemme e il terremoto in Iran. Cio' che sorprende di piu' non sono tanto questi fallimenti, pero', quanto il fatto che giornali e tv continuino ogni anno a regalare spazio e attenzione alle fantasie degli astrologi''.
Ma possibile che gli astrologi non indovinino proprio mai? ''Certo'', risponde Polidoro, ''come diceva Voltaire: ''Anche gli astrologi qualche volta ci azzeccano'', a furia di fare previsioni qualche volta si indovina.
In genere, pero', se le profezie sono troppo specifiche le possibilita' di indovinare per caso diminuiscono e, come si e' visto, i risultati sono solitamente deludenti. Esistono pero' diverse tecniche per aiutare i propri successi. Le previsioni dell'astrologo Massimo Giannone sono un esempio da manuale, in questo senso.
Giannone cerca di fare previsioni molto fumose e ambigue, nella tradizione dei Nostradamus, ma purtroppo gli scappa sempre qualche fatto verificabile e cosi' si espone alla verifica. Tra le sue previsioni del 2003 c'erano queste: ''L'uomo delle macchine cedera' al consenso popolare'', se si riferiva ad Agnelli gli e' sfuggito il fatto che a gennaio sarebbe scomparso, mentre se parlava degli sconti del carrozziere di Tor Pignattara allora gli e' sicuramente andata meglio. E ancora: ''Un Rossi dovra' fermare momentaneamente il suo cammino sportivo'', non certo Valentino Rossi, che ha vinto il suo quinto titolo mondiale, ma forse Evaristo Rossi, mediano della squadra degli scapoli di Mondovi' che si e' slogato una caviglia e non ha potuto partecipare alla finale con gli ammogliati.
Ancora: ''Una fumata bianca portera' un nuovo uomo di Fede e di Speranza''. Questa e' una previsione che, ormai da una decina d'anni, quasi tutti gli astrologi ripropongono ogni anno e, prima o poi, finiranno certamente per indovinare.
E non mancano le previsioni tecnologiche: ''Una nuova tecnologia cambiera' il modo di comunicare. Grande scoperta cromosomica segnera' una nuova era nella ricerca". Queste vanno bene sempre, ogni anno c'e' qualche novita' nelle comunicazioni (ma se si riferiva ai videofonini, si sapeva che sarebbero arrivati gia' dal 2002 e, comunque, si devono ancora affermare; altro degno di nota non si registra) e ogni anno si spera che qualche scoperta genetica risolva qualcuna delle grandi malattie''.
Tante volte, anche il CICAP ha proposto le proprie previsioni utilizzando tecniche simili e ottenendo sempre dei successi. ''Ma naturalmente non c'e' nulla di magico ne' di paranormale'', spiega Polidoro. ''Basta semplicemente tenersi aggiornati, conoscere un po' di statistica e usare un po' di buon senso: e poi, come fanno gli astrologi, strombazzare i successi e tacere i fallimenti. I risultati sono garantiti''.

14.1.04

Guerra cieca

di GIULIETTO CHIESA (Il Manifesto)

Dunque non solo non c'erano armi di distruzione di massa, ma avevano deciso di fare la guerra all'Iraq prima ancora di porsi il problema se vi fossero. Adesso sappiamo (da un premio Pulitzer del giornalismo, Ron Suskind, che ha raccolto la testimonianza di Paul O'Neill, ex segretario al tesoro Usa) che George W. Bush aveva cominciato a discutere su come fare la guerra «nei primi mesi del 2001». Cioè parecchio prima dell'11 di settembre.

Cioè sappiamo che entrambi gli argomenti (armi di distruzione di massa e connessione con il terrorismo) che sono stati usati per preparare la guerra erano completamente falsi, inventati a priori. Erano i pretesti del lupo che ha deciso di mangiare l'agnello e che, bevendo l'acqua del ruscello a monte, accusa chi gli sta sotto di averla sporcata.

Storia lurida, come luride sono le coscienze di tutti coloro che adesso tacciono. Se i direttori dei giornali e telegiornali che hanno dato credito alle menzogne del clan che ha occupato la Casa Bianca fossero persone decenti, dovrebbero dare alla smentita di oggi lo stesso spazio che diedero a quelle menzogne. Dovrebbero dire, anche, per esempio, che Tony Blair è un truffatore o un truffato (nella migliore - per lui - delle ipotesi) e non un «grande statista». Naturalmente non l'hanno fatto e non lo faranno. Della qual cosa non ci stupiremo perché li conosciamo.

Non resta che usare tutte le forze di cui disponiamo, respingendo la nausea, per tirare le somme. Nella capitale della democrazia mondiale sta succedendo (è già successo) qualche cosa di tremendamente grave. Tanto grave che è difficile applicare ad esso il giudizio e il metro della politica. Noi siamo palesemente di fronte a comportamenti doppiamente criminali ai vertici dell'Amministrazione americana.

Criminali perché organizzarono la guerra per motivi che ancora non rivelano. Criminali perché hanno ingannato consapevolmente gli americani e il mondo intero. Migliore spiegazione del perché rifiutano di accettare un tribunale penale internazionale non potrebbe esserci: ne temono, direttamente e personalmente, le conseguenze.

Le rivelazioni di O'Neill, cioè di persona che è stata per oltre un anno in mezzo a quella banda, gettano luci inquietanti sui detentori del potere e anche sul modo con cui vi sono giunti.

E, adesso, anche, di nuovo, sull'intera vicenda dell'11 settembre.

Ecco perché il presidente - si fa per dire - non rivela, a oltre due anni di distanza, il contenuto esatto dei documenti che ricevette ai primi di agosto del 2001. Sappiamo solo, all'incirca, cosa contenevano (la previsione di un attacco sul territorio americano mediante aerei civili), ma non i dettagli. Ed è nei dettagli che si nasconde quel segreto terribile.

Possiamo dubitare di queste rivelazioni? O'Neill è stato messo alla porta dal presidente Bush e potrebbe covare vendetta, ma Suskind ha scritto un libro, «Il prezzo della lealtà», che si basa su «migliaia di documenti, inclusi memorandum privati al presidente e trascrizioni delle riunioni del Consiglio di Sicurezza», tutti fornitigli da O'Neill, tutto materiale verificabile.

E quando leggiamo che il presidente - si fa per dire - conduceva le riunioni del suo governo «come un cieco in una congrega di sordi» ci sembra di vedere, noi che non siamo né ciechi né sordi, che la squadra si è scelta un fantoccio ben manovrabile. Un re travicello, un imperatore cui si può ordinare d'incendiare il mondo.

E su questo mondo ci siamo tutti. Ma ritorniamo a chiedere: cosa ci stanno a fare i nostri carabinieri laggiù, in Iraq? Cosa ci stanno a fare a Kabul? Che c'entra la nostra bandiera tricolore con i progetti sconsiderati, immorali e criminali di quel gruppo di sordi guidati da un cieco?

13.1.04

Unanime commozione per Norberto Bobbio
di marco travaglio
All'indomani dei funerali di Norberto Bobbio, vogliamo ricordare l'illustre filosofo e senatore a vita (che fin dal 1994 aveva denunciato il "regime" berlusconiano e nel 2001 aveva messo in guardia gli italiani contro i "pericoli per la democrazia" di un'eventuale vittoria elettorale della Casa delle libertà) con le parole di quanti gli hanno voluto bene. E, dopo averlo tanto apprezzato in vita, si sono accalcati in questi giorni nella camera ardente o nei commossi ricordi del celebre scomparso.
PAOLO LIGUORI, direttore di TgCom-Mediaset: "Meglio Salvo Lima che Bobbio" (aprile 1992).
UMBERTO BOSSI, ministro delle Riforme Istituzionali. "Le chiacchiere senza coerenza di Bobbio lasciano il tempo che trovano. Voglio mantenere un giudizio distaccato. Posso solo dire che per abbattere la dittatura mascherata che era il sistema della prima Repubblica, c'è voluta la Lega. Se i soloni si fossero svegliati prima scoprendo le carte di quella che era una vera dittatura, sarebbe stato meglio" (9 ottobre 1994).
SILVIO BERLUSCONI, presidente del Consiglio. "Bobbio fa affermazioni false e guarda a fatti del passato estranei e lontanissimi da una nuova classe politica che viene dal fronte delle professioni" (12 ottobre 1994).
FRANCESCO COSSIGA, ex presidente della Repubblica: "Figure come Tommaso Moro, con la loro ricchezza spirituale, culturale, umanistica, non sono cose per il piccolo neo-azionista Norberto Bobbio, già giovane fascista che scriveva le lettere al duce. Ora lancia intimidazioni a Berlusconi. Ma chi crede di essere? Questi sono rigurgiti neoazionisti, post-azionisti" (3 dicembre 2000).
GIUSEPPE PISANU, ministro dell'Interno: "Bobbio ha perso un'altra occasione per tacere" (1° dicembre 2000).
GIANNI BAGET BOZZO, cappellano di Forza Italia ed editorialista del Giornale e di Panorama. "L'Antipapa Bobbio lancia il suo manifesto incentrato sulla lotta contro il cattolicesimo e il berlusconismo" (1° dicembre 2000).
MARCO FOLLINI, segretario dell'Udc. "C'è una furia demolitrice nelle parole di Bobbio, che vede il confronto politico più come un dogma o un anatema da scagliare addosso al prossimo, piuttosto che come una civile competizione" (1° dicembre 2000).
ROCCO BUTTIGLIONE, ministro delle Politiche comunitarie. "Invito il mio maestro a una maggiore laicità" (avete capito bene: proprio Buttiglione, 1° dicembre 2000).
PIETRANGELO BUTTAFUOCO, editorialista de Il Giornale e Il Foglio: "C'è una manica di gerontocrati che senza freno sputacchiano sentenze, confidando che in Italia ogni stuppo di trombone diventa una sofferta scoreggia di saggezza. Enzo Biagi si lamenta che in Italia si sbertucciasse Bobbio, manco che quest'ultimo fosse il segreto d'appoggio ai misteri di Fatima... Bobbio è... un concentrato di rughe e veleni, servo di una sinistra spocchiosa, schiavo di vecchi anatemi... Tutti abbiamo il diritto di rimbambire o di diventare ancora peggio..." (Il Secolo d'Italia, 27 ottobre 1994).
MARCELLO VENEZIANI, consigliere d'amministrazione della Rai. "(Montanelli dimostra) la stessa confusione che trovo in Bobbio o in Bocca, che confondono il loro fascismo giovanile con un fantafascismo senile che combattono in extremis per dimenticare il primo? Capita a certi anziani la presbiopia della memoria? Ma che razza di anticonformismo è quello di chi sta sempre dalla parte di chi comanda, di chi detiene il potere?... Il regime è... quel blocco di potere che si chiama da una vita centrosinistra, che domina da quarant'anni nel nostro Paese, che da alcuni anni è guidato da un partito d'estrazione comunista" (il Giornale, 24 marzo 2001).
MARCELLO PERA, presidente del Senato: "Da Norberto Bobbio, di cui apprezzo la decisione di interrompere il silenzio che si era imposto, mi sarei aspettato un maggiore rigore intellettuale" (Marcello Pera, 12 novembre 1996). "Basta con la cultura liberale falsa e imbelle impersonata dal senatore a vita Norberto Bobbio" (13 marzo 1996).

12.1.04

Alessandro Robecchi sul Manifesto di ieri


Se vendessero i bond sulle cazzate, quello sì sarebbe un investimento certo, strumento finanziario di sicura riuscita: il comparto non è mai in crisi e anzi mostra impennate notevoli. Ora, a sentire le anticipazioni, dobbiamo aspettarci una recrudescenza dei "reality show", spettacolini televisivi basati sull'osservazione della cosiddetta vita reale, il che, in un paese in cui domina il surreale, pare assai fantasioso. Il dibattito impazza. Un prete vuole fare il Grande Fratello, il cardinal Tonini (Chiesa Cattolica) si scandalizza e il cardinal Confalonieri (Mediaset) pone il veto. Intanto ci becchiamo i vip che fingono di fare lavori normali, i finti fidanzati che si beccano come galline rimproverandosi scarsa produttività domestica e corna, per non dire dei morti di fama scaricati sull'isola (e poi, ahinoi, riportati indietro). Esattamente come per i bond-patacca non si può dire che sia una tendenza tutta italiana. In America usa il ribaltamento: si prendono rampolle ricche sfondate e le si fa lavorare in fattoria; in Gran Bretagna si mette gente in uno stanzone e, sotto l'occhio delle telecamere, si vede quanto resistono senza dormire. Ancora in America, l'idea migliore, una manciata di aspiranti capitalisti si mettono (sempre in diretta) al servizio del signor Trump, che gli affida vari incarichi nel campo dell'economia e della finanza: gli umani verranno licenziati uno a uno e gli squali - dopo aver dimostrato le loro apprezzabili doti di figli di puttana - verranno invece assunti in pianta stabile. E' forse il più "real" dei "reality show", quello che riproduce meglio la vita vera e il modo in cui gira il mondo.
Ora si sa, prendersela con la tivù è partita persa e passatempo ozioso. Ma colpisce il cortocircuito delle parole, perché più si usa il termine "reale" per la fiction, e più diventa fiction la realtà. Basti, a conferma, l'osservazione di certi programmi impropriamente chiamati "telegiornali" dove si apre con il tempo (meno due gradi a Bolzano in gennaio? Pazzesco!), si prosegue con l'ultimo calendario con le tette, poi con i recenti amori del calciatore famoso, e si chiude con la passione dei giovani per i telefoni che fanno i filmini. Oplà, ecco garantito il pluralismo dell'informazione (e la prevalenza delle cazzate).
Eppure di reality show, quelli veri, ci sarebbe un gran bisogno. Per esempio sarebbe divertente piazzare telecamere e microfoni a casa del tranviere, magari quando calcola che con un anno di stipendio può comprarsi sul mercato immobiliare milanese ben 1,6 metri quadrati di casa in periferia. Oppure riprendere - in diretta e senza trucchi - le prescrizioni mediche di un qualsiasi spogliatoio di una squadra di calcio, roba da far sembrare dilettanti pure quelli del cartello di Medellin. O ancora, spiare per il gusto del pubblico-voyeur, le chiacchiere in libertà in qualche cella del carcere di Parma, che in questi giorni pare la sede di un master in finanza creativa.
Ogni tanto succede. Per esempio era un ottimo reality show quello di Report, in cui veri ferrovieri mostravano che la sicurezza sui treni è un costoso optional, una seccatura, che la loro busta paga è infarcita di trucchi e di straordinari. Grande successo di pubblico, ma non di critica, visto che le Ferrovie non hanno gradito, hanno licenziato i ferrovieri protagonisti e chiesto un sacco di soldi alla Rai, tanto per intimidire un po'. Stessa cosa per il reality show di Enrico Deaglio che ha osato fare qualche domanda al direttore dell'Economist: sacrilegio! Ogni qualvolta si affaccia in tivù la vita vera, quella reale davvero, della gente normale, ecco l'alzata di scudi, l'accusa di faziosità, di attentato al pluralismo. Scomparse dagli schermi le massaie con la borsa della spesa, gli operai con il posto in bilico, i tramvieri incazzati, la famosa "piazza" insomma, eccoli tutti sostituiti con una "realtà" più comoda e funzionale al surrealismo corrente. In fondo è lo stesso meccanismo paraculo con cui si calcola l'inflazione ai tempi di Silvio e del colera: c'è la realtà "percepita", quella "reale" e quella "ufficiale", tranquillizzante come una sniffata di cloroformio. L'unica, alla fine, a cui è concesso di andare in onda senza censure.

11.1.04

NOTIZIE DAI CALL CENTER
da Pier Luigi Tolardo

Ormai si può parlare di una vera e propria industria dei Call Center in Italia: si stima che in Italia a fine 2002 c'erano in Italia circa 75.000 operatori di Call Center, circa 1.420 aziende nel settore, con una media di 53 posti operatore per azienda(fonte Cmcc). Si calcola che solo nel 2000 la spesa complessiva in Italia sia stata di circa 1,9 miliardi di euro, pari a circa lo 0,2% del PIL Nazionale.
E' un settore in piena crescita occupazionale, prevalentemente, nel Mezzogiorno, dove si sono localizzate le principali divisioni Call Center delle maggiori aziende, sfruttando le molte agevolazioni in campo fiscale, previdenziale, contrattuale previste dall'attuale e dai precedenti governi per chi investe in quelle zone.
Anche Al Nord, fisicamente, i Call Center stanno prendendo il posto della grande industria manifatturiera: per esempioquello di Telegate, l'azienda che opera per conto di Tim gestendo il suo servizio elenco abbonati 4040 e anche una parte dell'892424, all'interno dell'ex stabilimento Fiat del Lingotto, o quello di Targa Assistance(recentemente ceduto dalla Fiat) che risponde ai clienti Fiat negli ex stabilimenti Alfa Romeo di Arese.
L'outsourcing è molto diffuso: addirittura Telecom Italia vuole creare una società statellite per gestire il suo centralino interno mentre Wind si serve molto del Gruppo Cos di Alberto Tripi che ha addirittura Call Center in Tunisia per il mercato francese.
Per quanto la carriera all'interno di un Call Center: beh si può partire operatore a tempo determinato e part-time, interinale esterno all'azienda in cui si lavora, e poi diventare operatore a tempo indeterminato, assunto dalla stessa azienda e a tempo pieno. Per es. nei Call Center Tim una parte degli interinali, in passato, è diventata poi dipendente Tim, cosa che non sta più avvenendo mentre, per esempio, una parte dei Co.Co.Co. di Atesia, società del Gruppo Telecom che accetta le prenotazioni Alitalia e a cui sono affidate campagne di telemarketing di Telecom Italia e la risposta all'"utenza meno pregiata" e a tutta l'utenza in certe ore di punta ed in certe fasce orarie stanno passando a tempo indeterminato, con un contratto regolaredelle Tlc(ma più basso dei dipendenti Tim-Telecom Italia) alle dipendenze della Telecontact, un'altra società del Gruppo Telecom Italia per i Call Center.
All'interno del Call Center si può fare anche una "carriera verticale": diventare da operatore "team leader" o "suprvisor cioè controllore di un gruppo di operatori che secondo certe metodologie americane, oggi molto in voga, vanno seguiti come se fossero una squadra e il team leader deve essere un "coach" che li guida alla "vittoria".
Si può poi diventare anche Responsabili del Call Center o specialisti della formazione o delle tecnologie.
I Contratti da cui dipende quanto si è pagati? C'è una grande frantumazione, una vera e propria "giungla retributiva e contrattuale". Ci sono tanti piccoli Call Center che stanno tra il nero e il Co.Co.Co. di massa(vedremo come se la caveranno), poi adesso c'è un nuovo Contratto Nazionale dei Call Center che è un adattamento di quello, molto diffuso in questo ambiente, del Commercio ma lo stesso Contratto stabilisce un tempo per applicarlo gradualmente.
Poi vale la regola che si applica quello della società cui si appartiene ma non sono rari i Call center bancari a cui viene applicato il meno costoso Contratto dei Metalmeccanici.
Inutle dire che un Co.Co.Co raramente riesce a spuntare più di 500-700 Euro(1 Euro a contratto commercializzato o 0,45 centesimi a chiamata evasa), senza ferie, malattie, etc, ma sono ancora i "casi migliori".
Anche in Tim non si va oltre i 1.000-1.100 Euro mensili(più i premi variabili semestrali dell'entità una mensilità circa, ma non uguali per tutti ) ma spesso sono da riproporzionare part-time.

10.1.04

NO NO E' LA BBC

da Mirco Pirini, Cesenatico

Leggo e traduco (malamente) dal sito BBC:
BBC fornisce:
8 canali televisivi nazionali: 2 reti terrestri e 6 digitali (tra cui 1 canale per bambini fino 6 anni e 1 dai 6 ai 12; 1 di news24 e 1 parlamentare); 1 canale digitale interattivo
10 canali radiofonici nazionali
50 servizi locali
BBC WORLD SERVICE

CANONE
Il canone annuale costa 116 sterline (165,00 euro circa - il nostro è di 99,60), 38-50 per il bianco&nero.
Sono esentate dal pagamento le persone con più di 75 anni.
Non c'è canone per il servizio radiofonico.

PUBBLICITA'
A BBC non è concesso trasmettere pubblicità o sponsorizzazioni sul suo servizio pubblico. Ciò per conservare l'indipendenza da interessi commerciali e assicurare esclusivamente il servizio degli interessi della collettività.
Se BBC vendesse spazi pubblicitari, gli inserzionisti o altre lobby commerciali interferirebbero sulla programmazione. Ci sarebbero inoltre molte meno risorse per le altre televisioni.
(tuttavia una mia amica residente a Londra mi riferisce che la pubblicità ci sia: quella dei programmi di BBC e di Radio Times, il giornale che pubblica la programmazione!, ndt).

NOMINE
BBC è gestita nell' esclusivo interesse dei suoi telespettatori e ascoltatori.
12 consiglieri operano come amministratori fiduciari del pubblico interesse e dirigono BBC.
Essi sono nominati dalla Regina su consiglio dei ministri.
BBC è divisa in 16 sezioni i cui direttori riferiscono al direttore generale, formando il Comitato Esecutivo; il quale risponde al Consiglio di Amministrazione.
Il compito del CdA è di salvaguardare l' indipendenza di BBC, stabilire gli obiettivi e controllare i risultati. Esso è responsabile di fronte agli abbonati e al Parlamento......
Il CdA di BBC differisce da quello delle SpA, in cui la responsabilità è verso gli azionisti e non verso i consumatori.
Il CdA di BBC rappresenta il pubblico interesse, e in special modo quello degli spettatori e degli ascoltatori.

9.1.04

PATENTE DI BERLUSCONISMO
da Mirko Morini

Visto che CSF vuole saperne di più, spiego la storia della mia espulsione perchè troppo poco filogovernativo. Due anni fa mandai una lettera a Il Giornale che venne pubblicata e con essa venne pubblicata la mia e-mail, ricevetti nei giorni successivi un invito ad iscrivermi alla mailing list "Amici del Giornale" (http://digilander.libero.it/AmiciDelGiornale/) che è una ML alla quale possono partecipare solo persone che hanno pubblicato una lettera su Il Giornale ma che non è legata in nessun altro modo con il quotidiano. Accettai l'invito e iniziai a leggere quello che veniva scritto. Notai subito che più che una ML sembrava un coro. Gli iscritti erano un centinaio ma la voce sembrava una sola. Iniziai a dissentire su alcuni argomenti e notai che quello che scrivevo non era apprezzato (diciamo che non avevo alcuna risposta a ciò che scrivevo). Un altro iscritto però mi seguì (mi sembra avesse come nick Cuccu o Fabbri, adesso non ricordo) nel "dissenso", finché un certo Giglio Reduzzi (visitate il suo sito http://digilander.libero.it/greduzzi/ e capirete come la pensa) non iniziò a scrivere che forse non era sufficiente pubblicare una lettera sul Giornale per fare parte del gruppo ma bisognava essere allineati con le idee della CdL. Io feci notare che si poteva essere d'accordo su un argomento ma non su un altro, che essere d'accordo con Berlusconi al 100% risulta difficile (forse neanche lui è d'accordo al 100% con se stesso, potrebbe obbiettare qualche frequentatore di questo sito). Iniziò una discussione sul come si poteva individuare un "puro berluscones vergine" finchè io proposi la seguente iniziazione: "penetrazione anale da parte di Rocco Siffredi che indossa la maschera di Berlusconi". Mi sembrava l'unico modo di trovare uno che si fidasse ciecamente di Silvio. Giglio Reduzzi chiese immediatamente la mia testa e i moderatori non esitarono a dargliela. Passai così al "Club Il Giornale" (http://it.groups.yahoo.com/group/Club_Il_Giornale/) altra ML del genere e lì non aspettarono mie "proposte" per espellermi. Venni bannato (per l'eternità) perchè qualche camerata di "Amici del Giornale" mi aveva segnalato. Alla fine per discutere di politica ho dovuto fondarmi una ML mia che ho chiamato Destra&Sinistra (http://it.groups.yahoo.com/group/destrasinistra/). Questa storia dimostra che attualmente in Italia c'è poca voglia di ascoltare e di discutere. In un mondo in bianco e nero, uno grigio come me (diciamo anche grigio scuro) fatica a trovare interlocutori.

7.1.04

L'INTERVISTA DI DEAGLIO A BILL EMMOTT

Mr. Emmott, le vorrei leggere una frase che sicuramente ricorda: ?L’Economist è preoccupato del signor Berlusconi perché lo considera un’offesa sia nei confronti del popolo italiano e della sua magistratura, sia perché rappresenta il caso più estremo in Europa di un abuso da parte di un capitalista della democrazia nella quale vive e opera. All’opposto di quello che dice di essere, l’uomo che sta creando una nuova Italia, egli è il principale rappresentante e continuatore della peggiore vecchia Italia?. Perché ha scritto questo?
«Direi semplicemente: perché ci credo. Credo che la posizione di Berlusconi come presidente sia un oltraggio alla democrazia ma anche al capitalismo perché usa il suo potere politico per rafforzare i suoi affari con Mediaset per depotenziare i processi contro di lui e quindi per danneggiare i concorrenti sul piano economico e questo mi offende».
La offende? Perché? qual è il suo concetto di libertà? «Mi offende perché il mio concetto di libertà consiste nella libertà di agire nel rispetto della legge e di poter prendere liberamente una decisione in campo economico sapendo che gli altri attori agiranno anche loro nel rispetto delle stesse regole. Berlusconi rappresenta la violazione delle libertà di mercato e in questo senso se io fossi un imprenditore o comunque una persona che sta cercando di fare affari nel mercato dei media italiani, la mia libertà di impresa verrebbe penalizzata dal suo strapotere. Questa è la prima cosa. Da un altro punto di vista il suo potere viola i diritti di tutti, anche dei singoli, perché viola la libertà di stampa. Berlusconi influenza il modo in cui i media e la stampa riportano i fatti, vuole limitare la libertà di stampa. Per ultimo, danneggia l’immagine della libera impresa in tutto il mondo perché col suo comportamento mette in cattiva luce il mondo degli affari. Credo che renda le persone, le persone normali, sospettose nei confronti di quello che fanno gli imprenditori che si mettono in politica ».
Allora l’Italia deve essere uno strano paese perché gli imprenditori non hanno reagito come ha reagito lei. Per esempio l’avvocato Agnelli era rimasto infastidito per l’editoriale dell’ Economist e dall’altra parte lei è molto più osannato dalla sinistra in Italia, tanto che Berlusconi chiama l’Economist ?E-comunist?. Come lo spiega? Pensa che sia possibile che gli imprenditori non si rendano conto di star perdendo qualcosa?
«Gli imprenditori cercano di fare il loro meglio in qualsiasi situazione si trovino e Berlusconi influenza l’attuale situazione. La maggior parte degli imprenditori teme che parlare male di Berlusconi o di quello che ha fatto possa danneggiare i loro affari. Così penso che credano che sia più prudente non compromettere i loro affari».
Lei dice che sono spaventati?
«Devono riuscire a trovare un modo di vivere in sintonia con Berlusconi, non opporsi a lui. Conosco comunque molti imprenditori italiani scandalizzati da quello che sta succedendo e che si lamentano - per esempio alcune persone che ci hanno aiutato per i nostri articoli erano imprenditori italiani molto arrabbiati per come vanno le cose. Comunque anche lei ha ragione, noi siamo supportati dalla sinistra, ma questo solo perché egoisticamente le fa gioco. Ma questo non mi da fastidio? Io la vedo così: non penso che in Italia ci sia uno Stato autoritario, ma che Berlusconi sfrutti lo Stato per i suoi interessi privati e che anche i suoi soci abusino del potere politico per scopi strettamente personali. Ma non penso che si possa prevedere per l’Italia uno regime autoritario. Certo, ci possono essere dei rischi per la capacità di Berlusconi di controllare i media e di usare la propaganda, ma non credo che in Italia si sia vicini a questo. Non temo un regime, non penso che Berlusconi sia il nuovo dittatore, penso che sia una persona che usa il proprio potere politico per cattivi scopi ».
Pensa che Berlusconi possa essere in qualche modo un modello per altri Stati? E che ciò sia un problema?
«Sì, penso che in altri paesi, in Europa, in America, in Asia, ci siano molti imprenditori pieni di soldi e con un buon controllo sui media che vedono in Berlusconi un possibile modello da imitare. In Thailandia il primo ministro assomiglia a Berlusconi. In Russia si può sostenere - anche il presidente Putin potrebbe sostenerlo - che l’uomo che è appena stato arrestato - Korokowoskj, padrone della più grande società petrolifera del paese - è un Berlusconi e anche gli altri oligarchi potrebbero essere come lui. Credo che ci sia un pericolo per la democrazia quando gli imprenditori condizionano coi loro soldi le campagne elettorali e quando manipolano l’informazione a vantaggio dei loro affari. E sono principi che valgono per il Regno Unito, per l’America, per tutto il mondo».
Si può parlare di libere elezioni quando un uomo o un partito ha la completa o la maggior parte del controllo sui media e tanti soldi da spendere?
«No. Penso che in questi casi non si possa parlare di libere elezioni. Penso che sia un grande handicap andare a votare in una situazione del genere. Non bisognerebbe mai avere lo strapotere di una sola forza politica, perchè ciò costituisce un ostacolo molto difficile da scavalcare. E questo non è libertà».
Solo un caso di intimidazione?
intervista a Enrico Deaglio da Articolo 21

intervista di Loris Mazzetti

Il tuo programma, ?L’elmo di Scipio?, sta per diventare un caso di censura. Te lo aspettavi che il centrodestra si sarebbe scatenato contro la tua trasmissione dopo aver fatto l’intervista al direttore dell’ Economist, mentre eri in montaggio?
Per dire la verità mi aspettavo che ci sarebbero state delle proteste come in genere ci sono sempre state per gli altri miei programmi, qualche volta da parte della Lega qualche volta da parte di AN ma che si sarebbero fermate lì, io mi aspettavo questo. (continua)


Nella giornata di ieri, invece, c’è stato un surriscaldamento, prima sono intervenuti dei deputati di centrodestra, che possiamo definire di secondo piano, che mi avevano accusato di essere fazioso ma poi è intervenuto Schifani, che ha un ruolo istituzionale importante, è il presidente dei senatori di FI; subito dopo è intervenuto il direttore generale della Rai Cattaneo che ha dichiarato che avrebbe messo sotto tutela la mia trasmissione e dopo a ruota è intervenuta anche la presidente Lucia Annunziata a difesa e per questo la ringrazio. Insomma nel giro di due ore ?L’elmo di Scipio? è diventato un caso.
Francamente non me l’aspettavo e questo mi fa pensare. Da due anni parliamo di quello che l’Economist ha scritto sull’Italia e su Berlusconi ma nessuno della Rai ha pensato di intervistare il direttore Bill Emmott. Io credevo che ci fossero dei problemi, pensavo che fosse difficile, irraggiungibile. Noi gli abbiamo mandato una semplice mail e lui subito si è reso disponibile.
Qualsiasi altra trasmissione televisiva avrebbe potuto fare questa intervista: Porta a Porta, il TG1, anche perché quello che ha scritto l’Economist è stato talmente importante nel nostro paese, che ne hanno parlato tutti i giornali, addirittura il Parlamento. Quello che si è scatenato attorno alla mia trasmissione mi fa anche sorridere, essere accusato di aver fatto parlare questa persona è un po’ ridicolo.

Dopo il precedente di Raiot anche la tua trasmissione non rischia di essere prima sospesa e poi tagliata?
Assolutamente sì, però a questo punto la cosa non riguarda più, io avevo un contratto per fare queste quattro puntate, le ho fatte, montate e consegnate. Le puntate sono lì, dipende dall’azienda stabilire se le vogliono mandare in onda. Naturalmente se mi dovessero dire che una parte rischia di creare problemi all’azienda, sono liberi di non mandarle in onda ma non sono liberi di mandarle in onda tagliate, perché esistono regole che riguardano il diritto d’autore che devono essere rispettate.
Da un punto di vista legale nelle mie trasmissioni non ci sono reati.
Ma soprattutto non ho capito nell’intervento del dg che cosa è stato fatto o detto nella puntata per cui si rischia la querela. Perché mai ci doveva essere del contraddittorio, io ho semplicemente fatto un’intervista. Mi sembra che tutto questo abbia l’aria dell’intimidazione

Il senatore Schifani ha parlato anche di vilipendio.
Sì, ha detto che si potrebbe addirittura arrivare al vilipendio, ma esiste un reato così in un caso come questo? E allora che facciano una legge in cui si dice che in televisione, alla Rai non si può parlar male del Presidente del Consiglio perché è un’istituzione, perché ci sono stati i morti di Nassirya, perché è stato il Presidente di turno dell’UE. Uno lo sa e così non va a intervistare una voce critica.

Perché noi siamo gli unici a non poter parlare in modo critico del Presidente del Consiglio?
Questa è una brutta situazione. Ti faccio una domanda e te la faccio dal cuore: ?Ma è mai possibile che durante la conferenza stampa di fine anno alla risposta di Berlusconi data alla giornalista de L’Unità nessun membro della categoria abbia reagito, sarebbe stato doveroso che tutti i giornalisti presenti si fossero alzati per abbandonare la sala dicendo ?.

Sono d’accordo con te, continuare la conferenza stampa è stata una vergogna, ma per onore della cronaca bisogna dire che il presidente dell’Ordine dei giornalisti Del Boca ha detto poi ?nessun giornalista si deve vergognare di scrivere per qualsiasi giornale? e Berlusconi ha risposto ? ma è stata solo una battuta!?
Sì, però bisognava lo stesso andare via. Anche in questo caso l’intimidazione è evidente. Nel mio caso non ci sono problemi di eventuali cause contro la Rai, però facendo così intimidiscono Ruffini, il direttore di Rai Tre. Questa è proprio una strategia, un metodo.

Il tg1 e il tg2 non hanno dato la notizia che è stata data solo dal tg3. Su tutto quello che riguarda Berlusconi si deve tacere?
Del Tg1 non mi meraviglio, certe notizie non le dà, le elimina.
Quando il direttore dell’Economist fa una diagnosi di com’è l’Italia e poi si assiste a queste reazioni, allora uno è indotto a pensare che la situazione è molto peggio di come è stata descritta. Rendiamoci conto che tutto questo sta accadendo per una trasmissione che è andata in onda verso mezzanotte su Rai Tre, pensa che cosa sarebbe successo se fossimo andati in onda alle ore 21 su Rai Uno!

Deaglio come si deve fare per uscire da tutto questo?
Se Berlusconi perde le elezioni se ne può uscire, ma se continua lui la situazione si farà veramente complicata.
Mancano ancora due anni e mezzo alla fine di questa legislatura.
C’è chi dice meno, quest’anno ci sono le elezioni europee. Di fatto non c’è una soluzione, uno pensa che prima o poi possa cambiare tutto e che ritorna il periodo della libertà e della democrazia. Però qui la situazione è cambiata pesantemente: nel costume, nel modo che hanno le persone di concepire il lavoro. Sono avvenuti mutamenti molto profondi e radicali, io ritengo che non sarà sufficiente un cambiamento elettorale perché di fronte a certi valori, che per me rimangono fondamentali, lo sento, ci siamo molto intorpiditi?

Io aggiungerei anche che ci siamo quasi assuefatti.
Abbastanza, infatti dopo quello che mi è successo mi sono chiesto, non avrò mica sbagliato nel fare questa intervista, credimi ci ho proprio pensato. Ma poi mi sono detto, è il direttore di un settimanale economico della City di Londra, il fautore del capitalismo, l’Economist è un giornale che ha 150 anni, che tutti quanti nella comunità degli affari leggono, non ho intervistato l’anarchico insurrezionalista.
Però ti fanno sentire come se tu avessi fatto una cosa da pazzi? forse dovevo intervistare anche l’avvocato di Berlusconi per sentirgli dire che non era vero quello che diceva Bill Emmott.
Capisci dove siamo arrivati, a che punto, non è proprio bello.

Questo che ti sta accadendo, così come è accaduto ad altre trasmissioni, è la dimostrazione che stiamo vivendo in un regime.
Era proprio questo il tema della trasmissione, che forse non è stato esplicitato del tutto, un po’ di regime c’è in Italia. Se noi intendiamo regime come quello del passato, quello fascista, dove non potevi scrivere su di un giornale perché ti censuravano, ti davano le botte sotto casa e ti mandavano al confino, non è così. Però esistono tutti gli aspetti dell’autoritarismo, dell’intimidazione e in questa storia si sono visti.
L’Economist ha fatto vent’otto domande a Berlusconi su specifici temi, tutti importanti, politici, aziendali, economici, lui ha rifiutato di rispondere e si lamenta se qualcuno glielo ricorda in una trasmissione sulla Rai che crede sua.
Mi chiedo se tutto questo è o non è un regime? Diciamo un regimetto, perché poi tutti hanno bisogno di lavorare, tutti fanno compromessi.
Che cosa ci vuoi fare!

5.1.04

FAZISTI E ANTIFAZISTI

di Alessandro Robecchi

Idee per un romanzone epico-gotico-economico di ambientazione politico-finanziaria. Sullo sfondo dei miracolosi bond Parmalat e Cirio - più vari ed eventuali terremoti finanziari - si svolge la sorda lotta tra fazisti e antifazisti. Come in un romanzo di cappa e spada, gli sfidanti si menano come fabbri sotto gli occhi attoniti della nazione, che per lo più - va detto - se ne frega alla grande. In questo momento, pare che il generale Fazio sia in prudente ritirata, mentre le truppe Tremontiane avanzano nella pianura sventolando la bandiera della difesa del risparmiatore, un po' come vedere un corteo di leoni a favore delle gazzelle.
Come tutti i drammoni medievali, anche qui c'è sotto una storia d'amore. Tremonti non si era ancora installato al ministero che Fazio già sviolinava alla grande sul "nuovo miracolo italiano". Miracoli e colpi di fulmine, tipico del genere fantasy.
Non passa nemmeno un anno e scoppia il caso Cirio. Il prode Tremonti prende la palla al balzo e accusa Fazio di avere le fette di salame sugli occhi. Ma insomma: qui si rapinavano gli italiani e lui che faceva? Cominciano le battaglie, gli sgambetti, gli agguati e i duelli dietro il convento all'alba. Riuscirà il ministro delle Finanze, detto anche "vieni avanti, creativo", a mangiarsi i poteri di controllo di Bankitalia? E senza quei poteri, gli ultimi che gli sono rimasti, che farà Fazio? Forse "scenderà in campo", come si dice periodicamente indicandolo ora ministro, ora premier di ipotetici ribaltoni del regno? Mistero. Però anche lui spara le sue cartucce: quando Tremonti annuncia la sua riforma delle pensioni, fa il magnanimo: vabbé, ma è solo l'inizio. Poi critica le manovre piene di una tantum, condoni, regali, balzelli poco strutturali. Quell'altro, inviperito, lo accusa di "giocare col computer", mentre lui, invece, indomito, governa (oddio!).
Mi rendo conto che qui il romanzone epico-gotico-economico si fa un po' esile. Anche per il livello dello scontro tra i due eroi: più che a due guerrieri somigliano ai vecchietti del Muppet Show, sempre pronti a beccarsi. Se Fazio diserta una riunione, Tremonti fa sapere di usare come portapenne, in ufficio, un barattolo della Cirio. Ora si farà la ventiquattr'ore in tetrapak, tanto per legarsi al fazzoletto anche il caso Parmalat. E Fazio risulta un po' accerchiato. I fazisti fedeli, per esempio, cominciano a farsi vaghi, a vedersi di meno, a mettere avanti le mani. An e Udc un po' si dissociano e sembrano disposti a sedersi a un tavolo per discutere della famosa Authority del risparmio, che sarebbe più o meno il funerale di Bankitalia. Pure Re Silvio, che finora aveva finto indifferenza, si sbilancia: l'idea di mettere in qualche modo le mani nel sistema di controlli senza nemmeno farsi una legge Gasparri apposta non gli dispiace per niente. In più, la nuova Authority potrebbe mangiarsi Bankitalia e Consob in un sol boccone, e la tentazione è forte. Anche perché se si riesce a incastrarlo per benino, con Fazio scompare un possibile avversario, un nome spendibile da chiunque, agitato come uno spauracchio ogni volta che si parla di rimpasto o di governo tecnico.
E la sinistra, la bella addormentata? Dorme, appunto, e nessun principe azzurro sembra intenzionato a svegliarla. Di norma starebbe con il Governatore e inorridisce allo scontro tra poteri dello Stato. Però quell'iniziale invaghimento di Fazio per il miracolo di cartapesta di Tremonti l'ha un po' stordita, e in più la finanza non è il suo forte. A questo punto è solo una faccenda della destra. Riusciranno An e Udc a rimanere fazisti nonostante le fronde interne e l'enclave di Forza Italia dentro An? Riuscirà Fazio con un colpo di reni a dimostrare che controlla ancora qualcosa? Riuscirà Tremonti a far fuori tutti i poteri di controllo che non siano dentro il suo ministero, o pericolosamente circonvicini? Riuscirà infine Re Silvio a far fuori un altro potere dello Stato? Il finale è aperto, il che garantisce al romanzone epico-gotico-economico la possibilità di infiniti seguiti, riduzioni cinematografiche, giochi elettronici per playstation, libri illustrati e giochi di ruolo. Niente happy end, per una volta, ma un cordiale arrivederci alla prossima puntata del fouilletton. E non vi lamentate se gli attori sono un po' scarsi, perché tanto lo spettacolo è gratis. O meglio: avete già pagato.