29.10.05

Allo scalo check-in e chicken-out
Satira preventiva di Michele Serra

Come riconoscere una gallina infetta? Basta uno starnuto a rivelare la presenza del virus, o è necessario che l'animale tossisca? È giustificata la decisione del ministero della Sanità di acquistare da una multinazionale (di proprietà della cognata del ministro) 500 milioni di termometri per gallina? E come inserirli correttamente nel retto del volatile senza danneggiare le uova? Perché i tacchini, da qualche settimana, si soffiano continuamente il naso con le penne caudali del vicino di stia? Il fischione, il barbagianni, il cannareccione e il picchiapergole sono categorie a rischio? Se sì, come identificare con certezza un picchiapergole? Sono solo alcune delle domande che l'opinione pubblica pone alle autorità sanitarie. Morire di cancro, di ictus, di infarto, oppure spiaccicati in un cantiere dell'Autosole, o freddati dalla 'ndrangheta, fa ormai parte della banale routine. È l'influenza aviaria (200 morti in Asia in dieci anni, pari allo 0,000000001 dei decessi) a terrorizzare l'Occidente. Vediamo di mettere un po' d'ordine nel flusso incontrollato delle notizie.
Comportamenti a rischio I rapporti sessuali con gli animali da cortile devono essere protetti. L'uso del preservativo, benché vietato dalla Chiesa, è consigliato. Vietatissimo consumare carne di pollo cruda, usanza sconosciuta fino a pochi giorni fa ma ormai indotta, per il piacere della sfida, tra gli adolescenti ribelli delle periferie urbane, che addentano le buste di petti di pollo al supermercato ingerendo anche il cellophan, con grave rischio di soffocamento. I più audaci prediligono le confezioni di pollo cinese, riconoscibili dai lampioncini rossi appesi ai lati della scatola e dal prezzo inferiore a quello della segatura.
Piccioni I piccioni stanno sulle balle perfino agli animalisti. Questo facilita il piano di sterminio stabilito dalle autorità: partecipa, entusiasta, l'intera popolazione italiana, affacciandosi alle finestre con doppiette, roncole, fionde e frecce avvelenate, al grido: "Così la pianterete di cagarmi sul davanzale". Preoccupazione in Toscana, dove il piccione ripieno è una tradizione. Si potrà ovviare con una piccola variante della ricetta classica: il ristorante da Cenciaccio ha già lanciato un piccione ripieno di sulfamidici e kleenex.
Antivirali Saranno efficaci? Nel dubbio, si consiglia di ingerirne a manciate, prima e dopo i pasti, scegliendo da confezioni di colore diverso. La pandemia avanzerà con maggiore difficoltà, a causa del decesso anticipato di buona parte della popolazione per abuso di farmaci.
Aeroporti Ogni check-in sarà affiancato da un chicken-out. Sono stati attivati nuovi metal-detector modificati che identificano i passeggeri che portino nelle tasche cosce di pollo o rigaglie di cappone. Problemi a Linate per la settimana della Moda: parecchie top-model non sono passate al controllo elettronico, che segnalava sul display la presenza di cervello di gallina. Il piano antiterrorismo è scattato nello scalo di Orio al Serio quando si è avvicinato al check-in un villico del posto, Renzo Tramaglino, recando in mano quattro polli vivi. Al largo di Lampedusa segnalato un barcone carico fino all'inverosimile di tacchini turchi: erano in condizioni inumane. Hanno chiesto asilo politico, ma si sono lamentati per lo stato disgustoso del centro d'accoglienza.
Caccia Si esita a limitarla, per non mortificare le tradizioni popolari. La lobby degli uccellatori bresciani (che catturano i cardellini nascondendosi sotto una coltre di foglie secche, a fauci spalancate, aspettando che i volatili gli cadano in bocca) condiziona circa la metà del Parlamento. Decisi a non rinunciare alla loro attività anche i cacciatori calabresi, specie quelli che praticano la caccia ai tordi con la tagliola. Si tratta di enormi tagliole, lunghe quattro metri e dalle ganasce potentissime, che scattano a ogni minima vibrazione: da secoli vengono poste lungo i marciapiedi cittadini. Quanto all'attività venatoria sul Delta del Po, il sindacato dei pointer e dei setter ha chiesto di munire gli iscritti di dentiere sterili, per poter afferrare la preda senza conseguenze.
Ristoranti cinesi È tutto sotto controllo. Dovete insospettirvi solo se il cameriere, delirando per la febbre, vi serve pollo e bambù scatarrando sul piatto di portata e pulendosi continuamente il naso con la manica. In quel caso, chiamate il 118 e segnalate che il bambù non è abbastanza cotto.

28.10.05

L?attore toscano sbeffeggia Berlusconi e passa da Voltaire allo strip, dall?avanspettacolo a Socrate
Benigni travolge Rockpolitik
40 minuti di show sul Cavaliere
E con il molleggiato canta "La coppia più bella del mondo"
"Il conflitto di interessi? Interessi sì, ma conflitto quando mai? Silvio è tranquillissimo"


ANTONIO DIPOLLINA
da Repubblica - 28 ottobre 2005

ROMA - Dalla Satira politica, con la maiuscola, da giullare imbattibile, allo strip senza vergogna, da Voltaire al vaudeville, dalla battutaccia al Socrate finale che va a morte e lancia l?invettiva morale più potente della storia, a Totò e Peppino, a Sanremo e la coppia più bella del mondo. Roberto Benigni superstar in tv, nel giorno del suo compleanno numero 53, entra in scena a Rockpolitik e parte un numero di alta scuola che comprende tutto e il contrario di tutto, che avrà irritato anche parecchi, ma una specie di magistero, vivaddio, sbucato in tv, nella tv corrente di oggi che dovrebbe vergognarsi per decenni di tutto quello che sbologna ogni giorno alle platee e poi si ritrova (ed erano anni che non succedeva) un Benigni che finalmente prepara un intervento coi controtutto, scritto e riscritto, preparato al millesimo.
Via alle polemiche, ora, e via soprattutto a chi pensa che la sarabanda interamente incentrata su Berlusconi e le sue manie finirà magari con il risollevare lo spirito di gruppo di quelli di centrodestra. Ma saranno polemiche e dibattiti assatanati di fronte a quella che è stata una lectio magistralis di alto e basso, contaminazioni assurde e irresistibili, il vero Pinocchio che prende e va in scena e non ha paura di nulla, o forse sì, ma alla fine lo fa. Il Numero.
Silvio Berlusconi va nell?angolo e ci penserà a lungo prima di decidere come reagire, altrimenti reagirà sbagliato comunque. E? lui che finisce triturato nella prima parte del Roberto-show, "Silvio, chi viene qui e ti prende in giro, alla fine ti aiuta. E io voglio aiutarti tanto, stasera". Gag di tradizione calate nel modernismo scenografico di RockPolitk: "Tu vuoi, Silvio, che non si attacchi solo il capo del Governo ma anche il capo dell?opposizione. Hai ragione, Celentano lo farà, e siccome in questa edizione ha attaccato solo il capo del Governo, l?anno prossimo tornerà qui a ottobre e attaccherà solo il capo dell?opposizione".
La platea si spella le mani, e Benigni si lancia, invita Silvio a entrarci davvero, in quella casa della libertà che è la trasmissione: "Vieni qui, Silvio, e potrai dire a Prodi tutto quello che altrove non puoi dire", e giù versacci, frizzi, lazzi e cachinni, "Prodi culone con chiappe a mortadella" nell?irrefrenabile parodizzazione del premier scatenato e senza remore, che fa le corna a tutti e così via, ovvero l?antichissima tecnica dello stravolgimento per battere sul reale ("Bertinotti! Falli cadere tutti!").
Celentano è la spalla. Tanto che è sua la parte di Peppino, seduto con la penna in mano, nel rifacimento della gag della lettera, Benigni-Totò detta il testo e Celentano ("Ma come, tutte quelle polemiche per questo bischeraccio??" si era chiesto Benigni in avvio, indicando lo stranito conduttore) fa il suo, resta serio fin che può poi scoppia a ridere quando è tardi, nella dettatura entrano mille gag magari facili, magari già sentite, ma l?effetto moltiplicatore della performance è di quelli forse irripetibili: "Conflitto di interessi? Interessi sì, ma conflitto quando mai? Silvio è tranquillissimo". Le liste di proscrizione dei comici: "Silvio, se togli il lavoro a tutti quelli che fanno una battuta su di te l?Italia diventa un paese di disoccupati". Finché la gag diventa quella di scrivere dentro quella che sarebbe una lettera di scuse di Celentano a Berlusconi almeno una cosa buona che Silvio ha fatto "non solo per qualcuno, ma nell?interesse di tutto il paese". E ovviamente non ne viene in mente nemmeno una, sennò che gag è, nemmeno a chiederla a un iscritto a Forza Italia. Ma bisogna pur scusarsi col premier, anche se lui quella volta in Bulgaria è diventato un po? bulgaro, "perché lui si adatta ai posti dove va, se va in Russia si mette il colbacco come Putin, se va in Marocco si fa una canna", ed è il Berlusconi che viene dipinto teso a sfruttare la libertà di RockPolitik, "Dopo un programma così, il primo che dice che in Italia non c?è libertà d?espressione lo sbatto in galera", esplode Benignaccio.
Ma prende in giro, Benigni, anche la famosa classifica sulla libertà di stampa: "Voglio sapere come è messa l?Italia in fatto di libertà sessuale: secondo me siamo ultimi dopo Città del Vaticano" . E? il segnale del momento da suburra, in cui si va giù senza vergogna, entra Luisa Ranieri e finisce in sottoveste perché l?abitino serve a Benigni per cantare con Celentano "La coppia più bella del mondo", esecuzione improbabile e spassosa, ma Benigni ha appena detto di sapere a memoria anche "Pasticcio in Paradiso" ed esimersi dalla cantata sarebbe disdicevole.
Il finale torna lassù, da qualche parte. Prima Voltaire e la celeberrima, e facilina: "Non condivido nulla di quello che pensi ma sono disposto a morire per difendere il tuo diritto a dirlo". Ma la perorazione ultima, con Benigni rivestito e parzialmente ricomposto, è il colpo vero e grande, l?Apologia di Socrate, messo a morte via complotto liberticida, che chiude: "E? giunta l?ora di andare: io a morire, voi a vivere. Chi di noi vada verso ciò che è meglio è oscuro a tutti, tranne che a Dio".
Sipario, ma davvero. Sarà dura per chiunque, andare oltre quella volta che Benigni tornò in tv, il giorno che compì 53 anni, e si rimise a fare sul serio.


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POLITICA E TELEVISIONE. GLI OSPITI
Celentano fa il "blob" sui politici
Berlusconi, Prodi, Fini e un invito a tornare indietro all?800
Serata con Benigni superstar.
E Vespa gli dedica "Porta a Porta"
SILVIA FUMAROLA

ROMA - Al compagno Che-Lentano la modernità non piace («Viviamo in una situazione piena di precipizi e il passo indietro è urgente: dobbiamo far precipitare il 2005 nell?800, affinché il grado di modernità raggiunto sia massimo, attraverso la somma del futuro del 2005 con la poesia dell?800), non gli piacciono le case popolari e, ovvio, neanche i politici. Il duello a distanza Prodi-Berlusconi lo ha montato Celentano in persona, nel video in puro stile rockpolitik blob. Prodi spiega che all?Iri, dopo il suo passaggio, il debito è diminuito; il presidente del Consiglio Berlusconi s?infuria per l?avviso di garanzia ricevuto al G7 di Napoli. E poi Umberto Bossi che tuona: «Mai con i fascisti», Fini che accusa la Lega di trascurare l?interesse del paese; e ancora Rutelli Bertinotti, Scalfaro, D?Alema, Fassino, Pansa, la Gruber. Se la prenderanno? «No, perché prendersi in giro è rock, fare la vittima è lento». Lo dice anche Roberto Benigni, 53 anni compiuti ieri, libero, geniale, veloce come un gatto, quarantacinque minuti di televisione rock: «Quando un comico prende in giro un politico lo rende popolare, lo aiuta. E io stasera, Silvio ti voglio aiutare. Sono venuto per aiutare Silviuccio». Tuffo nella folla. «Se vuoi venire da Celentano devi dare le dimissioni: quindi sei ufficialmente invitato». Non è che l?inizio. Grande teatro la gag della lettera riparatoria, (citazione di Totò, Peppino e la malafemmina), l?idea che non trovi una sola cosa buona fatta dal premir, e poi lo strip tease finale con Luisa Corna. Lui, in mutandoni e maglietta, che s?infila il vestito di lei rosso fiammante e canta con Celentano "Siamo la coppia più bella del mondo". I giornalisti blindati in sala stampa protestano, vorrebbero fermare Benigni. Lo staff è irremovibile: «È stanco, non se la sente di rispondere alle domande».
La seconda serata di "Rockpolitik" è ancora un inno alla libertà, tra lento e rock, un tormentone: «il Papa è hard rock perché apre la porta ai divorziati, i gay sono rock, ma i matrimoni gay sono lenti, pietrificati e Zapatero è lentissimo... Chi ha fretta è lento, chi sa aspettare è rock». Non aspetta Valentino Rossi «che è rock anche da fermo» e si fa contagiare. «Doparsi è lento, salire sul podio è rock», dice il campione a Celentano che gli chiede di dare consigli ai politici. «Gli direi di comprarsi una moto e andare a farsi un giro ogni tanto, così sono più sereni». «Capisco che non è facile fare il politico, ci sono dei pensieri» commenta Celentano «Anch?io che faccio questo programma devo tenere a mente un sacco di cose, e poi mi dimentico...». Il monologo contro l?arroganza del potere parte dell?idea della politica «che deve rispondere a principi morali, una forma di dottrina morale. Poi c?è l?esercizio quotidiano della politica, dove c?è la pressione delle lobby per colpa delle quali la politica diventa compromesso tra interessi particolari». Lui ama l?umiltà, odia «gli strani monumenti che costruiscono gli uomini per passare alla storia, per esempio, le Torri Gemelle. Ecco un?occasione perduta per dimostrare al mondo un gesto di umiltà. Se fossi il presidente degli Stati Uniti, avrei costruito al posto delle Torri una piccola casetta di campagna. I grattacieli sono l?ostentazione di una ricchezza sbattuta in faccia alla povera gente che vive nelle case popolari che i mandanti della Democrazia Cristiana hanno costruito per i comunisti che si accontentano pur di avere qualche voto in più».
Maurizio Crozza fa Buena Vista Social Club e dedica la sua canzone a Che-Lentano, ma si trasforma in Tom Jones per "Lex bomb", Ramazzotti canta "il ragazzo delle Via Gluck". Cornacchione gioca tra lento e rock: «Silvio è rock perché è disposto a togliersi l?aragosta di bocca per noi». Sui giornali: «Il foglio è rock, Libero è rock, l?Indipendente è rock, il Corriere sarà rock, la Repubblica è terminata... Boccassini è lenta perché la legge è lenta, Previsti e Taormina costano come un concerto rock. Tremonti è rock, ed è il primo ministro uscito dalla finestra e rientrato da Porta a porta». Ridono tutti, anche nel salotto approntato da Vespa, in onda subito dopo "Rockpolitik". Miracolo avvenuto: «Finalmente vera satira irriverente, divertente, coinvolgente. Benigni è satirock». Parola del ministro delle Comunicazioni Landolfi.



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25.10.05

LETTERA DAL BRASILE DI DON GIULIANO ZATTERIN

Condeúba, ottobre 2005-


"L'utopia (il sogno) sta lá, all'orizzonte. Mi avvicino di due passi e l'orizzonte si allontana di due passi.
Cammino dieci passi e l'orizzonte si allunga dieci passi.
Per quanto io cammini, mai riusciró a raggiungerlo.
A che serve l'utopia? Serve a questo: CAMMINARE...."
(Eduardo Galeano)

Non avrei mai pensato di trovare il coraggio, la forza e la fede per decidermi di dedicare alcuni anni della mia vita al popolo brasiliano, lavorando nella missione diocesana in quel di Condeúba (Diocesi di Caetité, Bahia).
Non mi rendo ancora conto di come, effettivamente, siano andate le cose.
Chi abbia diretto il gioco e sistemato per bene il mazzo di carte. É stata uma partita intensa!
Fatto stá che adesso sono qui e mi sto giocando la vita e la mia quotidianitá alla luce e con il sostegno della Parola di Dio, che dovrebbe essere, per noi cristiani, lampada ai nostri passi e fondamento della nostra speranza e alimento ai nostri sogni.
La sfida continua é guardare sempre avanti e costruire il proprio cammino e, il piú delle volte, il cammino interiore (che é quello vero e piú profondo) é difficile, perché siamo condizionati culturalmente e non siamo limpidi e trasparenti.
Siamo determinati e condizionati da tutto quello che é visibile in questa nostra societá, famiglia, scuola, religione, ideologia dominante, cerchia di amici e familiari.
Ma, se osserviamo le cose piú in profonditá e ci lasciamo illuminare dalla psicologia del profondo, la stessa storia dell'umanitá ha lasciato le sue tracce in noi, nella forma di esperienze buone o cattive che l'umanitá há sperimentato e vissuto nei riguardi del padre o della madre, della malattia, della morte, davanti al sole o alla luna, davanti alla nascita e nei riguardi dell'altro diverso da noi.
É come dire che siamo abitati da un mondo giá costruito e per questo siamo scontati, invecchiati con il mondo e ce lo portiamo dentro.
La cultura dominante non ci aiuta ad essere creativi, ad essere noi stessi, a tenere alto il nostro profilo, la nostra originalitá.
Fá di tutto per appiattirci sulle cose, sulla religione familiare, sulla societá, sulle tradizioni e sulle rappresentazioni dominanti.
Io credo che ogni percorso educativo ed ogni esperienza di vita dovrebbero essere vissuti e sperimentati come pratica della libertá.
La vita dovrebbe essere intesa e realizzata come creazione di sé stessi, in una relazione libera con gli altri, dando e ricevendo.
Ma non é facile... Tutto é molto complicato... Tutto ci sfida e ci provoca....
É facile percorrere un cammino giá fatto, scontato, giá battuto.
Il pulmann che ti porta fino all'altra cittá, é lí a tua disposizione... Non devi fare altro che salire e accomodarti. Ma la grande sfida é inventare, battere um percorso nuovo, fare la propria strada... Costruirci e crearci il nostro cammino....
Per chi é cristiano, non é possibile ignorare il coraggio dello stesso Gesú nell'aprirsi il suo cammino e nell'inventarsi, giorno dopo giorno, la sua fedeltá a Dio e agli uomini.
Dovremmo tentare di fare cio che Gesú fece, ma dentro ad un cammino che sia nostro, mio e tuo.
Un cammino che ci appartenga... Un cammino abitato da quello che siamo e da quello che vorremmo essere. Un cammino costruito dalle nostre speranze e dalle nostre paure...
Un cammino umano e divino, dentro il quale possiamo anche sperimentare il buio, la crisi, la stanchezza, la sconfitta, ma nella consapevolezza che la grande sfida e l'unica vera avventura della vita é conquistare il proprio nome e costruire il proprio cammino e la propria identitá.
In questa faticosa e affascinante esperienza, nessuno puó essere sostituito o rappresentato.
Ogni giocatore deve collocare sul tavolo da gioco della vita le sue carte e giocarsi la sua partita, affidandosi alla buona Sorte e alle sue capacita...
Nonché agli imprevisti e all'altalenarsi della fortuna.
Sono ormai passati otto mesi da quando mi trovo a lavorare nella parrocchia di Condeúba (BA - Brasil) e nelle 52 comunitá sparse e disperse nel Município cittadino.
Si tratta di un territorio la cui estensione é piú o meno come tutta la província di Rovigo.
Nel mese di agosto ho iniziato a realizzare il mio sogno, che era quello di incontrare e visitare tutte le famiglie di tutte le comunitá, lasciando per ultime le famiglie della cittá.
Sto vivendo un'esperienza unica e irripetibile che sta diventando per me, giorno dopo giorno, una fonte zampillante di acqua fresca e dissetante in mezzo all'arsura e alla secca del Sertão.
Incontro e visito le famiglie tre giorni la settimana, lunedí, martedí e mercoledí. A volte anche il Sabato. Partenza alle 7.30 e rientro intorno alle 21.30... É una faticaccia, ma quando rientriamo, a notte fonda, alla base di partenza, sia io che l'autista che mi accompagna, teniamo il cuore gonfio di gioia e di gratitudine al Signore per tutte le persone che ci ha fatto incontrare e per i volti sorridenti e riconoscenti con i quali ci siamo regalati reciprocamente e gratuitamente attimi di felicita e briciole di speranza.
Questa avventura che sto vivendo é una sfida con me stesso e con la mia ostinazione. É um cammino di resistenza e di liberazione in cui non é possibile tirarsi indietro o collocarsi in una posizione di retroguardia e di attesa rassegnata.
Ogni giorno, daccapo, ci si deve rimettere in cammino, darsi nuove motivazioni esistenziali e pastorali, fidandosi di Dio e tentando di impiantare su di Lui la propria vita e i propri sogni, nella certezza che con Lui e sulla sua Parola é possibile costruire sulla roccia e dare soliditá e spessore alla propria vita.
Bisogna resistere e lottare... Per liberarsi e liberare, con pazienza e tenacia.
Per non essere tentati di urlare la propria rabbia quando si entra nelle case di questa gente, che il piú delle volte sono case poverissime e umilissime, dove persino il pavimento di terra viene spazzato con cura perché sia piú accogliente e dignitoso e dove ti invitano a sederti su una panca e a bere un cafezinho...
E ti ringraziano del miracolo di poter ospitare, per la prima volta nelle loro vita, un padre, che per loro é una grande e a lungo attesa benedizione.
Tutto, qui, é una benedizione di Dio... La visita del padre, l'acqua, i figli...
Alcune persone, il giorno della visita del padre, non sono andate nel campo a lavorare.
Hanno preferito attendere la visita del padre, per pregare insieme e accogliere, tutta la famiglia, la benedizione di Dio.
Una vecchina, abbracciandomi e piangendo di gioia, mi disse che mai avrebbe pensato di poter ospitare nella sua casa un padre prima di morire.
Sto imparando da questa gente, la cui forza é grande nella resistenza, ma limitata nella lotta per cambiare le strutture, che tutto é GRAZIA, tutto é dono di Dio, che ogni cosa ha il suo giorno, il suo tempo, che prima o poi anche il padre sarebbe dovuto arrivare a visitarli e a benedire le loro case.
Basta resistere e pazientare!
La forza dei poveri é grande per soffrire, ma piccola per agire... Sono maestri nell'insegnarti a resistere, a non perdere la speranza, a sorridere alla vita, nonostante tutto. E nello stesso tempo non riescono a trasformare questa resistenza e questa pazienza in una vera lotta di liberazione e di salvezza.
Attendono e sperano sempre che qualcuno stia loro vicino e condivida la loro situazione e la loro lotta.
Tra questa gente e per questa gente, la vita é il grande miracolo, il luogo dove puó succedere di tutto, se Dio lo desidera.
"Se Deus quiser" é il loro esprimersi piú spontaneo e consueto. Se Dio lo vuole, se Dio lo desidera.
Stava scritto nel piano di Dio che ci dovessimo incontrare e loro hanno incontrato nella mia persona un segno tangibile dell'esistenza e della presenza di Dio e anch'io ho percepito, entrando in quelle case e incrociando quegli sguardi, che forse Dio esiste per davvero e che é un Dio fragile, debole, paziente, grande nel soffrire e nel resistere, ma ancora povero e piccolo nell'inventare veri percorsi di liberazione e di salvezza.
Qui i figli sono tanti... piccoli e grandi.
I piú piccoli corrono per la casa o li incontri lungo la strada mentre accompagnano le mucche al pascolo o dinnanzi ad un edifício scolastico, in attesa della corriera sgangherata che li riporti a casa dopo le lezioni o mentre rincorrono una pallina di vetro o giocano tra di loro con un giocattolo di legno costruito dal padre...
I piú grandi, molti, fuggono verso la grande cittá, São Paulo, 20 milioni di abitanti, in cerca di lavoro e di un pó di denaro, per tentare di sottrarsi ad una condanna che pare inesorabile e senza vie di uscita.
São Paulo é vista, come negli anni '50 e '60, erano viste da noi in Italia, Milano e Torino. Luoghi dove é possibile fare un pó di denaro per poi tornare nel campo e costruirsi una casetta e vivere piú tranquilli.
I figli sono sentiti, visti e vissuti come speranza, come forza, come futuro, come coloro che possono dare un pó di colore, di bellezza, ad una vita spesso grigia e opaca, aiutando a sentirsi meno soli nell'affrontare la dura battaglia della vita.
Io non so per quanto tempo resteró qui in Brasile a lavorare nella missione diocesana... Tutto sta nelle mani di Dio e rimane avvolto nei suoi misteriosi e strani progetti!
Quel che conta é vivere il momento presente come opportunitá unica di donazione e di condivisione, come arricchimento umano, spirituale e culturale con questo popolo del sertão, dove il terreno é duro e secco, ma dove la gente é tenera e accogliente....
Camminare per alcuni anni con questo popolo, apprendere che la vita é un miracolo continuo dove non ci si incontra mai per caso e che ogmi volto é un tratto dello stesso volto di Dio.
Per quanto riguarda gli altri giorni della settimana, ogni giovedí ci incontriamo, come missionari diocesani, a Piripá per pregare, riflettere e confrontarci sulla nostra azione pastorale qui in Brasile.
Piripá é il campo base, da domenica sera a giovedí pomeriggio e soltanto condividendo e sostenendoci reciprocamente, é possibile affrontare uniti le sfide e le difficoltá di ogni giorno.
Al venerdí mattina e pomeriggio, mi rendo disponibile per accogliere le persone che desiderano parlare col sacerdote e incontrarsi col perdono e l'amore di Dio Padre.
Il sabato e la domenica sono dedicati ai matrimoni, ai battesimi, alla catechesi, ai vari incontri con i giovani e con altre realtá parrocchiali.
Il momento piú importante, sia quando si visitano le famiglie della zona rurale, sia quando si vive e si opera nella cittá, é l'incontro eucarístico.
Ascoltare la Parola di Dio e mangiare il Pane Benedetto é la grande festa dove le famiglie visitate durante la giornata, si raccolgono per essere Chiesa di Gesú in quel territorio e dove le attivitá della parrocchia incontrano il loro senso e significato piú profondo.
Stiamo vivendo in un mondo, in una societá continuamente tentati di fermarsi, di chiudersi in sé stessi. E persino le nostre anime corrono il rischio di rimanere imprigionate dentro ai perversi meccanismi di questa societá e di questo mondo.
Societá e mondo che ignorano i poveri e lasciano da parte la giustizia e i grandi sogni e dove anche la Chiesa, sebbene possa accumulare un grande potere e prestigio temporale, perde la sua ragion d'essere, il suo carattere e la sua missione, ogni qual volta é tentata di accantorare la questione dei poveri.
Questo problema non é soltanto una delle molte questioni, non é soltanto una parte del processo di evangelizzazione accanto a molte altre parti.
La questione dei poveri é l'unica sfida di fronte alla quale tutte le altre impallidiscono!
É il critério di fondo che permette di valutare tutto il resto della evangelizzazione, é la questione fondamentale da cui dipendono tutte le altre.
Dio giudica l'autenticitá della Chiesa dalla sua maniera di trattare i poveri!
Se tutto il sistema di annuncio del Vangelo non ruota attorno ai poveri, diventa falso e spiritualmente inefficace, sebbene possa conferire grandi poteri umani.
La Chiesa, senza i poveri, si riduce a uma impresa religiosa che puó essere anche potente, ma che non ha nulla a che vedere con l'annuncio di Gesú Cristo.
La questione dei poveri non é un problema relativo soltanto ad una determinata epoca, come se l'opzione per i poveri potesse essere uma moda temporanea e come se non fosse il nodo della questione, il criterio della fedeltá a tutta la storia della salvezza, a partire dalle origini del popolo di Israele.
Come uomini e donne, amanti del sogno e della vita e come discepoli di Colui che venne nel mondo per dare inizio alla realizzazione del grande sogno di Dio, siamo invitati a ricordare sempre che la storia rimane aperta al progetto divino e alla invenzione umana e che é possibile sognare um mondo diverso, dove tutti possono godere delle condizioni basiche di vita e dove il Vangelo di Gesú possiede sempre la capacita di contribuire a dare un significato profondo e unico alla vita.
Ma il Vangelo di Gesú ha bisogno di donne e di uomini liberi e fedeli, che sappiano coniugare memoria continua del passato, attenzione vigile al presente e sguardo lungimirante verso il futuro.
Ogni epoca dovrebbe generare, per potersi salvare e rinnovare, donne e uomini pronti e disponibili a redimere il tempo e la storia, donne e uomini che con la loro vita ci offrano una visione del mondo come potrebbe e dovrebbe essere...
A ciascuno di noi, in Polesine o nel Brasile o in qualsiasi altra parte d' Italia o del mondo, la responsabilitá, impastata di gioia e di fatica, di tenere gli occhi aperti e di guardare avanti e distante, perché la luce che ci sta venendo incontro é sempre piú grande del buio che ci lasciamo alle nostre spalle...
Forse, il piú bello della nostra vita e della nostra storia umana deve ancora accadere!
La grande sfida come donne, come uomini e come credenti, é farlo accadere presto, perché la maggior parte dell'umanitá si sta stancando di aspettare.

Buon cammino e buona fortuna!

Con affetto, don Giuliano

22.10.05

Figaro fa le nozze con i fichi secchi
Satira preventiva di Michele Serra

Il mondo dello spettacolo e della cultura si adegua ai tagli previsti dalla Finanaziaria. Ecco i progetti più significativi

Dopo i micidiali tagli della Finanziaria, il mondo della cultura e dello spettacolo si sta attrezzando. "Abbiamo voluto liberare l'arte dalla volgarità del denaro: di quest'ultima è giusto che mi faccia carico solamente io", ha dichiarato il premier Berlusconi a una delegazione di attori e registi, ricevuti a Palazzo Chigi per la consegna dei primi kit di sopravvivenza per artisti: una coperta, una pagnotta e una maschera di Pulcinella. Ringraziando il premier (che ha regalato, di tasca sua, 50 euro a ciascun artista presente), la delegazione lo ha informato dei più significativi progetti in corso d'opera, aggiornati al nuovo corso economico.

Lirica Il maestro Riccardo Muti sta preparando un rifacimento mozartiano, 'Le nozze di Figaro con i fichi secchi', con la partitura ridimensionata: sarà eseguita da un duo (piffero e ocarina) e diretta dal maestro in tuta da ginnastica. Ulteriore risparmio, sarà lo stesso direttore a interpretare Figaro. "Non è facile dirigere e cantare assieme - ha detto il maestro - e infatti durante le prove mi sono ferito con la bacchetta". Per ovviare a questo tipo di inconvenienti, il governo ha suggerito di abolire le prove, costosissime. Quanto alla Scala appena restaurata, sarà trasformata in residence per i giapponesi (ambitissimi i palchi con angolo cottura) e l'intera programmazione adattata al teatro di strada, molto di moda. Attesissima l''Aida' eseguita allo svincolo autostradale di Pero, con un solo elefante (in prestito dal circo Orfei, chiuso per debiti) ma ben 200 comparse, che saranno reclutate dalla polizia stradale tra gli automobilisti più somiglianti a un egiziano.

Cinema Si prevede un massiccio ritorno al neorealismo: prendere gli attori dalla strada non sarà più una scelta, ma un obbligo, perché nessun attore potrà più permettersi di abitare in una casa. Previsti un remake di 'Ladri di biciclette', adattato a una società meno opulenta di quella del Dopoguerra (il ladro ruberà solo il campanello della bici), una riedizione di 'Riso amaro' con le mondine nude interpretate dallo stesso cast del '53 per risparmiare sui contributi Enpals, e una suggestiva seconda parte di 'Stromboli' girata alla stazione di Voghera per ridurre le spese di trasferta. Molto atteso il nuovo Vanzina, 'Vacanze a casa', film a episodi (uno solo) con Massimo Boldi e Christian De Sica che si rincorrono con le pinne ai piedi nel tinello di casa cercando di toccare il culo a Manuela Arcuri. Si dice un gran bene anche del nuovo 'Gattopardo' con la scena del ballo, troppo sontuosa e diseducativa, tagliata e sostituita da Alain Delon e Claudia Cardinale che fanno gli addominali nel cortile di un condominio.

Teatro Per le piccole compagnie sperimentali, la differenza tra il prima e il dopo è quasi irrilevante: dovranno anche cenare, e non solo pranzare, al refettorio della Caritas. Per i grandi del palcoscenico, le rinunce saranno più evidenti. Ronconi, per ammortizzare i costi del suo nuovo 'Sofocle liberato', ha dovuto allungare da 12 a 15 ore lo spettacolo, un monologo di Piera Degli Esposti che dovrà essere alimentata in scena, con un lunghissimo sondino manovrato da dietro le quinte, per poter reggere lo sforzo. Il Piccolo di Milano non rinuncia alla prevista 'Opera da tre soldi', per ragioni di budget ridotta a 'Opera da due soldi'. Bene il teatro napoletano: le compagnie di Luca De Filippo e Toni Servillo, riunendo gli sforzi e pernottando negli stessi alberghi, quattro per stanza (Servillo e De Filippo, in quanto capocomici, divideranno una matrimoniale), porteranno in tournée 'Fame atavica', tre atti molto realistici nei quali gli attori chiederanno agli spettatori di sfamarli. I nomi in cartellone saranno abbreviati alle sole iniziali, tagliando le spese di tipografia.

Discografia Dato il costo di produzione dei Cd, ormai insostenibile, i principali artisti canteranno le canzoni a domicilio a chi ne farà richiesta, in cambio di un pasto caldo. Il nuovo rock rinuncia ai classici quattro tempi e sarà eseguito in soli due tempi, con forte risparmio sull'usura degli strumenti. Restano i megaconcerti ma senza amplificazione: all'aeroporto di Bologna, con 200 mila presenti, Ligabue ha adottato il sistema del telefono senza fili: canta la canzone agli spettatori delle prime file che la ricantano alle persone alle loro spalle, fino a raggiungere, verso le prime luci del'alba, il pubblico più distante.

21.10.05

La disoccupazione
Racconto per il blog di Marco Valsecchi

Venite pure, basta che fate piano. Non c'è molto spazio, ma se ci stringiamo ci stiamo tutti. E comunque vale la pena di stare un po' scomodi per assistere allo spettacolo di oggi. Provare per credere: qui è meglio di tutti i Grandi Fratelli messi assieme, commedia e tragedia in un atto unico. Si potrebbe definire un melodramma, ma ci si spancia dal ridere.
E quell'idiota di Marco Valsecchi (sì, il protagonista si chiama così, avrà sì e no venticinque anni) è uno dei più straordinari intrattenitori che mi sia mai capitato di incontrare.
Fidatevi, sto nascosto dietro al suo specchio da mesi e non mi sono annoiato neanche per un secondo. Quel ragazzo ha dei momenti di puro e involontario Buster Keaton.
Dai, sistematevi in fretta che non mi va di distrarmi.
Una sola raccomandazione: spegnete le suonerie dei cellulari, lo fanno uscire di matto.
Davvero.
L'altro giorno mi è partito uno squillo (un amico mi voleva invitare a un aperitivo) e quel deficiente si è lanciato come un siluro verso l'anticamera. Non so come abbia fatto, ma nello spazio di quattro metri è riuscito a prendere dentro con i piedi in tre spigoli diversi. È arrivato ad afferrare la cornetta camminando sulle ginocchia, con dei lacrimoni da cartone animato giapponese agli angoli degli occhi, poi ha preso fiato e ha tirato fuori una voce impostatissima:
"Marco Valsecchi, buongiorno."
Quando si è accorto che all'altro capo non rispondeva nessuno si è sdraiato sul tappeto e ha fissato il lampadario per almeno dieci minuti.
Una scena molto buffa, che però preferirei non replicare. Più che altro perché ho paura che il cretino si disintegri definitivamente le zampe.

Eccolo lì, ora va in bagno. Si fuma una sigaretta, è normale.
Alle tre del pomeriggio lo fa sempre. Inizia ad andare avanti e indietro dalla finestra, accendendosi un mozzicone dopo l'altro.
Sta pensando a cosa fare da adesso all'ora di cena.
Fino a un mese fa mandava un sacco di mail e lavorava al suo curriculum. Credo che ormai lo abbia addobbato più di un albero di Natale. Ma adesso si vede che non sa più che diavolo scriverci.
Ogni tanto accende il computer e lo fissa per dieci minuti, senza scrivere niente. Poi scuote la testa e va ad annaffiare i quadrifogli.
Sì, è il suo hobby, assolutamente patetico.
Da quello che ho capito sono un regalo di una sua amica. Qualche settimana fa erano solo dei germogli in un vasetto, poi si è messo a curarli con una dedizione maniacale.
Non ha proprio nulla da fare.
Vedete? Ci versa mezzo bicchiere d'acqua, li gira verso la luce, controlla che le foglie siano in ordine.
Tra l'altro quegli affari devono essere dei mostri geneticamente modificati. Non sapevo nemmeno che fosse possibile produrli in serie i quadrifogli.
E poi guardate, a furia di annaffiarli e coccolarli li ha fatti diventare giganteschi. Sembrano usciti da una jungla marziana. E quel fiocchetto rosso che ha messo sul vasetto mi fa quasi venire i brividi.
D'altra parte, anche le stranezze fanno parte dello spettacolo, anzi sono la parte più divertente di tutta questa storia. Per il resto il copione è un piuttosto lacrimoso.
Legge giornali, guarda la Tv.
Oppure sfoglia qualche libro.
Ieri, ad esempio, si è buttato sulla Bibbia. Se non ho capito male si sta documentando per un racconto che vuole scrivere. Già m'immagino che bella porcata; quando è arrivato al trentesimo capitolo della Genesi si è alzato in piedi e ha sbottato:
"Ma certo, questo è un segno di apertura verso la fecondazione eterologa e l'utero in affitto!".
Chissà che cazzo ha capito.
E poi ascolta un sacco di musica. Musica piuttosto didascalica vista la sua situazione.
Credo stia cercando di autosuggestionarsi: ultimamente passa dal "Talk about the revolution" a "Working class hero" per poi concludere con "I'm not working" dei Manic Street Preachers.
Simpatico imbecille.

Veramente, è più interessante quando succedono le cose strambe. Anche se ultimamente ho iniziato a inquietarmi non poco.
Cioè, è chiaro che questo Valsecchi non è altro che un povero paranoico. In fondo è proprio questo che lo rende divertente. Però non è normale che anche io mi perda nei suoi labirinti mentali.
Onestamente, ho paura di aver esagerato. Non vorrei aver sviluppato una dipendenza malsana nei confronti di questo spettacolino.
Settimana scorsa, giovedì per la precisione, mi ha fatto paura. Per la prima volta ho pensato che sarebbe stato meglio cambiare aria e disintossicarmi.
Dai, mentre il balordo si fuma la quinta sigaretta consecutiva vi racconto questa storia.
Così mi dite se sto uscendo pazzo anche io.

Dunque, sono almeno sette mesi che lui sta dietro a una mezza proposta di lavoro che gli hanno fatto. Continua a fare telefonate e colloqui: si vede che ci tiene tantissimo.
In base alle frasi che ho intercettato mi sembra che sia riuscito a convincere un suo ex-professore a metterlo nella lista dei potenziali collaboratori per un'agenzia che si occupa di preparare le strategie di comunicazione per i candidati alle elezioni. Questo professore deve essere il presidente o l'amministratore delegato dell'agenzia, o forse tutti e due.
Fatto sta che il Valsecchi gli ha stracciato le palle per settimane e alla fine il tizio gli ha dato retta e gli ha promesso che si sarebbero sentiti e magari lo avrebbe assunto in vista delle politiche del 2006.
Così è iniziata una serie di colloqui lancinanti. Roba che ogni mese il cretino si prepara scurpolosamente qui davanti allo specchio, poi si siede sulla poltrona e si concentra per dieci minuti con gli occhi socchiusi bisbigliandosi frasi di incoraggiamento e alla fine esce con passo deciso per andare a prendere il treno.
Evidentemente c'è qualcosa che non funziona, visto che regolarmente torna a casa dopo sei ore con l'espressione da mal di pancia borbottando qualcosa tipo:
"Mpfh, aspetto il mese prossimo. Grrr.. no problema, non mi arrendo. Mpfh."
Da che sono qua io questa scena si è ripetuta almeno quattro volte.
Però giovedì scorso doveva essere la giornata del colloquio decisivo. O perlomeno il Valsecchi si era convinto di ciò (ha una capacità di impuntarsi sulle cose che è quasi commovente).
Alle sette del mattino è partito con la solita routine da colloquio di lavoro. Prima gli è arrivato un sms con un "in bocca al lupo" e lui ha risposto con piglio fatalista (a volte mentre lo fa si tocca anche le palle). Poi si è fatto la doccia, si è sbarbato e ha passato dieci minuti a decidere come vestirsi, che poi non ha neanche tutta questa scelta visto che mette sempre e solo jeans e felpe.
Alla fine si è guardato allo specchio con gli occhi trasognati di chi sta per cavalcare il suo futuro ed è uscito di corsa.
Io mi sono messo comodo ad aspettare che succedesse qualcosa.

È tornato a casa verso le sei di sera, scuro in volto.
In cucina c'era sua madre (è una signora con i capelli corti, ora non è in casa perché lei ha un lavoro). Lui entra, tira fuori dal frigo una bottiglia d'acqua e butta giù una sorsata con lo sguardo perso all'orizzonte.
Lei naturalmente gli chiede:
"Allora, novità?"
E lui parte con le solite menate (quando vuole fare quello colto è odioso):
"Mi sembra di essere una comparsa in un racconto di Kafka, o forse di Bulgakov."

Ha aspettato che sulla faccia di lei si dipingesse la giusta sfumatura di incomprensione, poi si è degnato di darle una spiegazione:
"Porcalatroia, finisce che non se ne fa nulla. E comunque siamo messi peggio che in Argentina e io ho in particolare ho la sfiga addosso. Cioè, sono entrato a colloquio e il professore mi ha detto che lui è sempre fermamente convinto che io sia la persona giusta per questo lavoro e che in teoria avrebbero proprio bisogno di assumere uno come me. Poi però mi ha spiegato che visto che oggi in parlamento si vota la legge sul proporzionale, lui non può dirmi ancora niente di concreto. Perché se la legge passa, e di sicuro la cazzo di legge passa, cambia tutto il sistema della comunicazione politica e naturalmente a smenarci sono io."

Chiaramente la madre aveva capito poco nulla di questo discorso sconnesso. Gli ha chiesto di essere un po' più specifico e lui si è dato un tono da grande statista:
"Io dovevo essere assunto per lavorare alla campagna di qualche candidato alla Camera. Però se con la riforma passa il blocco delle preferenze, ai candidati non serve più il mio lavoro. Tanto alla fine è il partito che sceglie se dargli un seggio, non gli elettori."

A quel punto ha anche deciso di chiudere con del raffinato umorismo:
"Ora me ne vado nella mia stanza e mi guardo in diretta se approvano o no questa legge ad personam contro di me. Mi sento quasi lusingato: dopo la "Salva-Previti" la "Fotti-Valsecchi". Figata, no?"
E in effetti è andato a piazzarsi davanti al televisore e ha cercato col telecomando la diretta parlamentare del voto.

Ora, il suo egocentrismo mi è apparso lampante fin dal primo giorno che ho passato qui dietro allo specchio. Certi pomeriggi vi giuro che avrei pagato per sapere che cosa passasse per quella testa: secondo me ha una percezione totalmente distorta della realtà.
Però non mi sarei mai aspettato che la mia curiosità venisse appagata in un modo così agghiacciante.
Insomma, che ci crediate o no, giovedì sera ho sentito quello che sentiva lui.
E quello che ho sentito non era affatto normale.
Tra i banchi dell'opposizione c'era il segaligno Piero Fassino che doveva prendere la parola e spiegare la posizione della sinistra sulla proposta di riforma. E fin qui niente di strano.
Il segretario dei DS ha preso a scagliarsi contro il governo, mentre il Valsecchi fissava il teleschermo con trasporto.
E a un certo punto anche io ho sentito Fassino che cominciava a dire:
"E poi dobbiamo difendere il nostro compagno Marco e il suo diritto inalienabile al lavoro. La maggioranza non può con la sua arroganza impedire a questo giovane di sognare un futuro migliore di occupazione e realizzazione personale."
Io ero sconvolto, il Valsecchi invece non ha fatto una piega e ha aspettato che l'intervento finisse per lanciarsi in un caloroso applauso:
"Grande Piero!".

Nel frattempo dall'altra parte dell'emiciclo prendeva la parola il nerobarbuto Ferdinando Adornato di Forza Italia, a nome della maggioranza:
"Colleghi onorevoli, la Casa delle Libertà ci tiene a sottolineare che questa non è una riforma voluta per penalizzare Valsecchi, sebbene questi si sia più volte dimostrato ostile e offensivo verso di noi e il nostro premier. D'altra parte siamo convinti che lo stesso Valsecchi sarà solo contento di poter votare con un sistema che gli permetterà di esprimere le sue preferenze in modo più democratico e garantendo al paese una maggiore governabilità."
Non credevo alle mie orecchie.
Vi giuro, ho cominciato a prendermi a schiaffi e a rovesciarmi in faccia bicchieri di acqua gelata per svegliarmi da quel delirio.
Il mentecatto che sta dall'altra parte dello specchio, intanto, si era unito con un gran sorriso al coro dei parlamentari della sinistra (che avevano anche dei cartelloni in mano):
"Buf-fo-ni, buf-fo-ni, più-lavoro-per-Valsecchi, più-lavoro-per-Valsecchi!"
E vi posso giurare di aver intravisto Berlusconi al banco dei ministri che bisbigliava a Tremonti:
"Cazzo vuole quel comunista? Se voleva il posto di lavoro doveva prenderselo quando ne offrivo un milione."

Nel mio totale sconcerto, il presidente Casini ha ammonito i disturbatori e ha aperto la votazione.
Come era più che prevedibile la riforma è passata. Il Valsecchi sembrava deluso per la velocità con cui la maggioranza aveva vinto, però si è sporto verso il teleschermo per offrire la mano agli onorevoli dell'Unione che si erano astenuti per protesta:
"Grazie ragazzi."
"Ci mancherebbe altro, lo sai quanto ci teniamo a te."
Poi ha spento la Tv ed è andato a scaldarsi una piadina al microonde, lasciandomi con un palmo di naso.

Dite che sto sbroccando?
Lo dico anche io. Questa storia mi ha scosso.
È una settimana che valuto l'opportunità di lasciar perdere questo specchio e andare da un'altra parte. Certi fenomeni non possono che destare preoccupazione. Forse ho davvero esagerato con il Valsecchi.
Però mi riesce difficile abbandonarlo così. Mi fa troppo ridere.
Guardatelo adesso mentre fa il giro di telefonate alle agenzie di lavoro interinale, sempre con la voce impostatissima. Se me ne vado so già che poi mi mancherà un sacco.
Magari aspetto qualche giorno e intanto inizio a guardarmi in giro.
Tanto pare che se le cose vanno avanti così tra un po' ci saranno a disposizione tanti altri giovani Valsecchi da guardare, tutti alla frenetica ricerca di un impiego, schizzati e irresistibilmente comici.
Ma sì, mi fermo qui ancora un mesetto al massimo e poi scelgo un altro specchio e trasloco.
Mi cerco un disoccupato meno problematico e ricomincio da capo.
Ma sì.

18.10.05

TERRA TERRA - Quanti sono i rifugiati ambientali?
di MARINA FORTI (Il Manifesto 13 ottobre 2005)

Nei prossimi 5 anni, qualcosa come 50 milioni di persone si trasformeranno in «rifugiati ambientali», persone costrette a muoversi per sfuggire al degrado ambientale. Una previsione catastrofista? Forse, ma a diffonderla è un istituto molto serio, l'Istituto per l'ambiente e la sicurezza umana dell'Università delle Nazioni unite (Unu-Ehs). In un lungo comunicato pubblicato martedì, in occasione della «Giornata mondiale dei disastri naturali» celebrata dall'Onu, l'istituto che ha sede a Bonn afferma che «ci sono fondati timori che il numero di persone che fuggono condizioni ambientali insostenibili crescerà esponenzialmente via via che il mondo sperimenta gli effetti del cambiamento del cima e altri fenomeni». Il direttore dell'Unu-Ehs, Janos Bogardi, sostiene che «questa nuova categoria di rifugiati deve trovare un posto nei trattati internazionali. Dobbiamo prevedere le necessità di assistenza, proprio come per le persone che fuggono per altre situazioni». La sostanza del problema è chiarissima: persone costrette a emigrare perché il luogo dove vivono non è in grado di sopportare la presenza umana. Le vittime di catastrofi naturali improvvise - come l'onda di tsunami in Asia nel dicembre del 2004, o un uragano come Katrina - sono visibili e di solito beneficiano di sostegno e aiuto umanitario pubblico e privato. Janos Bogardi (intervistato dal quotidiano online Environmental News Service) fa notare che non è così per i milioni di persone costrette a sfollare da cambiamenti ambientali più graduali - il riscaldamento globale, ad esempio, o catastrofi «lente» come la desertificazione, la diminuzione delle riserve idriche, o l'innalzamento del livello del mare portato dal mutamento del clima. Si pensi che Marocco, Tunisia e Libia perdono ciascuno oltre 1.000 chilometri quadrati di terra produttiva ogni anno a causa della desertificazione, o che in Egitto metà della terra arabile irrigata soffre di salinizzazione (e quindi diventa sempre meno produttiva) e in Turchia 160mila chilometri quadrati di terra agricola subìsce l'effetto dell'erosione dei suoli. La perdita di terre coltivabili non potrà che spingere popolazione agricola a emigrare: su altre terre, se ve ne sono, o più probabilmente in città, o all'estero - in altre parole, il degrado delle terre coltivabili alimenterà la pressione a emigrare. Si sommi la desertificazione e erosione dei suoli all'innalzamento dei mari e all'erosione delle coste - come in Louisiana, che perde circa 65 chilometri quadrati l'anno di costa «mangiata» dal mare, o come in Alaska, dove centinaia di piccoli centri abitati sulle coste settentrionali sono a rischio di franare nel mare artico via via che il permafrost (terreno ghiacciato) si scioglie e la costa è erosa da ondate sempre più forti: il mare avanza di circa 3 metri all'anno. Si combini tutto questo alla frequenza crescente di uragani disastrosi. Il risultato, dice l'istituto dell'Unu, è «un disastro in attesa», che creerà ondate di migrazioni. L'Istituto cita un caso di migrazione ambientale pianificata in anticipo: è quello di Tuvalu, piccola nazione insulare del Pacifico che ha firmato un accordo con la Nuova Zelanda perché questa accetti 11.600 dei suoi cittadini nel caso che l'innalzamento del livello del mare sommerga parte del paese.
Insomma: il numero di persone costrette a muoversi per ragioni legate all'ambiente si avvicina e potrebbe presto superare quelle che l'Onu chiama «persone di cui preoccuparsi», a rischio (persons of concern): rifugiati e sfollati all'interno del proprio paese a causa di conflitti, richiedenti asilo, apolidi, in tutto oltre 19 milioni di persone secondo un calcolo recente. Secondo la Federazione internazionale della Croce rossa e Mezzaluna rossa, già oggi ci sono più persone sfollate da disastri ambientali che dalle guerre. Per questo l'istituto diretto da Bogardi si batte perché un qualche trattato internazionale imponga ale nazioni di assistere e proteggere anche i «rifugiati ambientali»

15.10.05

Chiamate Coop, 777777
Satira preventiva di Michele Serra

Si moltiplicano come conigli i numeri utili che offrono servizi indispensabili. E anche il 12 si adegua, diventando il '12 e rotti'

A giudicare dalla quantità esorbitante di campagne pubblicitarie sui numeri utili, gli italiani passano tutto il santo giorno a telefonare ai numeri utili o lavorano nei call-center dei numeri utili e passano tutto il santo giorno a rispondere al telefono ad altri italiani che vogliono sapere quanti ristoranti cinesi ci sono a Mestre, dove si può comperare un trapano ad Ascoli e quali sono le virtù teologali. Difficile fare una panoramica completa dei numeri utili. Qui elenchiamo quelli di maggiore successo.

12 e rotti È il vecchio 12 della vecchia Sip, oggi adeguato alle esigenze di mercato quadruplicando la tariffa e rendendo l'accesso molto più avventuroso e divertente. Va digitato aggiungendo al 12 una password personale che può essere richiesta telefonando al numero verde fornito con la speciale card inviata via Internet ai nuovi utenti Telecom. Per gli anziani è previsto un aiuto psicologico gratuito, telefonando alla guardia medica.

3 Il 3 è il numero utile di Tre, pubblicizzato dall'efficace slogan 'Se siete in tre, chiamate tre facendo il tre per tre volte su tre telefoni!'. Risponde un call-center di Giakarta dove gli operatori sono in grado di darvi informazioni sulle tre lavanderie, i tre ristoranti e i tre negozi d'abbigliamento sotto casa vostra, per soli tre euro al minuto.

8989454506065646 È diventato celebre per il motivetto dello spot, una suggestiva romanza di Ennio Morricone eseguita dal Coro dell'Auditorium di Roma, che va in onda a puntate, per abituare i futuri utenti a memorizzare il numero in pochi mesi, per giunta perfezionando la propria preparazione musicale.

892892 Chi non ha familiarità con i due straordinari ballerini gemelli che, una cinquantina di volte al giorno, stracciano i coglioni in tv? Il successo è travolgente: i centralini dell'892892 sono intasati di chiamate. La richiesta più frequente è come si fa a fare smettere i due figuri, al secondo posto le maledizioni e le minacce, al terzo la richiesta di informazioni su altri numeri utili.

777777 Lanciato dalle coop, secondo la nuova politica del movimento cooperativo che prevede di competere ad armi pari su qualunque mercato, sia pure quello della tratta delle bianche e degli stupefacenti, il 777777 ha tariffe molto competitive, e dà largo spazio ai consumatori, considerati protagonisti. Sono infatti gli operatori a telefonare ai soci coop, molte volte al giorno, per domandare come va la vita e se hanno gradito le pere in offerta. Molto popolare la pubblicità, con tutti i protagonisti delle recenti Opa dell'Unipol che sospendono un consiglio di amministrazione, si allentano la cravatta e interpretano i canti delle mondine, commuovendosi.

06 È il prefisso di Roma. Con una geniale mossa commerciale, una nuova holding formatasi nel carcere di Rebibbia è riuscita a farselo assegnare. Chiunque formi il prefisso di Roma si trova dunque connesso con un call-center che non solo non è in grado di fornire alcuna informazione, ma sbeffeggia l'utente intimandogli di pagare.

Trentatré trentini Il Trentatré trentini è l'unico numero utile che va digitato in lettere, per renderlo inconfondibile. Ancora non è attivo, ma milioni di italiani lo chiamano in continuazione per avere il piacere di digitare Trentatré trentini, come hanno visto fare nel popolarissimo spot interpretato dai Fichi d'India.

????? I punti interrogativi sono provvisori: non è ancora stato assegnato il numero. Ma la compagnia promotrice dev'essere molto forte economicamente, perché la campagna pubblicitaria, già in onda da mesi, ha un cast formidabile. Si vedono Mara Venier, Paolo Maldini, Simona Ventura, Rita Levi Montalcini, il Real Madrid, Clinton, Riccardo Muti e la Regina d'Inghilterra che partono insieme per il mare, e incontrano al casello Claudio Amendola e il premier giapponese che vanno nella direzione opposta. Per decidere dove andare, si telefonano l'uno con l'altro per un quarto d'ora, finché il casellante (Gigi Proietti) li invita a liberare l'autostrada suggerendo di telefonare subito al ????? per chiedere quali sono i migliori hotel a tre stelle di Lignano Sabbiadoro.

6.10.05

Il sudoku De Michelis
CONTRORDINE di ALESSANDRO ROBECCHI


Tra i più gravi problemi e le maggiori preoccupazioni dei lavoratori, delle masse democratiche e del vasto popolo della sinistra, pare ci sia una questione urgente e ineludibile, da cui dipendono le sorti stesse del Paese: dove cazzo mettere De Michelis nei prossimi cinque anni. Posta così, la questione è parecchio rozza, ma a dirla tutta, la questione è rozza da qualunque parte la si guardi: ci sono almeno una dozzina di partiti, associazioni, circoli, eredi socialisti e figli di Craxi che parlano di unità socialista, cosa che come tutti sanno porta una sfiga incommensurabile. Dunque pare che De Michelis abbia annunciato qualche giorno fa, a Fiuggi, l'atteso salto del fosso: basta con la casa delle Libertà e rotta verso i lidi dell'Unione, per raggrupparsi lì con gli altri socialisti, quelli di Boselli. Baci, abbracci e pacche sulle spalle. Naturalmente si può trovare stupefacente che si sprechino tali e tante energie per valutare la futura collocazione di De Michelis, ma tutto sommato c'è gente che passa la vita alla ricerca del calamaro gigante, e dunque perché stupirsi se alcuni si accapigliano su De Michelis?
Il fatto è che la cosa sta diventando un passatempo di massa, tipo sudoku, e ora tutti si chiedono cosa fare di questo ingombrante capodoglio spiaggiato dalle parti dell'Unione. Abbatterlo subito a colpi d'ascia? Accoglierlo come il figliol prodigo? Fargli passare qualche tempo in purgatorio? Il dibattito è aperto. Ma del resto la situazione è fluida e, come si dice, in evoluzione. Sono passati appena un paio di giorni dall'annuncio di un rinato De Michelis di sinistra, che eccolo, a un altro convegno, tirarsi un po' indietro e nicchiare. Ora De Michelis è incerto: potrebbe anche passare con l'Unione, ma potrebbe anche creare un terzo polo insieme ai radicali, oppure ancora potrebbe ripensarci del tutto e restare con Silvio. Insomma, quello che si dice un intenso lavorìo politico in attesa di capire cosa conviene di più. Va detto per onestà di cronaca: a De Michelis non è andata giù per niente l'idea del purgatorio, anche se tutti pensano che potrebbe cavarsela patteggiando qualche mese di silenzio per poi tornare quatto quatto a rivendicare identità, pari dignità, eccetera eccetera. Cioè a rompere i coglioni per far pesare il suo zero virgola qualcosa come se fosse un cinque o addirittura un sette per cento.

In tutto questo bailamme di rivendicazioni di identità e di autonomia (e ops... mi stavo scordando, di unità socialista), tutti presi dal sudoku nazionalpopolare del dove piazzare De Michelis, quasi nessuno si è posto una domanda abbastanza ovvia. Perché perdere tempo a pensare come accogliere sulla barca della sinistra un leader di partitino che vanta ancora un ministro nel governo di destra? Non sarebbe più sensato (e magari anche più etico, ma non voglio esagerare con le parole difficili) prima uscire dal governo di destra richiamando il ministro Stefano Caldoro e poi, solo poi, aprire un serio dibattito sul ricollocamento dell'esuberante De Michelis? Del resto - apprendo dalla breve biografia pubblicata sul sito del Nuovo Psi - il ministro Caldoro (per l'attuazione del programma e già sottosegretario all'istruzione) ha partecipato negli ultimi dieci anni alla fondazione di ben due partiti socialisti, e quindi, a parte la seccatura di cambiare la carta intestata, non si capisce cosa lo freni. Ma è anche vero che questo Caldoro (del quale fino a ieri mattina ignoravo felicemente l'esistenza) ha le idee molto chiare. In un suo commovente intervento, ha rivendicato i grandi meriti del Nuovo Psi di De Michelis, tra i quali annovera la riforma del mercato del lavoro (!), la riforma della scuola (!) e, ci mancherebbe, «una chiara posizione nella politica estera, accanto a Bush e Blair». Testuali parole. Questo Caldoro sembrerebbe dunque l'ala destra dell'anima tendente a sinistra del Nuovo Psi che cerca un posto all'opposizione pur restando al governo. Da non confondere con i socialisti di destra che Berlusconi starebbe organizzando nel suo campo e che lui chiama «riformatori e liberali». A giorni è prevista la presentazione di questa nuova formazione (con Taradash e Calderisi, parola d'ordine: volare alto!), in un incontro pubblico alla presenza dello stesso Berlusconi. Uno che ha così tante ville, e barche, e macchine e domestici, non poteva resistere alla tentazione di farsi anche un piccolo partito socialista.
Un sarcofago per la banca centrale
Satira preventiva di Michele Serra

La rimozione e lo smaltimento del governatore Fazio: ecco una questione tecnico-ambientale che sta appassionando gli esperti e dividendo l'opinione pubblica.

Il sistema di carrucole e tiranti allestito dal Genio civile è giudicato del tutto insufficiente, considerato il fatto che, assieme al governatore, si dovrà procedere all'asportazione completa da Palazzo Koch dell'intero Consiglio di Bankitalia, costituito da 13 membri la cui età media (82 anni) richiede particolari accorgimenti, con imballaggi e cautele simili a quelli impiegati per trasferire al British Museum i fregi del Partenone. Un solo membro, il bolognese Stefano Possati, ha meno di sessant'anni. È considerato il teen-ager della Banca centrale, partecipa alle riunioni ascoltando Eminem con il suo I-pod perennemente acceso e si reca spesso in sede sfrecciando con il suo skate-board sui marciapiedi romani, con i jeans a cacarella e il berrettino con la visiera calata sulla nuca. Possati è l'unico dei 13 consiglieri ad avere assicurato di poter scendere autonomamente, sulle sue gambe, le scale di Bankitalia. È anche l'unico a non essere ancora stato operato di prostata, e il regolamento interno di Bankitalia gli vieta, per questa ragione, di votare sulle questioni più importanti. Perciò lo si incontra spesso nel bar sottostante che gioca a videogame.

Ma gli altri? Alcuni non riescono più ad alzarsi dalla poltrona a causa della caratteristica anchilosi del proboviro, una sindrome degenerativa che blocca le articolazioni delle gambe nella postura seduta e salda le ossa del bacino ai braccioli. Vengono nutriti artificialmente e svuotati con un catetere, e si dovrà dunque studiare la maniera di farli scendere dalla finestra, bene assicurati alla loro poltrona, attraverso uno scivolo.

Molto complessa anche la questione del raggiungimento dell'ufficio di Antonio Fazio. La planimetria dell'ambiente ha rivelato ostacoli imprevisti: l'ufficio può essere raggiunto solo percorrendo un lungo cunicolo scavato nella pietra viva, sul modello delle camere funerarie delle piramidi.

Ai lati del cunicolo, in tenebrose nicchie, ci sono gli scheletri dei tecnici della Asl che hanno negato l'agibilità. Una volta entrati nell'ampio e minaccioso salone, sormontato da una fotografia di Padre Pio e da un poster di Amon-Ra, si nota l'enorme scrivania a scomparsa, che viene inghiottita da una botola ogni volta che arriva la richiesta di dimissioni. Accanto, il sarcofago già preparato dal governatore per la sua futura tumulazione, dominato da una paurosa maschera mortuaria, identica al volto attuale di Fazio. È stata ottenuta grazie al calco fedele della fototessera sulla patente. L'effetto dorato, reso celebre dalla maschera di Tutankamon, qui è garantito dalle centinaia di otturazioni dentali in oro che adornano già in vita il volto del sovrano.

Ora: anche ammesso che gli addetti alla rimozione di Fazio riescano a raggiungere l'ufficio, superando i trabocchetti con lance acuminate, le fosse ricolme di scorpioni, serpenti velenosi e direttori di filiale, il problema sarà come sfuggire alla Maledizione che pende sui profanatori del sito sacro. Già si mormora di malori inspiegabili che hanno folgorato banchieri stranieri, a migliaia di chilometri di distanza, dopo una sola interurbana con Fazio (pare che il governatore, quando è in linea con cordate ostili, risponda: "Pronto, chi parlava?"). Chi oserebbe mai penetrare addirittura nel suo ufficio per porgergli direttamente, mettiamo, l'ingiunzione di sfratto? Vigili del fuoco, ufficiali giudiziari, messi di Senato e Camera e perfino corazzieri hanno già fatto sapere di non sentirsi in grado di procedere ad alcun genere di provvedimento restrittivo nei confonti del governatore.

È di fronte a queste difficoltà che prendono corpo, negli ambienti istituzionali, le soluzioni più drastiche e ingegnose. Tra queste, la proposta Tremonti di adottare il metodo Chernobyl, seppellendo Bankitalia (con tutti gli occupanti all'interno) in un gigantesco coperchio di cemento armato e trasferendo la sede a Sondrio, nello storico Palazzo Pizzocchero, capolavoro del Vanvitelli (il geometra lecchese Gino Vanvitelli), attuale sede del Piccolo Credito Valtellinese che assumerebbe dunque il ruolo di banca centrale. La fetta di bresaola (nella pezzatura classica da 15 grammi) sostituirebbe l'euro come valuta corrente.

2.10.05

BANANAS
Salini & tabacchi
di marco travaglio per l'Unità


Ai vertici dell’Unione ci vorrebbe un linguista, un addetto al vocabolario della lingua italiana, per stabilire una volta per tutte il significato dell’espressione ?questione morale?. Si pensava che il concetto fosse abbastanza chiaro, ma poi è arrivato Mastella. Il quale, quest’estate, ha cominciato a sventolarlo come una bandiera, da picchiare in testa agli alleati. Sulle prime lo faceva con aria stupefatta e scanzonata, come a dire: ?Ma guarda un po’ come siamo ridotti, io, proprio io, che parlo di questione morale!?. Poi, visto che lo lasciavan fare, ci ha preso gusto. E ha finito col credere di essere, per davvero, l’alfiere della questione morale. Purtroppo c’è il sospetto che ne ignori il significato (o, in alternativa, che lo ignorino tutti gli altri e l’abbia capito solo lui). L’altro giorno Mastella era atteso a Montesilvano per suggellare l’ingresso nell’Udeur, dunque nell’Unione, del forzista uscente Rocco Salini e di una folla di transumanti dall’Udc molisana. Ma non arrivava. Era in ritardo. Che ci avesse ripensato?, si maceravano i riciclandi. Poi finalmente, nella sala affumicata degli impazienti trasvolatori, s’è stagliato il suo faccione sorridente. Era reduce da un’udienza dal Papa, la seconda in tre mesi, e aveva fatto tardi. Si sa come sono, questi pontefici. C’è da sperare che, almeno in Vaticano, non abbia parlato di questione morale: da quelle parti, non molto tempo fa, vigeva il detto ?da qual pulpito viene la predica? e i predicatori poco credibili venivan fulminati all’istante.
Perché forse non tutti sanno chi è il suo ultimo acquisto. Rocco Salini da Teramo era il presidente dc della giunta regionale abruzzese, arrestata in blocco (presidente e 10 assessori) nel ’92 per uso disinvolto di 450 miliardi di fondi europei. Gli assessori furono assolti dall’abuso d’ufficio, anche perché nel frattempo era stato per metà depenalizzato. Ma l’ex presidente Salini no: lui aveva anche il falso ideologico, e si eran dimenticati di depenalizzarlo: così fu condannato in Cassazione a un anno e 4 mesi. Ora, siccome la legge proibisce ai pregiudicati di fare i consiglieri comunali, provinciali e regionali, ebbe una grande idea: entrare in Parlamento (la legge, fatta dai parlamentari, non proibisce ai pregiudicati di fare i parlamentari). Si rivolse a Forza Italia e la pratica andò a buon fine. Nel 2001 il condannato Salini entrò trionfalmente a Montecitorio con la sua bella casacca azzurra. Ma vatti a fidare degli amici: nella lista dei ministri il suo nome non c’era, e neppure in quella ben più nutrita dei sottosegretari. Posti di sottogoverno? Nemmeno. Solo una misera presidenza della commissione d’inchiesta sull’uranio impoverito, dalla quale si dimise sdegnosamente quasi subito. Spazientito dalla snervante attesa, ai primi del 2005 fondò una lista tutta sua, il Terzo Polo, per le regionali in Abruzzo. Contro la sinistra e contro la destra. Bellachioma, messo in allarme dai forzisti abruzzesi per il pericolo mortale di perdere, oltre ai suoi, pure i voti di Salini, provvide immantinente al recupero in extremis. E aggiunse una poltrona (la novantaduesima) al suo già accogliente governo. L’11 marzo Salini giurò da solo come sottosegretario alla Salute: si era sempre definito ?un medico di campagna?, non avrebbe stonato troppo. Intanto il Terzo Polo spariva dalle liste e i suoi presunti voti marciavano compatti con quelli della Cdl. Non troppi, a giudicare dai risultati: nonostante il fondamentale apporto, il centrodestra perse pure l’Abruzzo. Il Presidente Imprenditore, molto attento al rapporto qualità-prezzo, s’accorse del bifone. E il 22 aprile, compilando la lista del Bellachioma-bis, cancellò il nome di Salini. Tornato forzista semplice, dopo aver riassaporato per ben 41 giorni le delizie della poltrona, Salini prese cappello: ?Che ineleganza, lo trovo scorretto anche dal punto di vista umano ed etico. Ho chiamato Bondi, ma era da Berlusconi. Ora sto cercando Letta. Mi devono spiegare perché?. Ma quelli, quando vedevano il suo numero sul display, mettevano giù. Così il sottosegretario usa e getta riprese a transumare. A ?guardarsi intorno?, come si dice in questi casi. E, come direbbe Metastasio, ?ovunque il guardo io giro,Mastella io ti vedo?. Così, dopo un comprensibile tormento interiore durato alcuni secondi e dopo trattative particolarmente accurate con Clemente vista la ?sola? appena patita, raggiunse l’accordo. Trasloco armi e bagagli nell’Udeur. Ora i maligni sospettano che, in cambio, abbia avuto la garanzia di un collegio sicuro. Ma son cose inimmaginabili, nel partito della questione morale.

BANANAS
Salini & tabacchi
di marco travaglio per l'Unità


Ai vertici dell’Unione ci vorrebbe un linguista, un addetto al vocabolario della lingua italiana, per stabilire una volta per tutte il significato dell’espressione ?questione morale?. Si pensava che il concetto fosse abbastanza chiaro, ma poi è arrivato Mastella. Il quale, quest’estate, ha cominciato a sventolarlo come una bandiera, da picchiare in testa agli alleati. Sulle prime lo faceva con aria stupefatta e scanzonata, come a dire: ?Ma guarda un po’ come siamo ridotti, io, proprio io, che parlo di questione morale!?. Poi, visto che lo lasciavan fare, ci ha preso gusto. E ha finito col credere di essere, per davvero, l’alfiere della questione morale. Purtroppo c’è il sospetto che ne ignori il significato (o, in alternativa, che lo ignorino tutti gli altri e l’abbia capito solo lui). L’altro giorno Mastella era atteso a Montesilvano per suggellare l’ingresso nell’Udeur, dunque nell’Unione, del forzista uscente Rocco Salini e di una folla di transumanti dall’Udc molisana. Ma non arrivava. Era in ritardo. Che ci avesse ripensato?, si maceravano i riciclandi. Poi finalmente, nella sala affumicata degli impazienti trasvolatori, s’è stagliato il suo faccione sorridente. Era reduce da un’udienza dal Papa, la seconda in tre mesi, e aveva fatto tardi. Si sa come sono, questi pontefici. C’è da sperare che, almeno in Vaticano, non abbia parlato di questione morale: da quelle parti, non molto tempo fa, vigeva il detto ?da qual pulpito viene la predica? e i predicatori poco credibili venivan fulminati all’istante.
Perché forse non tutti sanno chi è il suo ultimo acquisto. Rocco Salini da Teramo era il presidente dc della giunta regionale abruzzese, arrestata in blocco (presidente e 10 assessori) nel ’92 per uso disinvolto di 450 miliardi di fondi europei. Gli assessori furono assolti dall’abuso d’ufficio, anche perché nel frattempo era stato per metà depenalizzato. Ma l’ex presidente Salini no: lui aveva anche il falso ideologico, e si eran dimenticati di depenalizzarlo: così fu condannato in Cassazione a un anno e 4 mesi. Ora, siccome la legge proibisce ai pregiudicati di fare i consiglieri comunali, provinciali e regionali, ebbe una grande idea: entrare in Parlamento (la legge, fatta dai parlamentari, non proibisce ai pregiudicati di fare i parlamentari). Si rivolse a Forza Italia e la pratica andò a buon fine. Nel 2001 il condannato Salini entrò trionfalmente a Montecitorio con la sua bella casacca azzurra. Ma vatti a fidare degli amici: nella lista dei ministri il suo nome non c’era, e neppure in quella ben più nutrita dei sottosegretari. Posti di sottogoverno? Nemmeno. Solo una misera presidenza della commissione d’inchiesta sull’uranio impoverito, dalla quale si dimise sdegnosamente quasi subito. Spazientito dalla snervante attesa, ai primi del 2005 fondò una lista tutta sua, il Terzo Polo, per le regionali in Abruzzo. Contro la sinistra e contro la destra. Bellachioma, messo in allarme dai forzisti abruzzesi per il pericolo mortale di perdere, oltre ai suoi, pure i voti di Salini, provvide immantinente al recupero in extremis. E aggiunse una poltrona (la novantaduesima) al suo già accogliente governo. L’11 marzo Salini giurò da solo come sottosegretario alla Salute: si era sempre definito ?un medico di campagna?, non avrebbe stonato troppo. Intanto il Terzo Polo spariva dalle liste e i suoi presunti voti marciavano compatti con quelli della Cdl. Non troppi, a giudicare dai risultati: nonostante il fondamentale apporto, il centrodestra perse pure l’Abruzzo. Il Presidente Imprenditore, molto attento al rapporto qualità-prezzo, s’accorse del bifone. E il 22 aprile, compilando la lista del Bellachioma-bis, cancellò il nome di Salini. Tornato forzista semplice, dopo aver riassaporato per ben 41 giorni le delizie della poltrona, Salini prese cappello: ?Che ineleganza, lo trovo scorretto anche dal punto di vista umano ed etico. Ho chiamato Bondi, ma era da Berlusconi. Ora sto cercando Letta. Mi devono spiegare perché?. Ma quelli, quando vedevano il suo numero sul display, mettevano giù. Così il sottosegretario usa e getta riprese a transumare. A ?guardarsi intorno?, come si dice in questi casi. E, come direbbe Metastasio, ?ovunque il guardo io giro,Mastella io ti vedo?. Così, dopo un comprensibile tormento interiore durato alcuni secondi e dopo trattative particolarmente accurate con Clemente vista la ?sola? appena patita, raggiunse l’accordo. Trasloco armi e bagagli nell’Udeur. Ora i maligni sospettano che, in cambio, abbia avuto la garanzia di un collegio sicuro. Ma son cose inimmaginabili, nel partito della questione morale.

BANANAS
Salini & tabacchi
di marco travaglio per l'Unità


Ai vertici dell’Unione ci vorrebbe un linguista, un addetto al vocabolario della lingua italiana, per stabilire una volta per tutte il significato dell’espressione ?questione morale?. Si pensava che il concetto fosse abbastanza chiaro, ma poi è arrivato Mastella. Il quale, quest’estate, ha cominciato a sventolarlo come una bandiera, da picchiare in testa agli alleati. Sulle prime lo faceva con aria stupefatta e scanzonata, come a dire: ?Ma guarda un po’ come siamo ridotti, io, proprio io, che parlo di questione morale!?. Poi, visto che lo lasciavan fare, ci ha preso gusto. E ha finito col credere di essere, per davvero, l’alfiere della questione morale. Purtroppo c’è il sospetto che ne ignori il significato (o, in alternativa, che lo ignorino tutti gli altri e l’abbia capito solo lui). L’altro giorno Mastella era atteso a Montesilvano per suggellare l’ingresso nell’Udeur, dunque nell’Unione, del forzista uscente Rocco Salini e di una folla di transumanti dall’Udc molisana. Ma non arrivava. Era in ritardo. Che ci avesse ripensato?, si maceravano i riciclandi. Poi finalmente, nella sala affumicata degli impazienti trasvolatori, s’è stagliato il suo faccione sorridente. Era reduce da un’udienza dal Papa, la seconda in tre mesi, e aveva fatto tardi. Si sa come sono, questi pontefici. C’è da sperare che, almeno in Vaticano, non abbia parlato di questione morale: da quelle parti, non molto tempo fa, vigeva il detto ?da qual pulpito viene la predica? e i predicatori poco credibili venivan fulminati all’istante.
Perché forse non tutti sanno chi è il suo ultimo acquisto. Rocco Salini da Teramo era il presidente dc della giunta regionale abruzzese, arrestata in blocco (presidente e 10 assessori) nel ’92 per uso disinvolto di 450 miliardi di fondi europei. Gli assessori furono assolti dall’abuso d’ufficio, anche perché nel frattempo era stato per metà depenalizzato. Ma l’ex presidente Salini no: lui aveva anche il falso ideologico, e si eran dimenticati di depenalizzarlo: così fu condannato in Cassazione a un anno e 4 mesi. Ora, siccome la legge proibisce ai pregiudicati di fare i consiglieri comunali, provinciali e regionali, ebbe una grande idea: entrare in Parlamento (la legge, fatta dai parlamentari, non proibisce ai pregiudicati di fare i parlamentari). Si rivolse a Forza Italia e la pratica andò a buon fine. Nel 2001 il condannato Salini entrò trionfalmente a Montecitorio con la sua bella casacca azzurra. Ma vatti a fidare degli amici: nella lista dei ministri il suo nome non c’era, e neppure in quella ben più nutrita dei sottosegretari. Posti di sottogoverno? Nemmeno. Solo una misera presidenza della commissione d’inchiesta sull’uranio impoverito, dalla quale si dimise sdegnosamente quasi subito. Spazientito dalla snervante attesa, ai primi del 2005 fondò una lista tutta sua, il Terzo Polo, per le regionali in Abruzzo. Contro la sinistra e contro la destra. Bellachioma, messo in allarme dai forzisti abruzzesi per il pericolo mortale di perdere, oltre ai suoi, pure i voti di Salini, provvide immantinente al recupero in extremis. E aggiunse una poltrona (la novantaduesima) al suo già accogliente governo. L’11 marzo Salini giurò da solo come sottosegretario alla Salute: si era sempre definito ?un medico di campagna?, non avrebbe stonato troppo. Intanto il Terzo Polo spariva dalle liste e i suoi presunti voti marciavano compatti con quelli della Cdl. Non troppi, a giudicare dai risultati: nonostante il fondamentale apporto, il centrodestra perse pure l’Abruzzo. Il Presidente Imprenditore, molto attento al rapporto qualità-prezzo, s’accorse del bifone. E il 22 aprile, compilando la lista del Bellachioma-bis, cancellò il nome di Salini. Tornato forzista semplice, dopo aver riassaporato per ben 41 giorni le delizie della poltrona, Salini prese cappello: ?Che ineleganza, lo trovo scorretto anche dal punto di vista umano ed etico. Ho chiamato Bondi, ma era da Berlusconi. Ora sto cercando Letta. Mi devono spiegare perché?. Ma quelli, quando vedevano il suo numero sul display, mettevano giù. Così il sottosegretario usa e getta riprese a transumare. A ?guardarsi intorno?, come si dice in questi casi. E, come direbbe Metastasio, ?ovunque il guardo io giro,Mastella io ti vedo?. Così, dopo un comprensibile tormento interiore durato alcuni secondi e dopo trattative particolarmente accurate con Clemente vista la ?sola? appena patita, raggiunse l’accordo. Trasloco armi e bagagli nell’Udeur. Ora i maligni sospettano che, in cambio, abbia avuto la garanzia di un collegio sicuro. Ma son cose inimmaginabili, nel partito della questione morale.